Si chiedono da parte di alcuni candidati in pectore alla carica di console onorario della prossima ventura Repubblica di Bananas del Kosovo (da oggi chiamiamolo Kosova) prove evidenti dei pesanti coinvolgimenti in traffici illeciti internazionali del sedicente esercito di liberazione Uck-Kla.
Tali prove, che vanno molto a ritroso nel tempo - a dimostrazione della gestazione in provetta di questa crisi del Kosovo, che dai più è stata dipinta con il sillogismo serbi=pulitori etnici, emigrazione kosovara=pulizia etnica per cui i serbi sono criminali e vanno bombardati - abbondano. Ma limitiamoci ad un paio di segnalazioni.
"25 marzo 1999 sono stati arrestati a Mantova (Lombardia, Italia...n.d.r.) i membri di una cellula dell'Uck, che agiva in clandestinità, in possesso di materiale propagandistico. Obiettivo della cellula era il traffico di stupefacenti per ottenere fondi per finanziare la guerriglia." (Limes, "Kosovo: L'Italia in guerra", pag. 96).
Ma, chiaramente, i traffici dell'Uck risalgono a molto prima, al tempo di Berisha almeno, che prima di abbandonare il potere, tra una truffa finanziaria e l'altra, permise il letterale svuotamento delle caserme e dei depositi di armi dell'esercito albanese.
O ancor prima.Da anni, l'Osservatorio Geopolitico delle Droghe di Parigi sostiene che i soldi alla "resistenza" albanese provengono dai clan di trafficanti di eroina attivi in Kosovo, Macedonia e Albania.
D'altronde sempre su Limes - rivista che non è esattamente l'organo ufficiale del filoserbismo mondiale - leggiamo (pag.66 del suddetto numero speciale) che "...il portavoce del ministero degli esteri tedesco affermò alla Reuters che i sostenitori dell'Uck stavano estorcendo soldi agli albanesi residenti in Germania e che il suo governo stava cercando di frenare questo fenomeno...Importanti partite di eroina sono state sequestrate negli ultimi anni in Svizzera, Italia e Grecia a trafficanti basati a Pristina, Skopje e Scutari". E qui il pensiero di chi scrive vola ad Anna Oxa, la importante opinion maker di Rai Uno, nonchè fidanzata di un noto "finanziere" albanese di Pristina residente in Svizzera ed assistita dal di lui fratello e manager.
Una organizzazione capillare, dunque, radicata in tutta Europa, di cui l'opinione pubblica italiana viene a conoscere l'esistenza soltanto ora,e magari nelle forme descritteci dall'apostolico San Pietro. Basti pensare che a fine luglio 1998 le autorità svizzere bloccarono i conti del Movimento per la Liberazione del Kosovo (Kosova) - ala "politica" dell'Uck - presso il Credit Suisse (Liberation, 13/8/1998).
"Nel 1996 circa 800 albanesi e kosovari sono stati arrestati per il traffico di eroina nella sola Germania. In Svizzera sono circa duemila gli albanesi e kosovari in prigione per lo stesso motivo...Secondo recenti rapporti congiunti della Us Drug Enforcement Agency (DEA) e dell'Interpol, la mafia albanese-kosovara supera gli altri gruppi criminali internazionali specialmente nel racket della prostituzione e nel traffico di clandestini, con un giro d'affari annuo di 7,7 miliardi di dollari, il triplo del prodotto interno lordo dell'Albania". (Independent Albanian Economic Tribune, 20/6/1997).
Ancora una relazione dell'Interpol del Novembre 1997 afferma che gli albanesi del Kosovo controllano la maggiorparte del mercato dell'eroina in Svizzera, Austria, Belgio, Germania, Ungheria, Repubblica Ceca, Norvegia e Svezia. (San Francisco Chronicle, 05/05/1999). Si potrebbe citare anche un giornale distrintosi per l'appoggio radicale alla guerra Nato come "La Repubblica", dove Leonardo Cohen che da tempo si occupa dei traffici illeciti dei Balcani ci ha informato su come i boss kosovari hanno monopolizzato tali traffici, regolandone i flussi e stabilendone i prezzi.
Secondo Michael Koutouzis, del già citato Osservatorio Geopolitico delle
Droghe, "i boss kosovari, oggi integrati nell'Uck, avevano (nel
controllo della droga, del traffico di armi e della prostituzione
n.d.r.) un vantaggio di dieci anni rispetto ai loro cugini albanesi
d'oltreconfine, semplicemente perchè i loro passaporti jugoslavi gli
permettevano di viaggiare in anticipo ed in maniera più libera rispetto
ai trafficanti dell'Albania comunista".
"Questo permise loro di stabilire efficientissime reti transoceaniche
attraverso i canali dell'emigrazione albanese,ed in tal modo, di
stringere legami con altri gruppi malavitosi coinvolti nello spaccio
dell'eroina, come la triade Cinese a Vancouver e i vietnamiti in
Australia". (ibidem).
Ed proprio l'inviato nei Balcani del San Francisco Chronicle a stupirsi nell'incontrare, tra il 1992 e il 1996 "frequenti gruppi di albanesi kosovari , che ostentavano abiti firmati e che guidavano macchine lussuose ben al di là degli standard normali di vita della loro comunità - ai ristoranti più alla moda della capitale della macedonia Skopje e nelle vicenanze del confine jugoslavo del Kosovo. Questi uomini erano ben disposti a parlare di politica, confermando che loro erano kosovari e la loro determinazione ad abbattere Milosevic. Ma, quando interrogati sul come si guadagnassero da vivere, tutti unifornemente rispondevano : "business", astenendosi bruscamente dal dare ulteriori dettagli".
D'altronde il coinvolgimento degli albanesi nel commercio dell'eroina non è prerogativa esclusivamente kosovara. Include membri delle comunità albanesi delle tre regioni più povere d'Europa, ovvero Kosovo, Macedonia e la stessa Albania.
Ovvero sia, i confini della "grande Albania" alla cui costruzione mirano, senza averlo mai sottaciuto, i "guerriglieri" dell'Uck. La ragione di tale diffusione del fenomeno può essere spiegata senza bisogno di ricorrere a "nobili" fini, quali la necessità di finanziare una guerra separatista.
Il salario medio in Kosovo e Macedonia, al 1997, era meno di 200
dollari. In Albania, addirittura, meno di 50.
Sempre secondo l'Osservatorio Geopolitico sulle Droghe, che relaziona
periodicamente i governi di Francia e Gran Bretagna sui trend delle
operazioni illegali nei Balcani, uno chilogrammo di eroina può essere
acquistato per 8.300 dollari
in Albania, che funge attualmente da terminale per la distribuzione in
Europa del 90% delle esportazioni totali di eroina da Turchia e Sud Est
asiatico.
Lo stesso chilogrammo di eroina, appena al di là del confine albanese-greco, può essere rivenduto a 30.000 dollari, profitto equivalente al totale di nove anni di salario medio in Macedonia e nel Kosovo pre-bombardamenti o, al peggio, al totale di 33 anni di retribuzioni medie nella disastrata Albania.
E' interessante, per comprendere bene l'entità del fenomeno e le ripercussioni future di questa guerra per "l'indipendenza del Kosovo", osservare come gli albanesi etnicamente rappresentano l'1% della popolazione dell'Europa geografica (512 milioni). Nel 1997, secondo l'Interpol, in Europa più del 14% di tutti gli arresti per traffico di eroina riguardavano albanesi.
La quantità media di eroina sequestrata per arresto, nella totalità dei casi, era meno di due grammi. Tra gli albanesi la media sale esponenzialmente a 120 grammi per arresto.
Fino all'inizio del conflitto in Kosovo, gli albanesi kosovari erano i riconosciuti "signori dello spaccio", spalleggiati dalle bande turche che da decenni dominano i traffici lungo la "Via dei Balcani", egemonizzando la rete di connessioni intercontinentale offerta dall'emigrazione albanese.
Ad ogni modo l'ascesa dei boss kosovari al vertice del traffico
internazionale degli stupefacenti - e la contemoranea, improvvisa
comparsa dal nulla dell'Uck - risale al 1997, quando in Albania il
governo Berisha crollò a seguito delle violente rivolte diffusesi in
tutto il paese a causa del collasso delle "finanziarie piramidali" che
dissolsero i risparmi di milioni di ialbanesi incrinando la fragile
economia del paese.
Nell'anarchia generalizzata che ne seguì, le caserme nazionali vennero
letteralmente svuotate di armi, esplosivi e munizioni.
A conferma di ciò, uno studio delle Nazioni Unite ha riportato che almeno 200.000 kalashnikov rubati dai depositi militari albanesi sono finiti nell'arsenale dell'Uck. Le armi in eccedenza, secondo la stessa fonte, sarebbero state immesse nel mercato nero all'inizio del 1999 per opera dello stesso Uck.
L'anno scorso, un ufficiale Nato, interpellato da Radio Free Europe, affermava l'esistenza di rapporti investigativi che confermavano "il massiccio trasferimento di armamenti in Kosovo,avvenuto nel 1997, destabilizzando l'equilibrio precario tra le due etnie presenti nella regione (albanesi e serbi n.d.r.) e marginalizzando la posizione del leader pacifista Ibrahim Rugova impegnato in negoziati per l'autonomia con le autorità di Belgrado".
Ed a volere essere obiettivi, proprio l'emergere del fenomeno Uck in tutta la sua violenza e gravità, nel momento in cui i diplomatici europei ed americani erano impegnati alla ricerca di una soluzione pacifica della questione, spinse Milosevic ad assumere posizioni radicali di repressione del terrorismo insorgente.
Il 1° marzo 1998 il punto di svolta, rappresentato dall'assassinio di due poliziotti serbi rivendicato dall' Uck. Seguì l'attacco della polizia alla roccaforte dell'Uck a Drenica, con l'uccisione, nel corso dello scontro a fuoco, del clan di Adem Jashari l'allora capo dell'Uck, e maestro dell'attuale leader kosovaro, Hashim Taqui.
Il resto è storia recente: le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, l'accordo Milosevic-Holbrooke disatteso dai kosovari, le ambiguità della missione OCSE in Kosovo, l'ultimatum di Rambouillet.
Varrebbe la pena di riflettere su quanto scritto per chiedersi chi, in verità, abbiamo appoggiato nel corso di questa guerra e che cosa vedremo costruire in quell'angolo dei Balcani.
Sarà il Kosovo etnicamente pulito dalla presenza serba il paradiso dei
diritti umani, delle libertà individuali e dello stato di diritto?
Saranno l'Uck e i suoi sostenitori a garantircelo?