"...fatta celebrare da Caterina nel castello di Vincennes, la mezzanotte del 28 maggio 1574..."
Sono presenti cinque persone, tra cui il Re e la Regina Madre, si introduce un ragazzo vestito di bianco, un prete apostata celebra la messa, consacrando due ostie, una bianca e una nera. Numerose candele nere illuminavano il locale, scelto apposta una antica cripta sotto al castello risalente al tempo dei cavalieri del Tempio; da grossi brucia profumi si alzavano dense volute si incenso. La regina si alzò dopo la consacrazione delle ostie e recita una misteriosa preghiera a bassa deità: "A voi ricorro spiriti delle tenebre, con fede infinita come questa fede regina nel cuore dei presenti tutti votati a voi. O Satanacchia che sottometti le donne, una delle tue fedeli è qui accordale quanto desidera. Aghareth, tu che conosci i tuoi più occulti segreti fa che io dal sacrificio che si sta per compiere, possa avere la rivelazione su alcuni misteri e sul futuro. Sagatanas fai vedere anche attraverso uno spiraglio le cose che succederanno. Con lo stesso interesse accordami fin dalla mia gioventù, di cui mi siete stati guide, aiutatemi a fortificarmi spiriti invocati, osservate la purezza dei nostri sentimenti, considerate il mio vivo desiderio di regina maga che si inchina innanzi alla vostra potenza, apprezzate la mia fiducia in voi e la discrezione, tenete conto di quanto ho operato senza mai fallire, perché tu Nebiros con la tua potenza di indurre al male ed all'odio mi hai sempre guidata. In segno di gratitudine e fiducia ti offriamo questo fanciullo, vero agnellino innocente, o Lucifugo Rofocal, primo ministro della corte che brilla nelle tenebre, strumento necessario e indispensabile per ottenere la verità. Dopo quella strana preghiera, viene data al ragazzo l'ostia bianca, il prete con mossa fulminea con un colpo deciso di una spada lo decapita. Gli si colloca immediatamente la patena con l'ostia nera sotto il capo e si invoca una entità perché risponda per bocca dello sventurato fanciullo. Un attimo di angoscia attesa poi le labbra si muovono e lasciano fuggire due parole "Vim patior". Carlo IX in preda alla paura si mette ad urlare: Portate via quella testa e fugge.
Così, la messa del Sabba, da cerimonia atroce e sacrilega, quale era stata all’inizio, era diventata a poco a poco, ignobile e criminale, con accoppiamenti mostruosi, o degli omicidi rituali, su altari arrossati dal sangue di bambini sgozzati. Dal popolino, essa lentamente aveva conquistato il clero, la nobiltà. Eccola ora a Corte, sotto Carlo IX. È il celebre Bodin, procuratore del re ad Angers, nel 1516, che ha descritto nel suo libro: “La Démonomanie des Sorciers”, la spaventosa cerimonia.
Carlo IX, colpito da un male di cui nessun medico riusciva a scoprire le cause, né a spiegare i paurosi sintomi, stava morendo. La regina madre, Caterina de Medici, che lo dominava completamente, e che aveva tutto da perdere da un cambiamento di sovrano, doveva osare tutto, per conservare il suo potere. Dapprima ella consulta i suoi astrologhi, italiani e francesi, ma senza risultati. Lo stato del malato peggiorava di giorno in giorno, e diveniva disperato, ella ricorse allora alla magia, e volle consultare l’oracolo della “testa sanguinante”, nel corso della Messa del Sangue. Ecco come si procedette all’infernale operazione: Si prese un bambino, bello ed innocente; si fece preparare in segreto alla sua prima comunione da un Celemosiniere di palazzo; poi giunto il giorno, o piuttosto la notte del sacrificio, un monaco giacobita, dedito alla magia nera, inizia, a mezzanotte, alla sola presenza della Regina madre e di qualche familiare, la mostruosa abominazione della messa nera.
A questa messa, celebrata davanti all’immagine del demonio, che aveva ai suoi piedi una croce rovesciata, l’officiante consacra due ostie: una nera ed una bianca. La bianca fu data al bambino, che si era condotto vestito come per il battesimo, e che fu, subito dopo, preso, gettato a terra dal monaco, il quale, con un colpo di daga d’estrema violenza, gli mozzò la testa.
La testa fu posta, palpitante e macchiata di sangue, sull’ostia nera che ricopriva il fondo della patena, poi messa su di una tavola, in cui bruciavano delle lampade misteriose e dei profumi magici. Allora avvenne una scena strana ed orribile: l’officiante scongiurò il demonio di rispondere, tramite la bocca di questa testa sanguinante, ad una domanda, che il re non aveva osato fare ad alta voce, e che non aveva neppure confidato a nessuno. Si udì allora una voce flebile, strana, che sembrava provenire da molto lontano, e che usciva dalle labbra del povero piccolo martire, e questa voce diceva «Vim patior», «Sono stato costretto!» A questa risposta, che senza dubbio annunciava al malato, che la sua fine era prossima, e che l’inferno non lo proteggeva più, un tremito orribile lo prese, le sue braccia si irrigidirono... Egli gridò con una voce rauca «Allontanate questa testa! Allontanate questa testa!» E fino al suo ultimo respiro, non si sentì dire nessun’altra cosa. Coloro che lo servivano e che, non avendo assistito alla messa del Sangue, non erano a parte di quest’orrendo mistero, pensarono ch’egli fosse perseguitato dal fantasma di Coligny, e che credesse di rivedere dinnanzi a lui la testa del famoso ammiraglio, assassinato per suo ordine. Ma, dice Bodin: «Quello che agitava il morente, non era più un rimorso, era un terrore senza speranza, ed un inferno anticipato.»