MONICA M. CASTIGLIONI (Melody Morgan Carter) QWERTY UIOP -L'Alternativa- Titolo: Qwerty Uiop - L'Alternativa Autrice: Melody Morgan Carter (Monica Castiglioni) E-mail: xduchess@freemail.it -> feedback please! -- I commenti sono felicemente accettati!!! -- Bollino: giallo Categoria: X-File, un po' di MSR UST Anticipazioni: non mi sembra di aver citato in particolare nessun episodio, ma per essere sicuri, sappiate che questo racconto è stato scritto appena dopo aver visto "Memento Mori", quindi possono esserci citazioni di episodi precedenti (di certo è citato il Pilot... come al solito). Riassunto: Il 27 novembre 1973 Samnatha Mulder viene rapita. Il 28 novembre 1973 Megan Marshall muore. I loro fratelli sono uniti da un destino comune: la ricerca della sorella scomparsa. Dichiarazioni: The character you recognize from "The X-Files" aren't my propriety. They belong to Chris Carter, 1013 & Co. Megan & Emanuel Marshall are mine. Axel Darin is mine (me?). The story is mine. Text copyright Castiglioni 99. Archivi: Per favore, chiedetemi prima il permesso! Questa *non* è una delle mie solite pubblicazioni... A E. e G. Sulle mie braccia, tese ad afferrare un domani che non esiste, il peso del mondo, una terra inquieta che non aspetta che risvegliare i suoi vulcani, sul mio viso, schiaffeggiato dai venti ed insultato dalla grandine, il sorriso di chi sa di andare contro corrente, sulle mie spalle, derise degli amici, un giorno di lavoro che non pagò nulla. Ma nel mio cuore, seppur pugnalato da un destino che non acconsente a nulla, resta ancora la speranza che tu possa restare accanto a me, una persona di cui mi so fidare, unico dono della vita, un sollievo nei giorni dell'affanno, unico aiuto sul bordo del burrone, unico viso che tende una mano ad afferrarmi, mentre sto per scivolare sotto la falce della morte... seppur così, anche tuo diventa il rischio. (Ciril Axel Mend, da "Le Memorie degli Alberi", 250697) Gibson Town Oregon 28 novembre 1973 1:29 p.m. Avendo già completato i compiti per l'indomani, Emanuel si concesse un pomeriggio di pausa. La sua stanza era illuminata debolmente dalla luce del sole che non riusciva a filtrare completamente attraverso le tende blu scuro che il ragazzino aveva tirato, creando così un'atmosfera quieta, da mare profondo, che poteva facilmente conciliare il sonno. Fino ad allora era stato steso sul letto a leggere il quinto capitolo de "La Svastica sul Sole" di Philip K. Dick, tenendo aperto il tendaggio quel che bastava perché la luce potesse illuminare le pagine giallastre, dall'odore di fumo che gli ricordava suo padre, lasciando nell'ombra da mare profondo tutto il resto della stanza. Non era una gran bella giornata, ma il cielo prometteva di rimare quieto, almeno finché i genitori di Emanuel non fossero atterrati dal volo che li riportava a Gibson Town, Oregon, da Roma, nella lontana ed assolata Italia. Emanuel non stava più nella pelle. Due settimane senza i genitori non erano tante... erano troppe! Non vedeva l'ora del momento in cui avrebbe riferito al padre di aver terminato il nuovo videogame, e quello in cui avrebbe mostrato alla madre il suo ultimo compito in classe di matematica. Sarebbero stati orgogliosi di lui. Tutte le precauzioni prese per non svegliare la sorellina, non servirono a nulla, quando la piccola Megan decise che era ora di mettersi a giocare. Saltò in piedi sul materasso del lettino, guardando Emanuel con i suoi grandi occhioni azzurri. "Ema!!!" esclamò. Il ragazzo chiuse il libro. Quando la governante non era in casa, spettava a lui il compito di badare alla sorellina di diciotto mesi. Un compito non certo leggero per un bambino di dodici anni, ma del quale Emanuel andava fiero e in cui riusciva a destreggiarsi egregiamente. Aveva una particolare dote di saper intrattenere la sorellina con il computer. E lei si divertiva tantissimo. "Arrivo, cucciola." disse, infilando il segnalibro che riportava la locandina del film "Il Settimo Sigillo". Si alzò in piedi, osservato dagli occhioni curiosi di Megan, sistemò le prese del computer, quindi la mise in un seggiolone davanti allo schermo e si sedette alla tastiera. Premette un interruttore sul fianco di questa e sul video apparve subito una schermata bianca contornata di azzurro. Una scritta in alto annunciava che i bytes di memoria disponibili erano 3283 e un cursore quadrato lampeggiava pazientemente dopo la scritta "READY.". "D'accordo." disse Emanuel. Infilò un nastro nel mangiacassette davanti a sé e scrisse sullo schermo: "LOAD". "PRESS PLAY ON TAPE." Emanuel premette il tasto "play", sul video apparve subito la scritta "OK. SEARCHING.". Megan, dal suo seggiolone, guardò le scritte divertita, sgranando gli occhioni quando apparve un nuovo messaggio: "FIND BATMAN. LOADING.". "Un giorno, Megan, io e te lavoreremo assieme sul più grande videogioco mai esistito al mondo. Se ti andrà." La bimba emise un urletto divertito. "Ti potrei insegnare il BASIC. E' questione di poco." "Ga!" rispose lei. Quando sullo schermo apparve di nuovo la scritta "READY.", Emanuel digitò sulla tastiera il comando "RUN". Lo schermo divenne nero e poi di nuovo apparve una scritta: "SYNTEX ERROR IN 1310". Emanuel rimase sorpreso. "Ho caricato la versione vecchia?" si chiese. Diede il comando "LIST" e sullo schermo scorsero veloci una sfilza di righe numerate: l'ultima era la 410960. "Ah, no. Ho capito." Megan sorrise. "Ho solo dimenticato un particolare." Aggiustato questo, Emanuel reimpartì il "run" e sullo schermo, dopo essere diventato nero, apparve un piccolo Batman che correva sulla sua macchina tra le oscure strade di Gotham City. "Tieni Megan." disse alla sorellina, passandole il joystick. "Questa è una versione "soft" per bambini." In realtà, Emanuel si considerava già un adulto, e ne aveva tutta l'intelligenza e la maturità. Una musichetta allegra - che sarebbe stata fuori luogo nel fumetto dell'uomo-pippistrello - completava il tutto, permettendo ai bimbi più piccoli di prendere il videogioco come tale e non come un film dell'orrore. Emanuel prese un bloc-notes ed iniziò a prendere appunti sia sul videogioco sia sulle reazioni entusiaste della sorella, che, muovendo la closh, faceva fare mille percorsi al piccolo batman del videogioco. La luce della lampada da tavolo compensava all'ombra marina delle tende blu, che evitavano anche la dispersione del calore. Vedendo tutto quello che il ragazzo faceva, il padre aveva detto a tutti che sarebbe diventato o un ingegnere o un ecologista. O magari - per la gioia della madre - un medico pediatra. Per tutti era chiaro, però, che Emanuel sarebbe diventato qualcuno di grande. Un forte colpo lo fece sobbalzare, e, mentre la sorellina non sembrava neppure averlo sentito, completamente immersa nelle strade della Gotham virtuale, si alzò e sbirciò fuori, attraverso le tende bluastre. Sulla finestra era comparsa una macchia rossastra irregolare e sul davanzale della sua finestra al secondo piano del palazzo moderno, giaceva un uccellino morto. "Povero passerotto." disse, notando il piumaggio marrone sulle ali e bianco sul petto. Le due macchie di penne nere intorno agli occhi gli conferivano l'aspetto del bandito alla Robin Hood. Emanuel sapeva che la morte di quell'uccellino non era una disgrazia naturale. Infatti alcuni istanti dopo, senti una voce, inclinata in un tono fin troppo noto, chiamarlo: "Emanuel, piccolo extraterrestre! Vieni fuori, mongoloide!" Il capetto di una banda, che ce l'aveva in particolare con lui, aveva la mania di giocargli brutti scherzi a discapito della natura. Emanuel non poteva far altro che continuare ad ignorarli, nonostante avrebbe voluto fare ingoiar loro quel passerotto e tutti gli altri poveri animali morti a causa della banda di deficienti che si ritrovava davanti: gatti, topini, criceti, uccellini, lucertole, api e una volta persino un cane. Emanuel aveva imparato a correre veloce. Era l'unica difesa di cui disponeva, e non ne avrebbe volute altre. Guardò il poster appeso sopra il suo letto: il protagonista de "Il Settimo Sigillo" giocava a scacchi con la morte. Emanuel sorrise. Non ci volevano gli scacchi per batterli. Avrebbe potuto vincere contro di loro anche a una partita a testa o croce. Ignorando le urla continue della banda, si risedette alla scrivania. Prima di rimettersi a scrivere, lanciò uno sguardo ai cavi del computer: avrebbe già dovuto comprarne di nuovi da una settimana, ma i continui inseguimenti a cui era sottoposto e le frequenti fughe che era stato costretto a fare, gli avevano impedito di sostituirli con cavi più sicuri. --Non fa niente.-- pensò. --Megan non tocca il computer se non ci sono io. E' una brava bimba.-- Le sorrise e la accarezzò sui capelli biondo-ramato che scendevano a boccoli sulle spalle. Il suono del campanello fece trasalire Emanuel. "Cavolo, non saranno riusciti a salire?!" Si affacciò sull'anticamera e guardò verso la porta di ingresso. Sentiva dei passi, dei rumori, delle risate soffocate a stento. Di nuovo il campanello suonò. Emanuel sospirò. Con un pezzo di carta raccolse il passerotto morto dal davanzale e lo portò in bagno. Non appena i suoi fossero tornati, sarebbe sceso in cortile a seppellirlo... a fianco delle altre vittime. Ma quando uscì dal bagno si ritrovò davanti la banda al completo. "Come avete fatto ad entrare?!" esclamò. "Non sono affari tuoi, piccoletto." disse il capo, un grasso ragazzo alto mezzo metro in più di lui, con capelli biondicci rasati cortissimi e un ciuffo lungo che gli ricadeva dal centro della testa. "Eccoci qui, in casa dell'alieno." "Andate via. Tra poco arriveranno i miei genitori." Il "capo" lo spinse all'interno della stanza da bagno, facendo finire contro il muro opposto. "Ehi, capo!" esclamò uno degli altri tre imbecilli. "L'alieno ha un VIC 20... Che diavolo è un VIC 20?" "Una stronzata da alieni." gli spiegò lui, restando davanti al bagno. "Non toccate niente, per favore. C'è mia sorella e..." Il ragazzotto chiuse la porta del bagno, sbarrandola con una sedia messa di traverso. "No!" urlò Emanuel, buttandosi contro la porta. "State attenti! I cavi sono precari!" Dal fuori giunsero le risate e le voci dei quattro, mentre la piccola Megan iniziava a piangere, spaventata dagli intrusi. Emanuel batté più volte i pugni contro il legno, quindi chiamò aiuto dalla finestra. Ma fu tutto inutile. Megan continuava a piangere spaventata nell'altra stanza, dove la banda stava praticamente disfacendo la cameretta di Emanuel in cerca di trofei. "Non fate del male a Megan, o me la pagherete!" urlò, ma senza riuscire a farsi ascoltare. Sentì più volte battere sui tasti, ma non riconobbe altro che sequenze casuali ed infine il tilt completo del computer. Due strappi e poi un forte tonfo. Quindi silenzio assoluto. Avevano di colpo interrotto ogni attività e persino Megan aveva smesso di piangere. Un silenzio impressionante. Un silenzio pauroso. Rotto dalla voce strafottente del capetto: "Diamine, guarda che hai combinato, idiota!" "Non l'ho fatto apposta!" sentì un'altra voce. "Ora ci metteranno in prigione." Un altro componente ancora. "Che cosa è successo?!" urlò Emanuel, picchiando coi pugni sulla porta. "Cosa avete fatto?!" Nessuna voce di risposta gli giunse. Solo rumore di passi veloci, in fuga per il corridoio. Poi più nulla. Neanche chiudersi la porta. Un silenzio preoccupante. Angosciante. "Megan..." chiamò Emanuel. "Megan? Mi senti? Megan, rispondi!!!" urlò. Ma la bambina non gli rispose. C'era una specie rito che compivo da bambino. Tutte le sere prima di entrare nella mia stanza chiudevo gli occhi. Speravo che un giorno, riaprendoli, avrei rivisto mia sorella, lì, nel suo letto, come se non fosse successo niente. Continuo a entrare in quella stanza, giorno dopo giorno. (Fox Mulder, "Conduit" 1x03) Gibson Town Oregon 30 novembre 1973 10:12 a.m. Emanuel non aveva ancora assistito a nessun funerale. Quella era la bara più piccola che potesse immaginare. --L'hanno costruita apposta per Megan.-- pensò. --Per la mia sorellina.-- I suoi genitori, al suo fianco, gli tenevano la mano. Il fatto di aver visto finire cinque ragazzi disadattati in un riformatorio non era confortante. Anche se erano gli assassini della loro bambina. Non tanto perché erano solo ragazzi, ma perché neppure quello sarebbe servito a riportare indietro la dolce Megan. La vita senza di lei non sarebbe più stata la stessa, lo sapevano tutti e tre. Ma Emanuel era ancora vivo, e i suoi genitori sapevano che dovevano farsi forza per lui... Per lui che avrebbe riversato tutta la responsabilità della morte di Megan su se stesso. "Megan." sussurrò il ragazzo. "Megan." Avrebbe voluto programmare per lei un gioco che le insegnasse il BASIC. Uno che l'aiutasse ad imparare le tabelline e i verbi irregolari. E poi tanti con i quali si sarebbe divertita e basta. Avrebbe voluto ancora dividere con Megan l'affetto dei genitori. Avrebbe voluto continuare a crescere insieme a lei. Sopra ogni cosa conta la determinazione di continuare ad andare fino a che non si sia raggiunto l'obiettivo. (Angela Sayer & Grace Pond, "Il Gatto Intelligente") FBI, Ufficio degli X-Files Washington 27 novembre 1996 7:07 p.m. Dana Scully stava riordinando i fascicoli che erano rimasti per troppo tempo sulla scrivania del collega. Ne raccolse un plico che risalivano ancora ad un caso di quattro mesi prima, vi soffiò sopra, per toglierne la polvere. Una nuvola grigia si espanse davanti a lei. Le parve di essere un computer, che archivia o butta la posta elettronica più vecchia. Aprì un cassetto dell'archivio e vi sistemò ordinatamente le cartelline. Fece scorrere lo sguardo sui casi. Alcuni di quei rapporti erano stati stesi da lei stessa. Con un tovagliolino di carta ripulì la scrivania del collega e sistemò le sedie. Non poteva far molto altro. L'ufficio era sempre immerso nel caos più totale e se lei avesse dovuto buttar via qualcosa, l'ufficio si sarebbe svuotato. Mulder era uscito a prendere qualcosa da bere, ed era via da quasi un'ora e mezza. "Il caffè più lungo della storia", pensò Scully, ma senza cattiveria né irritazione. Era il 27 novembre, l'anniversario della scomparsa di Samantha, e Scully sapeva quanto Mulder si sentisse male in quel giorno, quanto si fosse creduto responsabile del rapimento della sorellina. Restare in quell'ufficio da sola le dava la possibilità di riordinare fascicoli e pensieri. Non c'erano stati dei casi molto impegnativi negli ultimi giorni. Ma Mulder, quell'anno, sembrò entrare in depressione molto prima delle previsioni di Dana. Starlo a guardare mentre si contorceva in un dolore che non si era spento neppure dopo ventitré anni non le piaceva affatto, ma sapeva che non poteva fare molto di più che essere un po' più conciliante con lui e con le sue idee. A Mulder non piaceva la commiserazione, e quindi, Scully, cercava di non irritarlo, di stargli accanto. Come un'amica. Dana sospirò. "Un padre stronzo e morto, una sorella rapita e una madre totalmente rincoglionita." Non era una gran bella situazione... Mulder rientrò in quell'ufficio con un aspetto meno sconvolto di quello con cui era uscito. "Tutto bene?" gli chiese. Lui annuì. "Sì, grazie." Prima di uscire le aveva chiesto se doveva portarle qualcosa, ma lei aveva risposto negativamente. Ciò nonostante, Fox le passò un foglietto azzurro. "Ho trovato questo. Forse può interessarti." Scully ricevette l'annuncio e lo lesse: "Presentazione del nuovo Sistema di Navigazione Internet della MegaSoftWare presso il salone Enyak." Mulder si guardò in giro: tutto era così meravigliosamente ordinato. Relativamente ordinato. "Che ne dici?" Dana alzò il foglietto azzurro. "Ti andrebbe di andarci assieme?" Fox scosse la testa. "No. Preferisco stare qui, devo rivedere qualche fascicolo vecchio." Poi, dopo un attimo di pausa aggiunse: "Grazie per l'ordine." Scully gli sorrise: "Non c'è di che. L'ho fatto anche per me stessa." Fox si sedette sulla sedia, lasciandosi sfuggire un triste sospiro. "Mulder, hai bisogno di uscire dal Bureau." riprese Scully, avvicinandosi. "No, ho bisogno di non pensarci." "E credi che stare qui ti aiuterà?" Mulder si alzò in piedi con uno scatto. "Certo non sarebbe meglio uscire, rincontrare quella luce... o riavere quella visione." --Ahi.-- pensò lei. --Quando comincia a dare del pazzo a se stesso, è un bruttissimo segno.-- Osservò per alcuni istanti il biglietto che aveva in mano. "Be', questi straordinari non te li pagano nemmeno. Potresti almeno fare un favore a me ed accompagnarmi. Non ti va proprio?" Mulder si girò verso di lei, con uno sguardo interrogativo che poi si trasformò in un sorriso. "Ok." Datemi una leva abbastanza lunga e vi solleverò il mondo. (Archimede) Salone Enyak Washington 27 novembre 1996 8:30 p.m. Mulder e Scully potevano sembrare una normalissima coppia, in mezzo a quella confusione. Coppia di amici, fratelli o coniugi. Ma in ogni modo avevano assunto l'aria di chi se ne intende. Si accaparrarono due posti in quarta fila, lateralmente, vicino al corridoio. La conferenza sarebbe iniziata solo mezz'ora dopo, Scully avrebbe voluto parlare un po', ma Mulder non sembrava voler cooperare. Ogni discorso che lei cercava di iniziare si spegneva puntualmente in un "ah" o in un "hmm" di lui. "Sono sempre tanto ricorrenti?" si decise a chiedergli, alla fine. "Cosa?" disse lui, cadendo dal mondo delle nuvole. "Gli incubi." Mulder non poté trattenere un sospiro. "No." rispose. "Forse un po' sono diminuiti... da qualche anno in qua." Altro discorso che cadeva. Il loro silenzio non fu notato in mezzo alla confusionaria folla di informatici e curiosi che si aggirava lì intorno, come un gregge disperso da un lupo, in cerca di un nuovo pastore. Quasi tutti erano stati allo stesso tipo di riunione, ma su Windows, nel 1995: abituati ormai al nuovo sistema operativo, sembravano cercare riparo sotto le ali della MegaSoftWare, per conoscere un nuovo modo di navigare in Internet... Internet sulla bocca di tutti. Internet la nuova moda. Scully si chiese che cosa ne pensassero quelli che veramente ci lavoravano e studiavano in Internet, quelli che l'avevano creato e commercializzato. Si rigirò tra le mani il foglietto lucido a colori che pubblicizzava l'immissione sul mercato del nuovo prodotto. In fondo c'era la foto dei due fondatori, sorridenti, forzatamente sorridenti, pensò Dana, perché si poteva vedere lontano un miglio che avevano per la mente cose ben più importanti di una fotografia: un modo per cambiare il mondo. Era stato così con l'avvento del Macintosh e poi di Windows della Microsoft, quindi di Internet. E il mondo sarebbe stato cambiato di nuovo da questo nuovo software della Mega'? Scully inspirò profondamente. Mulder lo prese come un segno di disagio verso di lui e, scrollandosi dai suoi pensieri, cercò di iniziare un discorso. "Hai già... hai già usato programmi della MegaSoftWare?" Dana, che sentendo le parole di Mulder era quasi trasalita, si girò verso di lui: "Sì." rispose. "Quando ero al college." "Al college?" replicò Fox. Dana sorrise, un po' imbarazzata. "Era un gioco. Uno dei primi che la MegaSoftWare ha prodotto. BatQ." "Bat*Q*?" "Sì. "Q." sta per Quasimodo. Il programmatore disse che era un incrocio tra il gobbo di Notre-Dame e un Batman. Non dovette pagare i diritti d'autore." Lui rise. "E' tutto vero, Mulder." riprese lei. "Si giustificò dicendo che non era un grafico. Ma a me piaceva. Facevamo a gara a chi riusciva a sfrecciare più veloce per le strade di Notrem City, senza schiantarci." Mulder indicò il volantino. "E' lui?" "Sì, questi sono i due fondatori della MegaSoftWare." rispose lei, passandogli il foglietto illustrato. "Darin e Marshal. Dicono che lui avesse in mente l'idea di fondarla quando aveva dodici anni." "Un altro precoce genio dell'informatica." commentò Mulder. Osservando bene la foto, notò che una delle due figure era una donna. "L'altra è Axel Darin, che all'inizio fece la parte della grafica. Si dice che riuscisse a mettere assieme gli scenari fregandoli ad altri videogiochi." Mulder osservò la ragazza. "A vederla così diresti che è un'appassionata di pittura." commentò. "Poi sono passati dai videogiochi ad Internet." "Già. Ormai è la rete che attira. Niente di meglio di una navigata serale, insomma." "Ho letto di recente un articolo che descriveva Internet come un satana che era andato a strappare i ragazzi dalle discoteche e dai bar per metterli a navigare da soli nelle loro oscure stanzette." Fox non mise troppa convinzione in queste parole. "Sarà stato preoccupato per la diminuzione degli incidenti sulle strade e l'aumento dei naufragi telematici." sorrise Scully. "Naufragi telematici?" chiese lui. "Sì. Ti è mai capitato..." Mulder assunse un'espressione che la fece ridere. Non era proprio il tipo da navigare in Internet, neppure per collegarsi ai siti di Playboy o simili. "Be'," riprese lei. "a volte capita di perdersi attraverso i siti... di solito finisci irreparabilmente in posti come "bisexual club" o "golf is my life"." Le luci calarono lentamente, il popolo che aveva subito la diaspora si ritrasse velocemente e con un'incredibile precisione sulle sedie dell'auditorio. Sul palchetto apparve un cerchio luminoso, nel quale si andò a posizionare una ragazzina dall'età anagrafica e mentale di trentadue anni, ma che ne dimostrava più o meno la metà. Aveva i capelli neri tagliati piuttosto corti, con una spessa frangia che le ricadeva sulla fronte, senza però oscurare la vista. I lineamenti delicati e infantili portarono Mulder ad avvicinarsi a Scully per sussurrarle: "Avevo capito che la MegaSoftWare era stata fondata diciotto anni fa. Se questa è Darin, a quell'epoca non era ancora nata." Dana sorrise, ma riportò subito l'attenzione sulla "ragazzina". La T-shirt con la scritta "MegaSoftWare is my Life" era certamente emblematica, il paio di jeans presi nuovi per l'occasione, le scarpe da skate-board, che avevano puntualmente una stringa slacciata, le punte dei piedi rivolte verso l'interno, la figura esile e bassa che la classificò nella mente di Scully come "esempio di denutrizione da terzo mondo", rendevano la sua presenza sul palco quasi irrisoria. Sembrava persino facesse fatica ad arrivare al microfono. --Ma se è arrivata fin dove è arrivata, vuol dire che vale molto.-- pensò Scully. Difatti, tutto il popolo di proseliti informatici tacque non appena lei pronunciò uno squillante "Salve!". Aveva la voce di una bambina e, allo stesso tempo, gli occhi di una donna intelligente. "Grazie per essere venuti. Siete meravigliosi. Abbiamo bisogno del vostro sostegno e sappiamo che possiamo contarci. La MegaSoftWare è onorata di avervi qui. Il nostro nuovo sistema di navigazione Internet verrà messo in commercio da domattina, ma già questa sera potrete vederlo, voi, privilegiati in quanto avete accolto il nostro invito, e questo fatto è indice di grande intelligenza..." L'auditorio si riempì di applausi, che traboccarono sulla strada facendo girare tutti gli ignari passanti. Come un mare in tempesta, l'ovazione alla "piccola" Darin sembrava non volere cessare, tanto che la stessa ragazza sembrò nel contempo contenta ed imbarazzata, senza riuscire a riprendere il discorso. Dana rise. Fox si girò verso di lei. "Che c'è?" "Ma hai sentito il discorso?" "Sì, certo, perché?" "Be', complimentare il pubblico è un buon modo per invitarli silenziosamente a rompere il salvadanaio ed entrare nel più vicino negozio di computer." Mulder sorrise. "E' il mercato mondiale." "I cinque computer di Watson si sentono soli, Mulder." Axel riuscì a far tacere il pubblico, non appena l'imbarazzo se ne andò. Le sembrò di essere un santone delle strambe sette che stavano invadendo gli Stati Uniti in quegli anni... Scientology e la Chiesa dell'Eutanasia. Se avesse urlato: "Ragazzi miei, infilate le dita nella presa della corrente e farete surf sulla rete come nessuno l'ha mai fatto." si sarebbero accalcati attorno alle placche spingendosi l'uno l'altro, esclamando che toccava prima loro folgorarsi. Fortunatamente Darin non era capace di fare certe cose, né avrebbe voluto farle. Se il suo pubblico moriva, si sarebbe portato nella tomba anche la sua casa di software. "Grazie ragazzi!" esclamò. Mulder si accostò alla collega: "Ma nel mondo dell'informatica usano tutti questi termini ed espressioni?" "Non so, Mulder." rispose lei. "A proposito mentre formattavo l'ufficio ho notato che c'è una web di un ragno molto in alto e non riesco a raggiungerla con il VirusScan. Forse tu che sei alto qualche byte in più di me, riesci anche a vedere fuori dalla window lo scape della homepage dell'http://www.fbi.com." Fox scoppiò a ridere e dovette piegarsi in avanti per evitare di farsi "sgamare". Intanto, sul palco, Axel Darin aveva ripreso in mano le redini del discorso e stava per passarle al collega, che lei stessa annunciò allegramente. "E' ora, però, che passi il microfono al vero fondatore della MegaSoftWare." Infatti Axel si era unita a lui quando la Mega aveva smesso di emettere sharewares, ed era servito un capitale in più per la registrazione e l'avvio di una ditta vera e propria. "Emanuel Marshal!" esclamò Axel, sorridendo. Emanuel salì sul palco ed entrò nel fascio di luce. Non stava sorridendo. Diede l'impressione di essere la persona più seria e professionale del pianeta. Come se ogni cosa che capitasse sotto il suo sguardo potesse, come per magia, diventare uno splendido programma. Scully si era informata su di lui, leggendo i vari pettegolezzi e le indiscrezioni dei giornali. Non era un personaggio come Bill Gates: non erano né lui né la collega Axel Darin a fare pubblicità alla MegaSoftWare, come succedeva per la casa concorrente. Nessuno in generale, sapeva chi era il fondatore, chi aveva avuto l'idea. Si compravano i programmi perché costavano meno di quelli della Microsoft ed erano ugualmente funzionanti. La scarsa fama di Marshal fece tornare alla mente di Scully quella del collega. Un ottimo agente ma senza fama mondiale. Mentre Emanuel si preparava al discorso, Scully riordinò mentalmente tutte le informazioni su di lui. Cresciuto nell'Oregon, in un quartiere benestante della fredda cittadina di Robertson Peaks, figlio unico di immigrati italiani, aveva coltivato la scienza informatica fin dalla più tenera età, abbandonando la casa paterna a quattordici anni per le scuole superiori ed entrando con plichi di borse di studio a Princeton. Passato poi da questa università a Yale, aveva interrotto gli studi a metà del terzo anno. Aveva già messo in giro giochi shareware, quando fondò, insieme ad Axel Darin, diplomanda in Informatica grafica, la sua casa di software. La chiamava "un modo per pagarsi l'affitto". Forse, pensò Scully, aveva in mente progetti più ampi... ma più grandi di Internet, che comprendeva l'intero pianeta... c'era ben poco. Dana ascoltò con interesse il discorso di Emanuel, che stava spiegando al "suo popolo" come Internet era nato e si era diffuso. Sembrava avesse una grande ammirazione e rispetto per i pionieri del cyberspazio. Nonostante quello che diceva della sua casa di software, Marshal metteva estrema convinzione nel suo discordo, incredibili amore e rispetto per l'informatica. Il nuovo browser di navigazione permetteva la visualizzazione grafica della rete, per una maggior comprensione delle utilità e delle possibilità di Internet, l'apertura facilitata di diverse finestre di dialogo e lettura contemporaneamente, le quali erano visualizzate ottime informazioni sul web, e diverse altre utilità. Il tutto, compreso collegamento con "AOL", a soli cinquanta dollari. "Hanno proprio poche pretese." sussurrò Mulder alla collega, rischiando di essere linciato, alla fine della conferenza, da un paio di adepti estasiati. "Pagarsi l'affitto, ma nemmeno il vitto." Scully sorrise e riprese a seguire il discorso di Emanuel. Sembrava che ormai non ci fossero più motivi di rompersi il cervello a navigare con Internet Explorer o Netscape... Ora c'era lo "Shuttle". Quando Marshal concluse il discorso, strizzando al pubblico il primo ed ultimo sorrisetto stanco della serata, la sala sembrò dover saltare in aria. La gente urlava e applaudiva come se ognuno di loro avesse appena visto la propria squadra di football del cuore vincere il campionato intergalattico. Scully si girò verso Mulder che scoppiò a ridere, mettendosi ad applaudire. "E' il mondo dell'informatica, Mulder." gli disse, alzandosi in piedi. "Linka tutti popoli." Fecero per uscire dalle file di sedie, ma un gruppo di cyber-navigatori sbarrò loro il passo, correndo entusiasti verso una trentina di computer che erano stati installati nello stretto salone dell'Enyak per permettere la prova del nuovo software. Molti parlavano tra loro, altri leggevano gli opuscoli, altri ancora sembravano appena usciti da un bagno di oppio. Ma tutti correvano verso i computer. "Ahi!" esclamò Dana, ad un tratto, appoggiandosi di colpo alla spalla del collega. "Che t'è successo, Scully?" chiese lui, prendendole il braccio per sorreggerla. "Ho stortato una caviglia, niente di grave." gli rispose. "F1!" esclamò poi, mettendosi a ridere. "F1?" "Sì, help, aiuto." spiegò lei, senza smettere di ridere. "Hai bisogno di uno ScanDisk?" proseguì lui, sulla scia. "No, credo che basti uscire e rientrare." "Voglio vederti ad uscire di qui, con tutti questi bytes in trasferimento." Il rumore nell'Enyak diminuì quando una sessantina di fortunati riuscì a raggiungere i computer. Emanuel e Axel erano stati bloccati da un gruppo di fan incalliti, che stavano ponendo domande strettamente tecniche. Mulder e Scully si unirono a loro, assumendo l'espressione del grande intenditore. Ad un tratto un ragazzo che non dimostrava più di vent'anni, chiese che cosa avrebbe potuto portare grandi innovazioni, ancora di più di Internet. La domanda fu accolta da Emanuel, che si lanciò in un discorso sulle potenzialità dell'industria informatica. "Quando all'inizio del secolo Watson predisse che i computer non sarebbero stati commercializzati, non pensava di certo che questi avrebbero raggiunto le dimensioni e l'economicità dei calcolatori che vediamo in giro ora. Come anche Marx, quando scisse "Il Capitale", non aveva immaginato che il terziario sarebbe diventato così importante, diminuendo quindi la necessità della rivoluzione della classe operaia. Oggi non sappiamo di preciso cosa potrà arrivare domani. Ma sappiamo che l'industria dei computer è il settore più aperto in tutto il pianeta, e quindi continuerà ad assorbire le energie di tutti i popoli. Oggi sappiamo che Internet ha tagliato le distanze. Non dobbiamo più farci quattordici ore di volo per arrivare a Berna. Basta una telefonata. Internet sta letteralmente eliminando il concetto di distanza spaziale. E sono convinto che in breve troveremo anche il modo di abbreviare e quindi cancellare le distanze temporali." Axel si girò verso il collega e gli mise una mano sul braccio. "Ora basta, Emanuel." Il ragazzo, girandosi verso di lei, annuì. "Andiamo." disse lei, congedando entrambi dal pubblico e scomparendo dietro i tendaggi del palco. Mulder e Scully si scambiarono un'occhiata, quindi uscirono dall'auditorio. "Le distanze temporali..." sussurrò lui. "E' un'idea." "Un'idea?" chiese lei, fermandosi davanti alla portiera e porgendo in avanti una mano. "Forse gli extraterrestri sono già arrivati ad un modo per annullare le distanze temporali. E questo modo si trova nell'informatica." Fox lanciò uno sguardo sul palmo di Scully. "E hai intenzione di cercarlo?" "No..." disse lui. Indicò la mano di lei e prima che potesse di nulla, lei lo prevenne: "Guido io. Dammi le chiavi." Volare è utile. Atterrare è necessario. (Eros Drusiani) MegaSoftWare Appartamento di Marshal Washington 27 novembre 1996 10:59 p.m. Il rumore di tasti era quasi cancellato dalla musica ad alto volume. Il ticchettio singolare era diventato un unico battito regolare. Il rumore di colpi sulla porta fu appena percepito da Emanuel. Salvò il file e si alzò. Aprì la porta, non aveva dubbi su chi fosse. "Cinese?" chiese la Darin alzando un pacchetto davanti agli occhi del collega. "Ho scelte?" chiese lui. "Abbassa un po' lo stereo, non si sente niente!" proseguì la ragazza, entrando nella stanza ed appoggiando i due sacchetti ad un tavolino. Emanuel fece quello che lei aveva detto, quindi indicò i suoi piedi. "Hai una stringa slacciata." Axel si abbassò per fare l'asola. "Allora, ho ricevuto la telefonata di quel tale della Jackson. Ha detto che abbiamo avuto un'ottima idea a costruirci gli appartamenti contigui dentro lo stabile della Mega." "Lo so." fece lui, risedendosi al computer. Darin si ritirò dritta. "Non hai fame?" "Non molta." rispose l'altro. La ragazza lasciò perdere il cibo e si avvicinò alla sua scrivania. "Stai ancora lavorando a quello?" "Hmm." rispose lui, intento a guardare lo schermo. "Sei sicuro che non andrai a sbattere contro qualcosa che... che sarebbe meglio non toccare?" "Ci sto studiando, Darin." esclamò lui, un po' irritato. La ragazza sbuffò. "Mi sto solo preoccupando che tu non faccia qualche vaccata. Capisco che non è un bel periodo per te... ma qualcosa bisognerà pur fare." Emanuel scattò in piedi. "E lo sto facendo! Possibile che tu sia così cieca da non vederlo?" "Intendevo qualche cosa di meglio di un sogno paranoico e fantascientifico davanti ad un computer." disse lei, guardandolo da dietro la frangia. Marshal la fulminò con lo sguardo. "Stavi svelando tutto davanti a un branco di ex-proseliti di Gates. Almeno te ne sei reso conto?" Darin sospirò e mise una mano sulla spalla del collega. "Il primo esperimento... Per quando è previsto?" "A mezzanotte e poi alle tre, di domattina. Se tutto andrà bene." "Ok. Allora mangiamo un boccone e poi ci mettiamo insieme a debuggare, ok?" Emanuel sorrise all'amica. "Grazie." Ed il più grande conquistò un'azione dopo un'azione e quando fu di fronte al mare si sentì un coglione, perché più in là non si poteva conquistare niente, e tanta strada per vedere un sole disperato e sempre uguale sempre come quand'era partito. (Roberto Vecchioni, "Stranamore") 3170 W. 53 Rd. #35, Annapolis, Maryland Appartamento di Dana Scully 27 novembre 1996 11:29 p.m. Scully parcheggiò la macchina davanti al suo condominio. Si tolse la cintura di sicurezza e si girò verso il collega. "Allora..." iniziò il discorso lei. "Dormi da me 'sta notte?" Fox rimase in silenzio, completamente sorpreso dalla proposta della collega. La parte razionale del suo cervello gli comandava un "no" secco, la parte emotiva pure. Ma ad un tratto sentì la voce rispondere alla collega: "Sì, lo farei volentieri, se non ti creasse disturbo." Scully scoppiò a ridere. "Dio, che frase idiota..." sussurrò lui. "Scusa, non avrei dovuto ridere." Scesero dalla macchina e insieme si avviarono verso l'ingresso. Scully frugò nelle tasche in cerca delle chiavi. "Spero di non aver dimenticato la password." Arrivato alla porta dell'appartamento, aprendola, Scully invitò il collega ad entrare: "Eccoti la mia home-page." Mulder rise. "Sai," riprese Dana. "ho notato che gli informatici hanno uno spiccato senso di autoironia." Poi andando verso la cucina gli chiese: "Tè?" "Sì, grazie." rispose lui, fissando lo sguardo per terra, come in cerca di qualcosa da dire. Dopo aver messo l'acqua a bollire, Scully portò in salotto un cuscino e un piumone e li appoggiò alla poltrona. "Non ce n'è bisogno, Mulder." disse lei, rispondendo ai suoi pensieri. "Come?" replicò lui, con la voce che sfiorava i limiti dell'udibilità. La teiera iniziò a fischiare, Mulder la seguì in cucina. "Senti, Scully, ripensandoci... Io non credo che sia una buona idea..." Scully gli lanciò uno sguardo di rimprovero, ma sorridendo. "Mulder..." sussurrò, mentre versava il tè nelle tazze. "Mulder..." "Io non credo di essere molto di compagnia questa sera." Scully mise le tazze su un vassoio. "Non ti ho chiesto di farmi compagnia. Ho solo pensato che era meglio che tu non dormissi da solo, questa notte." Portò le tazze in sala e si sedette sul divano. Si girò verso la cucina: Mulder era fermo, guardando per terra, sembrava sul punto di crollare o fuggire. Scully dovette resistere alla tentazione di urlargli una frase del tipo: "Riporta le tue chiappe in salotto, agente Mulder!", con la quale si sarebbe vendicata delle sue prese in giro. In quel momento, Mulder era terribilmente vulnerabile e lei iniziò a provarne compassione. "Mulder..." lo chiamò, senza ricevere risposta. "Mulder?" ritentò. Si chinò in avanti, per zuccherare il tè con un cucchiaino di miele. Poi si girò di nuovo verso di lui, ancora immobile. "Fox!" Lui si girò di scatto verso di lei. "Il tè - si raffredda." disse. Mulder si avvicinò a lei. "Scusa..." sussurrò. "Di che, dài?" Scully sorseggiò la bevanda, poi si girò verso di lui. "Domani mattina ho un'autopsia, alle nove." Mulder annuì. "Ti converrebbe prenderti un giorno di malattia. Non mi sembri molto in forma." continuò lei. "Sì," rispose Fox, con sorpresa di Scully. "forse è meglio." Appoggiò la tazza vuota nel vassoio. "Grazie... per tutto quello che stai facendo per me." Lei sorrise. "Non c'è di che. E' quasi mezzanotte. Converrebbe che tu dormissi. Anzi che tu andassi in stand by." Scully gli passò il cuscino e lo coprì con il piumone. "Qualsiasi cosa succeda, chiamami. Ok?" Fox annuì. Dana spense la luce ed entrò in camera sua. Si sedette sul letto e guardò il libro che stava leggendo. "Il Canto di Acchiappacoda" di Tad Williams. Aveva pensato che, avendo la serata libera, sarebbe andata avanti a leggere le avventure del gatto rosso, ma quella sera era andata diversamente. Si cambiò, si infilò sotto le coperte e spense la luce. Ci vuole lo stesso coraggio a provare e a non riuscire di quanto ce ne voglia a provare e a riuscire. (Ann Morrow Lindberg) MegaSoftWare Appartamento di Marshal Washington 28 novembre 1996 11:59 p.m. "Ok. Io credo che sia perfetto." Axel Darin fece un giro sulla sedia, quindi riappoggiò le suole delle scarpe nuove al bordo della cassettiera di ferro. "Allora, manca un minuto." disse, rivolgendo al collega uno sguardo interrogativo. "Manca un minuto." ripeté lui. "Esperimento numero uno, 28 novembre 1996, ore 0:00. Un giorno di merda." "Un giorno di merda." replicò Darin. "Vogliamo migliorarlo?" Il silenzio ristagnò nella stanza, come l'aria di muffa di una cantina. Il soffitto bianco, illuminato a giorno dalle lampade sembrava discendere di mezzo metro ogni minuto che i due ragazzi passavano lì dentro. "10." disse Darin "9, 8, 7, 6, 5, 4," continuò Emanuel. "3, 2, 1... 0." Premette sul tasto invio e sul computer apparve la scritta: "IMPULSO INVIATO." Stettero a guardare per qualche istante il video, finché su questo non iniziò a scorrere una scritta rossa: "Vai a riposare, Emanuel. Vai a letto e dormi, Emanuel. Vai a fare un giro, Emanuel." era lo screen saver che Axel gli aveva messo. "Esperimento numero uno." ripeté il ragazzo. "Fallito." Si alzò in piedi e spense il calcolatore. "Tu non ne sei convinta, vero Axel?" "Non chiedermi di esserlo. Ti sto aiutando... ti basti quello." La mia mente è un nodo aggrovigliato, che non so più sciogliere. Ogni giorno combatto l'impulso di tagliarlo di netto per fermare questa discesa. (Daniel Trepkos, "Firewalker", 2x09) Appartamento di Dana Scully 28 novembre 1996 3:21 a.m. Il sogno - sempre il solito sogno da ventitré anni - era arrivato puntuale, la notte successiva al 27 novembre. Mancava la corrente, la casa, caduta nel buio, iniziava a tremare e per l'aria si spandeva quell'assurdo sibilo alienante. Svegliandosi di soprassalto, Fox Mulder era caduto dal divano, destando la collega. Scully accese la luce della camera ed entrò lentamente nella sala. Mulder era steso per terra, aggrovigliato alle coperte, sconvolto, come se gli avessero sparato. "Mulder." lo chiamò lentamente. "Lei se n'è andata." sussurrò lui. "Scully, l'hanno portata via." "Lo so." disse, strofinando la mano sulla sua spalla. "Lo so, Mulder." Fox si mise seduto con difficoltà, a causa delle coperte che gli parvero corde e camicie di forza. "Scully... Perché continuo a fare questo sogno? Sono passati ventitré anni, perché continua a tormentarmi in questo modo?" Dana non gli seppe rispondere. Si sedette accanto a lui, mettendogli una braccio intorno alle spalle. Lui, insaccato nelle coperte, le fece un cenno col capo, indicando l'orologio. "Sono le tre e mezza." disse. "E' il 28 novembre." Scully conosceva il senso di quella frase. Il 27 era passato. L'anniversario era finito. Quell'anniversario si era concluso. Stava per arrivarne un altro. I walk the maze of moments but everywhere I turn to begins a new beginning but never finds a finish. [Percorro il labirinto dei momenti, ma ovunque io giri, comincia un nuovo inizio ma non si trova mai una fine.] (Enya, "Anywhere Is") Appartamento di Dana Scully 28 novembre 1996, 8:27 a.m. Quando Scully stava per uscire, la mattina successiva, per andare a fare quell'autopsia per la sezione "Omicidi", Fox si svegliò e si tirò su guardandola da dietro la sponda del divano. Aveva l'aria stanca, i capelli e i vestiti completamente fuori posto. Le braccia lo tenevano appigliato alla sponda come se, salvato a stento da un naufragio, stesse per ripiombare nel mare in tempesta. "Buon giorno, dottoressa Scully." Lei si girò e gli sorrise. "Come va?" Mulder si guardò in giro, con aria spaesata. "Talmente bene che quando mi sono svegliato non sapevo più dov'ero." Lei sorrise. "Davvero." riprese Mulder, mettendosi a sedere. "Non mi capitava più di dormire così bene da un pezzo." "Nonostante l'incubo?" chiese lei, avvicinandosi. "Uno solo." disse lui. "E' ottimo." Scully sorrise. Non immaginava che Fox sarebbe stato così bene. "Chissà gli altri anni." sussurrò. "Devo andare o farò tardi. Mi raccomando, fai una colazione abbondante." Mulder annuì e le fece un cenno con la mano. Prima di chiudere la porta, Scully si girò per comunicargli: "Vado a prendere lo "Shuttle", quando esco." --Lo "Shuttle".-- pensò Mulder. --Chissà se veramente Emanuel Marshal troverà il modo di tornare indietro nel tempo.-- Si alzò per andare in bagno, ma si fermò un istante nella camera da letto, per curiosare cosa Scully stesse leggendo. --Ha ottimi gusti.-- pensò, riponendo sul comodino "Esistenza" di Ciril Axel Mend. La Matematica è l'alfabeto nel quale Dio ha scritto l'Universo. (Galileo Galilei) MegaSoftWare Appartamento di Marshal Washington 28 novembre 1996 8:27 a.m. Emanuel spense il computer. Aveva lavorato tutta la notte ed ora sentiva i crampi della stanchezza impossessarsi inesorabilmente delle sue braccia. Si stirò sulla sedia, rischiando di finire indietro. Si girò e vide Axel che dormiva pacifica sul divano. La sua espressione da bambina fece sorridere il programmatore. Nonostante fosse fallito, l'esperimento numero due aveva dato a Emanuel la certezza di guardare dalla parte giusta. Quando la ventola del calcolatore smise di girare, Darin si svegliò. "Hey, Emanuel, ancora in piedi?" chiese, mentre si metteva a sedere stropicciandosi gli occhi. "Sono le otto e mezza." le comunicò. "Ah." fece lei, appoggiando i piedi per terra. Si stirò, sentendo la fame che l'assaliva. "Ho bisogno di una mega-razione di latte, frutta, cereali..." Emanuel sorrise. Sapeva che l'amica aveva sempre fatto invidia per il fatto che poteva mangiare - come faceva - come un maiale senza ingrassare. La ragazza si tirò in piedi e si diresse verso l'uscita. "Hai una stringa slacciata." le comunicò lui. "Fai colazione con me?" chiese lei, mentre si chinava. "No, non ho fame. Credo che uscirò un po'." Quelle parole suonarono strane nelle orecchie di Darin. --Uscire?-- Ma non fece altro che sorridergli. "Ok. Ci vediamo." Era strano che Emanuel "uscisse un po'" il giorno del 28 novembre, ma Axel lo reputò un buon segno. E = m·c² [L'energia è uguale alla massa moltiplicata per la velocità della luce al quadrato.] (Albert Einstein) FluffyWare, rivenditore autorizzato di Software Washington 28 novembre 1996 12:30 p.m. Scully non avrebbe avuto bisogno di cercare lo "Shuttle". I cartelloni pubblicitari, le teche di esposizione e i computer di prova si avvicinavano molto a quelli del lancio di Windows95. Forse più discreti e meno duraturi. Ma Scully si chiese se qualcosa, nell'Informatica, potesse essere veramente duraturo. Nonostante ciò, camminò lentamente tra gli scaffali, lasciando che il suo sguardo si posasse sulle scatole dei diversi prodotti: enciclopedie multimediali, giochi d'azione, prodotti per l'ufficio... C'era veramente di tutto. Mentre camminava tra le corsie, il suo sguardo incontrò il volto di una persona nota. Scully dovette riflettere alcuni istanti, per prendere una decisione. La curiosità era troppo grande. Quindi allungò il braccio e si presentò. "Emanuel Marshal?" Il ragazzo, che era alto una spanna abbondante in più di lei, si girò e la guardò per qualche attimo. Strinse con fare assente la mano che lei gli porgeva, lasciando il suo sguardo incantato sul volto della donna. "Mi chiamo Dana Scully, ho assistito alla conferenza di ieri." L'agente si stava in realtà chiedendo cosa diavolo un informatico del calibro di Marshal ci facesse alla FluffyWare, un qualunque posto di vendita di software. Forse, pensò lei, stava cercando ispirazione davanti ai prodotti della ByMonySoftware? "Piacere." disse lui, come ipnotizzato alla sua presenza. "Stavo pensando a quello che ha detto ieri, riguardo alle capacità spazio-temporali del computer..." Fu interrotta da una sottile risata del ragazzo. "Mi scusi." disse poi. "E' che la mia collega le chiama... farneticazioni di una mente evoluta ma distorta." Scully annuì e sorrise. "Mi sembra una teoria interessante." replicò, pensando che se Mulder fosse stato lì, l'avrebbe strangolata... non era lei scettica al limite della sopportazione umana? "Davvero lo pensa?" "Sì, veramente. Dovrebbe portare avanti la ricerca. Credo che sia veramente interessante." Emanuel sorrise all'agente, mettendosi a camminare verso l'uscita. Lei lo seguì, sperando che, iniziando una conversazione, avrebbe potuto far luce sui suoi dubbi informatici. Emanuel sembrò anzi accettare volentieri che lei si unisse al suo vagabondare. La MegaSoftWare era poco lontana da lì e, quando lui le propose di visitarla, Scully acconsentì felicemente. Le dispiaceva soltanto che Mulder non fosse con lei. Dopo aver fatto uno sbrigativo giro negli studi dei dipendenti, Emanuel portò Scully nel proprio appartamento. "Allora, è qui che nascono le splendide idee..." sussurrò lei, entrando. Un tavolo e due sedie sostavano davanti ad un impianto stereo hi-fi. In fondo, dopo una statua raffigurante un'onda del mare, sulla scrivania stava un computer ultimissimo modello. Un modem esterno, diversi libri di Informatica, una tastiera ben tenuta e blocchi di appunti. Scully notò che tutta la stanza era immersa in una piacevole penombra sottomarina, creata da tende blu che chiudevano le finestre. Era tutto molto confortevole. "Be'..." Marshal le indicò una poltroncina. "...Abbiamo fatto in modo che i nostri alloggi fossero il più agevoli possibile. Dovendoci lavorare talvolta anche per tredici o quattordici ore al giorno... Tanto valeva far qualcosa di ottimo." "Veramente bello." disse Scully. --Bisognerebbe metterlo in questo modo l'ufficio degli X-Files.-- "Non tutti sono d'accordo con le mie idee." riprese Marshal. "Neanche Axel Darin." Dana si sedette sulla poltroncina ed accavallò le gambe. "La sua collega non pensa che si possa avverare questo sogno?" Emanuel scosse il capo. "No, ci crede. Lei pensa che... che finirà come la dinamite. Una cosa che si rivolterà contro l'umanità." "Quindi pensate entrambi che questo sogno di possa realizzare?" "Sì. Crediamo di sì. In fondo, è il sogno proibito della scienza moderna." Scully ripensò alle volte che lei o Mulder avevano considerato qualcosa che si erano ritrovati davanti un sogno proibito della scienza: manipolazioni genetiche, viaggi nel profondo spazio, forme di vita basate sul silicio... La scienza sognava molto... "Le barriere che sono state distrutte con l'avvento di Internet sono immense. Se solo lei pensa che da casa sua può accedere a banche dati di estrema importanza... Può fare shopping, può guardare la televisione attraverso Internet, visitare posti lontani ed anche mondi inesistenti." "La realtà virtuale?" chiese Dana. "Già." Emanuel sorrise, guardando per terra. "Axel ha una vera e propria mania per la realtà virtuale. Lei è un'informatica grafica... io sono più un teorico paranoico." --Dovrei presentargli Mulder... Così smetterebbe di pensare che è paranoico.-- pensò Scully. "Sta lavorando a questo progetto?" "Sì. Sto cercando di capire quali leggi fisiche sono alla base dell'espansione temporale. Ma sono ancora molto indietro nelle ricerche. Purtroppo. O forse, fortunatamente. Non credo che però quello dei viaggi nel tempo sia un sogno molto lontano. Un tempo non si pensava neppure di potersi parlare da un continente all'altro, poi è stato inventato il telefono. La tecnologia ha subito un impulso incredibile negli ultimi decenni, e credo che la sua evoluzione vada sempre più in impennata." Emanuel fece un gesto nell'aria, come per tracciare un grafico. "Se l'andamento dell'evoluzione tecnologica continuerà ad essere iperbolico, ad un tratto dovrà tendere all'infinito." --Oh mio Dio.-- pensò Scully. "E sono convinto che quel momento coinciderà con la scoperta della navigazione temporale. Se noi potessimo andare nel futuro, potremmo portare poi indietro scoperte che si faranno solo negli anni successivi, formando quindi un processo di evoluzione tecnologica tendente all'infinito." Marshal tirò il fiato. Gli sembrava che Scully non volesse dargli del pazzo e questo lo rassicurava molto. "Sì, ma..." disse lei. "Anche ponendo di poter andare avanti nel tempo, per la fisica moderna, sarebbe impossibile poi tornare indietro." "Per la fisica moderna." replicò Emanuel. "Ma come ci si può fidare totalmente di una fisica non sa spiegare come iniziò il mondo né cosa successe nei primi tre secondi del Big Bang?" Scully ringraziò il cielo che il suo collega avesse studiato Psicologia Comportamentale e non Fisica. Altrimenti, queste teorie che poteva sopportare da un informatico che _non_ lavorava con lei, sarebbero state in ogni caso contro di lei, se fossero state possedute da Mulder. "Non abbiamo ancora _abbastanza_ prove, ma io sono convinto che i viaggi nel tempo non siano solo fantascienza." --_Abbastanza_?-- pensò Scully. Il campanello suonò, interrompendo la loro conversazione. Emanuel, chiedendo scusa, si alzò ed andò ad aprire. Mentre lui stava parlando con Axel Darin nell'anticamera, Scully lanciò un'occhiata sulla scrivania, potendola osservare da più vicino. C'era una fotografia incorniciata, accanto al calcolatore. Scully si alzò per guardarla più da vicino. Era una bambina, di qualche mese, con capelli rossicci e occhi azzurri, le gote rosse e un bellissimo sorriso. Quando Emanuel tornò da lei, Scully stava ancora osservando la foto. "Sua figlia?" chiese discretamente. "No." rispose lui. "Megan. Mia sorella. Ventitré anni fa." Scully percepì una vena di tristezza nella sua voce. Non avrebbe voluto chiedere nulla, ma Emanuel, prendendo in mano la cornice, fece passare la punta delle dita sul volto della bimba. "Se ne è andata poco tempo dopo questa foto, proprio il 28 novembre." "Mi dispiace." disse lei. "Non avrei dovuto... E' tanto bella." "Sì, infatti." Emanuel le sorrise. "Ora è meglio che vada. Farò tardi al lavoro." "Posso accompagnarla?" Scully, infilando le mani nelle tasche del soprabito, sorrise. "No, grazie. Non è lontano. E poi devo ancora andare a comprare lo "Shuttle"." "Mi permetta di dargliene una copia in omaggio." Emanuel accompagnò Dana fino all'uscita, porgendole il pacchetto del nuovo browser di navigazione. "Se vorrà farmi sapere cosa ne pensa, scriva pure tramite posta elettronica o mi chiami. Sono sempre a sua disposizione." "Va bene. Arrivederci." Scully gli regalò un sorriso, quindi iniziò a camminare verso il Bureau, osservando la descrizione dello "Shuttle" sul retro della scatola. Ma la sua mente era fissata sul un'altra cosa. Il 27 e 28 novembre del 1996 erano ventitré anni dalla scomparsa di due bambine: le sorelle di Fox Mulder e di Emanuel Marshal. Pura coincidenza? Avrebbe dovuto chiedergli di dov'era. ...Chilmark?... Forse attraverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po' più ammalato, ruberà tale esplosivo e s'arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la Terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie. (Italo Svevo, "La Coscienza di Zeno") FBI, Ufficio degli X-Files Washington D.C. 28 novembre 1996 2:13 p.m. Quando Dana entrò nell'ufficio Mulder era già lì. Fresco e riposato, sembrava in forma, soprattutto rispetto al giorno prima. "Ciao Scully." la salutò, appena entrò. Stava leggendo un fascicolo. Sulla copertina verdina una scritta, quasi un avvertimento, "UFO". "C'era fila per comprare lo "Shuttle"?" le chiese, indicando il pacchetto che lei teneva in mano. "No, il cadavere dell'autopsia aveva paura dell'operazione, abbiamo dovuto rincorrerlo per tre sezioni e alla fine legarlo al tavolo." Mulder rise. "Seriamente parlando," riprese lei. "alla FluffyWare ho incontrato Marshal." "Emanuel Marshal, quello della MegaSoftWare?" Scully annuì, sedendosi davanti a lui. "E che ci faceva lì?" "E' quello che mi sono chiesta anch'io. Comunque gli ho chiesto del progetto di navigazione temporale." Mulder chiuse il fascicolo di colpo. Si sporse in avanti verso Scully e lei poté notare come tutti i suoi sensi si stavano aprendo per ascoltarla appieno. Se avesse potuto, Mulder si sarebbe sfilato il cervello e l'avrebbe appoggiato al tavolo per captare ogni minimo stimolo sensoriale. Non poté che trattenere una risata. "Che c'è?" "Niente." rispose lei. "Niente, Mulder. E' che... se escludo te, i Guerrieri Solitari e mia sorella, direi che Emanuel Marshal è la persona con le idee più strane che ho conosciuto." "Grazie della preferenza." sorrise lui, appoggiando i gomiti alla scrivania. "Be', Emanuel sta ricercando leggi fisiche con cui provare e sperimentare i viaggi nel tempo." "Una ricerca operativa scientifica, insomma." fece Mulder. "In questo consiste la differenza tra me e lui." Scully sentì i brividi scenderle per la spina dorsale. "Oh Dio." sussurrò involontariamente. "_Dana_... Cosa ti succede?" Saltò in piedi e si avvicinò a lei. "Mulder... Mulder, Emanuel ha perso una sorella, esattamente ventitré anni fa." Fox rimase senza parole. Come lui. "I-in che modo?" "Non lo so. L'ho saputo per caso. Lei doveva avere due anni o poco meno. Ha detto solo che... "se n'è andata"." Fox si inumidì le labbra e si risedette. "Credi... Credi nelle coincidenze, Scully?" Lei gli lanciò uno sguardo, ma non rispose. Solo chi desidera l'impossibile finisce per realizzare il possibile. (Leonardo Boff) MegaSoftWare Appartamento di Marshal Washington 28 novembre 1996 4:00 p.m. Emanuel Marshal stava contemplando la foto della sorellina, stravaccato sulla poltrona nella quale si era seduta Scully. Sentiva ancora l'odore della donna, ed era un profumo che gli piaceva. --Potrebbe essere lei.-- pensò. --Se Megan fosse viva... Se Megan fosse viva sarebbe bella come Dana Scully.-- Gli dispiacque di non averle chiesto nulla di lei. Neppure il numero di telefono. Avrebbe potuto anche non rivederla mai più. Magari era solo una turista di Washington, lì per lavoro quel giorno e poi più. Avrebbe voluto incontrarla di nuovo. Ma non poteva mettere cartelloni ed annunci per trovarla. Iniziò a fantasticare. Magari era un'informatica in cerca di lavoro. Oppure una giornalista. Sì. Una giornalista. Emanuel rigirò tra le mani la cornice, pensando a Dana Scully, seduta sul bordo di una scrivania in uno spazioso ufficio luminoso, circondata da una decina di colleghi che pendevano dalle sue labbra mentre lei raccontava la sua esperienza alla MegaSoftWare. Magari si sarebbe seduta davanti al suo computer, accavallando le gambe come aveva fatto davanti a lui e avrebbe esposto i suoi pensieri, i suoi dubbi e le sue ragioni riguardo al browser temporale. Emanuel sospirò, stringendo a sé la foto di Megan. --Probabilmente sta pensando che io sia un pazzo.-- Osservò il sole attraverso il tendaggio blu. --Meno... Molto meno di quanto lei creda.-- Axel bussò alla porta. "E' aperto." rispose lui. La ragazza entrò. "Come va?" Emanuel si mise a sedere. "Bien." rispose. "Vedo lacrime." disse lei, sedendosi al computer. Marshal si alzò in piedi di scatto. "Lacrime?!" esclamò. "Per una donna?" Axel rise. "Ah! Allora è per lei! Non per Megan..." Lo stava prendendo un po' in giro, ma benevolmente. "Chi era?" Lui, dopo averle lanciato uno sguardo, si sedette davanti alla tastiera. "Dana Scully." rispose. "Io credo... credo che se Megan fosse qui, oggi, sarebbe come lei." Darin si abbassò per allacciarsi una stringa. "Che lavoro fa?" "E' una giornalista." appoggiò la fotografia davanti a sé. "Una giornalista?!" esclamò Darin. "Hai sfagiolato tutto con una giornalista?!" Emanuel scattò in piedi. "No, no! Le ho detto solo le mie teorie... Non la pratica. E poi..." "E poi?" lo incalzò la ragazza, che sentiva i brividi impossessarsi inesorabilmente del suo copro. "E poi non so neppure se è una giornalista." "Ma bene, magari è una della Microsoft." Darin era sempre stata molto paziente con l'amico - anche perché era abbondantemente ricambiata- ma ora che stavano facendo quello che facevano e che Emanuel sembrava essersi preso una cotta vera e propria per una donna che poteva benissimo essere una spia della Microsoft... "Dài, Darin, non essere paranoica!" "Senti, Emanuel, ricordi la storia dell'interfaccia grafica? Vuoi che il nostro browser sperimentale faccia la stessa fine?" Il ragazzo, irritato dalle continue accuse dalla collega, si avvicinò di colpo a lei. "Senti, io ho solo esposto un paio di teorie da fantascienza. Non le ho detto che ce la stiamo facendo. E poi,", tirò un profondo respiro. "io non voglio quanto te che qualcuno arrivi prima o dopo di noi a navigare nel tempo." Si sedette alla scrivania ed accese il computer. Su un blocco prese alcune annotazioni. Quindi scrisse, in grande, "Esperimento numero quattro." Axel mise una mano sul foglio. "No, Emanuel. Non puoi continuare così." "Perché no?" "Perché stai pescando a caso. Non puoi continuare a mettere le mani in qualcosa che non conosci. Potresti andare a sbattere contro qualcosa che non dovresti toccare. E magari, a quel punto non avresti più modo di rimettere a posto le cose." "So quello che faccio, Darin." "E allora perché questo è il quarto tentativo?" Emanuel lasciò che il suo sguardo cadesse sui tasti. Già: perché? Crazy over the rainbow I am crazy - bars in the window There must have been a door there in the wall When I came in - Crazy over the rainbow he is crazy. [Pazzo sopra l'arcobaleno sono pazzo, sbarre alla finestra, ci doveva essere una porta là nel muro, quando sono entrato. Pazzo sopra l'arcobaleno è pazzo.] (Pink Floyd, "The Trial") Appartamento di Fox Mulder 28 novembre 1996 8:07 p.m. Si sentiva completamente deficiente, mentre osservava lo schermo spento del computer. Un bicchiere di tè freddo, che sostava in attesa di essere bevuto, sembrava osservarlo con ansia: "Mi berrà? Non mi berrà?" Fox tolse quel pensiero dalla mente sua e del bicchiere, svuotandolo in un paio di sorsi. Non riusciva a capire come veramente si potesse tornare in dietro nel tempo attraverso un computer. Sapeva che quel pensiero faceva parte della poca ottusità che gli era rimasta. Si stava convincendo che un modo c'era. E che, trovandolo, in qualche modo avrebbe potuto cambiare il corso della storia... era una cosa spaventosa. Se veramente Marshal stava facendo una cosa del genere, andava fermato. Non bisognava permettere a nessuno di toccare la storia. "Io stesso lo farei volentieri." sussurrò al bicchiere vuoto. Ma se qualcosa andava storto? Se andando in dietro a caso nel tempo, come un ragazzino che naviga in Internet per la prima volta, si cambiava qualcosa che non bisognava toccare? E se non si riusciva più a tornare indietro? Prese in mano il volantino della MegaSoftWare e diede un'occhiata alla fotografia dei due fondatori. "Axel Darin..." sussurrò. "Axel Darin." Fox scosse dalla sua mente quei pensieri. Si sdraiò sul divano ed accese la televisione. Le prime parole che ne uscirono lo sconvolsero: "Il presidente Bush ha..." "Bush?!" esclamò Fox. "Ma Bush non è più alla presidenza dal '92!" This could be Haeven for everyone. [Questo potrebbe essere il Paradiso per tutti.] (Queen) MegaSoftWare Appartamento di Marshal Washington 28 novembre 1996 9:00 a.m. La musica era altissima e Axel Darin, fuori dall'appartamento del collega, si stava chiedendo se Emanuel, per sopportare tutto quel rumore, non fosse sotto la doccia coi tappi nelle orecchie. "Emanuel!!!" urlò, battendo i pugni sulla porta. "Emanuel, non fare la testa di cazzo e aprimi!!!" Dovette insistere, perché lui si schiodasse dal computer e le aprisse. "Abbassa la musica!" urlò lei. Con un solo gesto, Emanuel si girò e spense lo stereo col telecomando. "Cosa c'è, Axel?" "Ha fatto un paio di ricerche. In bocca al lupo." "Crepi. Che centra?" "Sei andato proprio in bocca al lupo. La tua "giornalista" - Dana Scully - è dell'FBI." "Oh merda!" esclamò Emanuel. "Che sfiga!" "Ed ora, che si fa?" Darin non sembrava incavolata con lui. Era molto preoccupata per le possibili conseguenze. "Si cambia il mondo." disse Emanuel. Cursum Perficio. [Ho concluso il percorso.] (Enya, "Cursum Perficio") Appartamento di Dana Scully 28 novembre 1996 10:13 p.m. Scully si stirò e spense la televisione. Non capiva perché non riusciva mai a schivare il discorsetto mensile di Bush. Si alzò e si infilò a letto. Una bella dormita per essere in forma il giorno dopo. Spense la luce ed il telefono squillò. --Mulder.-- pensò. "Pronto?" "Ciao Scully, sono io." la voce di Fox arrivò dall'altro capo del telefono. --E chi, se no?-- sorrise lei. "Che c'è?" "Mi è successa una cosa strana... il presidente degli Stati Uniti, Scully... E' Clinton, vero?" Dana sgranò gli occhi: "Mulder, è stato battuto, alle ultime elezioni, Clinton. Bush ha vinto gli ultimi due mandati." "No, è impossibile." sussurrò lui. "Mulder, stai bene?" "Scully, stanno succedendo cose strane." Lei sospirò, accendendo la luce. "Mulder, di che stai parlando?" "Marshal si è messo a tirare impulsi a caso indietro nel tempo." Scully fece un salto nel letto. "Mulder, ma stai dando i numeri?" "Abbiamo sempre pensato a viaggi temporali solo immaginando un trasporto fisico, come un tempo si vedevano i viaggi nello spazio. Oggi noi viaggiamo in tutto il mondo, con Internet, con le telecamere, ma senza muoverci fisicamente. Così Marshal è riuscito a fare con il tempo." Dall'altra parte Dana non rispose. "Scully? Scully, per favore, non darmi del pazzo." "Tutt'altro, Mulder. Purtroppo tutt'altro." disse lei. La sua voce sembrava provenire dall'oltretomba. "Forse è il caso che lo fermiamo." Ma nel cuore nessuna croce manca. E' il mio cuore il paese più straziato. (Giuseppe Ungaretti, "San Martino del Carso") XXIX Strada Washington 28 novembre 1996 11:21 p.m. "Scully posso sapere che cosa ti ha fatto cambiare idea in quel modo?" L'automobile di Mulder stava velocemente sfrecciando verso la MegaSoftWare. "Be'..." Dana tirò fuori dalla giacca una foto e gliela fece vedere. "Tu e Pendrell, l'agente della scientifica?" "Sì, ma non mi sembra che io abbia mai... ceduto alle sue avance." Mulder sorrise. "Eppure io ricordo il contrario." "Sì, ma... E' strano, soprattutto è strano che io abbia usato questa foto come segnalibro per "L'Alterativa" di Bishop, quando ero convinta che stavo leggendo "Siddharta" di Hesse." "Hai già finito "Esistenza" di Mend?" chiese stupito lui. "Già finito?" replicò lei stupita. "Ma se non l'ho ancora comprato!" Mulder sgranò gli occhi verso di lei. "Frena!!!" urlò di colpo Dana. Mulder inchiodò davanti ad un muro. "Giuro che non mi ricordo che qui c'era una casa." "Nemmeno io." disse Dana. "Fai marcia indietro e prendi la seconda a destra, ci arriveremo anche così." "Sempre che nel frattempo la MegaSoftWare non abbia cambiato la sua sede." Dana si lasciò andare con un sospiro contro il sedile. "Non credo che Emanuel creda a quello che diceva Karl Popper." "Che viviamo nel migliore dei mondi possibili?" Dana annuì. "Non do torto a Marshal. Ma non mi va che qualcuno metta mano nel passato dell'umanità. Soprattutto così a casaccio." "Non mi andrebbe di diventare una squallida americana de "La Svastica sul Sole"." "A chi lo dici." Mulder sterzò nella stradina che Scully gli aveva indicato. Passarono alcuni isolati, i lampioni illuminavano l'interno della macchina a strisce arancioni. Il silenzio ristagnò per qualche istante nell'aria, poi Mulder riprese: "Avrei voluto parlartene oggi, in ufficio." "Siamo arrivati." tagliò corto lei, usando un tono un po' scocciato. "Ma tu te ne sei andata via presto." continuò lui, deciso, scendendo dalla vettura. Scully sbatté la portiera e lo fissò da sopra il tetto della macchina: "Non avresti dovuto baciarmi!" Corsero su per le scale della MegaSoftWare, che restava aperta ventiquattr'ore su ventiquattro per permettere ai dipendenti di lavorare ad ogni ora in cui avessero un'ispirazione. Arrivati alla porta dell'appartamento, bussarono ripetute volte. Dall'interno giungevano il suono della ventola di un computer e il veloce battito dei tasti. Mulder, spazientito, sparò quattro colpi verso la maniglia, facendo saltare la serratura. "Fermati, Emanuel!" urlò Scully, entrando. Il ragazzo non si girò neppure. "Marshal." Mulder fece qualche passo avanti, tenendo la pistola puntata su di lui. "Anche se questo mondo fa schifo, non si può rischiare di peggiorarlo. Non sei l'unico ad aver perso una sorella. Siamo in tre..." "Non esiste mondo peggiore di questo. Se posso salvare la vita a Megan, lo farò." Si alzò in piedi. "Non sto sparando a caso. Ora so dove vado a colpire." "Emanuel non farlo, ti prego." Dana avanzò con il collega. Marshal si girò verso di loro. "La decisione è stata presa. Siete arrivati troppo tardi." Appoggiò le dita sul tasto invio. Quindi premette. L'edificio senza fondamenta della mia visione si dissolse nell'aria, nell'aria sottile della stessa materia di cui son fatti i sogni. (Edwin Abbott Abbott, "Flatlandia") FBI, Ufficio 43, sezione "sorveglianza telefonica" Washington 29 novembre 1996 12:30 p.m. Fox Mulder, coi piedi appoggiati sulla scrivania, stava leggendo un fascicolo, copertinato di verde, con un'allarmante scritta in nero, quasi un avvertimento, "UFO". Davanti a lui, un collega stava sogghignando da quando, mezz'ora prima l'aveva preso in mano. Fox chiuse il fascicolo, si sedette decentemente sulla sedia e gli lanciò uno sguardo assatanato insieme al fascicolo verde. "Walt, piantala." "Mi fai ridere, ok?" L'agente si alzò in piedi, aggiustandosi gli occhiali rotondi sul naso. "Che ne pensi, Fox?" "Cosa ne penso?" Mulder rise. "Come si fa a credere in quelle vaccate?" girò intorno alla scrivania e incrociò le braccia. "Sono tutte invenzioni di menti distorte." Walt raccolse il fascicolo, lo soppesò tra le mani, quindi rivolse uno sguardo interrogativo al collega: "Ma tu lo sapevi che c'è una sezione dedicata apposta a questi casi?" Il loro discorso fu interrotto da qualcuno che bussò alla porta. "Avvaaaaanti!" esclamò Walt. Una ragazzina di trentadue anni entrò. "Salve, agenti Mulder e Skinner. Come state?" "Ciao Darin." sorrise Walt. Mulder si avvicinò a lei e la baciò delicatamente sulle labbra. "Ah, ragazzi, devo levare le tende?" chiese Skinner. "No." rispose la sorridente ragazza, allontanando da sé Mulder. "Non sono venuta per questo." "Ah già, dimenticavo." sospirò Fox. "Sono appena stata nell'ufficio di tuo padre. Ti vuole vedere." gli comunicò. "Non è mio padre, Axel." disse Fox, con voce ferma. "Vabbe', il vicedirettore Raul Bloodworth ti vuole vedere." Axel Darin puntò un dito verso la scrivania di Skinner. "E' quello il computer da controllare?" "Sì. Accompagno Fox e torno." le rispose Walt. "Ok." sorrise Darin, facendo un cenno ai due. Mulder, prima di uscire, si avvicinò a lei. "Domani sera Samantha ci ha invitato a cena. Ti va di andarci?" Darin fischiò. "Certo. Poi, adoro i figlioletti di tua sorella." Mulder sorrise: "Hai una stringa slacciata, Axel." Quindi le fece un cenno e uscì dall'ufficio, incamminandosi con Skinner verso i piani "altissimi". "Di' un po', da dove deriva tutto questo odio verso il tuo patrigno?" Mulder sospirò. "Be', vedi, mio padre è morto quando avevo sei anni. Poi compare 'sto tizio, e mia madre non solo lo sposa, ma ci fa anche una figlia." "Ah, Samantha è una Bloodworth?" Mulder annuì. "Non sembra vero, eh?" Mentre camminavano nel corridoio, fianco a fianco, incrociarono una giovane agente, capelli ramati, tre spanne più bassa di Mulder. Quando le loro spalle si sfiorarono, si scambiarono uno sguardo circospetto. Appena un instante, una frazione di secondo, dopo di che erano già abbastanza lontani l'uno dall'altra perché Mulder, girandosi verso il collega potesse dirgli: "Mi sembra quasi di conoscerla... Eppure..." "Ma la conosci di sicuro." rispose Walt. "Già, e come?" sorrise Mulder. "La conosce mezza America. E' la spettrale Scully, quella degli X-Files." Mulder lanciò un'occhiata furtiva sopra la sua spalla. "Lei?" "Sì, proprio lei." Arrivati davanti alla porta dell'ufficio, Mulder sospirò. "In bocca al lupo, Fox." disse Skinner, salutandolo. "Crepi il lupo." rispose lui, mettendo una mano sulla maniglia. Appena entrò l'odore pessimo di sigarette lo assalì. Ebbe voglia di andarsene. Visto che quella era solo l'anticamera, chissà che schifo faceva l'ufficio stesso. Bussò due volte, dal dentro la voce lenta e pacata di Bloodworth gli diede il permesso di entrare. L'odore di sigarette Morley lo assalì come una morsa. "Bleah!" disse a voce alta. L'ambiente era oscurato da tende marroni e spesse. Raul spense la sigaretta nel posa cenere. "Contento?" gli chiese. "No." rispose Fox. "Dovresti chiamare la disinfestazione. C'è una tale puzza qua dentro." "Fox, possiamo parlare un momento, seriamente?" "Vorrei una maschera antigas, prima." Il patrigno sospirò. Fox gettò un'occhiata satanica sul pacchetto di Morley appoggiato alla scrivania. "Stavo pensando a come sarebbe se questo ufficio e la tua carica fossero nelle mani di una persona che odia il fumo. Tutto profumato, pulito, luminoso... Un bel cartellino con scritto "No Smoking, Please" sulla scrivania..." "Magari tu." propose Raul, facendo scivolare il pacchetto di Morley nella tasca interna della giacca. "No, veramente sono più modesto. Pensavo a Walter Skinner." Bloodworth si alzò in piedi ed aprì parte dello scuro tendaggio. "Fox, avrei un incarico da darti. Credo che sia migliore che startene alla sorveglianza telefonica." Fox scattò in piedi. "Cos'è, tutto d'un tratto ti preoccupi che io abbia un posto migliore di quello che ho avuto per quattro anni?" L'altro aprì una finestra. "Va meglio?" "Perché vuoi togliermi dalla sorveglianza?" replicò Mulder. "Ho passato in rassegna diversi agenti, ma poi mi sono definitivamente convinto che fossi tu, Fox, il migliore per questo incarico." Mulder incominciava a spazientirsi. "Che diavolo devo fare?" Si lasciò cadere sulla sedia. Ma Raul non rispose ancora alla sua domanda. "Conosci un agente di nome Dana Scully?" Fox stava per dirgli che l'aveva appena incrociata nel corridoio. Ma poi tirò un profondo respiro: "Sissignore." "E come mai?" Raul si appoggiò al davanzale con la schiena. "Be', per la sua reputazione. Si è laureata all'Università del Maryland in Fisica, e quindi in medicina, prendendo la specializzazione in patologia legale. Ha scritto una monografia sul paradosso dei gemelli di Einstein, una nuova interpretazione veramente interessante. E' conosciuta come la migliore analista nel campo dei crimini violenti." Fox prese fiato. Raul lo stava guardando sogghignando, con fare, tuttavia, soddisfatto. "So che... aveva un nomignolo all'accademia. La spettrale Scully." Raul si sedette prendendo tra le dita una penna, tenendola come se fosse una sigaretta. "Quello che non sai che l'agente Scully sta svolgendo con maniacale impegno un'inchiesta che non presenta alcun motivo di interesse per questo ufficio. Hai mai sentito parlare del cosiddetto X-File?" --Come no!-- pensò Mulder. --E so pure della mania di Scully.-- Ispirò un paio di volte, per evitare di tirare un pugno in pieno viso al patrigno. "Sì, non è quello che riguarda fenomeni risultati inspiegabili?" "Più o meno. Ti ho chiamato, Fox, perché tu assista Scully in questa sua inchiesta. Scriverai dei rapporti accurati su tutto quello che fa, aggiungendovi osservazioni sulla validità del lavoro." Fox sgranò gli occhi: "Se ho capito bene il mio compito sarebbe quello di screditare l'inchiesta di Scully." Raul sbuffò. "Mi aspetto da te una seria analisi scientifica, Fox. Mettiti subito in contatto con Scully." "E se io non accettassi?" chiese Mulder. "Liberissimo di rimanere nel tuo ufficetto a sbobinare nastri." Mulder sospirò, si alzò ed andò verso l'ascensore. Se doveva scendere all'inferno, tanto valeva farlo comodamente. Per arrivare all'ufficio degli X-Files bisognava discendere al di sotto del livello dei garage, girare in mezzo a due file di scaffali impolverati. Dietro a un armadio arrugginito, c'era la porta. Mulder bussò con le nocche sul legno. "Avanti, qui ci sono solo gli indesiderati dell'FBI." sentì una voce femminile venire dall'interno. Quando aprì la porta, davanti a lui apparve un ufficio immensamente piccolo, ma così ben ordinato che doveva sembrare grande il doppio. Ben riposti sugli scaffali sostavano libri, fascicoli, giornali, astrolabi e mappe celesti. Un grande poster, appeso proprio sopra una scrivania affollata di ordinati libri, mostrava un UFO, sospeso nel cielo ciano sopra una foresta di pini, e la scritta "VORREI CREDERE". Mulder pensò a come dovesse essere bello lavorare immersi in quell'ordine. L'ufficio suo e di Skinner era grande tre volte tanto ma sembrava un quinto, poiché Fox aveva affollato con qualunque cosa anche la parte del collega. E non era il tipo da tenere in ordine. Pensava che se anche fosse nato eschimese, il suo igloo sarebbe stato in un tremendo disordine, sempre. Dana Scully stava leggendo un libro, gli dava le spalle. "Salve Scully." disse, porgendole la mano. L'agente si girò, squadrandolo dall'alto al basso. "Sono Fox Mulder. Lavoreremo insieme." "Sto diventando importante, mi hanno addirittura assegnato un aiuto." fece lei, non troppo convinta. "A chi hai pestato i piedi per finire così in basso, Mulder?" "A dire la verità io sono contento di questo incarico. Tu sei molto famosa." Scully si girò sulla sedia e chiuse il libro, lasciandoci dentro un foglietto per segno --Ordinata da far schifo.-- pensò Fox. "Invece io ho l'impressione che tu stata mandato a spiarmi." Mulder sentì una vampata di fuoco che gli tirava i nervi. "Senti, se hai dei dubbi sulle mie qualifiche e sulle mie credenziali, devi sapere..." "So tutto." Dana gli lanciò un sorrisetto compiaciuto. "Sei psicologo, sei addetto alla sorveglianza telefonica, hai anche pubblicato parecchie cose: una monografia sulla psicologia dei serial killer, tesi di Fox Mulder, un articolo su "Omni" firmato F.M.Luder. Queste si che sono credenziali. Hai persino riscritto Freud, Jung ed Adler." Mulder deglutì a fatica. Come diavolo sapeva di quell'articolo? Come aveva fatto a trovarlo? Cercò il suo autocontrollo per il quale era diventato famoso ai piani superiori e gli chiese: "Tu hai letto la mia tesi?" "Certo." fece lei, rimettendola in mezzo ad altri libri. "E mi è piaciuta, anche. Purtroppo nel mio lavoro, la psicologia diventa molto, molto più estesa. Comunque, forse puoi darmi un parere psicologico su questo." Scully gli lanciò un fascicolo. "Emanuel Marshal, 36 anni, fondatore della MegaSoftWare, sua sorella morì in un incidente quando aveva diciotto mesi. Genio dell'informatica fin dalla più tenera età, decide di salvarla tornando indietro nel tempo. E io credo che ci stia riuscendo." "Hai una teoria?" chiese lui, alquanto incredulo. "Ho molte teorie." Scully sospirò. "Quello che non capisco, però, è perché l'FBI continua a classificare questi fatti come fenomeni incomprensibili e ignorarli." Dana face qualche passo verso il centro dell'ufficio. Doveva sapere cosa lui pensava sulle teorie che per lei erano più importanti... al di là dello specifico caso. Si girò verso di lui. Lo squadrò per qualche istante: era un ragazzo alto un tantino di troppo per i suoi gusti, poca esperienza, soprattutto nei casi paranormali che lei trattava. Se resisteva nei sotterranei, avrebbe avuto occasione di farsene, di esperienza. Gli lanciò un sorrisetto tagliente: "Tu ci credi all'esistenza degli extraterrestri, Mulder?" Fox tardò alcuni istanti a rispondere. "No, a rigor di logica direi proprio di no. Vista la distanza tra la Terra e gli altri corpi celesti, l'energia necessaria sarebbe superiore alle capacità di qualunque veicolo spaziale..." "Per la scienza ufficiale." lo interruppe Dana, che stava annuendo con un'aria soddisfatta, come a dire: "Sapevo che avresti detto queste cose." Mulder la guardò, un po' intimidito dal suo atteggiamento. "Ora, visto che la scienza non riesce a darci delle risposte, perché non consideriamo finalmente plausibile quello che sembra fantastico?" "Si trovano sempre risposte, nella scienza." disse lui. "Quello che trovo fantasioso e non plausibile è accettare l'idea che esistano delle risposte al di là della realtà della scienza. La scienza offre tutte le risposte. Basta sapere dove cercare." Nonostante tutte le sue digressioni sulla scienza, Scully stava ancora sogghignando quando finì. "Mi congratulo con te. Sei un perfetto agente dell'FBI." Dana si risedette alla scrivania ed aprì il libro. Mulder rimase totalmente senza parole. Spiazzato dalla sua nuova collega, una ragazzina di tre anni e mezzo in meno di lui, che aveva lavorato per quattro anni nei sotterranei, riusciva a metterlo a disagio! "Parlavi di un tale che vuol cambiare il passato. Che prove hai?" Dana si girò di scatto verso di lui. "Chi è il presidente degli Stati uniti, Mulder?" "Bush, che dom..." Le parole "-ande sono?" si disfecero sulla sua lingua. "Clinton." replicò. La guardò sgranando gli occhi: che avesse ragione? Era convinto che fosse Bush il presidente ed ora... scopriva invece che era Clinton. "Allora, Mulder, vogliamo fermare questo psicopatico?" riprese lei, mentre sfogliava il libro. Mulder sorrise. Era un buon passo. Ora lei usava il plurale: "vogliamo". "Forse può esistere un mondo migliore." Scully si alzò in piedi e raccolse la giacca. "Ma se finissimo in uno peggiore?" "Non si può mai dire." Mulder non era convinto di quello che lei diceva. Ma meglio tenersela buona. "Metti che esista una linea temporale diversa da questa, Mulder." proseguì lei, mentre uscivano dall'ufficio. "Una in cui tu sei "lo spettrale Mulder" e io "la scettica Scully"." "Non credo possa esistere una linea del genere." replicò lui. "Ma se anche esistesse, credo che il "mio ufficio degli X-Files" non sarebbe così ordinato." Scully sorrise. Davanti a me il vuoto e intorno il silenzio. (360 Gradi) MegaSoftWare Appartamento di Marshal Washington 29 novembre 1996 1:12 a.m. Emanuel Marshal contemplò lo schermo per qualche istante. Su un blocco di carta segnò un paio di appunti, poi, in grande scrisse: "Esperimento numero cinque." Fece girare la penna un paio di volte tra le dita. "L'esperimento numero 4 è fallito. Ma sono sicuro che il 5 andrà in porto. D'altronde, oggi è un giorno fortunato." FINE (???) In ómós do Marshal & Emanuele. Tá muid beo. Go deor na ndeor. (In onore di Marshal & Emanuele Siamo sopravvissuti. Per sempre e mai.) L'idea delle diverse linee temporali mi fu suggerita dal libro "L'Alternativa" di Micheal Bishop. Tutto il resto... è completamente e felicemente mio!!! Monica Cá fhad é ó Cá fhad é ó Siúil tríd na stoirmeacha Dul tríd na stoirmeacha Cá fhad é ó an tús don stoirm Cá fhad é ó an tús go deireadh Tóg do chroí Siúil tríd na stoirmeacha Tóg do chroísa Dul tríd na stoirmeacha Turas mór Tor tríd na stoirmeacha Turas fada Amharc tríd na stoirmeacha (Enya, "Storms in Africa") [Quanto è distante Quanto è lontano Camminando attraverso le tempeste Andando in mezzo alle tempeste Quanto è distante L'inizio dalla bufera Quanto è distante La partenza dalla fine Alza il tuo cuore Camminando attraverso le tempeste Solleva il tuo cuore Andando in mezzo alle tempeste Grande viaggio Pesante attraverso le bufere Lungo viaggio Guarda attraverso le tempeste] ("Tempeste in Africa", gaelico irlandese) Caso X-1MC13270697: Qwerty Uiop, l'Alternativa. D'Aodh Fiorangela Monti agus Chris Carter, an "dia". Mòraim thù ò là do là. Mòraim thù ò oìch' go hòich'. (Per Fiorangela Monti e Chris Carter, i "creatori". Ti glorifico giorno dopo giorno Ti glorifico notte dopo notte) Nre'fa-o, cu'nre, nre'fa-o az iri-le! (da Tad Williams, "Il Canto di Acchiappacoda", il più bel libro che io abbia avuto l'onore di leggere) Altri scritti su linee temporali alternative: - "The Man in The High Rock (La Svastica sul Sole)" di Philip K. Dick - "Fatherland" di Robert Harris - "Philp K. Dick Is Dead - Alas (L'alternativa)" di Micheal Bishop (libro ispiratore di questo racconto) - "The Wish" di Vixen (si trova su Internet; E-Mail: xfvixen@geocities.com) - "No Name" di Steve M. Wagner - "I Ponti di Einstein-Rosen" di Monica M. Castiglioni (Melody Morgan Carter) - "Go West" di Monica M. Castiglioni (Melody Morgan Carter) IL FEEDBACK E' PARTICOLARMENTE APPREZZATO! Io rispondo a *tutte* le e-mail che ricevo. Per domande, commenti, idee, richieste, consigli, xduchess@freemail.it Quindi, per favore... anche solo mezza riga... xduchess@freemail.it © text copyright 99, Castiglioni Ti piace questa fanfic? La odi? Fammelo sapere. Ma sii gentile... :) xduchess@freemail.it Il mio sito è finito! (X-Files, Music and Software:)) http://www.angelfire.com/mo/nica COMMENTI!!!!! Per favore per favore per favore!!!!!!! I COMMENTI SONO TUTTO PER UN AUTORE! (Nicole Van Dam) I COMMENTI FANNO GIRARE IL MONDO! (Nicole Perry) SCRIVETEMI!!!! E-Mail me, please!!!!!!!! Flames *constructive* are welcome. xduchess@freemail.it --,--'--,(@ e fanfics pubblicate di Melody: "I Will Change For You" (Italiano & English) "Broken Circle at the Sunset of a Sun That Lights Someone Else" (Italiano & English) "Quasar - Quasi Stellare" (Italiano) "Qwerty Uiop - L'Alternativa" (Italiano) "Un Mitico Provino" (Italiano) "Better Best Forgotten" (Italiano) "Don't Fight That Future" (English) "No Name: Pretend No Name" (English) di Joy: "With Him" (Italiano & English) "In Your Head" (English) Holly's published fanfics: "I've Quit" (English) Melody's & Holly's fanfics: "Diamo i Numeri! (Shut Up)" (English) "The End of 'The End'" (English) --,--'--,(@ isit Melody's home page (and sign the guestbook ;) ) : http://www.angelfire.com/mo/nica/ --,--'--,(@