"Liberazione", 25.06.1999
rubrica "Noi loro gli altri"
"Sono un militare italiano in servizio nel Kosovo. Non scrivo per lamentarmi dei pericoli seri che ogni giorno corriamo. E' stata una mia scelta e fare il militare e la mia professione. Non leggo il vostro giornale e so poco di voi, invece mio padre (anche lui un militare, oggi in pensione) e un fan di Bertinotti. E di lei, direttore Curzi, conosce tutto e ricorda sempre con piacere il vostro incontro in un dibattito televisivo da "Costanzo".
Le scrivo questa lettera, che mio padre mi ha detto le consegnera di persona, per comunicare, far conoscere il mio (ma non solo mio) malessere per quello che vediamo intorno a noi. Sapevamo di eccidi e distruzioni ma è tutto piu terribile del raccontato. E la situazione peggiora giorno dopo giorno.
Oggi ho visto la "caccia" al serbo : uno sport compiuto in allegria da criminali albanesi vestiti in eleganti divise militari americane con i distintivi dell'UCK.
Nascosti dentro un boschetto, gli albanesi miravano alle gambe di donne (anche fanciulle) che facevano la fila davanti ad un deposito di acqua potabile del nostro esercito. Dopo i primi colpi, che hanno ferito 3 donne (tutte di etnia albanese), io con due soldati siamo intervenuti sparando in aria (questo e l'ordine ! ) e mettendo in fuga i criminali.
Piu tardi, dopo un lungo inseguimento siamo riusciti a catturare uno dei banditi. Portato in caserma e interogato ha detto che il loro era un gioco (una gamba due dollari). "E poi, - ha gridato - erano certamente delle filo-serbe !...".
Un preciso ordine ci ha imposto di rilasciare il criminale.
E' solo un episodio ma, se a lei interessa, cerchero, tramite mio
padre, di farle avere altre notizie su questa nostra "sporca"
avventura.
Comunque le assicuro tutti i militari italiani cercano di comportarsi con la massima serieta ed onesta e di aiutare, nei limiti delle norme disciplinarie (e spesso anche violando questi limiti) questa povera, ma fiera gente."