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il triangolo delle bermude

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Per Triangolo delle Bermude si
intende un'area molto vasta dell'atlantico che ha il suo vertice nelle isole
Bermuda a sud e che si estende dalla punta meridionale della florida fino alla
piccole Antille. Per questi confini, anche se molto imprecisi, la zona prende
anche il nome di "Triangolo maledetto" a causa di un lungo elenco di
incidenti inspiegabili che vi sono accaduti. I fatti sono molti ed iniziano da
molto lontano, ma proseguono con un crescendo impressionante fino ai giorni
nostri. Se per quanto riguarda le prime cronache possiamo imputare imprecisioni
e distorsioni, altrettanto non possiamo dire per ultimi e più recenti incidenti
che, secondo una stima approssimativa, hanno causato addirittura più di mille
vittime solo negli anni che vanno dal 1945 al 1975, un numero che, occorre
precisare, tiene conto anche degli aerei che a partire dalla seconda guerra
mondiale erano precipitati in questa area con impressionante frequenza. Da
tenere presente è anche il fatto che non si trattava di una zona ai confini del
mondo ma anzi una zona che comprendeva una regione sub tropicale molto
frequentata per la dolcezza del clima e la bellezza del paesaggio. Florida
Bahamas, Caraibi sono infatti nomi favolosi che evocano spiagge dorate e
piacevoli vacanze, che non hanno assolutamente nulla di tetro e desolante. Ma
questo dato, in apparenza contrastante, sembra confermare in qualche modo che un
fondo di verità deve esserci; inoltre, un altro particolare che rende diverse
le disgrazie accadute in quest'area da quelle che avvengono in altre parti del
mondo, è il fatto che di tutti gli incidenti non è rimasta traccia. Nessun
relitto, nessun superstite. Aerei, navi persone, risultano ogni volta
letteralmente sparite. Di loro si sapeva con esattezza il luogo di partenza e la
destinazione prevista; si sapevano addirittura minuti particolari relativi al
viaggio trasmessi per radio durante la navigazione. Poi più nulla. Interrotti i
collegamenti più o meno bruscamente, iniziavano ricerche sistematiche nella
presumibile zona dell'incidente, ma sempre senza risultato. Uomini e mezzi erano
così scomparsi, volatilizzati nel nulla. Leggende e racconti paurosi sono
sempre esistiti sin dall'antichità su tutti i mari sconosciuti, ma la maggior
parte si sono sgretolate nel corso degli anni, mentre il mistero del triangolo
delle Bermude resiste tuttora. Di seguito verranno ora riportati gli episodi più
significativi.
Nel 1840 la Rosalie, una nave mercantile francese partita dall'Europa e diretta nei
Caraibi venne ritrovata
completamente deserta, mancavano infatti tutti gli uomini che si dovevano
trovavano a bordo. Di vivo c'era solo un canarino nella sua gabbia. Ad aumentare
il mistero c'era poi la circostanza che sulla Rosalie tutto appariva in perfetto
ordine, sia sui ponti, sia sottocoperta, così come i locali dei passeggeri e
tutto il carico nella stiva non erano stati manomessi.. A quel tempo gli atti di
pirateria non erano certo infrequenti, ma sembrava strano che chi avesse
assaltato la nave avesse rapito le persone senza impadronirsi della nave stessa
e del carico. Anche le scialuppe erano al loro posto. Non si capiva perciò come
la gente avesse potuto abbandonare lo scafo. Né il motivo per cui si sarebbe
gettata in mare, come per un raptus collettivo. La Mary Celeste è forse il caso
più conosciuto di una nave ritrovata deserta nell'oceano. Nel venne
avvistata da un bastimento inglese che la abbordò mentre andava alla deriva e
la prese come bottino, senza porsi molti interrogativi sulla stranezza di
quell'incontro. Anche qui era tutto in ordine, non mancava nulla; viveri, acqua,
effetti personali dell'equipaggio. Solo la cabina del capitano appariva chiusa
da travi, come se questi avesse voluto barricarsi all'interno. Da dove fosse poi
uscito era comunque difficile immaginare. La Mary Celeste portava un carico di
alcool stivato in botti, e così si pensò alla possibilità di un incendio a
bordo, poi subito rientrato per la caratteristica dell'alcool di estinguersi
dopo una breve fiammata. Forse tutti si erano gettati in mare presi dal panico
alla vista del fuoco e non erano poi più risusciti a raggiungere la nave che si
era allontanata con le vele al vento. Ma sinceramente rimane una ipotesi poco
convincente incapace di dare una spiegazione convincente della tragedia
avvenuta. Sempre nella serie delle navi trovate abbandonate inspiegabilmente, c'è
il racconto del 1881 del capitano della nave americana Ellen Austin. Viaggiando
in pieno Atlantico del nord, in una regione che dovrebbe corrispondere al
margine est del triangolo, la Ellen Austin incontrò un bastimento a due alberi
chiaramente senza equipaggio. Anche questa volta era tutto in ordine, le vele
erano ammainate ma perfettamente pronte per le manovre. Alcuni uomini della
Ellen Austin vennero allora trasferiti a bordo per prenderne possesso e
rimorchiarlo. Il viaggio in tandem era da poco iniziato quando le condizioni del
mare peggiorarono, tanto che i cavi di rimorchio si ruppero e i due scafi si
persero di vista. Solo alcuni giorni dopo l' Ellen Austin ritrovò il bastimento,
che risultò però di nuovo deserto in quanto gli uomini trasbordati dalla Ellen
Austin erano tutti scomparsi. Nessun segno fu trovato per far luce su quanto
poteva essere accaduto. Per una seconda volta alcuni volontari salirono a bordo
della goletta, evidentemente dietro le pressioni del capitano che voleva a tutti
i costi impadronirsene attirato dal grosso guadagno. Ma anche questa volta le
due navi non andarono molto lontano. Una seconda tempesta le divise e da allora
né il secondo equipaggio né il bottino furono ritrovati. La nave da guerra
Atlanta scomparve invece insieme a tutti i 300 uomini che erano a bordo, proprio
in quello stesso periodo. La nave era inglese e tornava in Europa dopo una lunga
crociera di addestramento. L'ammiragliato inglese organizzo una ricerca
sistematica per lungo tempo, ma senza alcun esito. Forse fu quella la prima
volta nella storia in cui furono condotte delle ricerche organizzate con
parecchie navi che perlustrarono l'oceano secondo un piano preordinato senza però
trarne alcun risultato. Anche la nave Cyclops scomparve misteriosamente nel
marzo del 1918 mentre si trovava nel triangolo. C'erano a bordo più di 300
uomini, tutti della marina degli stati uniti. Si trattava di una nave da guerra
e poiché si era in pieno conflitto mondiale, tra le ipotesi della scomparsa,
varie prendevano in considerazione un possibile attacco di sommergibili
tedeschi. Accurate indagini svolte dopo la fine della guerra portarono però a
escludere questa eventualità. Anche la marina statunitense organizzò estese
ricerche durate alcuni mesi, ma ogni tentativo fu inutile. Venendo a tempi più
recenti, non possiamo non partire dalla San Paolo, una vecchia nave da guerra
brasiliana che viaggiava al seguito di due grossi rimorchiatori con un piccolo
equipaggio addetto alle manovre indispensabili del traino. L'episodio accade ai
primi di ottobre del 1951. Anche qui le condizioni del tempo consigliarono uno
dei rimorchiatori di sganciare le gomene per essere più libero nell'affrontare
il mare. La mattina dopo , gli uomini del secondo rimorchiatore si accorsero che
anche i loro cavi erano sganciati e che la San Paolo era scomparsa. Avvertite
per radio, navi americane e inglesi aiutate da numerosi aeri iniziarono le
ricerche, senza trovare alcun relitto. La sparizione della San Paolo era stata
preceduta nel 1926 dalla perdita analoga della nave da carico Cottopaxy e nel
1931 dal mercantile Stavenger che trasmise per l'ultima volta la propria
posizione mentre si trovava ad est del Grande Banco della Bahamas. Tutto
sembrava procedere regolarmente. I resoconti di incidenti analoghi proseguivano
puntualmente anche negli anni sessanta e settanta. Qualcosa di misterioso e
comunque inspiegabile toccò nel 1963 alla Marine Sulphur Queen, un grosso cargo
americano con quaranta uomini a bordo. La nave viaggiava all'uscita dal golfo
del Messico quando un suo messaggio fu ricevuto per l'ultima volta. Considerando
che essa doveva raggiungere un porto nella Virginia, si può arguire che avrebbe
in seguito percorso lo stretto della florida, seguendo la corrente del Golfo in
quanto è un passaggio obbligato per tutti i mezzi diretti a nord, per giunta
largo appena una cinquantina di miglia. Difficile svanire in questa zona, sempre
piena di traffico. Tuttavia la Marine non fu più vista, né raggiunse mai la
Virginia. Per due settimane molti mezzi della guardia costiera americana
perlustrarono il mare a nord di cuba e questa volta almeno un salvagente venne
ripescato. Apparteneva alla nave scomparsa e ciò dette l'avvio ad una seconda
fase di ricerche, che non portò tuttavia ad altri risultati. Nel 1966 fu la
volta di un grosso rimorchiatore, il Southern Cities che trainava una chiatta si
sessantacinque metri, carica di prodotti chimici e fertilizzanti. Alcuni giorni
dopo che il rimorchiatore aveva m smesso di dare notizie, alcuni aerei della
guardia costiera riuscirono ad individuare la chiatta che non recava segni di
danni. L'incidente dello Witchcraft è un notevolissimo esempio di
fulminea improvvisa sparizione di una piccola barca non soltanto in vista del
suo porto, ma addirittura accanto a una boa del porto stesso. Dan Burack, il
proprietario dello <i>Witchcraft, </i>che, sia detto per inciso, era reputato
inaffondabile, aveva invitato un prete, padre Pat Hogan, a vedere
l'illuminazione natalizia di Miami dal largo, la vigilia del Natale 1967
Essi
navigarono su un mare calmo fino a circa un chilometro e mezzo di distanza dalla
spiaggia, poi si fermarono ad ammirare l'illuminazione nelle vicinanze della boa
numero 7. A questo punto Burack mandò un singolo, inaspettato segnale di aiuto
alla Guardia Costiera, dando la sua posizione esatta. Una barca della Guardia
Costiera, avvertita, impiegò soltanto venti minuti per raggiungere la boa
numero 7, ma quando arrivò non vide nessuna traccia dello Witchcraft. La
mattina seguente partirono le operazioni di ricerca del relitto. L'acqua in quel
tratto di mare è profonda solo 13 metri, e uno yacht sarebbe facilmente
visibile dalla superficie. Le ricerche continuarono fino al 10 gennaio, senza
aver ritrovato alcun relitto, alcun cadavere o nient'altro che potrebbe far
pensare a un naufragio. Alla fine della ricerca, un portavoce della Guardia
Costiera dichiarò, alquanto paradossalmente: &quot; Presumiamo che siano
mancanti, ma non perduti in mare &quot;. Nessuna traccia invece del Southern
Cities e dei suoi uomini. Anche Anita, una carboniera tedesca che tornava in
Europa svanì nel 1973 con 34 uomini a bordo. Un caso eclatante fu quello dello
Scorpion, uno dei sottomarini atomici americani, che scomparve nel 1968 mentre
viaggiava dalle Azzorre diretto alla base in virginia. Il pensiero di
novantanove uomini imprigionati nello scafo tra tenne desta per molti giorni
l'attenzione di tutto il mondo. Questa volta però la perdita era troppo
importante, almeno per la marina degli stati uniti, che impegnò una serie
impressionante di mezzi per rintracciare il sommergibile. Motivi militari e di
prestigio spingevano a farlo. Bisognava sapere ad ogni costo cosa era accaduto.
Solo dopo molti mesi si diffuse la notizia che una nave appositamente attrezzata
aveva individuato il relitto un migliaio di chilometri a sud ovest delle
Azzorre. Ne avevano dato conferma anche varie foto scattate sul fondale di oltre
tremila metri su cui giaceva ciò che poteva essere lo Scorpion. In questo caso
dunque non si poteva parlare di sparizione, ma le cause della sciagura come
l'esito delle successive ricerche rimasero sempre chiuse in un geloso riserbo.
Da quanto emerso tuttavia, sembra che la perdita del sottomarino non sia
avvenuta propriamente dentro i limiti del cosiddetto triangolo, nel quale invece
si continuò a non trovare traccia di relitti, e nemmeno di quelli degli aerei
che nel frattempo sparivano con preoccupante regolarità. In questo contesto nel 1945
si verificò il più inspiegabile degli incidenti, che coinvolse un'intera
squadriglia di apparecchi dell'aviazione statunitense. L'episodio accadde
esattamente il 5 dicembre durante una missione addestrativa. Cinque apparecchi
da caccia Grumman presero i volo dalla base di Fort Lauderdale, una ventina di
chilometri a nord di Miami. Questi dovevano andare a bersagliare un pontone
situato sul basso fondale corallino che circonda il Grande Banco delle Bahamas.
Avrebbero poi percorso una rotta a nord, prima di tornare alla loro base. Una
missione semplice senza rischi, di assoluta routine, come molte altre che
venivano fatte ogni giorno. Questa volta invece le cose presero una piega
imprevista e drammatica. Poco più di un'ora dopo il decollo, quando già
l'esercitazione di tiro era stata compiuta e i cinque aeroplani erano sulla via
del ritorno, arrivò a Fort Lauderdale un messaggio allarmante. Il comandante
comunicava alla base che non riusciva a determinare la propria posizione. Gli
strumenti di bordo di tutti gli apparecchi sembravano impazziti. Anche la costa
della florida, presumibilmente vicina, era scomparsa dalla vista. Venne
mantenuto il collegamento radio e a terra fu presto chiaro che qualcosa di molto
strano stava accadendo ai caccia in volo. Il capo squadriglia non riusciva a
dare alcuna indicazione sulla propria posizione e lo stesso accadeva anche agli
altri quattro apparecchi che viaggiavano alla cieca, esaurendo fatalmente il
carburante. A un certo punto il contatto radio finì. Dagli ultimi messaggi si
poteva supporre che la squadriglia fosse finita sopra il golfo del Messico, ma
in questo caso non si riusciva a capire come i piloti non avessero visto la
terra sottostante, mentre sorvolavano la Florida da est ad ovest, dato che le
condizioni del tempo erano buone e la visibilità era perfetta. Decollarono
quello stesso pomeriggio vari aerei di soccorso, tra cui un grosso idrovolante
Martin Mariner, che iniziarono a perlustrare la zona senza tuttavia sapere dove
indirizzare esattamente le loro ricerche. I cinque Grumman potevano essere
finiti da qualsiasi parte e certamente male, perché l'autonomia del carburante
e si era esaurita. Una grave disgrazia sembrava ormai certa, a meno che qualcuno
dei piloti non fosse riuscito ad ammarare e a mettersi in salvo con un tipo
speciale di zatterino di cui ogni aereo era dotato. Se non bastasse tutto
questo, poco dopo la partenza dei primi soccorsi giunse a terra un altro
messaggio in cui il comandante dell'idrovolante Martin Mariner annunciava di
essere in difficoltà a causa dei venti molto forti incontrati in quota.
Nessun'altra comunicazione giunse dal Martin Mariner anch'esso scomparso come
gli altri. Alla sera glia aerei perduti erano sei. Mancavano dieci uomini della
squadriglia più altri tredici membri che componevano l'equipaggio del bimotore
di soccorso. All'alba del giorno dopo iniziò un'operazione di ricerca senza
precedenti, con centinaia di aerei, navi, sottomarini e vedette della guardia
costiera. Ma pur continuando per diverse settimane, questa gigantesca operazione
aeronavale non dette il minimo risultato e così il mistero crebbe, insieme al
numero delle congetture che venivano tentate per spiegare in qualche modo
l'accaduto. Di razionale, di logico, di comprovabile non c'era nulla. E allora
si entrò inevitabilmente nel mistero. Si parlò di astronavi e di
extraterrestri che avrebbero avuto imprecisati interessi a interferire
nell'attività delle navi ed aerei prelevandoli letteralmente dal nostro pianeta
per portarli chissà dove. Si citava Einstein e si parlava di altre dimensioni
per suggerire la credibilità queste ipotesi che indubbiamente esercitavano una
forte influenza sul pubblico. Un anno e mozzo dopo, cioè nel luglio del 1947
un incidente analogo colpì un altro aereo militare. Si trattava di un C-54 che
scomparve con sei uomini a bordo mentre era diretto a una base in florida. Sei
mesi più tardi fu la volta di un quadrimotore passeggeri che scomparve nei
pressi delle Bermude. Le ultime comunicazioni radio non segnalavano nulla di
anormale, ma in seguito i contatti cessarono e l'apparecchio non giunse mai a
destinazione. Un quadrimotore del tutto identico a questo andò perduto nel 1949
mentre viaggiava dalle Bermude verso la Giamaica. Apparteneva come il precedente
ad una compagnia aerea inglese che insinuò l'idea di un sabotaggio organizzato.
Non esisteva però alcuna prova in proposito e del resto non furono i soli aerei
a sparire in quel periodo. Poco tempo prima era andato perduto un DC-3
noleggiato da un'agenzia di viaggi di Miami che recava a bordo una quarantina di
persone. Questo incidente fu tanto più clamoroso, perché si seppe che
nell'ultimo contatto radio il pilota aveva comunicato di essere ormai prossimo
all'arrivo, anzi di intravedere già le luci della città. Naturalmente, tutte
le ricerche effettuate, anche in questo caso risultarono inutili. Un aereo da
trasporto scomparve con trentacinque persone nel 1952 mentre era diretto a
Kingston e nell'ottobre del 1954 toccò ancora a un aereo della marina degli
stati uniti. Era un Super Constellation partito da Patuxent River nel Maryland,
in viaggio verso le Azzorre. Nel 1956 precipita, o almeno così si suppone un a
quadrimotore cisterna dell'Aviazione americana durante una missione dalla
propria base situata in Virginia, alle Azzorre. L'anno seguente sono due gli
aerei cisterna perduti contemporaneamente. Erano diretti in Florida e le ultime
segnalazioni radio pervenute da bordo segnalavano la loro posizione a un
centinaio di miglia a nord est del Grande Banco delle Bahamas. Le lunghe
ricerche che seguirono portarono al ritrovamento di alcuni relitti che avrebbero
potuto appartenere ai due aerei: ma anche questo non era certo. Le cose si
complicarono quando, proseguendo le perlustrazioni del mare, altri relitti
vennero trovati a più di duecento chilometri di distanza dai primi. A parte
l'incertezza dell'identificazione, era chiaro che i rottami non potevano essere
contemporaneamente in due posti così lontani. E il mistero divenne ancora più
fitto. Il 5 giugno 1965 un C-119 atteso alla base aerea situata nell'isola di
Great Turk una delle più meridionali delle Bahamas, si perse durante il viaggio
di trasferimento. Poco prima della disgrazia l'aereo era in normale contatto
radio con la torre controllo dell'aeroporto a cui aveva preannunciato di
arrivare in poco più di un'ora. Testimoni militari riferirono che
improvvisamente i collegamenti radio peggiorarono , facendosi sempre più deboli
e indecifrabili, fino a sparire completamente. Anche in questo caso furono fatte
ricerche molto ampie , partendo dal luogo dell'ultima posizione segnalata .
L'esito, come al solito, fu negativo. L'aeroplano che ha portato la maledizione del Triangolo negli anni Ottanta
era un comune Beechcraft Bonanza, un leggero veivolo, che al momento trasportava
il suo proprietario, accompagnato dalla moglie. I due partirono dall'isola di
Gran Abaco (nelle Bahamas) a mattina inoltrata, diretti a Fort Piece, in
Florida. Questa è una rotta breve e battuta, e per quasi tutta la sua lunghezza
si snoda sopra o nelle vicinanze di Grand Bahama, per poi seguire la Corrente
del Golfo fino alla costa delle Florida. Appena superato l'ultimo lembo
dell'isola di Grand Bahama, il Beechcraft svanì, dopo poco più di un'ora di
volo. Quel giorno vi era una forte umidità nell'aria, ma non vennero registrati
temporali. Le ricerche continuarono per una settimana, ma non venne ritrovato
nessun indizio che permettesse di dire che il veivolo era realmente precipitato
tra i flutti dell'oceano. Una settimana dopo avvenne un'altra sparizione, alla
quale si è tentato di dare una spiegazione. L'aeroplano scomparso era un Piper
Navajo e trasportava sette passeggeri più il pilota, il quale aveva alle spalle
oltre 8000 ore di volo. Il veivolo, partito dall'isola di St. Maarten e diretto
ad Anguilla, svanì improvvisamente, senza che alla torre di controllo
pervenisse alcuna richiesta di aiuto. Dopo le ricerche senza risultato i periti
incaricati di indagare diedero questa spiegazione: il Piper Navajo ha un design
molto particolare, ha infatti il muso cavo, dove è sistemato il portabagagli e
dove si trova quindi il centro di gravità dell'aereo. Così se si fosse
verificato improvvisamente un problema ai motori, il Piper sarebbe precipitato a
capofitto fra le onde, senza dare al pilota il tempo di inviare un MAY-DAY.
Questa ipotesi può effettivamente spiegare il perché della mancanza di
richieste da aiuto del pilota, ma il perché non siano stati ritrovati rottami
resta tuttora un'incognita. Nel mese di novembre scomparve un bimotore Queen Air
65, in circostanze forse ancora più misteriose, in quanto il pilota, in
contatto con l'aeroporto di Nassau disse &quot;Tutto normale, l'atterraggio è
previsto tra…&quot; In quel momento la conversazione venne troncata e pochi
secondi dopo il veivolo scomparve dai radar. Le ricerche iniziarono poche ore
dopo, ma vennero protratte stancamente per alcuni giorni a causa del maltempo,
ed infine sospese dopo dieci giorni senza esiti. Tra 1985 e 1986 scomparvero sei
veivoli, in circostanze identiche: nessun MAY-DAY, visibilità buona, assenza di
relitti. La sparizione più interessante avvenne il 4 agosto 1986 Fu anche una
delle poche sparizioni che attirò realmente l'interesse dei media, in quanto a
bordo di quel Twin Otter vi erano alcuni politici dell'isola di St. Vincent, fra
cui il Ministro degli Esteri della piccola isola caraibica. Il viaggio tra St.
Lucia e St. Vincent è incredibilmente breve, in pratica le due isole solo
visibili l'una dall'altra. Al momento dell'atterraggio il tempo era pessimo, vi
era un grande banco di nebbia che copriva interamente St.Vincent, la visibilità
era minima. Il pilota, a motivo di ciò, tentò più volte l'atterraggio, senza
mai riuscirvi. Comunicò così che avrebbe compiuto un ampio cerchio attorno
all'isola per riprovare di nuovo. Il biplano svanì proprio in quella manovra di
allontanamento, mentre si trovava a soli 2 chilometri dall'isoletta di
destinazione. Vi furono grandi ricerche, ma dove è finito il Twin Otter con i
suoi passeggeri forse non lo sapremo mai. Non è vero, come sostengono i
maliziosi, che le sparizioni misteriose all'interno del Triangolo delle Bermuda
siano cessate con l'avvento di nuovi sistemi di GPS e nuove tecnologie
aeronautiche. Questi incidenti sono la prova che il Triangolo Maledetto non ha
ancora cessato la sua attività. L'incidente più recente è avvenuto poco più
di un anno fa, nell'inverno Il 5 gennaio dell'anno scorso, alle 9:40am era
atteso sulla pista d'atterraggio dell'aeroporto di St. Augustine un Cessna 172.
Il veivolo proveniva da Gran Bahama, e si era mostrato in leggero ritardo. Alle
9:41 e 51 secondi venne identificato ad una altezza di 2500piedi. Alle 9:45 e 24
secondi il radar lo segnalò ad un'altezza di 2000piedi, alle 9:45 e 51 secondi
a 1200 piedi, a 4 miglia ad ovest di St. Augustine. Era dunque in piena fase
d'atterraggio, tutto procedeva senza problemi, il tempo era sereno. Nove secondi
più tardi il pilota disse &quot;Torre di controllo, non vedo più niente&quot;.
Un secondo dopo scomparve dalle apparecchiature. Il giorno dopo l'aereo venne
comunque ritrovato, con all'interno il corpo del pilota. Ma non c'è ancora
spiegazione su come possa essere accaduta la tragedia. Come può un pilota
improvvisamente non vedere più la linea costiera? La notte del 25 giugno dello
stesso anno numerosi testimoni asserirono di aver visto al largo dell'isoletta
di Andros (situata in mezzo al Triangolo delle Bermuda) delle &quot;sfere di
luce&quot; compiere complesse evoluzioni. Nuove segnalazioni di UFO all'interno
del Triangolo? Un altro incidente è difficile da spiegare.
Che dire di
queste cronache? Una considerazione preliminare riguarda la percentuale
statistica degli incidenti rispetto al traffico presunto o calcolato nella zona.
Libri e articoli affermano che questa percentuale è assolutamente
sproporzionata secondo le stime che sono state fatte. Ma esaminiamo ora il
ventaglio di ipotesi fatte per giungere alle possibili cause delle sciagure.<br>
Una prima ipotesi è quella del sabotaggio commerciale, che però non trova una
sua logicità in quanto gli aerei e le navi scomparse appartenevano a varie
compagnie di diverse nazioni. Inoltre, a quanto è dato sapere, uomini e merci
trasportate non avevano una importanza particolare sotto un profilo strategico o
propagandistico. Nessuna nave inaugurava nuove rotte commerciali in grado di
ledere gli interessi finanziari o d'altro genere. Nel caso del rimorchiatore
Southern Cities, il carico trasportato dalla grande chiatta venne ritrovato
intatto e lo stesso successe riguardo ad altre navi abbandonate. Gli aerei
precipitati risultano quasi sempre vecchi apparecchi di linea se non addirittura
residuati di guerra poi trasformati per uso commerciale. Tra loro non c'era
nessun prototipo sensazionale. Un’altra ipotesi, quella più spontanea ed
evidente, riguarda l'errore umano. Alcune sciagure possono essere imputate a un
simile fattore, specie riguardo agli aerei. Lo sbaglio del pilota nella lettura
degli strumenti o nel concorso di cattive condizioni meteorologiche, nebbia e
turbolenza atmosferica. Anche un malore improvviso poteva in qualche caso essere
fatale. C'è da tenere presente tuttavia che i grossi aeroplani di linea come i
quadrimotori militari, prevedevano a bordo un comandante e un secondo pilota in
grado di intervenire eventualmente, oltre a tutta una serie di strumenti di
controllo ausiliari che facilitavano e automatizzavano tutte le operazioni di
guida. Nessun aereo era andato a cozzare contro montagne, peraltro inesistenti,
per una cattiva lettura dell'altimetro. L'ipotesi dell'errore umano cade poi
completamente se applicata al caso della squadriglia dei caccia Grumman. Un
aereo avrebbe potuto staccarsi dalla formazione e trovarsi di colpo in difficoltà,
ma la scomparsa di tutti e cinque restava assolutamente inspiegabile sotto
questa luce. Era impossibile pensare che tutti i piloti avessero sbagliato o si
fossero sentiti male contemporaneamente, così come è impossibile ipotizzare un
errore del caposquadriglia che avrebbe trascinato i compagni in un disastro
fatale, facendoli scendere in picchiata sulla superficie dell'oceano. Infatti il
disastro non era stato improvviso in quanto la dinamica della disgrazia presenta
una lunga serie di contatti radio prima del silenzio finale. I messaggi
pervenuti alla base di Fort Lauderdale erano confusi e contraddittori ma non
indicavano che qualcuno si sentisse male fisicamente.<br>
Nell'incidente che aveva coinvolto nel 1963 i due aerei cisterna americani si
poteva supporre forse che l'errore dei piloti avesse causato uno scontro nel
cielo, a grande e altezza che avesse poi polverizzato letteralmente gli
aeroplani rendendone impossibile il ritrovamento. Questo invece fu invece uno
dei pochi casi in cui vari rottami, per quanto non ben identificati, vennero
travati, ma ad oltre duecento chilometri di distanza, e ciò urta l'ipotesi di
uno scontro.<br>
Riguardo alle navi scomparse, il fattore umano acquistava una importanza meno
determinante. Si poteva certo pensare ad errori di manovra. Durante una
tempesta, un colpo di barra inopinato poteva portare uno scafo a traversarsi,
imbarcare acqua e quindi affondare, ma per navi da dieci e ventimila tonnellate,
ciò era praticamente insostenibile. Un errore di rotta avrebbe eventualmente
portato un bastimento ad arenarsi su un basso fondale o a spezzarsi contro una
scogliera, ma qui in seguito sarebbe stato facilmente individuato.<br>
Una seconda probabilità riguarda i guasti meccanici, che certamente erano
possibili. Si va dal blocco dei motori aerei da scippo scoppio delle caldaie di
alcune navi. Ma imputare tutte le scomparse a ciò, non è sostenibile e
comunque non spiegherebbe la totale mancanza di relitti. Per i due incidenti
aerei citati, valgono poi le stesse considerazioni già fatte. Il guasto avrebbe
dovuto riguardare tutti i motori della squadriglia. Tutti i libri e gli articoli
che si sono occupati dell’argomento concordano nel riferire che i piloti del
Grumman non sapevano riconoscere la loro posizione, sembrava che le bussole
fossero impazzite. Questo fatto lasciava aperta la possibilità di un fattore
esterno che influenzasse gli strumenti. Venivano supposte anomalie magnetiche
proprie di quella zona, capaci di modificare se non annullare il funzionamento
degli apparati di bordo.<br>
Vari articoli di autorevoli esperti confermano effettivamente l'esistenza di
queste anomalie. Ma a che cosa sono dovute?. Solo dopo l'ultima guerra mondiale
gli studi sul magnetismo terrestre compirono reali progressi, soprattutto ad
opera di scienziati americani e inglesi che si sono trovati a disposizione
strumenti perfezionati sotto la spinta delle necessità belliche. Ma allora in
questo campo si sapeva ben poco. Negli anni cinquanta, studiosi della Scripps
Institution of Oceanography scoprirono che su molti fondali prospicienti
variazioni dell'intensità magnetica, la cui natura e struttura però non erano
molto conosciute. Si sapeva che materiali magnetizzabili perdono ogni traccia
del loro magnetismo se portati a grande temperatura. Una volta raffreddati però,
assumono permanentemente le caratteristiche del campo magnetico in cui si
trovano. Molte delle rocce presenti in questa zona rivelavano un comportamento
magnetico inspiegabile. Studi successivi del professor Vine dell’università
di Cambridge avevano portato a clamorose conclusioni . Ricerche magnetometriche
in ampi tratti dell’oceano avevano poi rilevato differenze positive e negative
rispetto al campo magnetico terrestre normalmente rilevabile. Presto fu evidente
che questo aveva invertito più volte nel corso delle ere geologiche la propria
polarità.. Altri studi sul campo magnetico sul mare furono condotti dagli
scienziati del Lamont Geological Observatory. I risultati ottenuti consentirono
di chiarire da un punto di vista geofisico la storia e la dinamica dei fondi
oceanici, nonché correlare queste prove con la teoria della deriva dei
continenti. Ma questi risultati, importanti per la conoscenza della geofisica,
dello studio dei terremoti e dei vulcani sembravano non avere nessun legame con
gli incidenti del Triangolo maledetto. La misura di queste anomalie era appena
rilevabile con strumenti sofisticati. Le indagini in proposito fecero progressi
solo nel dopoguerra, quando appunto la tecnica aveva consentito di affinare i
metodi di indagine e così chi voleva ipotizzare la presenza di corpi estranei
alla normale morfologia terrestre, in grado di alterare enormemente la misura
del campo magnetico con conseguenti effetti nocivi su cose e persone doveva
arrendersi di fronte all’evidenza. Queste fonti abnormi sarebbero state subito
localizzate da un’imponente rete di controlli scientifici che ogni giorno
vengono effettuati per diverse ragioni ma con precisi programmi. C’era poi da
considerare che ogni giorno centinaia di navi e aerei transitavano nella zona
senza avvertire conseguenze su bussole e strumenti. Ben presto si scoprì che
anomalie magnetiche dello stesso tipo ed intensità erano presenti in tutti i
mari del mondo, lungo le dorsali oceaniche dell’atlantico e del Pacifico e
questo lascia ben poco spazio alle fantasie. Dunque tutte queste informazioni
abbastanza elementari sono già sufficienti per ridimensionare l’arcano che si
celerebbe nel triangolo delle Maledetto, sotto forma di fenomeni magnetici
capaci di provocare interferenze così clamorose. Se qualcosa di strano avviene
in quella zona, le cause devono essere dunque ricercate altrove.<br>
I tifoni per esempio, sicuramente frequenti da queste parti, possono aver avuto
la loro parte nelle disgrazie. Questi disastri naturali che devastano il mare e
si abbattono sulle coste con enorme violenza hanno una origine meteorologica che
appunto li localizza in quella regione con maggior frequenza che altrove. La
loro azione distruttiva è spaventosa. Molti aerei e navi potrebbero essersi
perduti per questo motivo. Tuttavia le cronache degli incidenti avvenuti sono
spesso concordi nel precisare che al momento delle varie sciagure le condizioni
meteorologiche erano normali, se non addirittura buone.<br>
Abbastanza vicina è l’ipotesi di naufragi avvenuti per improvvise onde di
sessa di dimensioni colossali che avrebbero travolto e spazzato le imbarcazioni
incontrate sul loro cammino. Le onde di sessa sono provocavate da frane
sottomarine dovute a piccoli terremoti di assestamento. Infatti nei fondali
degli oceani vi troviamo vallate, corrugamenti, altopiani, vere e proprie
montagne, isolate o unite in catene. Morfologicamente la loro instabilità è
molto superiore a quella che si riscontra in terraferma. Spesso le correnti,
eruzioni vulcaniche, e grosse frane di altro genere, spostano grandi masse di
materiale che muovendosi improvvisamente causano moti ondosi abnormi e molto
pericolosi, chiamati appunto onde di sessa. Queste possono così prodursi anche
in mare calmo e in assenza di altre perturbazioni atmosferiche. Sono quindi
abbastanza imprevedibili. Una volta formate le onde possono raggiungere altezze
molto maggiori a quelle del peggior mare in tempesta. Sono vere e proprie
montagne d’acqua che avanzano travolgendo ogni cosa che incontrano, prima di
spegnersi lentamente secondo le leggi dell’inerzia. Questa insidia esiste
sicuramente e potrebbe aver causato qualcuna delle disgrazie rimaste
inspiegabili. In questa ipotesi però sembra strano che i naufragi si siano
verificati nei punti approssimativamente segnalati come lo stretto di Florida
(rotta della Marine Sulphur Queen) o nell’area dell’arcipelago delle
Bahamas. In questo caso gli effetti delle eventuali onde di sessa dovevano
essere avvertiti anche in prossimità delle coste interessate, ma ciò non è
mai avvenuto. Siamo dunque ancora di fronte ad elementi contraddittori che
restringono l’eventualità di una causa di questo tipo. Lo stesso ragionamento
vale per i maremoti. I movimenti di assestamento che li provocano hanno una
portata più ampia e non sfuggirebbero al pennino dei sismografi, oltre al fatto
evidente che le loro conseguenze coinvolgerebbero molte popolazioni rivierasche.<br>
Vari giornalisti e scrittori che si sono occupati delle sciagure accadute nel
triangolo hanno rilevato come queste siano divenute particolarmente frequenti a
partire dal 1945, vale a dire nell’immediato dopoguerra. Si è pensato allora
alla possibilità di azioni di sabotaggio o terrorismo da parte di alcuni nuclei
di combattimento che non avessero accettato l’esito del conflitto, e avessero
continuato a condurre una lotta personale per quanto folle e senza speranza. Ma
qui si dovrebbe poi ipotizzare la presenza di sottomarini e di navi da
combattimento nella zona, e ciò è sinceramente improponibile.<br>
In conclusione nessuna delle ipotesi prese in esame è capace di spiegare, in
qualche modo, un numero sufficiente di disgrazie. Anche pensando ogni volta ad
un insieme di varie concause, che allargherebbe il numero degli incidenti
naturalmente possibili, ne rimarrebbero comunque molti senza una logica
spiegazione.