Pubblichiamo una cronaca drammatica del nostro inviato a Sanremo Giorgio Berti, che è stato testimone della tragica fine di Luigi Tenco. Abbiamo intervistato gli amici, i parenti, i colleghi del cantante più anarchico del Festival. Nella sua vita aveva avuto molte avventure sentimentali, ma nessuna donna gli era mai restata vicina
"Aveva già gli occhi di chi è in un altro mondo"
TENCO: MOLTE DONNE NESSUN AMORE
Sanremo, gennaio
A Sanremo la morte è arrivata col diciassette. Diciassettesimo il Festival, diciassette il numero che il croupier del tavolo ha chiamato proprio nel momento in cui un ometto calvo (nessuno saprà mai chi fosse) è entrato stravolto nelle sale del Casinò gridando che Luigi Tenco si era sparato alla testa. A quell'ora, scaricatasi la tensione per l'attesa dei risultati della prima serata, la gente del Festival era un pò tutta attorno ai tavoli della roulette; gli esclusi per tentare una miglior sorte con la pallina, gli ammessi alla finale per trovare una conferma alla benignità della dea bendata.
E' stato così che quasi tutti, subito, hanno saputo della tragedia che si era abbattuta sul Festival. Con qualche secondo di ritardo l'hanno appreso anche gli organizzatori del Festival che erano andati a mangiare in un ristorante di fronte al Casinò. Gianni Ravera, il patron del Festival, impegnato con un piatto di spaghetti è diventato bianco e ha mormorato: <<E' uno scherzo, ma è uno scherzo di cattivo gusto...>>. Ma Bongiorno che gli stava seduto accanto, pallido lui pure, lo ha interrotto: <<No, Gianni, ho una maledetta paura che sia vero>>. E per la prima volta ha raccontato un episodio che poi sarebbe stato costretto a ripetere cento volte nel corso della drammatica notte.
Il turno di Tenco era proprio alla fine della serata, quando ormai, dietro le quinte del palcoscenico del Festival, la terribile tensione si era un pò allentata, se non altro per un fatto di stanchezza.
"Devo prendere certe pillole"
Solo il cantante Luigi Tenco, racconta Mike Bongiorno, aveva lo sguardo vitreo, mormorava frasi inconcludenti, sembrava ubriaco, anzi addirittura drogato. Più tardi un discografico, Rapetti, racconterà alla polizia che Tenco, esasperato nell'attesa del suo turno di cantare, gli aveva detto: <<Devo andarmi a prendere un paio di certe pillole che so io, altrimenti non resisto>>. Ma Rapetti aveva pensato a qualche tranquillante, niente di grave, certo.
Ma torniamo al racconto di Bongiorno. <<Arrivato il suo turno>> racconta Mike, <<Tenco non ne voleva assolutamente sapere di uscire sul palcoscenico. Dovetti trascinarlo fuori quasi di peso. 'Va bene', mi disse a un certo punto, 'io vado fuori a cantare questa canzone, ma poi chiudo, chiudo per sempre'. Io pensavo che intendesse voler chidere con la musica leggera; chi mai poteva pensare che volesse chiudere con la vita? Avrei chiamato la polizia se avessi potuto anche lontanamente supporre una cosa del genere>>.
Appena conosciuti i risultati, Tenco e Dalida, la patner della sua canzone, che gli era stata molto vicina nelle giornate di prova e che ripetutamente aveva avuto parole di stima e di ammirazione per il giovane cantautore ligure, hanno rifiutato con una scusa di andare a cena con la troupe della loro casa discografica e si sono diretti subito al loro albergo, il Savoia. Nella hall li ha incontrati Ezio Radaelli, il patron del Cantagiro, che è venuto a seguire il Festival di Sanremo come osservatore. Racconta Radaelli : <<Ho visto subito che Tenco era stravolto, letteralmente fuori di sé. Gli ho detto le stupide cose che si dicono sempre in queste occasioni: "Non prendertela se ti hanno eliminato, tanto poi quello che conta è vendere il disco. Pensa a Celentano l'anno scorso. La tua canzone è bella, ti rifarai vendendo un sacco di dischi. Pensa ai soldi che farai, è questa la cosa che conta". Questo gli ho detto, ma temo che Tenco non mi abbia neppure sentito. Aveva lo sguardo strano di chi era già in un altro mondo>>.
Cosa sia accaduto esattamente nei minuti seguenti, sarà forse impossibile ricostruirlo nei particolari. La prima ad accorrere nella stanza di Tenco al rumore dello sparo, presaga che era accaduto qualcosa di terribile, è stata proprio Dalida. Tenco era crollato a terra, tra il comò e il letto con mezza faccia spappolata dall'esplosione. Sul letto c'era una lettera.
Dalida l'ha afferrata meccanicamente ed è corsa fuori della stanza urlando di terrore. Questa lettera, l'ultimo addio di Tenco (Dalida la consegnerà più tardi alla polizia), diceva: <<Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato cinque anni della mia vita. Faccio questo non perchè sono stanco della vita, tutt'altro!, ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io, tu e le rose in finale e una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao, Luigi>>.
Subito dopo Dalida è accorso Lucio Dalla, un cantante molto amico di Tenco. Anche lui ha guardato come allucinato l'orribile scena ed è uscito subito, correndo, mentre entrava Bruno Pallesi, un ex-cantante, ora paroliere di successo, l'unico che sia riuscito a mantenere una certa padronanza di nervi.
Intanto Dalla era arrivato nella hall dell'albergo, ancora piena di gente fermatasi a discutere i risultati. S'è avvicinato ad un gruppo di giornalisti che faceva circolo intorno a Radaelli ed a Ugo Zatterin, il direttore del Radiocorriere, che aveva presieduto poco prima una commissione di esperti incaricata di <ripescare> una canzone tra quelle eliminate dalle giurie popolari. La "commissione Zatterin" aveva deciso di "ripescare" la canzone La rivoluzione, preferendola alle canzoni di Bobby Solo, Modugno e, appunto, di Tenco. Dalla, come inebetito, è riuscito solo a mormorare: "Correte nella camera di Tenco, sta male, molto male>>. Pensarono tutti ad un malore, tanto è vero che qualcuno si precipitò al bar a prendere un bicchierino di cognac. Ma Tenco, ormai non aveva più bisogno di niente.
Alle prove non lo applaudirono
La tragedia ha lasciato allibiti tutti, anche gli amici più intimi del cantante che pure sapevano della sua emotività, delle crisi di disperazione che nel più recente periodo aveva attraversato, quando capiva che, pur avendo ripetutamente cambiato casa discografica, non gli riusciva di 'sfondare' come tanti suoi colleghi. Aveva riposto tutte le sue speranze sulla carta del Festival di Sanremo. Era convinto di essere riuscito finalmente a scrivere una canzone, Ciao amore ciao, fedele al suo cliché di cantautore 'impegnato' ma al tempo stesso in grado di piacere alla platea.
Alle prove non lo avevano applaudito molto, e questo l'aveva buttato nel più nero sconforto."Lascia perdere" gli avevano detto, "neppure Paoli ha mai avuto fortuna a Sanremo". Paoli, anche se Tenco non lo ha mai voluto ammettere, ha condizionato molto la sua vita, avevano gusti molto simili, non soltanto musicali, ma anche in fatto di donne.
Si è parlato molto di un suo sfortunato amore per l'attrice Stefania Sandrelli. Il tentato suicidio di Paoli, alcuni anni fa, quando il cantautore genovese si è cacciato una pallottola nel cuore, aveva letteralmente stravolto Tenco. Ma nessuno poteva pensare che il suo voler vivere quasi ad imitazione di Paoli lo avrebbe spinto a ripeterne il gesto, purroppo con ben più tragico esito.
La notte tra giovedì e venerdì a Sanremo, nel grande clan del Festival, nessuno ha dormito. Ma la mattina dopo, seppure con gli occhi pesti per la lunga veglia, seppure affranti, distrutti, erano tutti alle prove per la seconda serata. La legge del teatro è spietata, non ammette rinunce neppure per i dolori più grandi. Come a Scala Reale, il giorno della finalissima, dopo la morte della figlia di Morandi, così qui a Sanremo, dopo la tragedia di Tenco, un piccolo comunicato battuto a macchina e affisso ad un albo annunciava con impersonale freddezza: "Si avvertono i signori artisti che lo spettacolo continua secondo l'ordine del giorno già noto".
GIORGIO BERTI