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  IL QUARTIERE BRANCACCIO

di Giorgio Paonita, studioso di Storia Medievale

Palermo, 11 luglio 2000

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Padre Puglisi (ritratto a matita di Domenico Maniscalco).

L'attuale quartiere Brancaccio si estende in una porzione di quella vasta area suburbana che a partire da XIII sec. era genericamente chiamata "Contrada Cassarorum".

A partire dal XVII secolo si assiste alla creazione, da parte della nobiltà, di numerosi villaggi e tra questi Brancaccio.

Il quartiere prende il nome dal governatore e amministratore della città di Monreale : Antonio Brancaccio, proprietario di vasti appezzamenti di terra nella contrada . Egli nel 1747 farà costruire la chiesa dedicata a S.Anna che, successivamente divenuta parrocchia, verrà intitolata a S.Gaetano da Thiene e a Maria SS del Divino Amore. La famiglia Brancaccio, di origine napoletana, si era stabilita a Palermo nel corso del XIV sec..

Dopo il 1860 , la città è divisa in sei mandamenti, quattro interni: Tribunali, Castellamare, Monte di Pietà e Palazzo Reale e due esterni: Molo e Oreto. La Borgata insieme con quella di Mezzomonreale, Porrazzi, Conte Federico, Falsomiele, Villagrazia, faceva parte del mandamento Oreto.

Nel 1873 abitavano in Brancaccio 446 persone secondo i dati del Censimento. Il quartiere aveva inizio fuori Porta Garibaldi, con Corso dei Mille da dove il 27 maggio del 1860 entrò Garibaldi in città con i suoi Mille, e proprio sotto gli archi del Ponte Ammiraglio, (interessante manufatto di epoca normanna costruito tra il 1113 e il 1132 che sino al 1876 sovrastava il fiume Oreto prima che il suo corso fosse deviato) si scontrarono all'arma bianca i garibaldini e le truppe borboniche.

Esistevano nel quartiere dei mulini pastifici, oggi non piu' in uso: Pecoraino, Giarrizzo, Petix. Nel quartiere esistono due lavatoi, uno si trova in Via Brancaccio e l'altro in via Conte Federico.

Uno dei monumenti più importanti del quartiere è il Castello della Favara. Costruito (secondo l'Amari) come residenza di campagna dall'Emiro Giafar (997-1019). Ruggero II (1130-1154) ampliò e trasformò l’edificio, vi aggiunse una cappella ed ingrandì la peschiera artificiale.

Originariamente, il castello era circondato da un lago artificiale e da giardini rigogliosi, alimentati dalle acque delle sorgenti (da cui Favara dall'arabo FAWARA= sorgente) del vicino Monte Grifone, che incanalate, sgorgavano dai tre archi ,ancora oggi visibili, nei pressi della chiesa di San Ciro. Ancora oggi rimane traccia delle banchine che delimitavano lo stesso lago; al centro un'isola di forma allungata lo divideva in due. Intorno alla vegetazione lussureggiante, formata da agrumeti e palme, il castello si rispecchiava nelle limpide acque animate da pesci e uccelli esotici.

L'ambiente meglio conservato è la cappella, intitolata a San Filippo. E' a navata unica, attestata su uno stretto santuario triabsidato coperto da una cupoletta coronata da una cimasa a mensole. La costruzione è coperta da volte ogivali, sistema usato in tutti gli altri vani dell'ordine basso del palazzo. La realizzazione fu sicuramente affidata a maestranze di cultura fatimita.

Altro monumento che un tempo sorgeva isolato nella campagna palermitana, nelle vicinanze del quartiere, e' la chiesa di San Giovanni dei lebbrosi che fu fondata da Roberto il Guiscardo e dal fratello Ruggero nel 1071, anno della conquista normanna di Palermo, avvenuta dopo cinque mesi d'assedio. Federico II concesse chiesa ed ospedale all’Ordine Teutonico della Magione. Tra il 1920 e 1930 l’edificio verra’ restaurato e saranno eliminate le aggiunte barocche. L’edificio presenta una pianta basilicale a tre navate divisa da robusti pilastri che formano due serie di quattro arcate a sesto leggermente acuto.

Riferibile al periodo arabo è invece la cosiddetta grotta della Regina Costanza ubicata in via dei Cavallacci. "All'ingrottato si accede attraverso una scaletta scoperta intagliata nel tufo, al piede della quale sino a qualche anno fa, scaturiva una polla d'acqua freschissima. Segue una grotta di forma circolare. dalla quale si penetra in grotticelle minori. Le pareti della scala sono decorate con frammenti marmorei e pannelli di ceramica in stile pompeiano. Il tutto chiaramente rivela una riutilizzazione in tempo non molto antico, ottenuta anche mediante la decorazione con materiale eterogeneo e di varia provenienza. Chi aveva operato questa trasformazione creo' anche la favola della Regina Costanza, che secondo quanto ancora vi riferiscono gli abitanti della zona, dal non lontano castello di Maredolce, attraverso un viale fiancheggiato da palme, si recava nella grotta per bagnarsi nelle fresche acque della sorgente. Autore di quest'arrangiamento fu un commerciante di origine boema, certo Langer. "A nostro avviso la grotta, per le sue precise caratteristiche, per la sua conformazione e soprattutto per la presenza di una sorgente interna, deve considerarsi un antico bagno di origine araba" così si esprime il La Duca sulla grotta.

Oggi il quartiere Brancaccio e' molto cambiato rispetto alla borgata immersa nei giardini del XVIII sec. Tuttavia la sua storia, i suoi monumenti, testimoni di un passato illustre, fanno parte di quel bagaglio culturale di cui andare orgogliosi, per guardare al futuro .