Nel centro morto del Mar di Norvegia si trova un gruppo di trentacinque
isole solitarie e desolate. Situate alla stessa distanza da Scozia,
Islanda e Norvegia, le Isole Faeroe sono nude, rocciose e coperte dalla
nebbia. Dappertutto si sente il grido melanconico dei gabbiani inquieti.
Fin dove si spinge lo sguardo, tutto sembra eccitato dalle onde
ingrossate che escono da una pesante foschia. Le montagne raggiungono i
550 e perfino i 600 metri sul livello del mare. Sopra si profilano
ruvide scogliere, e sotto declinano le gole. Ci sono estese foreste di
pini, e migliaia di cascate sgorgano da grandi altezze schiantandosi
sulle rocce. Le rive del fiume, profondamente scolpite da ruscelli e
fiordi, sono rese quasi inaccessibili da torreggianti scogliere. Il
mare, trattenuto da rocce e scogli e completamente bloccato qua e là,
è sballottato violentemente in vortici e rapide lungo il suo cammino in discesa.
Le isole abitate sono diciassette. Due di queste, Stromo e Wago, sono
separate solo da un braccio di mare stretto e calmo abbastanza da essere
facilmente attraversato da un bravo nuotatore. Parecchi nomi di
località ricordano il passato, prima che la Chiesa vi si affermasse.
Thorshavn, per esempio, sulla spiaggia di Stromo, è stata così
battezzata in onore del dio del tuono che nella mitologia nordica è
rappresentato armato di martello.
Un giorno, un pescatore lasciò Thorshavn con il figlio di 15 anni su di
una barca a remi. Il battello si rovesciò davanti alle coste di Wago
durante una tempesta, ed il ragazzo fu sbattuto tra gli scogli. Un
giovane marinaio lo vide, si tuffò tra le onde infuriate e nuotò in
mezzo ai frangenti. Dopo averlo salvato, lo depose su di una roccia.
Sollevò il corpo semi cosciente per metterselo in grembo e lo tenne tra
le sue braccia, finchè il ragazzo aprì gli occhi.
Il marinaio chiese: "Come ti chiami?"
"Har. Sono di Stromo", rispose.
Il marinaio lo portò indietro attraverso lo stretto fino a Stromo e lo
consegnò a Lara, la madre di Har. Riconoscente, il ragazzo abbracciò
il suo salvatore, proprio mentre stava per andarsene. Più tardi,
l'acqua portò a riva anche il corpo senza vita del padre.
Il nome del pescatore era Manor. Era orfano, ed aveva quattro anni più
di Har. Manor si affezionò al ragazzo. Non vedeva mai l'ora di
incontrarlo. Di tanto in tanto remava verso Stromo o, durante le sere
d'estate, dopo il lavoro, attraversava a nuovo l'acqua calda dello
stretto. Har lo aspettava sulla riva, arrampicandosi sugli scogli e
agitando un fazzoletto non appena vedeva da lontano la sua barca a remi
che si stava avvicinando. Insieme, trascorrevano una o due ore sul
battello, cantando le canzoni dei marinai, remando fino ad uscire fuori
sul mare calmo. Oppure si spogliavano, si tuffavano tra le onde e
nuotavano fino alla più vicina spiaggia sabbiosa per vedere le foche.
Qualche volta si addentravano nel buio della foresta di grossi pini
verdi, le cui cime fruscianti annunciavano la voce di Thor, o almeno
così si diceva. Qualche altra volta trovavano una roccia sotto un
faggio, dove si riposavano chiacchierando e facendo piani per il futuro.
Per esempio, ogni volta che vedevano una baleniera attraversare lo
stretto, progettavano di salire a bordo insieme, e Manor metteva il
braccio attorno alle spalle di Har, e lo chiamava il suo 'Min Jong'. Ed
il ragazzo non era mai così contento come quando Manor lo abbracciava
in quel modo. E se qualche volta Manor arrivava tardi, s'infilava
all'ombra del cespuglio di lilla e bussava al vetro della finestra di
Har. Har si svegliava e sgattaiolava fuori della casa per incontrarlo.
In effetti, solo in presenza di Manor riusciva ad essere felice.
II
Un bel giorno, una goletta danese a tre alberi venne a gettare l'ancora
nel tranquillo porto di Wago e a reclutare marinai per una caccia alla
balena che sarebbe durata due mesi. Manor salì sul battello ed il
capitano assunse immediatamente quel giovane magro e svelto. Anche Har
si offrì di lavorare, come mozzo. Quando Lara lo venne a sapere, si
lamentò: "Tu sei il mio unico figlio. Il mare si è preso tuo padre ed
anche tu, ora, vuoi lasciarmi?" Fu così che Har decise di non partire
mentre Manor saliva sul tre alberi.
I due mesi erano ormai trascorsi, ed il nuovo inverno era già
nell'aria. Come al solito, Har continuava ad arrampicarsi sullo scoglio
per guardare lontano, sul mare. Un mattino vide un battello che si
avvicinava. Pieno di contentezza, si mise ad agitare il fazzoletto. Ma
il tempo era burrascoso e alta la schiuma dell'onda. La goletta sterzò
verso il porto di Wago. Incapace di raggiungere l'isola, prese
pericolosamente la direzione sbagliata verso la scogliera di Stromo, e
si arenò proprio davanti agli occhi di Har. Il ragazzo poteva perfino
vedere i naufraghi che si dibattevano tra le onde. Vide un braccio
muscoloso impossessarsi d'una tavola. Ma subito dopo, la tavola e l'uomo
scomparvero sotto una marea di onde. Aveva capito di chi si trattava.
Era Manor.
Parecchi corpi senza vita vennero sbattuti sulla spiaggia. Qualcuno li
mise uno accanto all'altro, sulla paglia. Har aiutò a riconoscere i
cadaveri. Finalmente, anche il corpo di Manor venne a riva. Har vide i
suoi capelli bagnati e gocciolanti. Gli occhi erano chiusi, le labbra e
le guance, pallide. Il suo corpo snello e freddo, anche nella morte,
faceva sempre un bell'effetto. "Bene, Manor, questo è tutto quello che
ci dobbiamo aspettare, alla fin fine", gridò, buttandosi su quel corpo
che aveva amato. Per un istante, singhiozzando, assaporò la gioia del
suo ultimo abbraccio.
III
Ormai calmo, Har trascorse la sera nella sua capanna. Era triste, e Lara
cercava di consolarlo. Ma non ci riusciva. Maledisse gli dei e si mise a
letto, dove passò una notte insonne.
Verso mezzanotte stava quasi per addormentarsi, quando venne ridestato
all'improvviso da un rumore. Guardò intorno. Veniva da fuori la
finestra. I rami del cespuglio di lilla si spezzarono, e le sue foglie
secche cominciarono a stormire. La finestra si spalancò e qualcuno
entrò dentro la stanza. Har tremava fin quasi a credere d'essere
impazzito. Lo riconobbe dalla forma. A dispetto del buio, sapeva chi
era. L'immagine gli si avvicinò lentamente, poi s'infilò nel letto
accanto a lui. Il ragazzo tremava, ma non aveva il coraggio di fare un
movimento. Una mano fredda lo colpì sulla guancia. Oh, era così
fredda, ma così fredda...! Un brivido gli attraversò la spina dorsale.
Le sue labbra calde, tremanti, vennero baciate da altre labbra, gelide.
Il giovane poteva sentire gli abiti bagnati dell'amato, e poteva vederne
i capelli che gli scendevano dalla fronte. Fu preso dalla paura, una
paura mischiata a gioia. L'immagine sospirò un attimo, quasi per dire:
"Un desiderio struggente mi ha spinto qui da te. Non ho pace nella mia
tomba".
Har non osava pronunciare una parola, tanto meno si arrischiava a
respirare. Allora Manor si alzò e mormorò qualcosa: "Ora devo
tornare". Scavalcò la finestra e se ne andò, proprio come era
arrivato.
"Quello era Manor", Har bisbigliò tra sè e sè.
Quella stessa notte, un pescatore di Stromo remava nello stretto. Il
mare era brillante. Dai suoi remi sembravano radiare piccole scintille.
Poi, subito prima di mezzanotte, gli capitò di sentire alcuni strani
suoni. Vide qualcosa sfrecciare attraverso l'acqua scintillante. Non
riuscì a distinguerne la forma perchè si muoveva con la rapidità di
un grosso pesce. Ma, a dispetto del buio, aveva capito che non si
trattava di un pesce.
Manor non apparve mai quando la luna era piena.
Ritornò la sera seguente. Era freddo come il ghiaccio, proprio come
nella visita precedente, ed anche più esigente. Abbracciò il ragazzo,
baciandolo sulle guance e sulle labbra, poi mise la testa sul suo tenero
grembo. Har tremò di terrore. Il cuore gli batteva nel petto tenuto
così stretto.
Manor adagiò la testa proprio lì, in quel punto in cui palpitava il
cuore di Har. Le sue labbra gelide cercavano il morbido seno gonfio
sopra il cuore di Har. Tutto il suo corpo fremette nell'ascoltarne il
battito. Manor cominciò a succhiare un capezzolo, pieno di struggimento
e di brama, come un bimbo fa con la tetta della mamma. Tuttavia, prima
che passasse troppo tempo, smise, si alzò e se ne andò. Har si sentiva
come se un animale lo avesse succhiato fino a prosciugarlo.
Anche quella sera il pescatore era al lavoro sullo stretto. Esattamente
alla stessa ora della notte precedente, sentì gli stessi suoni. Ma
questa volta venivano da molto più vicino. Alla pallida luce della luna
riconobbe che quello che stava nell'acqua era un uomo. Nuotava come
nuotano i marinai, sul lato destro, ma indossava gli abiti dei morti.
Sembrava quasi che il nuotatore stesse guardando dritto attraverso di
lui, poichè verso di lui aveva girata la faccia. E nuotava con gli
occhi chiusi. Quella vista spaventò tanto il pescatore che ritirò sù
la rete e girò la barca verso la riva.
Manor continuò a tornare anche nelle notti seguenti. Abbracciò anche
il giovane mentre dormiva. Infatti, di tanto in tanto Har era
sopraffatto dal sonno, nell'attesa dell'amico. Allora, si svegliava e si
trovava tra le sue braccia. Ogni volta le labbra di Manor esploravano il
tenero gonfiore sopra il suo cuore. Allo spuntar del giorno Har notava
una macchiolina di sangue che gli gocciolava dal capezzolo sinistro. La
puliva con la camicia. Talvolta si accorgeva che la goccia aveva già
macchiato la camicia.
Gli abitanti delle isole Faeroe credono che i morti spesso sono spinti
da un incontrollabile desiderio ardente di visitare alcuni dei loro
amati sopravvissuti. La spinta può essere così forte che questi
abbandonano le loro tombe, di notte, per poterli visitare. C'è anche
un'antica convinzione che Urda, che possiede strani poteri demoniaci,
sia responsabile del breve periodo di vita concesso ai morti viventi.
Urda si occupa in particolar modo di coloro la cui esistenza è stata
bruscamente interrotta da una morte amara in un'età troppo giovane. Si
dice che un irresistibile bisogno di vita e di calore riempia il cuore
di quelli che ritornano. Questi si nutrono del sangue dei vivi e, come
un amante, bramano fortemente i loro abbracci. Ma il loro forte
desiderio è causa per tutti di nient'altro che dolore.
Così accadde in questo caso. Per tutto il giorno Har fu tormentato e
languì di desiderio. Ma attese la notte con impazienza e aspettando
ardentemente quel brivido delizioso dell'abbraccio di mezzanotte.
IV
Due settimane erano trascorse.
Lara disse: "Sei bianco come un fantasma. Che ti succede, Har?"
"Niente, mamma", gemette lui.
E lei: "Sei così silenzioso".
Un sospiro...
In una casetta alla periferia del villaggio viveva una saggia vecchia
che praticava la stregoneria. La madre di Har, sopraffatta dalla
preoccupazione, l'andò a visitare. La vecchia tirò dei bastoncini con
sopra delle iscrizioni runiche.
"Lo visitano i morti", disse.
"I morti?", chiese Lara.
"La saggia donna rispose: "Sì, durante la notte, e qualcuno morirà se
non si farà nulla per porvi un freno".
Perplessa, Lara tornò a casa.
"E' vero, Har", chiese, "che la notte ti visitano i morti?"
I suoi occhi caddero sul pavimento, mentre bisbigliava: "Sì, è Manor",
e si asciugò le lacrime sul petto di lei.
"Possano gli dei aver pietà di te", disse la madre.
"Gli dei", rispose, "non significano nulla, per me. Quando lui si
aggrappava disperatamente alla tavola, allora, oh, allora sarebbe stato
il momento giusto per aver pietà di me. Ma lo hanno lasciato affogare
senza misericordia. Oh, quanto lo amavo!"
Quando Lara scoprì le macchie di sangue sulla sua camicia, andò a
parlare con gli anziani del villaggio. Insieme alla madre con il figlio,
e portandosi appresso la vecchia saggia, remarono attraverso lo stretto
fino a Wago.
Al popolo di Wago lei parlò così: "L'insicurezza delle vostre tombe ha
esposto uno di noi al pericolo. Un uomo lascia il suo sepolcro ogni
notte, viene da noi e succhia a sazietà il sangue da questo povero
giovane".
"Cercheremo di rendere le cose più sicure", le rispose il popolo di
Wago.
Da un albero di pino tagliarono un palo. Era alto come un uomo e spesso
come un braccio. Con un'accetta gli piallarono la superficie
squadrandola di sotto, mentre l'estremità aveva una punta lunga un
piede. Andarono sulle dune dove i marinai erano stati seppelliti. Un
uomo portava il palo, un altro un'ascia pesante. Aprirono la tomba di
Manor.
Uno della gente di Wago disse: "Guardate, non si è mosso per niente dal
giorno in cui lo abbiamo sepolto".
"Questo perchè ogni volta che ritorna si rimette esattamente allo
stesso posto", replicò la saggia donna.
Un altro degli uomini di Wago aggiunse: "Quasi quasi sembra star meglio
oggi che il giorno in cui lo abbiam messo sotto terra".
"Nessuna meraviglia", rispose la vecchia, "è proprio per questo che Har
è così pallido".
Har si avvicinò e, ancora una volta, si gettò sul corpo dell'amato.
"Manor, Manor", gridava, la voce tremante. "Ti stanno per infilare un
palo dritto dentro il cuore. Manor, svegliati. Apri gli occhi. Sono io,
il tuo Har".
Ma Manor non aprì gli occhi. Giaceva immobile tra le braccia di Har,
ora, come due settimane prima, sulla paglia della riva.
Har si rifiutava di lasciarlo. Così, lo strapparono via da lì e
appoggiarono la punta del palo sul petto di Manor. Har si girò, il
cuore a pezzi. Gettò le braccia attorno al collo della madre e
seppellì la faccia sulla sua spalla.
"Mamma", gridò, "come puoi farmi questo?"
Sentì l'ascia usata come un martello che colpiva il palo, poi lo sentì
gemere sotto la botta. Una pesante mazzata seguiva a un'altra.
"Questo ce la dovrebbe fare", disse un uomo di Wago.
E un altro: "Se questo non lo tiene fermo al posto suo, non ci riuscirà
nient'altro".
Dovettero portar via Har a braccia, poichè era quasi svenuto.
"Non ti darà più fastidio, ragazzo mio", gli disse Lara non appena
furono tornati a casa.
Addolorato, andò a letto. "Ora, non potrò mai più vederlo", disse ad
alta voce, pieno di tristezza. Era stanco e si sentiva debole. Si agitò
e rigirò a lungo nel suo letto. I minuti passavano così lenti che
sembravano delle ore. Arrivò la mezzanotte ed il sonno ancora non gli
faceva chiudere gli occhi.
Ascolta. Cos'è stato? Nel cespuglio di lilla... Ma no, non è
possibile, pensò. E, sì, in realtà, proprio come prima, sentì un
fruscio venire dal cespuglio. La finestra si aprì come sempre. Era
Manor, ancora una volta. La vista tolse il respiro ad Har. Il corpo di
Manor mostrava un'apertura quadrata che gli penetrava per tutto il
corpo. Si stese accanto ad Har, lo abbracciò e cominciò a succhiarlo.
Lo ciucciava avidamente e perfino con un più grande ardore.
Quella notte, tuttavia, Lara si svegliò. Si mise in ascolto ed ebbe
paura per la sua vita. La mattina, presto, entrò nella stanza di Har e
gli si avvicinò al letto.
"Povero bambino mio. Era ancora lui, non è vero?", chiese.
"Si, mamma", rispose, "era lui".
Il letto era imbrattato dal sangue del morto, sgorgato dalla sua
profonda ferita.
V
Qualche ora più tardi Lara, la vecchia saggia e gli anziani di Stromo
remarono di nuovo attraverso lo stretto, ma questa volta senza Har.
Tornarono sulle dune e riaprirono la tomba. Il palo quadrato era ancora
conficcato nel terreno, ma non attraversava più il petto di Manor.
Tuttavia, egli vi stava accanto e con le ginocchia si toccava il mento.
Il palo gli impediva di potersi allungare.
"Si è liberato", disse la saggia donna, "visto? il palo ha la stessa
larghezza dalla punta fino alla base".
"Uno degli uomini di Wago disse: "Ha dondolato lungo tutto il palo fino
a liberarsi".
"Ma deve aver richiesto una forza inumana, per poterci riuscire", disse
un altro.
Dietro consiglio della vecchia saggia fecero un palo più robusto,
spesso il doppio sulla punta. Come se fosse un chiodo con la testa.
Tirarono via il vecchio bastone e trafissero Manor con il nuovo palo.
"Ecco qui, ora è inchiodato per bene", disse l'uomo con l'ascia, dando
un ultimo, finale colpo sulla capocchia.
Un altro uomo di Wago disse; "In ogni caso, non riuscirà più a
lasciare la tomba, da oggi in poi".
Lara tornò da Har per dirgli quello che era successo. "E' tutto finito,
ora", pensò tra sè e sè, ritirandosi nel suo lettuccio. Man mano che
la mezzanotte si avvicinava, non riusciva a prender sonno. Tutto era
calmo. Nulla scuoteva i rami del cespuglio di lilla fuori la finestra.
Il pescatore, non più spaventato da un nuotatore cieco che gli
attraversava lo stretto, continuava a pescare.
Lara disse: "Ora ti lascerà in pace. Ti stava tormentando".
"Mamma, cara mamma, non mi stava tormentando", si lamentava il ragazzo,
affliggendosi invano. "Mamma", continuava, "non ho più ragione di
vivere".
"E' perchè sei così stanco e debole, figlio mio", rispose.
Era diventato così emaciato che non riusciva neanche più ad alzarsi
dal letto.
"Sento che mi sta chiamando", sussurrava.
Era passato un mese dal naufragio. Una mattina, Lara si mise a sedere
accanto al letto del figlio ancora addormentato. Cominciò a piangere,
finchè lui aprì gli occhi.
"Mamma", disse con un filo di voce", "sento che sto per morire".
"No, no, figlio mio. Sei troppo giovane per andartene per sempre".
"Morirò presto. Manor è stato qui ancora una volta. Abbiamo parlato",
disse, "poi siamo andati a sedere su di una roccia, come facevamo
sempre, sotto il vecchio faggio, e lui mi ha messo un braccio sulle
spalle e mi ha chiamato 'Min Jong'. Verrà di nuovo questa notte, per
portarmi con lui. Me lo ha promesso. Non riesco a vivere senza di lui".
Lei si chinò verso il ragazzo, mentre le lacrime le gonfiavano gli
occhi.
"Povero figlio mio", singhiozzò, mettendole la mano sulla fronte.
Quando la notte fu vicina, accese una lampada e si mise a vegliare
accanto al letto. Il ragazzo era ancora sveglio, e guardava in silenzio
verso il vuoto.
"Mamma", disse.
"Che c'è, mio caro bambino?", chiese.
"Mettimi nella tomba con lui, per favore. E levagli quell'orribile palo
dal petto".
Lei promise che l'avrebbe fatto, stringendogli la mano e baciandolo.
"In realtà", disse il giovane, "non vedo l'ora di unirmi a lui nella
sua tomba".
Suonò la mezzanotte. Improvvisamente trasfigurato, sollevò leggermente
la testa, come se ascoltasse qualcosa con grande intensità. I suoi
occhi risplendevano, mentre guardava al di là della finestra e dei rami
del cespuglio di lilla.
"Guarda, mamma. Eccolo lì".
Queste furono le sue ultime parole. I suoi occhi rovesciarono
all'indietro. Affondò nel cuscino e cadde in un sonno profondo.
E fecero quello che aveva chiesto.
*******
Questo racconto di Ulrichs è stato tradotto dal testo in inglese curato
da Michael Lombardi (Urania Manuscripts, Los Angeles, 1982) il quale, a
sua volta, ha utilizzato un testo in tedesco pubblicato su Schwuchtel:
Eine Zeitung der Schwulenbewegung ("Manor: Eine Novelle", primavera
1977). La fonte della versione in tedesco è una pubblicazione della
casa editrice Wegwald del 1914. La prima edizione, curata dallo stesso
Ulrichs, apparve a Lipsia nel 1885, in una antologia intitolata
Matrosengeschichten (Storie di Marinai). "Manor" era il secondo di quattro racconti che componevano la raccolta (gli altri erano
"Sulitelma", "Atlantis", "Il Monaco di Sumbö"), cominciata a Napoli e
completata all'Aquila nel 1884. "Manor" fu scritto tra il 22 ed il 30
luglio di quell'anno, e proprio nella cittadina abruzzese.
(C) 2002 by Massimo Consoli
Consoli, Massimo. "Manor." Guidemagazine (Milano), July 2002.
Omosessualità e Vampirismo: "Dracula" e "Manor"
di Massimo Consoli
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