Archivarius - Saggi a cura di/Essays by Luca Logi (llogi@dada.it)

 

Il regista d'opera: un male necessario

di Luca Logi

 

Se c'é una categoria impopolare nei teatri d'opera, si tratta dei registi. Raramente amati, spesso sopportati di malavoglia, ancor più spesso sonoramente fischiati, tuttavia i registi sono un male necessario. Dopo un secolo di cinema e mezzo secolo di televisione, l'occhio del pubblico si é fatto molto più sofisticato di quello che si creda (sicuramente più sofisticato dell'orecchio) e certi allestimenti di inizio secolo o peggio ancora del secolo scorso sarebbero oggi improponibili. (Per esempio esistono documentazioni molto dettagliate sugli allestimenti originali delle ultime opere verdiane; e a studiare la documentazione si ha l'impressione che un opera messa in scena come sarebbe piaciuta a Verdi oggi farebbe invece sorridere.)


Anche registi cinematografici e teatrali di grande nome a volte si trovano in difficoltà di fronte agli spettacoli d'opera ai quali sono chiamati a collaborare. I motivi sono molteplici.

L'organizzazione del lavoro nei teatri d'opera é molto più rigida di quello che si creda. Quando si inizia a girare un film spesso non si ha una idea precisa di quello che ci vorrà per portarlo a termine - mentre viceversa quando iniziano le prove di un'opera si sa già che si dovrà andare in scena il giorno tale (e i biglietti sono già stati venduti). Così pure non é che il tempo a disposizione sia sempre abbondante. Alcuni registi scoprono il testo lavorandoci sopra (in qualche caso, questo é un eufemismo per dire che si presentano alla prima prova senza nemmeno conoscere il soggetto dell'opera). Questi registi si trovano spesso in difficoltà con l'opera, dove i tempi di prova sono contingentati in maniera molto rigida.

Questa rigidità organizzativa non deve essere considerata come una cosa negativa: é invece piuttosto logico che in uno spettacolo inerentemente costoso come l'opera - dove gli esecutori sono spesso centinaia - si richieda che chi deve condurre le prove si organizzi in maniera da minimizzare le spese: tanto più se le spese sono sostenute da finanziamenti pubblici, come accade in Europa. Un regista che tiene ad aspettare cento coristi fino a quando si é chiarito le idee é un regista molto costoso, per quanto geniale possa essere, e nessuno vuole buttare via i quattrini inutilmente.

Di conseguenza l'opera lascia molta minore libertà al regista rispetto ad altre forme di spettacolo. Non é raro che un regista cinematografico anche eccelso si trovi in difficoltà organizzative se messo a lavorare con l'opera.

Lo spettacolo d'opera, inoltre, ha dimensioni particolarmente ampie. E' tipico dei registi di prosa, abituati a lavorare sull'attore, trovarsi a disagio nel lavorare con una massa come il coro di un'opera. Da una parte la massa non sempre é flessibile come si vorrebbe (le persone che cantano la stessa parte tendono istintivamente a voler stare vicine), e da quell'altra non sempre il regista ha l'inventiva sufficiente a sfruttare l'effetto di gruppo in maniera soddisfacente.

L'opera, inoltre, soffre di rigidità del testo. Se un regista di prosa si trova a disagio in una scena, probabilmente la taglierà o cambierà il testo. Non parliamo del regista di cinema che con il montaggio può anche rovesciare a posteriori il significato di una sequenza o alterarne il ritmo. Al contrario il regista d'opera deve lavorare su di un testo fisso, spesso immutabile, sorvegliato gelosamente dagli interpreti (il soprano si arrabbia se si taglia un'aria e al direttore d'orchestra non si può dire di spicciarsi con i tempi).

Bisognerebbe, per imparzialità, ammettere che molti registi non sono realmente familiari con i testi su cui lavorano. Particolarmente grave é, da parte del regista, non tanto ignorare le didascalie del libretto, quanto ignorare certi particolari descrittivi che si trovano nel testo musicale. Se in una scena si trova un temporale, il temporale non consiste nella didascalia "piove" messa dal librettista, ma molto di più nei timpani e grancassa messi dal compositore della musica. Similmente certi gesti dei personaggi possono essere scanditi dalla musica (la statua del Commendatore che muove la testa nel Don Giovanni, per esempio), assai più che dalle istruzioni di scena. L'ignoranza in questo campo, per quanto diffusa, é sempre ridicola quando non fatale.

Quello che manca, ai nostri tempi, non sono tanto i registi, quanto registi che sappiano lavorare nel campo dell'opera entro questi limiti e con queste linee guida. Il paradosso é che chi é pratico di questo tipo di lavoro tende spesso ad adagiarsi in una routine abbastanza piatta, mentre personaggi anche molto stimolanti provenienti da altre forme di spettacolo molto raramente sanno prendere il ritmo dell'opera. Il risultato é che, spesso, c'é un reale scarto fra la cura della parte musicale e il risultato deludente della parte registica.

Una parte della colpa é anche, diciamolo, dei direttori d'orchestra troppo impegnati, che arrivano a provare all'ultimo momento quando ormai la fisionomia della regia é già definita e non si possono alterare se non i dettagli. Troppo spesso il direttore potrebbe avere un ruolo di primo consigliere del regista ma rinuncia a svolgerlo perché porterebbe via troppo tempo.


Un paio di aneddoti dalla realtà

Il regista cinematografico X viene incaricato di realizzare la regia di un'opera (diciamo La Traviata). Come prima cosa dice a se stesso: qui manca la sceneggiatura! E allora si mette alla macchina da scrivere e scrive la sceneggiatura. Il poderoso tomo che ne esce fuori é generalmente una lettura esilarante, perché corrisponde ad un libretto nel quale le didascalie hanno raggiunto dimensioni ipertrofiche. Esempio:

Violetta si alza dal canapè sul quale era rimasta seduta fino ad ora, si avvicina alla finestra, va a guardarsi allo specchio sulla sinistra, si avanza al proscenio e canta, finalmente dando sfogo alla sua innata gioia di vivere:

Sempre libera degg'io...

 

Variante del precedente: la sceneggiatura non viene stesa dal regista ma da un suo fido scagnozzo (i tedeschi chiamano questa figura professionale: il drammaturgo). Questo di solito garantisce che un grande artista qual'é il regista arrivi assolutamente vergine all'inizio delle prove, spesso senza sapere nemmeno come finisce la storia. La sceneggiatura approntata dal drammaturgo di solito é talmente prolissa da essere inutilizzabile e viene accantonata dopo la quarta prova (non senza averne perse tre tentando di leggerla).


Ma esistono ancora buoni registi d'opera?

Non tanti, ma ce ne sono. Per esempio i registi inglesi tendono ad essere piuttosto seri nel loro lavoro. Si può non essere d'accordo con certe idee di Jonathan Miller (che, oltre ad essere una persona di cultura, per la precisione un neurologo, é stato da giovane un attore brillante di successo), ma sicuramente si tratta di una persona che conosce molto bene i testi sui quali lavora. Similmente ho visto regie di Graham Vick fatte con originalità a volte sconcertante, ma sempre con cognizione di causa.

Meno bene mi sembra lavorino i registi tedeschi, che pure sono quelli che vanno per la maggiore - non si sono ancora scrollati di dosso un certo stile wagneriano/dissacratorio del dopoguerra. Qui mi sembra abbiano ragione gli americani che, quando vedono entrare un Sigfrido in maglietta e calzoncini parlano di regie Eurotrash.

Esiti particolarmente ridicoli si hanno quando certi registi tedeschi pretendono di sovrapporre la loro interpretazione del testo (il cosiddetto Konzept) al testo stesso. Il sintomo illuminante di questa situazione é la pubblicazione di un saggio del regista stesso (o, se questi, come pure capita, é analfabeta o quasi, del suo drammaturgo) sul programma di sala. In genere nemmeno il 10% dei concetti espressi nel saggio arriva al pubblico che guardi lo spettacolo.

Purtroppo servirà qualche decennio ancora perché queste cose, che dopo tutto sono forme di provincialismo, vengano superate. Bisognerà aspettare con pazienza...

 

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Aggiornata al 29 giugno 1999 - Last updated June 29th, 1999 - (C) Luca Logi 1999