I domini operativi degli inisti
di Angelo Merante
In ogni forma espressiva attraverso cui si manifesta la creatività dell’uomo, attraverso cui la sua poetica si trasmette e si diffonde liberamente, possiamo più o meno agevolmente distinguere le opere che realizzano pienamente l’intento innovatore dei loro autori. Certe opere, inoltre, rendono accessibile alla simultaneità percettiva di chi si è emancipato un’inedita libertà nella fruizione. Si tratta delle opere degli inisti. Questi autori espongono in teatro, come quadri, composizioni poetiche fatte di oggetti o recitano poesie piene di colori che altri non sarebbero capaci d'immaginare fuori dell’ambito architettonico. Tali opere conferiscono significato al bersaglio primario individuato dall’idea inista, il nuovo sentire, il nuovo fare.
Gli inisti incidono abitualmente su nastri e dischi le forme e i volumi di poesie che, prima di loro, potevano essere soltanto dipinte o scolpite. Gli inisti infatti operano con tutti i mezzi espressivi a loro disposizione (e non di rado ne inventano di nuovi) per il cosciente e completo superamento dei generi in cui finora è stata frantumata l’unità dell’espressione poetica. Tale settorialismo, peraltro, ha determinato nella poesia una tangibile riduzione di energie e risorse creative. L’impegno degli inisti si dirige verso ogni forma espressiva atta a restituire alla poesia, oltre che energie e risorse, il suo significato più ampio di arte del fare.
Per l’ottica con cui abbiamo posto l’avvio del presente scritto, dovrebbe anche apparire evidente quanto risultino insufficienti le consuete (e ormai desuete) definizioni di poeta, scrittore, artista, musicista, per delineare chi siano realmente gli inisti, di là dall’ovvia risposta di "esponenti dell’Inismo". Perfino tracciare una semplice nota storica sulla corrente creatrice cui essi appartengono non aiuterebbe più di tanto a connotare gli inisti.
Capovolgiamo, allora, i punti di riferimento: lo stesso proposito diventa assai più agevole qualora si punti innanzitutto a inquadrare il modo in cui operano, da diciotto anni, questi autori. A individuarne, in altre parole, i domini operativi.
La creatività, quando è applicata in modo intenzionale e sistematico, non resta soltanto idea ma si attua nella completa libertà espressiva. Per gli inisti, il componimento astratto costituisce il necessario complemento della frase precedente sul piano operativo. In sostanza, la poetica astratta, intesa quale comune denominatore, connota ogni realizzazione inista. Unica la poetica, ma in essa tutti i domini operativi (fra i tanti, l’Inia, la Narratinika, la Videoinipoesia) sono intesi come elementi fondamentali, poiché contribuiscono, cooperando in modo esponenziale (un matematico potrebbe osservare che la sovrapposizione di piani attuata dagli inisti, per le interrelazioni che essa determina, somiglia, più che alla moltiplicazione, all’elevamento a potenza), al raggiungimento di una poesia totale, assoluta.
Fra i domini operativi degli inisti, spicca l’Inia. Perché è segno. Il loro segno. Attraverso il segno, gli inisti distinguono la "parola" dai "termini". La parola, intesa nel senso di ciò che scaturisce da un’idea, da una scoperta, diventa anche e soprattutto relazione nuova, atto di creazione da contrapporre al termine (che invece individua lo stereotipo, la convenzione, la ripetizione). Al segno, infatti, gli inisti hanno da sempre dato valore di creazione, non di imitazione. Più in generale, l’Inia racchiude ed espande - anche nel nome - il concetto inista di segno. L’Inia è anche la necessaria derivazione (ma assai più che l’effetto di una semplice filiazione) dell’idea di adottare i simboli della fonetica internazionale, soluzione nuova applicata alla poesia astratta ab origine dagli inisti per "fissare" sul supporto scelto - in modo univoco e comunemente fruibile - gli elementi sonori e verbali di ogni possibile articolazione vocale. L’Inia è orchestrazione simultanea di sentimenti e pensieri, è visione multipla e globale.
Abbiamo accennato, sopra, anche alla Narratinika e alla Videoinipoesia.
La prima è attuazione di idee, non tecnica. E’ la compenetrazione dinamica fra elementi poetici, narrativi e fonetici in un processo diretto a stabilire rapporti inediti fra Inie e una fabula su diversi piani formali ed esegetici. Se nell’Inia era "soltanto" il segno, qui è il "fare" narratiniko che produce e moltiplica i significati, determinando un nuovo sentire, un nuovo conoscere, un nuovo trasmettere. La realizzazione narratinika, liberissima, investe pertinenze finora frammentate tra romanzo, teatro, musica, linguistica, glottologia ma, altrettanto liberamente, li oltrepassa per una sintesi dinamica di ampia portata. Nel territorio della Narratinika è, per esempio, possibile distinguere (mai delimitare) certi ambiti applicativi omogenei. Uno fra tutti, particolarmente caro agli inisti, è costituito dalla Letteratura odeporica inista.
Anche la Videoinipoesia individua non tanto il mezzo pratico utilizzato (per questa ragione, chiamarla semplicemente videopoesia sarebbe stato fuorviante o limitante) quanto una filosofia. Essa, attraverso un approccio multimediale mai fine a se stesso, aggiunge nuove dimensioni all’opera d’arte. Se, prima, l’opera era sintesi ed esposizione, ora diventa analisi e scoperta. Anche in questo caso, dunque, per fruire pienamente l’opera occorre cogliere in simultaneità il pathos dai suoi molteplici piani espressivi.
Quelli citati costituiscono soltanto alcuni esempi di come lavorino i componenti dell’Ini, di quali siano i loro domini operativi. Pur tralasciando ogni intenzione di esaustività, dobbiamo aggiungere, almeno, l’Anagramma ottico, l’area fotografika inista, l’Inika sonorika, il Libroggetto inista.
Il primo, nella sua forma più semplice, consiste di due scritture geometricamente contrapposte dalle quali è possibile ricavare, con simultaneità percettivo-interpretativa (dunque, attraverso una percezione alternativa degli stessi elementi grafico-ottici), una terza lettura, distinta dalle precedenti. Diventa facile intuire come il processo possa essere ripetuto più volte, identificando una poesia su diversi piani.
L’area fotografika inista comprende la Fotografia inista, quando l’opera è realizzata con i soli mezzi fotografici, la Photoinigrafia, se alla realizzazione dell’immagine - poesia - concorrono interventi che oltrepassano quelli esclusivamente fotografici, comunque presenti, e l’Inigrafia, in cui la poetica si avvale in modo esteso dei mezzi offerti dalle nuove tecnologie di realizzazione dell’immagine (per esempio, la grafica digitale) e/o da usi inediti di altri strumenti espressivi. L’area fotografika inista è l’estensione dell’Inia oltre i piani plastico, pittorico e informatico; è pathos vision. Si tratta di operare un superamento della mera fruizione visuale della poetica (la fotografia e le arti visive tradizionalmente intese), per una scoperta creativa anche e soprattutto nel momento della fruizione percettiva, mentale ed emotiva.
L’Inika sonorika, dal canto suo, scinde la parola nei suoi elementi fonetici, verbali, sonori e li organizza, li elabora - sovrapponendoli tra loro e stratificando nel loro spessore nuovo ulteriori emozioni polifoniche - fino a restituire al fruitore la primigenia anarchia del sentire e, quindi, dello scoprire.
La filosofia del libroggetto condensa, nell’idea inista, l’attitudine all’accostamento inedito, alla sovrapposizione di piani, alla calligrafia creativa, all’orchestrazione di visioni, sentimenti, parole (anche e non solo pittoriche, oggettuali, fotografiche). La poetica del collage supera i precedenti settorialismi (libro oggetto e livre d’artiste, ormai tanto stanchi e cristallizzati da renderli terreno ideale per ripetitività e luoghi comuni). Il libroggetto, con l’Inismo e attraverso esso, ritorna a essere poesia, atto di creazione "senza binari fissi".
"Letture" nuove che richiedono lettori emancipati, le opere iniste sono sostanzialmente forme creative di poesia su diversi piani. Le suggestioni della nuova poetica restituiscono all’uso del fruitore qualità e risorse creatrici che altrimenti resterebbero confinate nella latenza. Da ciò trae motivo l’attenzione senza precedenti che gli inisti dirigono verso la più ampia libertà interpretativa. Per loro, il superamento di regole e convenzioni costituisce un formidabile punto di partenza per un processo ininterrotto di creazione.
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L’Inismo, chiamato più sovente Ini (o I.N.I.) è un movimento internazionale che ha accettato la definizione di "avanguardia", intesa come atteggiamento interiore, nella sua accezione più semplice che vuole indicare, soprattutto, differenza nei confronti dell’arte ufficiale, riconosciuta dalla società. In ragione di tali differenze, l’Inismo è necessariamente anche "contro", ma si tratta più di effetto che di scopo. La vera natura dell’obiettivo perseguito dagli inisti si manifesta nell’applicazione costante e consapevole della creatività nell’arte del fare (questo vuol dire poesia), senza imporre barriere alla libertà espressiva e alle capacità inventive, quindi in assoluta indipendenza da modelli o convenzioni.
Inismo deriva da Ini, o I.N.I., le iniziali dei termini che fin dall’origine hanno definito il movimento: Internazionale Novatrice Infinitesimale. La strada percorsa successivamente imporrà per tale nome un’espansione semantica capace di oltrepassare confini che, a differenza di quanto accaduto nella storia di altri movimenti, non erano stati intenzionalmente prefissati. Del resto, quali limiti potrebbe contenere un nome composto di tre elementi indicanti, tutti, estensione?
Mentre il primo si commenta da solo, del secondo termine osserviamo che esso è la forma latineggiante del più recente "innovatrice", ma coincide col suo equivalente francese e accosta meglio, foneticamente, la forma inglese novator. Crediamo, invece, opportuno dedicare una particolare attenzione al terzo, il più dibattuto, il più tecnico anche e, in questo senso, il più caratterizzante. In poesia, l’infinitesimale racchiude l’idea di un infinito sconosciuto e difficilmente immaginabile. Come in fisica sono state raggiunte le scissioni dell’atomo e delle particelle di cui è composto (e oltre, in un processo del quale è difficile scorgere la conclusione), gli inisti hanno mirato, sistematicamente, alla "scissione" degli elementi che costituiscono la parola.
In poesia, il processo era iniziato con Baudelaire che dall’ampiezza dell’opera aneddotica (per esempio, un poema) era passato a una concentrazione creativa che riguardasse la singola composizione, il componimento breve, il frammento. La stessa direttiva promossero negli anni successivi Verlaine, Mallarmé, Rimbaud, volgendo la loro attenzione verso nuclei lirici via via sempre più piccoli e densi, rispettivamente: il verso, la parola, la lettera.
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La fondazione ufficiale dell’Inismo avvenne a Parigi il 3 gennaio 1980. I principali protagonisti furono Gabriele-Aldo Bertozzi e Laura Aga-Rossi. Pochi giorni dopo, l’atto fu ripetuto a Roma grazie anche all’attività incessante di Giulio Tamburrini. Nel settembre nel 1980, nelle stesse due capitali fu pubblicato il primo manifesto della corrente (Qu’est-ce que l’I.N.I. - Che cos’è l’I.N.I.). A quei primissimi mesi risale anche la completa adesione di Angelo Merante e Moreno Marchi. Le prime opere iniste venivano intanto esposte a Parigi (3ème Salon la Lettre et le Signe, settembre-ottobre 1980).
La prima mostra inista in Italia, ideata e diretta da un altro protagonista della prima fase dell’Inismo, Antonino Russo, ebbe luogo nell’aprile 1981 a Napoli. L’interesse suscitato dalla nuova corrente creatrice e dalle sue prime iniziative già spingeva alcuni autori, sicuramente i più sensibili ed emancipati, a contribuire in vario modo alla diffusione delle istanze iniste attraverso libri, riviste, giornali, comunicati stampa, ovvero attraverso l’adesione. Le mostre iniste interessarono varie città d’Italia e il numero di autori che fin da allora avevano voluto indirizzare alla "creazione su binari non rigidamente prefissati" almeno una fase della loro attività artistica era aumentato. Il solo elenco avrebbe allungato di molto la parte storica del presente testo senza aggiungere alla trattazione elementi significativi.
Furono inoltre redatte e diffuse le pubblicazioni dei primi rappresentanti dell’Ini. Fra tutte, una particolare attenzione merita Qu’est-ce que l’I.N.I. - Cahier 1980, curato da Laura Aga-Rossi, contenente dichiarazioni teoriche in numerose lingue, opere creative, programmi. Il complesso di questi eventi segna l’inizio della cosiddetta fase pionieristica dell’Ini.
Mentre anche dall’estero (principalmente Argentina, Stati Uniti e Spagna) giungevano segnali di attenzione verso le idee e l’attività del nuovo movimento, Bertozzi, Aga-Rossi, Merante e Marchi rappresentavano l’Inismo negli incontri internazionali, per esempio partecipando come "ospiti di riguardo" alle principali manifestazioni organizzate dagli esponenti dell’avanguardia parigina (La Lettre et le Signe dans l’art contemporain, 1981; Salon Écritures, 1982), o inviando i loro contributi a pubblicazioni spagnole che già lasciavano presagire l’imminente plebiscito della Movida madrilena verso l’Inismo.
L’ingresso nel movimento di Giorgio Mattioli, regista e attore, creò le coordinate ideali per la nascita del Teatro Ini. Da segnalare la realizzazione di Inisfera, una pièce diretta da Mattioli e rappresentata a Roma nel 1984, il cui copione era costituito (con iniziale angoscia degli attori) da poesie e quadri astratti realizzati dagli inisti. Con i materiali sonori di Inisfera lo stesso Mattioli realizzò, l’anno seguente, un L.P. stereo.
Ancora nel 1984, un’altra elegante pubblicazione curata da Laura Aga-Rossi, il Sekondo Kwaderno Ini, raccoglieva le nuove produzioni iniste. Fra queste, un romanzo inista che invitava il lettore a una fruizione attiva dell’opera e a costruire liberamente - attraverso l’opera - i propri inediti spazi di astrazione (Città. Introduzione a un nuovo concetto di romanzo, di Merante); due sceneggiature per film d’avanguardia, realizzate da Pietro Ferrua; due interventi teorici di Giorgio Mattioli (Teatro Ini) e Moreno Marchi (Filosofia Ini) e altri contributi novatori.
Dal 1985, gli inisti accentuarono i loro interventi di fonetizzazione astratta. Bertozzi aveva già applicato le tecniche del collage di voci e suoni con esiti creativi sorprendenti, mentre Mattioli aveva indirizzato sull’uso della voce umana le sue migliori capacità espressive. Merante, nel frattempo, attraverso la sovraincisione, creava elaborazioni vocali inedite e, mediante voci filtrate o manipolate da strumenti elettronici avanzati, aggiunse dimensioni poetiche nuove alla sintesi sonora. Fra le sue più importanti incisioni su nastro magnetico realizzate in questo periodo, si segnala Knarja’ò a; da essa, infatti, prese avvio l’Inika sonorika.
Nel frattempo, all’estero si stavano organizzando altre Centrali Iniste. Esse giungeranno rapidamente a delineare Inismi diversi per un Inismo che non è una scuola, né tantomeno un gruppo. Piuttosto, movimenti, se - volta per volta - li avremo circoscritti geograficamente; un’ampia corrente, se lo avremo colto nell’insieme.
L’Inismo francese, cui invero spetterebbe una voluminosa trattazione per esporne in modo esaustivo la complessa e continua evoluzione, fu il primo nucleo dopo quello italiano. Anche per ragioni storiche (la costituzione ufficiale del movimento era avvenuta a Parigi, così come nella stessa città fu pubblicato il primo manifesto e furono esposte per la prima volta opere iniste). Ci limiteremo perciò a sottolineare la presenza di numerose istanze iniste a Parigi già subito dopo la fondazione, grazie al contributo di Jean-Paul Curtay e Alain Borer, e a ricordare due mostre interamente iniste, svoltesi nel 1985, presso l’Università di Poitiers, sotto la direzione di Angelo Merante. Nello stesso anno, inoltre, opere iniste figuravano anche in una grande esposizione internazionale sull’avanguardia, Signes-Écritures dans l’art actuel, realizzata al Grand Palais di Parigi. Alla fine del 1986, Bertozzi coordinò, a Parigi, una serie di incontri con i rappresentanti francesi del movimento e con vari esponenti dell’avanguardia, contribuendo all’ulteriore rafforzamento, sia sul piano teorico che su quello operativo, dell’Inismo in Francia.
Nel 1985, Pietro Ferrua aveva fondato l’Inismo statunitense. Fra i più attivi esponenti, oltre il fondatore, si segnalarono subito Paul Thaddeus Lambert e Lex Loeb. L’anno successivo, il 22 luglio, Julio Carreras h., Esteban Olocco, Hugo Fiorentino e Daniel Doñate pubblicarono il Primer Manifiesto INI Argentino, ottenendo subito adesioni anche in altri paesi dell’America Latina. L’evoluzione dell’Inismo argentino avrebbe condotto, negli anni successivi (1990 e ’91), alla pubblicazione di altri importanti manifesti. Portava la data del 1 gennaio 1987 il primo manifesto spagnolo, pubblicato dalla rivista Koiné e firmato da Encarna Galan e F.co Juan Molero Prior. Quest’ultimo, con la valida collaborazione di M. Luz Bermejo, Luis Campal, Nel Amaro e molti altri autori, avrebbe costituito rapidamente un attivissimo Inismo spagnolo e gettato, tramite César Figueiredo, anche le basi per successive attività iniste in Portogallo.
L’Inismo, che fin dall’origine aveva sottolineato l’importanza dei mezzi informatici e audiovisivi nella poesia, contribuì in modo determinante alla piena realizzazione dell’arte interattiva. Nel 1986, Angelo Merante e Furio De Mattia (entrato ufficialmente all’Inismo dalla fine dell’anno precedente), dal Centro Culturale Francese di Roma, collegati per mezzo di computer con altri artisti di città estere, hanno ideato e realizzato, inviato e ricevuto, rielaborato e trasformato opere di totale simultaneità creativa, valicando le distanze geografiche.
Su un versante quasi parallelo, applicando ed espandendo una direttiva già individuata nel suo primo manifesto, l’Inismo rivoluzionava e finalmente risolveva l’annoso problema della traduzione, proponendo l’unica soluzione possibile a livello creativo, la traduzione astratta.
Altre adesioni aggiunsero nuove voci e nuove sensibilità all’Inismo italiano; fra le più significative, quelle di Giovanni Agresti, François Proia, Iniero Garesto. Inoltre, il rafforzamento dell’Inismo francese mantenne consistente la partecipazione inista alle principali esposizioni parigine: Désécritures (1986), Décodages (1987) e Salon Comparaisons (ancora al Grand Palais, 1988).
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All’Inismo spetta il merito di aver formulato una serie di rivalutazioni storiche e critiche (Bertozzi ha però precisato che non è l’uno o l’altro studioso a scoprire quel tale o talaltro poeta del passato, ma è la società che ha raggiunto il livello del loro linguaggio, permettendone la "riscoperta").
E’ il caso di Charles Cros, il poeta che inventò il fonografo, prima di Edison, per restituire il suono alla poesia. All’Inismo si devono, fra l’altro, un’innovativa trattazione critica sul significato dell’opera di Cros (Il ruolo oscuro, saggio di Bertozzi) e, pochi anni dopo, la prima edizione italiana delle sue opere complete (cura e traduzione di Aga-Rossi).
Più in generale, la poetica, le sue dinamiche evolutive, i precursori e il loro ruolo sono stati per gli inisti oggetto di particolari studi e riflessioni. In tal senso, il contributo più valido e articolato, è stato senza dubbio quello offerto da Gabriele-Aldo Bertozzi, complici la sua inesauribile inventiva e le molteplici valenze di poeta novatore, teorico dell’avanguardia, specialista di Letteratura francese e di Comparatistica, docente universitario (è Preside della Facoltà di Lingue Straniere dell’Università di Pescara) e direttore di collane e riviste (in particolare, ricordiamo Bérénice, rivista di Letteratura francese attenta alle nuove istanze della poesia, prima, rivista dedicata interamente all’avanguardia internazionale, poi). Con il suo intervento determinante, il giro d’orizzonte dell’indagine inista sulla genesi e lo sviluppo dell’avanguardia ha potuto estendersi dagli scritti dissacranti degli Zutistes alle poesie dada di Francis Picabia, passando attraverso i ruoli - prima "oscuri" - di naturisti, parossisti, impressionisti, simultaneisti e di molti altri autori coinvolti nei fermenti culturali da cui si sarebbe originata la grande stagione delle Avanguardie storiche.
I contributi teorici e critici coraggiosi, non di rado rivoluzionari, di Bertozzi hanno tracciato le coordinate interpretative di movimenti, gruppi e singoli autori, svelando implicazioni poco note o inedite. Il loro valore è stato e continua a essere fondamentale, sia per gli inisti che ne fanno un vero caposaldo teorico, sia per il loro valore scientifico intrinseco. Caso esemplare è quello di Introduzione, testo che svolge appunto il delicato compito di introdurre il lettore ai temi della sua raccolta di saggi sull’avanguardia, Il senso inedito), ma potrebbe anche - in futuro - essere ricordato come un manifesto dell’Inismo.
L’attenzione inista sul ruolo dei precursori ha permesso di ricostruire e motivare con adeguato supporto di documenti l’evoluzione della poesia, processo che teorie precedenti avevano semplificato in modo eccessivo, schematizzando eventi e interrelazioni. Infatti, secondo l’analisi di Bertozzi, che l’Inismo tutto ha fatto propria: "dopo la parola (Mallarmé) e la lettera (Rimbaud), c’è il fonema (Marinetti e i futuristi)". Per chi conosca le teorie che hanno preceduto l’Inismo, le differenze fra la valutazione inista circa l’evoluzione del "materiale poetico" e quelle precedenti sono evidenti. Per chi, poi, avesse colto anche i limiti (talvolta, consistenti) delle teorie che hanno preceduto l’Inismo, tali differenze diventano addirittura enormi e determinanti.
Senza addentrarci in un argomento che da solo occuperebbe molte pagine, limitiamoci a precisare che l’Inismo iniziò la sua "rivolta ragionata" partendo dal fonema (in quest’ottica, appare quasi superfluo ribadire l’uso non occasionale dei simboli della fonetica internazionale e la formalizzazione dell’Inia o dell’Inika sonorika) e proiettandosi oltre la parola, ossia percorrendo al contrario l’autunno di un processo di "concentrazione del materiale poetico" e trasformandolo nella primavera di un’espansione ininterrotta.
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Con le loro opere novatrici, gli inisti avevano rapidamente dimostrato come, attraverso la creatività, sia possibile liberarsi da convenzioni e luoghi comuni. Ne conseguì, fra l’altro, una sicura conferma che in ogni uomo esiste un poeta da scoprire. Per trovarlo, occorreva dunque cercare il modo migliore per renderlo consapevole (o più consapevole) dell’esistenza di tante potenzialità ancora inespresse, inutilizzate o, peggio, male impiegate.
L’esercizio costante di quella preziosa risorsa che è la creatività pretende da ognuno il meglio delle proprie capacità. Lo scoglio più difficile da superare è spesso localizzabile nel passaggio da un’idea nuova all’azione cosciente che dovrebbe conseguirne. E’ necessario, allora, trovare il gesto creativo da contrapporre - caso per caso, colpo su colpo - all’eccessiva invadenza di stereotipi e omologazioni. Gli inisti, proiettati in avanti, compresero prima di altri che in tale direzione doveva essere concentrato lo sforzo principale, sì da dimostrare - a tutti - che non sono necessarie transazioni perché ciascuno possa appropriarsi (meglio, riappropriarsi) di una propria dimensione poetica. In tali circostanze, l’opera inista diventava sempre più decisamente, per il fruitore, un veicolo di emancipazione, di liberazione. Un tramite che lo avrebbe aiutato a riaccostarsi all’antica potenza della parola, a cogliere la differenza fra questa e il termine in una simultaneità percettiva e realizzativa inedita e totale (sogno inappagato di tanti precursori).
In sostanza, dalla seconda metà degli anni ’80, gli inisti estesero con maggiore incisività la loro "visione multipla e globale" a tutti gli aspetti della vita, indirizzando le loro migliori energie per accelerare un processo diretto a condurre l’uomo verso una nuova presa di coscienza. Stavano applicando in modo consapevole e sistematico una lucida riflessione di Bertozzi, il creatore di oggi farà il poeta di domani. Avevano compreso che in queste coordinate risiedeva la vera rivoluzione "copernicana" della nuova poesia e che dal processo in atto non avrebbero dovuto essere tralasciati o minimizzati gli aspetti etici già virtualmente contenuti nell’idea di "arte del fare". Di conseguenza, coscienti di operare per la realizzazione di un obiettivo inseguito (non soltanto dall’avanguardia, ma soprattutto) da oltre un secolo, agirono rinnovando la poesia per cambiare la vita. Gli esponenti della corrente, sentendo che per l’Inismo cominciava una "fase operativa" di ampia portata, decisero di "segnare" il momento con la pubblicazione di un manifesto.
Il Secondo Manifesto Ini, redatto nei primi giorni del settembre 1987 nella campagna umbra, a S. Apollinare, fu prontamente (5 settembre) presentato a Perugia, nella Sala Brugnoli. Il documento, intitolato Apollinaria Signa, in omaggio a Guillaume Apollinaire (fra i principali precursori dell’Ini) e alla località che li aveva ospitati nel corso della stesura, oltre a introdurre l’etica inista, ripeté un rifiuto deciso di tutte le forme di sperimentalismo e segnò la definitiva conclusione della "fase pionieristica".
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Gli eventi inisti della nuova fase dell’Inismo sono distinti da intenzionale rapidità esecutiva. Altre adesioni ufficiali estendono ulteriormente, fra il 1988 e il ’94, le aree geografiche e culturali investite dall’Inismo. Tra gli altri, Lisiak Land-Diaz (Perù); Krister Follin (Svezia); Sandro Ricaldone, Eugenio Giannì, Paola Di Pancrazio, Natale Cuciniello, Argentina Capriotti (Italia); Marinisa Bove (Francia); Pedro Juan Gutierrez (Cuba).
Le manifestazioni si articolarono, come preannunciato, su vari piani ideativi e realizzativi. Fra le principali esposizioni di opere, ricordiamo: L’Alphabet des Astres, Mostra internazionale del libroggetto (Chieti, Palazzo della Provincia, 1988); Mostra e dibattito sull’Inismo (Università di Firenze, Aula Magna della Facoltà di Magistero, 1988); Primera Feria Inista (Madrid, 1989); Inismo. 1980-1990 (Roma, 1990); Arte Embotellado (Turon, España, 1990); L’Inismo (ciclo di esposizioni nelle sedi dell’Alliance Française a Bologna, Bari e Venezia, 1990); Rimbaud e l’Avanguardia (Torre Ciarrapico, Francavilla a Mare, 1991-’92); Inismo. Dell’avanguardia il fonema (L’Aquila, 1992).
All’Inismo statunitense furono dedicate varie iniziative per tutto il 1993. Evento culminante, un’estesa mostra I.u.N.s.I.a. (Pinacoteca Barbella, Chieti) e il relativo catalogo, con testi di Bertozzi, Loeb, Lambert e Gasbarrini, la cui singolare veste editoriale lo avvicinava molto a un livre objet.
Nel 1994, dalla fine di giugno alla fine di agosto, ebbe luogo una grande manifestazione multimediale inista presso il Kemi Art Museum (Finlandia), Inismi: the I.N.I. Avant-Garde. Furono presentate opere dei principali inisti italiani, spagnoli, americani, francesi, argentini, cubani: poesie, film, libri, videoinipoesie, inike sonorike, abbigliamento inista, testi teorici, documenti, riviste. Il ricco catalogo della manifestazione, curato da François Proia e Antonio Gasbarrini, essendo stato realizzato prima della mostra, non poteva ovviamente rendere conto (né era questa la sua intenzione) della grande partecipazione del pubblico e della critica finlandese all’esposizione. Fotografie a colori a piena pagina riprodussero gli "abiti inisti" firmati da Laura Aga-Rossi e altre opere sue e di altri esponenti dell’Inismo internazionale.
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Una discussione che investa gli eventi della seconda fase dell’Inismo non può naturalmente limitarsi alle esposizioni, anche se queste spesso costituiscono importanti occasioni per affermare, soprattutto attraverso le pubblicazioni che in tali contingenze trovano motivo di essere, le idee e il pensiero in una forma assai più persistente.
E’ il caso del saggio di Bertozzi Che cos’è il Libroggetto, redatto in occasione della mostra L’Alphabet des Astres, che, oltrepassando la contingenza di ideale "catalogo", resta uno strumento fondamentale per chi voglia affrontare l’esegesi di due "generi" poetici, il libro oggetto e il libro d’artista, e addirittura superarli, nella visione inista (ancora una volta, tanto "unitaria", essendo poesia, quanto "multipla e globale", possedendo sempre molteplici valenze creative e realizzative) del Libroggetto.
Fra i "cataloghi" veri e propri si possono indicare quello pubblicato per l’esposizione Inismo 1980-1990 e quello per il ciclo di mostre L’Inismo. Il primo reca un testo introduttivo di Bertozzi (Il segno inista); l’altro, una ben documentata presentazione di Sandro Ricaldone.
E, ancora, ricordiamo la pubblicazione Made INItaly, una preziosa raccolta di 13 cartoline realizzate dagli inisti italiani, curata da De Mattia in occasione dei primi dieci anni di attività della corrente.
Ancora De Mattia, proseguendo le sue attività nell’area dell’Arte Interattiva, rappresenta l’Ini alla manifestazione internazionale Transmission Points (E), ideata e coordinata da Natale Cuciniello (Napoli, 1990); Bertozzi e Merante partecipano all’esposizione internazionale Il Librismo 1896-1990, un’ampia rassegna curata da Mirell