Monica M. Castiglioni (Melody Morgan Carter) "In gIrum imus noCtE et coNsumImur iGnI" Titolo: In gIrum imus noCtE et coNsumImur iGnI (Caso X-1MC17111097) Autrice: Monica M. Castiglioni (Melody Morgan Carter) E-mail: xmcarter@libero.it xduchess@freemail.it --> feedback please! -- I commenti sono felicemente accettati!!! -- Bollino: rosso (violenza) Categoria: X-File (caso paranormale), molta, moltissima MS-UST... pure troppa... Anticipazioni: non mi pare proprio di averne inserite... "Pilot", naturalmente... Comunque, per stare tranquilli, l'ho scritta dopo "Memento Mori". Ci sono citazioni a "Gli Androidi Sognano Pecore Elettriche?" (conosciuto in Italia come "Blade Runner") di Ph.K.Dick, ma niente che possa rovinarvi il libro o il film di Ridley Scott. Riassunto: Strani delitti avvengono proprio a Roswell, ma Mulder e Scully non sono gli unici agenti sul caso. Dichiarazioni: The character you recognize from "The X-Files" aren't my propriety. They belong to Chris Carter, 1013 & Co. Jake Hudson, Sylvia O'Tiar and the ones you don't recognize are mine. The story is mine. Text copyright Castiglioni 99. The title "In Girum Imus Nocte Et Cosumimur Igni" is borrowed from Guy Debord. Archivi: Per favore, chiedetemi prima il permesso! Questa *non* è una delle mie solite pubblicazioni... E' qualcosa di molto diverso... -~*°*~- Monica M. Castiglioni In Girum Imus Nocte Et Cosumimur Igni In girum imus noCtE et coNsumImur iGnI ingI rumimusnoC tE etcoN sumI muriG nI Nulla è ciò che sembra. Niente è casuale. all'amicizia Caso X-1MC17111097 Mama, ooo, I don't wanna die. I sometimes wish I'd never been born at all! (Queen, "Bohemian Rapsody") Roswell, New Mexico 15 luglio, 10:13 am Un mese estivo era già passato e con esso Virginia aveva completato i compiti. La sua camera era un forno, esposta a sud, e in quel periodo dell'anno era impossibile starci. Quindi andò in salotto, dove trovò il fratello stravaccato su tutto il divano, nella mano sinistra una rivista di enigmistica, nell'altra una matita che veniva diligentemente masticata. Virginia fece una smorfia di disgusto, ma appena entrò nel campo visivo del fratello, fu assalita da una frustata verbale: "Ehi, oh, io il posto non te lo cedo, intesi?" Virginia si mise sulla poltrona: "E chi cavolo ti chiede niente, Johnny." Aprì il libro ed iniziò a leggere. Ma pochi paragrafi dopo, senza alzare gli occhi dal libro, chiese al fratello: "Hai fatto la tua razione quotidiana di compiti?" "Vedi di finirla!" urlò l'altro. Virginia si mise a sedere: "La mamma s'incavola con me, se tu non studi!" "Piantala, lasciami in pace!" La ragazza spalancò gli occhi: "Ehi, Johnny, che ti prende?!" "Sto cercando di finire questo cruciverba, allora mi vuoi lasciare in pace, o no?" Il ragazzo si alzò in piedi di scatto. "John, stai dando i numeri?!" Si tolse di colpo dalla poltrona, correndo verso la porta. Ma il fratello la tirò indietro, verso la finestra. Uno schianto e due vite cessarono di essere. Ho arato la terra. Ho piantato i semi. Ho curato le piante. Ora i frutti sono maturati. Non resta che coglierli. Allungandosi oltre la ringhiera del decimo piano. (M.M.Castiglioni) Roswell, New Mexico 16 luglio, 8:09 pm Jake Hudson non aveva mai amato il Nuovo Messico. "Troppo caldo, troppo deserto, troppe mosche." commentava. "E troppe navette aliene in planata non controllata." aggiungeva Sylvia, la sua fidanzata. D'altronde, il caso che gli era stato affidato dai piani alti, si trovava proprio a Roswell. "Qui. D'estate." borbottò, mentre, uscendo da un negozio, contemplava il souvenir del luogo, un alieno di plastica. Si sedette in macchina. Sylvia sarebbe stata contenta. Aveva insistito perché potesse seguirlo, ma lui si era rifiutato di portarsela a dietro. Sylvia osservava il cielo tutte le sere. Sperava di vedere un ufo. Una volta, sul terrazzo del Club Labirint, avevano visto una meteora, o forse un pezzo di satellite o navetta (umana), che entrando nell'atmosfera si incendiava fino a polverizzarsi. Lei era saltata in piedi: "UFO! UFO!" "Ehi, Silvy" l'aveva richiamata, usando il dolce soprannome che le aveva dato. "magari è un razzo che si apre, e piovono dappertutto libri e riviste." "Ma che stai dicendo?" Jake scosse la testa e lei rivolse di nuovo lo sguardo verso il cielo. --Strano.-- pensò lui. --Non ha letto Dick.-- Un po' gli mancava. La sua paranoica ragazza, sempre in cerca di prove dell'esistenza di vite aliene... Ma in quel momento, un'immagine si fiondò nella sua mente. Passati diedi o dodici anni dal loro matrimonio, lui e Sylvia che si svegliavano nello stesso letto. Lui l'accarezzava dolcemente e lei urlava: "Toglimi di dosso quella mano da poliziotto!" Jake scosse la testa, come per scacciare la visione. Avrebbe risposto con uno scocciato "Non sono un poliziotto. Sono un cacciatore di androidi."? Jake accantonò il piccolo alieno di plastica e controllò di aver il tesserino a portata di mano. L'astuccio di cuoio sembrò viscido e sudato sotto la sua mano. Lo estrasse, provando la mossa come una ballerina prova un passo difficile. Dalla tasca caddero diverse ciofeche sui pantaloni. "Bene." disse a voce alta. --Meno male che ho provato, perché così facevo una figura...-- Raccolse tra le mani tutto il ciarpame e lo refilò sbrigativamente nel portaoggetti. Si passò una mano tra i capelli, scostandoseli dalla fronte. Riprovò la mossa altre tre volte, finché non fu sicuro di saperla fare con disinvoltura. --Ma perché diavolo ho un ufficio nei sotterranei?-- si chiese. --Non meritavo qualcosa di più?-- Sospirò. Fece per riprovare la mossa, quando un piccolo viso bruno di alieno, con grandi occhi inclinati e granulosi, attaccato in modo precario ad un sottile e bombato corpo con lunghi arti deformi, apparve, all'improvviso, davanti al suo occhio destro. Jake Hudson, agente dell'FBI, urlò, tirandosi in dietro di colpo e muovendo freneticamente le mani davanti a sé. Un ronzio assordante, come quello delle navi extraterrestri nei più scadenti film di fantascienza, inondò le sue orecchie. Un colpetto leggero ma deciso sul finestrino non fu neppure avvertito da Hudson. Ma non poté ignorare l'apertura della portiera. "No! Non verrò con voi!" urlò, aggrappandosi al volante. Una mano - una grassoccia mano umana - volò davanti al suo naso, battendo il palmo sul vetro. Jake seguì con lo sguardo il braccio, finché davanti a lui non apparve la figura di un poliziotto in divisa. "Salve agente." fece. Quando la mano abbandonò il parabrezza, Hudson poté vedere una vespa sottile (piatta) cadere sul cruscotto. "Una vespa." disse Hudson. "Sono... sì, allergico... alle vespe." balbettò, sperando di tirar fuori una spiegazione plausibile per quell'attacco di follia. "Già." fece l'agente. "Documenti, prego." Jake, che si era diligentemente preparato al gesto, fece per estrarre il tesserino, che però questa volta, decise di incastrarsi in una cucitura della tasca interna, prima impedendogli di estrarlo, poi, per concludere in bellezza, strappando la fodera, che penzolò rovinosamente, all'infuori attraverso il bavero. "Ah." fece l'agente, aprendo l'astuccio. "FBI." "Sì, sono qui per..." "Agente Jake Hudson, numero di identificazione JTT043121111. Ci sono un po' troppi '1' qua dentro." Il ragazzo rimase a bocca aperta, mentre l'altro chiamava la centrale per controllarlo. Quando fu certo che Jake era effettivamente un agente dell'FBI, gli rese il distintivo assieme ad un commentino: "Si tenga comunque lontano dai guai." Poi, con un sorrisetto tagliente, concluse: "E dalle vespe." Jake ricacciò il lembo di fodera all'interno della giacca, avviando il motore della macchina, mentre imprecava contro le vespe. La casa dei Rosen era poco distante, vi arrivò in dieci minuti. L'angoscia lo assalì: avrebbe dovuto presentare il distintivo... Per essere sicuro di non fare altre figuracce, lo infilò nella tasca dei pantaloni, che, tra l'altro, lo stavano facendo crepare dal caldo. Scese dalla macchina e si avviò verso il quarto piano dell'edificio moderno, cercando di darsi l'aria del tipo duro. Alcuni poliziotti stavano operando rivelazioni, due persone senza divisa erano in piedi davanti alla finestra sfasciata, la donna teneva in mano un fascicolo e aveva un'aria nettamente annoiata. L'altro, invece, sembrava esaltato: "Che bello," stava dicendo. "proprio qui a Roswell. Era tanto che desideravo venirci." "E non avevi ancora trovato una scusa buona." lo interruppe l'altra. Jake stava per dichiararsi (lo strafigo agente dell'FBI Jake Hudson, sezione Sorveglianza-telefonica-momentaneamente), pronto a ripetere perfettamente il gesto tanto sperimentato, quando la donna alzò lo sguardo dal fascicolo ed esclamò: "Jake Hudson! Salve!" --Cavolo!!-- pensò Jake. Poi si rese conto di chi aveva davanti. Dovette reprimere l'istinto di fuggire ed urlare. Il suo cuore sobbalzò e si mise a ballare il tip-tap. Strinse la mano che lei gli porgeva e quindi riuscì a rispondere: "Oh, eh, ah, professoressa Scully!" Dana sorrise: "E' un piacere rivederti Jake." Gli presentò Mulder, leggermente stupito, ma con il suo solito bel sorriso strafottente. "Non sapevo che avessero già mandato qualcuno, per questo caso." fece il ragazzo. "Già, infatti..." Scully lanciò un sorriso al collega. "Ma siamo qui per indagini che competono la nostra sezione. Comunque, ormai siamo qui. Vediamo di combinare qualcosa di buono." Jake le sorrise: a due passi dal matrimonio con Sylvia aveva reincontrato il suo più grande amore inappagato... Mulder prese in mano il discorso. "I due ragazzi stavano in questa stanza." "Virginia stava leggendo un libro." "Prof, come sa che era la ragazza che leggendo il libro?" Scully, infilandosi un guanto di lattice, ne indicò la copertina. "E' 'Robin'." si spiegò. "E' un libro che i maschi non leggono." Jake annuì. Lui non l'aveva mai neppure sfogliato. "Io l'ho letto." ribatté Fox. "Primo sei un caso patologico a parte." gli sorrise Dana. "Secondo tu faresti qualunque cosa pur di contraddirmi." Mulder sorrise. Jake si abbassò e prese in mano la rivista. "No! Non senza guanti!" esclamò Scully. Hudson lasciò cadere di colpo la rivista. Dana scosse leggermente la testa. "Pazienza. Oramai." Gli passò un guanto, che Jake faticò molto ad infilarsi. "Credo che fosse arrivato al 10 verticale. C'è uno sbavo di penna." Andò a vedere la definizione e la lesse: "'Famoso agente dell'FBI'. Sei lettere, 'ER' finali." "Cooper." risposero assieme Mulder e Scully. Lanciandosi uno sguardo, soppressero a sento le risate. Jake li guardò stupito. Dana non ci fece caso e proseguì, rivolgendosi al collega: "Ci sta anche 'Mulder'." Lui sorrise e poi le passò il libro che Virginia Rosen stava leggendo. "Questa pagina, Scully." "Cosa?" "In questa pagina, James Mirrow rivolge alla figlia un indovinello che lei riesce a risolvere velocemente, sotto gli occhi dei tre stupiti ospiti." Dana sorrise. "Sì, dopo di che, James dice alla figlia di entrare nell'FBI e lei risponde: 'Già, tanto per rimbambirmi come Dale Cooper.'" Fox rispose: "Curiosa coincidenza, no?" "Curioso anche il fatto che sia accaduto proprio a Roswell." Mulder annuì, divertito. Scully lanciò un'occhiata all'orologio: "Ehi! Sono le otto passate!" esclamò radiosa. "E' ora di levare le tende." "D'accordo." fece il collega. "Bisogno di un passaggio, Hudson?" "No, grazie. Sono in macchina. Poi... be', sono arrivato tardi, starò qui un po' di più." "E' stato un piacere, rivederti, Jake." Scully fece per uscire. "Come? Voi non continuerete ad occuparvi di questo caso?" La voce di Hudson traspirava grande preoccupazione ed ansia. E forse anche delusione. "No." rispose Scully. "Sì." ribatté Mulder. "Forse." concluse Scully. "Adesso ho sonno e fame. Abbiamo viaggiato tutto il giorno per arrivare in questo paesino del cavolo." "Tre ore di aereo." ribatté Mulder. Ma Scully non lo ascoltò. Fece un cenno a Jake ed uscì speditamente. Solo quando arrivarono al motel, Mulder le rivolse un sorriso sardonico. "Quello era veramente tuo allievo?" "Un ragazzo assurdo." gli rispose lei. "E' strano." "Cosa?" "Oggi ha preso in mano la rivista senza guanti. Mentre tu sei una tale fissata nei 'profilattici'." Scully gli lanciò uno sguardo divertita: "Credi che non sia una brava insegnante?" "No. Ho solo dei dubbi su Hudson." fece lui. "Tu sei anche riuscita a farmi diventare un po' scettico." "Lui..." Scully stava per iniziare un discorso che si pentì subito di aver tirato in ballo. "Lui?" rimarcò Fox. Scully sorrise imbarazzata: "Si era preso una cotta madornale per me." "Non lo dubito." Quando due amici si comprendono le parole sono soavi e forti come profumo di orchidee. (Kung Tse) Motel Philip, Roswell 16 luglio, 10:13 pm Dopo aver fatto una doccia ed essersi infilata in abiti freschi, Scully uscì sul balcone. Il suo verone confinava con quello della stanza di Mulder. Infatti, quando uscì, lo trovò attaccato alla ringhiera, con il naso all'insù. "Ehilà!" Scully vide che Mulder trasaliva al suo saluto. "Ciao prof." le rispose. "Scusa. Non volevo spaventarti." "Non mi hai spaventato." "Oh sì, che l'ho fatto." Mulder sorrise e si appoggiò al muretto che divideva i due balconi. "Stavo pensando a una cosa." Scully sorrise, mentre finiva di stendere. "Qualcosa mi dice che non riguarda né il caso, né tipetti bassi e verdi... ops, grigi." Fox la guardò per qualche istante. "Qualcosa mi dice che sei telepatica." Dana rise. "Vuoi che ne parliamo con tutta calma?" Con questa domanda gli fece intendere che era disposta a trovarsi con lui in una camera, con un bicchierone di tè freddo. Ma Fox scosse la testa: "No, non è una cosa importante. Solo un'idea. Ricordi... quella festa dell'FBI?" Scully annuì. "Pensi di andarci?" le chiese. "Non lo so. Ci sono andata solo un paio di volte a quei 'ritiri corporali'. Dopo quelle esperienze negative le ho sempre evitate come la peste." Mulder annuì, fissando lo sguardo per terra. "Cosa c'è?" gli chiese. "Niente." sorrise lui. "Le ho sempre evitate anch'io." Scully sorrise: "Starai qua fuori a scrutare il nulla per molto?" Mulder indicò la stanza. "No. Me ne andrò a letto a dormire." "Già." Dana fece qualche passo verso la porta. "Ci sarebbe un altro problema." disse poi. "Non avrei nessuno che mi accompagna, e non ho voglia di andarci da sola. Su certe cose... c'è ancora una forte discriminazione sessuale." Fox alzò lo sguardo di scatto verso di lei. --Di nuovo nella stessa situazione.-- Forse l'ultima frase di Scully era... una sorta di... invito... "Be'..." balbettò Mulder. "Se... vuoi... per me... sì, per me, sarebbe un piacere... un onore, poterti... accompagnare..." Scully sorrise, come se fosse soddisfatta per aver raggiunto il suo scopo. "In questo caso, dovrò comprarmi un nuovo abito da sera." Quindi rientrò in camera, lasciandolo solo a contemplare il nuvoloso cielo di Roswell. Infilandosi a letto, Dana pensò che la promessa che aveva tacitamente concesso a Mulder, estorcendogliene un'altra, avrebbe dovuto convincerlo a tornare a Washington. Ma mancavano ancora più di dieci giorni... Pochi istanti dopo che Scully era scomparsa dietro le finestre, Fox si diede una scossa e rientrò. Si sedette a rileggere gli appunti. Non aveva ancora fatto in tempo a dirlo alla collega, ma era convinto che quel caso fosse legato ad altri precedenti. L'indovinello nel libro che avevano ritrovato sul luogo del delitto non era risolto durante la narrazione, e Mulder si chiese quale fosse la risposta. "Un spia deve entrare in un castello. Ma all'uscio c'è una guardia che rivolge quesiti come parola d'ordine. La spia cerca di capirli stando ad ascoltare quelli che entrano. Guardia: "12." 1° Tizio: "6." Guardia: "10." 2° Tizio: "5." Guardia: "8." 3° Tizio: "4." Guardia: "6." 4° Tizio: "3." Tutti questi sono entrati. La spia, che pensare di aver capito il trucco, si presenta alla porta. Guardia: "4." Spia:"2." Guardia: "Arrestatelo, è una spia!". Cosa avrebbe dovuto rispondere la spia?" Mulder sbadigliò. "Domani." Spense la luce, accantonando gli appunti. Ma non riuscì subito a dormire. Poco dopo, nel buio, sussurrò: ""7." E la guardia lasciò passare lo spettrale Mulder." "Avanti, dimmi che sono pazzo." "Mulder, sei completamente pazzo." (F.Mulder & D.Scully, "Deep Throat, 1x01" di C.Carter) Roswell, 17 luglio, 8:43 am Mulder stava finendo la colazione, quando Scully gli rivolse un enigmatico sguardo. "Cosa c'è sotto in realtà?" "Credo che questo caso sia legato ad altri delitti." "Altri?" "Mhm." Mulder bevve un sorso di tè. "Hai risolto l'indovinello di 'Robin'?" "Sette." rispose prontamente Scully. "Perché me lo chiedi?" "Ci sono stati altri due delitti in cui si è trovata una rivista di enigmistica aperta e un indovinello in qualche altro luogo della stanza." Scully annuì, non proprio convinta. "Gli altri erano..." Fox aprì il blocco degli appunti: "'Il signore del quarto piano.'" Dana rise. "Questo dov'era?" "A Enrich, Nevada, presso una casa editrice di riviste di enigmistica. Due impiegati, finiti 'per sbaglio' giù dalle scale. Il caso è stato archiviato come incidente." "Qwerty Uiop." fece Scully. "Come?" "Qwerty Uiop. Il signore del quarto piano." "Che significa?" "Se guardi le lettere su una tastiera di macchina da scrivere o di computer, l'unica riga leggibile è la quarta, 'qwertyuiop', appunto." Fox la osservò stupito per qualche istante: "Sai che questo indovinello è stato trovato scritto su un foglio infilato in una macchina da scrivere?" "Be', Mulder, non è poi così difficile." Scully si alzò in piedi: "Vai avanti." Fox la seguì fuori, sfogliando nei suoi appunti. "L'altro indovinello era... dunque... Era un rebus. Eccolo." Le passò un foglietto mentre uscivano. Scully lo osservò per qualche istante: era una cartina geografica del Mediterraneo, una grossa freccia nera colpiva un preciso punto nell'Italia meridionale. Sorrise, divertita. "Che cosa c'è, Scully?" "Mulder, sei l'uomo più paranoico che io abbia mai conosciuto." Lui sorrise. "Grazie. Perché?" "Tu trovi congiure ovunque." Dana entrò in macchina tenendo in mano il rebus. "Tu sei proprio convinto che tutte queste morti siano collegate a enigmisti?" "No, ma è una pista." Dana scoppiò ridere: "Già, di polvere bianca. Mulder, io voglio tornare a Washington. Fa troppo caldo, qui." Fox le sorrise sinceramente: "Ok, torna pure." "No, sei incredibile. Veramente tu vuoi rimanere in questo posto?" "Siamo arrivati ieri. Non sono ancora riuscito a visitare il campo dove..." Visto lo sguardo di lei, Mulder saltò la definizione. "E poi voglio comprarmi un alieno di plastica. Torna pure tra lo smog, Scully. Ti raggiungerò tra dieci giorni, per portarti al ballo." Dana emise un sospiro istrionico. "Temo che alla fine dovrò andarci in una zucca." "Non lamentarti, in questo modo Cenerentola incontrò il principe azzurro." Mulder le lanciò uno dei suoi sorrisi sardonici, quindi indicò il rebus. "Prima di volare a nord, aiutami a risolvere quell'enigma." Se la vita ti sorride ha una paresi. (P. D'Alcatraz) Roswell, 17 luglio, 10:13 pm Come Scully aveva previsto la giornata non aveva portato a niente. Nonostante ciò Mulder era ancora convinto a voler rimanere nel Nuovo Messico. Era stesa prona sul letto, intenta a sfogliare un atlante, quando Mulder bussò alla porta. Si alzò ad aprirgli, e lui, entrando le passò il biglietto d'aereo. Dana lo guardò sospettosa: "Mulder, qualcosa mi dice che non vedi l'ora che io me ne vada fuori dai piedi..." Fox alzò le mani: "No, Scully. Veramente. Ho solo notato che il tuo odio verso Roswell supera anche la mia immaginazione." Lanciò un'occhiata sul letto. "Stavo cercando di risolvere il tuo rebus." gli spiegò lei, sedendosi. "Credo che la freccia indichi la Basilicata." "Basilicata?" "Sì, una regione italiana. O forse il capoluogo della stessa. Potenza." Mulder si sedette accanto a lei. Scully sorrise: "Come vedi, secondo me, tutte le morti sono scollegate completamente tra di loro e da questi enigmi irrisolti." "Che senso ha?" "Cosa?" "'Potenza'." Dana sospirò e si alzò in piedi. "Significa: 'Ehilà, Mulder, me ne torno a Washington'." Fox osservò la cartina geografica. "Ha qualche significato particolare la parola 'Potenza'?" Scully aprì l'armadio e ne estrasse la valigia. "Mulder, che diavolo vuoi che ne sappia? Ho studiato spagnolo e tedesco, ma sull'italiano mi trovi impreparata." Lui scattò in piedi. "Aspettami quindici minuti. Arrivo subito." Dana non fece in tempo a dirgli: "Parto domattina!" che lui era già andato via. New Orleans è così violenta che se vai a comprare un paio di calze di nylon ti chiedono la misura della tua testa. (B.Holliday) Roswell, 17 luglio, 11:21 pm Era riuscita ad addormentarsi, quando Mulder bussò di nuovo alla porta. Tenendo gli occhi chiusi andò ad aprire. Mulder entrò quasi di corsa. "Ho fatto tardi perché non riuscivo a trovare un dizionario..." Si fermò notando Scully con gli occhi chiusi, che sembrava dormire appoggiata allo stipite, tutt'intorno buio. "Perché è così buio qui?" "Stavo dormendo." fece lei, sospirando. "Ah. Scusa." Scully fece uno sforzo per sollevare le palpebre, quindi accese la lampada sul comodino. "Che hai scoperto?" "Power." "Potenza è 'power'?" "Sì." Il tono di voce di Mulder era esaltato. "Bene. E allora?" "Be'..." Un bel problema. Allora? "Watt." fece Scully ad un tratto. "Come?" "La potenza si misura in watt. Non lo so, Mulder, sto ancora dormendo, te ne rendi conto?" Fox annuì, ridendo. "Allora, domani torni a Washington?" "Già. Tu non vieni?" "Ti raggiungerò tra un po' di giorni." Nella lotta tra te e il mondo, stai dalla parte del mondo. (F.Zappa) Washington, 20 luglio, 5:05 pm Scully si sedette sul divano, sorseggiando un bicchiere di latte. Perché Mulder non l'aveva ancora richiamata? Gli aveva lasciato almeno dieci messaggi al motel, e quello che aveva scoperto quel giorno, lei, a Washington, le aveva fatto pensare che forse Fox aveva ragione: c'era un collegamento. Due ragazze in una biblioteca, si erano uccise a vicenda mentre stavano risolvendo una schema di parole crociate pseudodefinite. Vicino ai corpi, Scully aveva ritrovato il diario di una delle due, con una frase, scritta con un pennarello rosa chiaro e ben rifinita con tratti scuri. Una sorta di indovinello: "Molteplici astuzie ha la volpe, una sola ne ha il porcospino, e molto efficace. (Archiloco)" Scully prese un bloc notes e, appoggiandolo sopra al quotidiano che aveva comprato la mattina, ma non aveva ancora sfogliato, iniziò ad elencare tutte le parole che fino ad allora avevano trovato negli enigmi. "Qwerty Uiop, Potenza, Sette, Aculei." Le fissò per qualche istante, poi tirò una riga su "Uiop" e su Potenza, sostituendo quest'ultima con "Watt". "QWSA" disse. "QWAS. Quasar." Scully scoppiò a ridere. --Chissà dov'è adesso Enola Quasar.-- Pensando che tutto quello che stava estorcendo da quattro indovinelli fosse solo frutto della sua mente troppo affaticata, del caldo e di Fox Mulder, accantonò il caso e prese in mano il quotidiano. Lo sfogliò per qualche istante, finché non vide, in basso alla pagina dei necrologi, un rebus. Lo guardò per qualche istante. Poi, non avendo assolutamente voglia di stressarsi anche fuori dal lavoro, alzò lo sguardo. Fu quello che trovò scritto appena sopra a farla scattare in piedi ed uscire di corsa. Per ribattere subito a Roswell. Non esiste livello più basso. (Framework IV) Roswell, 20 luglio, 11:29 pm Mulder aveva appena finito di radersi. Probabilmente pochi giorni dopo sarebbe tornato a Washington, visto che il caso non dava segni di smuoversi e che la polizia locale aveva molta urgenza di chiuderlo come causato dallo stress del caldo e dei compiti delle vacanze. Il condizionatore della sua camera, rompendosi, aveva deciso che era ora di far calare un clima polare nella stanza da letto, tale che Mulder pensò che forse sotto il letto si era rifugiato qualche pinguino, che avrebbe ritenuto la stanza un po' fredda... Aveva aperto tutte le finestre per cercare di far entrare il caldo. Aveva chiamato l'assistenza dell'albergo, scoprendo così che la presa del telefono era stata staccata, probabilmente da qualche inserviente che aveva inciampato nel filo. Per di più aveva il cellulare scarico. Si mise a frugare nella valigia in cerca del ricaricatore di batterie: ricerca inutile, visto che l'aveva abbandonato sul tavolo di casa. Aveva addosso una maglietta ed un paio di jeans, indumenti coi quali si sarebbe molto probabilmente addormentato. Abbandonò il piccolo salottino che faceva anche da anticamera, ma nel quale aveva lasciato la borsa, piantandola aperta sul pavimento fin da quando era arrivato a Roswell con Dana. Si sedette per chiamare Scully dal telefono dell'albergo: non la sentiva da quando lei era atterrata a Washington. Diede una fugace occhiata al cielo, come se fosse appena fuori dalla finestra. Stava per comporre il numero, quando dall'altra stanza gli giunse il suono di tre colpi sulla porta. Appoggiò la cornetta ed andò velocemente nell'altra stanza. Appena aprì la porta, poté vedere Dana Scully. "Mulder..." "Scully, come mai qui?" Non appena Mulder chiuse la porta, Scully lo abbracciò, tremando: "Mio Dio... Mulder..." "Scully, che succede?" disse lui, mentre rispondeva alla sua stretta. "Tranquilla, va tutto bene." La fece sedere sul divano, tenendola stretta. Solo quando lei si fu un po' calmata, le chiese di nuovo: "Cosa c'è?" Scully, respirando affannosamente, sfilò un foglio dalla tasca, una pagina di giornale spiegazzata e gliela passò. Fox l'aprì e lesse subito la causa della crisi della collega. Un necrologio: "Fox Mulder, Chilmark 13.10.1961 - Roswell 18.7.1997" Non stette neppure a ripiegarlo, accantonandolo in un angolo. "E' stato solo uno scherzo di cattivo gusto, Scully." Lei annuì. "E che non riuscivo a mettermi in contatto con te e..." "Avevo il cellulare scarico." ammise lui. "Me ne sono accorto 'sta sera. Avevo intenzione di chiamarti da qui, ma poi se arrivata. Tra l'altro si è bloccato il condizionatore e di là sembra di essere al polo nord." Scully lo abbracciò di nuovo, sussurrandogli: "Sono contenta che tu sia ancora qui." Ti ho baciato sul sorriso per non farti male e ti ho sparato sulla bocca invece di baciarti, perché non fosse troppo lungo il tempo di lasciarti. (R.Vecchioni, "Stranamore") Roswell, 21 luglio, 2:16 am Scully aveva convinto Mulder a permetterle di restare a dormire sul divano. Ma lei non aveva ancora chiuso occhio. Teneva in mano la pistola, lo scherzo non le era piaciuto per niente. Si alzò e guardò attraverso lo spiraglio della porta. Mulder stava dormendo. Era così raro vederlo dormire in un letto, pensò Scully. Entrò lentamente nella camera, tenendo la pistola in mano, il clima gelido la assalì subito, ma poi si abituò. Si sedette sulla sedia vicino alla finestra, contemplando per un po' il cielo, quel giorno limpido come nelle giornate chiare di gennaio. Pochi istanti dopo, svegliandosi, Mulder si mise sedere, di fronte a lei. "Che ci fai di qui, Scully?" le chiese, pur avendolo capito dalla pistola che lei teneva in mano. "Be', io..." sussurrò lei. Mulder si allungò e la prese per un polso, costringendola delicatamente ad alzarsi e a sedersi accanto a lui. Le tolse la pistola di mano, mise la sicura e l'appoggiò sul comodino. "Ho paura." gli confessò lei. Mulder annuì. "Detesto aver paura." Lui la abbracciò. "Scully, nessuno ha intenzione di farmi fuori. Sta' tranquilla." Lei assentì. Mulder le accarezzò il volto per qualche istante, poi si avvicinò a lei, dandole un leggero bacio sulle labbra. Ma subito si ritrasse. "Scusa..." sussurrò. "E' stato un... un... un lapsus facti." Scully scosse la testa. "N-non c'è problema." balbettò, abbassando lo sguardo. Fox l'abbracciò. E Dana scoppiò a piangere, coprendosi il volto con le mani. "Dana? Che cosa c'è?" Lei non rispose, si limitò a lasciarsi andare tra le sue braccia, continuando a piangere. La strinse a sé, cercando di calmarla, ma senza riuscirci. Era un pianto isterico, se ne rese conto subito. "Scully, calmati. Va tutto bene." Poi lei si staccò. "Non avevo intenzione di mettermi a piangere." Abbassò lo sguardo sulle proprie mani, imbarazzata. "Non ti preoccupare." Mulder le mise un braccio sulle spalle. "Non c'è problema." Dana, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano, lo guardò: "Promettimi che non te ne andrai. Che mi rimarrai accanto." Mulder rimase per un istante in silenzio. Poi disse: "Tengo alla mia pelle almeno quanto te." "Promettimi che non mi lascerai sola." Alla fine Fox annuì. "Te lo prometto, Dana." La mia mente è un nodo aggrovigliato che non so più scegliere. Ogni giorno combatto l'impulso di tagliarlo di netto per fermare questa discesa. (D.Trepkos, "Firewalker" di H.Gordon) Roswell 21 luglio, 9:04 am Scully si stava preparando per ritornare a Washington di nuovo, non avendo intenzione di fermarsi di nuovo in quella città. Prese con Mulder la scusa che voleva indagare sull'omicidio alla biblioteca. "Ho trovato questo enigma, se ti può interessare: "Molteplici astuzie ha la volpe, una sola ne ha il porcospino, e molto efficace." E' una frase di Archiloco." "Aculei." rispose Mulder. "Tu credi che ci sia un collegamento, Scully?" Lei gli lanciò uno sguardo che lo fece ridere. "Qwerty, Watt, Aculei, Sette." disse. "Pensaci, Mulder, e ricordati che tra sei giorni devi portarmi a una festa." sorridendogli, lo lasciò solo con le sue paranoiche idee. Quello stesso pomeriggio, a Roswell, vi fu un altro "incidente": moglie e marito furono ritrovati morti in un salotto, una rivista di enigmistica aperta, il solito indovinello su cui Mulder fissò l'attenzione per tutta la giornata. "Se è compresso e non è zip, se è compresso e non è un gif." --Se scrivevano la soluzione in arabo antico ci arrivavo prima.-- pensò Fox, appena lo lesse. Vola solo chi osa farlo. (L.Sepùlveda, "Storia di una Gabbianella e del Gatto che le Insegnò a Volare") Washington 27 luglio, 8:07 am Lo stesso giorno della festa, Scully capitò non casualmente sul luogo di un altro omicidio-suicidio. Questa volta le persone erano addirittura quattro, uccise da uno di loro, mentre erano impegnate in un quiz a premi pubblicato in un'altra rivista. Ma, visto che la polizia non vedeva di buon occhio l'intromissione dell'FBI, aveva preso la palla al balzo per andarsene a comprare un abito da sera. Quella mattina aveva sentito Mulder, arrivato a Washington. Lei sapeva che il collega si stava ancora contorcendo il cervello su quegli enigmi. Quando arrivò, Scully era già pronta. Mulder andò a prenderla addirittura alla porta. L'abito di Scully era lungo, nero e discreto, ma i suoi tacchi erano leggermente più alti del normale: Mulder se ne accorse, ma si limitò a complimentarsi con lei, che arrossì leggermente. La vita è la vita. Difendila. (Madre Teresa di Calcutta) FBI, Quartier Generale Washington 27 luglio, 9:00 pm Per la prima mezz'ora erano stati appiccicati l'uno all'altra, restando in disparte, sorseggiando analcolici. La sala era piena e né Scully né Mulder avevano la minima voglia di soffocare facendosi strada a gomitate. Nonostante ciò, molta gente non c'era. "Certo che un ricevimento a fine luglio, quando sono tutti in vacanza..." disse Dana, ad un tratto. "Lo fanno apposta, Scully, così c'è la metà della gente e devono spendere meno soldi in vettovaglie." Scully sorrise. "Sei paranoico." "Se è compresso e non è zip, è compresso e non è un gif." "Come?" "E' l'indovinello che ho trovato sulla scena del delitto a Roswell." Scully scosse la testa ridendo: "E poi non dire che non sei troppo fissato nel tuo lavoro." Ma subito riprese: "Ripetimi il quesito." Mulder sorrise: "Se è compresso e non è zip, è compresso e non è un gif." "JFIF e JPG." "JFIF e JPG?" "Sì, sono due formati di files grafici. Zip è il formato dei files compressi." Lui annuì. "E gif è un altro formato grafico." Ovviamente Mulder conosceva il formato grafico più usato per certe immagini... "Mulder, non sono sicura che sia la parola giusta. E poi, sull'ultimo luogo del delitto, non sono stati rinvenuti enigmi diversi da quello su cui sono morti." Fox annuì. "Ok. Lasciamo perdere, questa sera. Riprenderemo domani." Dana emise un sospiro di sollievo. "L'hai capita, eh?" Lui sorrise. Da lontano Scully vide Jake Hudson sul balcone, e chiese a Mulder che fine avesse fatto a Roswell. "E' tornato a Washington il giorno dopo di te. Personalmente credo che sia un po' scoppiato." Scully sorrise. "Sì, hai ragione. Vado a salutarlo." Quando lei si allontanò, a Fox parve di essere piombato nella solitudine più assoluta. La osservò per qualche istante da lontano, poi rientrò nel salone, deciso a prendere un superalcoolico, che gli permettesse di passare la crisi indefinibile nella quale Scully l'aveva immerso: non perché l'aveva piantato lì da solo, ma per come si era vestita ed acconciata quella sera. Lui era abituato a vedere la sua bellezza statuaria di agente dell'FBI in severi taior. Verso lo splendore di quella serata non aveva la benché minima protezione. Ma quando arrivò ai tavoli, incontrò Skinner, quindi, prese un altro analcolico. "Ben tornato a Washington, agente Mulder." "Grazie." fece lui, bevendo un sorso. "So che sta seguendo diversi casi di omicidi e suicidi." "Già, infatti." "E' arrivato a qualche conclusione?" "Sembrerebbe che tutti i delitti siano legati a follia causata da giochi enigmistici. Una sorta di... isteria. Ma ovviamente, è solo una teoria." Skinner prese un bicchiere dello stesso analcolico. "E l'agente Scully, cosa pensa?" "Crede che i delitti siano scollegati tra loro." Ma ad un tratto, Mulder ebbe un'illuminazione. Prese un tovagliolino di carta e cominciò a scriverci sopra: "Aculei, JFIF e JPG, Qwerty, Sette, Watt." Gli omicidi erano avvenuti in tre città diverse: Enrich, Roswell, Washington. Due persone nei primi cinque, quattro nell'ultima. La mente di Mulder iniziò a risolvere giochi enigmistici mai messi per iscritto. "3, 2, 4." Ben presto Fox si ritrovò davanti la fase finale dell'enigma: "A J J Q S W 24". Sapeva che Skinner lo stava guardando, probabilmente lo reputava pazzo. Ma non gliene importava. "AJJQSW, non ha senso." Provò a spostare in avanti le lettere di ventiquattro posti. "YHHOQU, non ha ancora senso..." Fox rimase a fissare le lettere, finché non decise di provare ad invertire lo scambio: indietro di ventiquattro. E quello che trovò lo fece trasalire: "CLLSUY..." Mulder alzò lo sguardo: "Dov'è Scully?!" Uscì di corsa su terrazzo, dove l'aveva lasciata. La vide. Era appoggiata al parapetto e stava sorseggiando tranquillamente una bibita, osservando le luci di Washington. Mulder non sapeva che cosa fare: probabilmente l'avrebbe preso per un totale psicopatico. Ma, quando con la coda dell'occhio vide il luccichìo inconfondibile, corse verso di lei, chiamandola. Scully si girò. Ma non fece in tempo a pensare nulla: sentì solo uno sparo e Mulder che la tirava per terra. Appena riuscì a rimettere assieme le idee, si rese conto di quello che era successo. Qualcuno aveva tentato di spararle, ma Fox l'aveva capito. Vide un gruppo di agenti affollarsi in fondo alla balconata, dalla parte opposta alla quale erano loro. "Mulder..." Quando Scully fece per alzarsi, percepì sulla propria mano un liquido denso. Sangue. "Mulder!" urlò. I can't live if living is without you. (M.Carrey) Mother Teresa Memorial Hospital Washington 27 luglio, 10:13 pm Scully stava fissando il pavimento della sala d'attesa. Il vestito da sera che aveva preso quella mattina stessa era sporco di sangue e scomodo, ma lei non ci fece caso. C'erano due agenti in piedi sulla porta che curavano il passaggio di solo personale autorizzato. Si scostarono per fare entrare Skinner. Si sedette accanto a lei. "L'agente Mulder stava scrivendo questo." Scully prese in mano il tovagliolino: "AJJQSW sono le iniziali delle soluzioni agli enigmi che abbiamo trovato sui luoghi dei delitti." "Da quello che posso capire, se Mulder pensava bene, qualcuno stava comunicando la sua esecuzione, agente Scully. Non crede?" "Non lo so..." disse lei, quasi sottovoce. "Ho disposto perché due agenti la scortino ad un hotel. Se quello che Mulder pensava, era vero, sarà meglio che stia all'erta. Ora le consiglio di andare a riposarsi..." "No." lo interruppe bruscamente Scully. "Non me ne vado di qui, finché Mulder non sarà uscito dalla sala operatoria." Skinner evitò di mettersi a discutere. "Abbiamo iniziato ad interrogare l'agente Boise. Dice di non saperne nulla, di aver visto... il suo corpo dal fuori spararle. Crede che ci sia qualcuno dietro di lui?" le chiese, indicando il tovagliolino. Dana scosse la testa. "Non lo so." Dopo alcuni minuti, medici ed infermieri uscirono dalla sala operatoria, portando Fox, ancora sotto anestesia, in una stanza. Scully si precipitò fuori, chiedendo ai medici le condizioni di Mulder. "La pallottola ha sfiorato la clavicola e forato il polmone sinistro, ma è già fuori pericolo. In una settimana, forse meno, si rimetterà completamente." Scully non poté proseguire, perché Skinner l'aveva presa delicatamente per un polso. Si girò verso di lui, che le disse: "E' ora che vada." E' più facile vivere attraverso qualcun altro, piuttosto che diventare un essere umano completo. (B.Friedan) Hotel Garcia 27 luglio, 11:21 pm Tutto quello che aveva fatto, arrivata alla sua nuova dimora, era stata una doccia e un cambio di abiti. Dana era seduta sul letto, mentre fissava con sguardo assente il tovagliolino di carta che Mulder aveva scritto. L'enigma che restava era chi fosse stato a cercare di avvertirli... o forse a comunicare in quel modo con qualcun altro. Infilò il fazzoletto in una busta trasparente e spense la luce. Sapeva che nell'altra stanza c'erano i due agenti di scorta che Skinner le aveva appioppato, la luce del salotto penetrava attraverso la fessura della porta socchiusa. Scully la stette a fissare per un po'. Quando sentì nell'altra stanza una voce nota, si asciugò gli occhi sbrigativamente ed andò a sbirciare attraverso lo spiraglio. Sì, come aveva pensato. Aprì la porta e disse: "Lasciatelo venire, lo conosco." Jake Hudson entrò nella camera. "Come mai è così buio qua dentro?" "Perché le luci sono spente." rispose lei. "Scusi la domanda." fece Jake, timidamente. "Niente, perdonami tu. E smettila di darmi del lei." Scully accese la lampada sul comodino. "E' solo che... Sono tesa, tutto qua." Dana sospirò. "Scoperto qualcosa di nuovo sul caso?" "No... Conoscevate l'agente che ha sparato?" "Boise? Solo di vista." "Volevo dirti che... mi dispiace." "Mulder si rimetterà presto. Fidati di me. Lo conosco." Jake abbassò lo sguardo. "Be', ma io... no, non intendevo per Mulder... Ecco io..." Di colpo il ragazzo sfoderò la pistola, puntandola contro il volto di Scully: "Una mossa, una parola e sei morta." Scully rimase impassibile. Ma non parlò né si mosse. "Dov'è la tua pistola?" Dana indicò il comodino con lo sguardo. Hudson si allungò e si impossessò dell'arma. "Adesso noi usciremo. Tu andrai verso la porta, lasciandomi indietro di qualche passo." Dana si alzò lentamente, aprì la porta e si diresse verso l'uscita. "Agente Scully, dove..." le parole dell'agente di scorta furono interrotte da due spari quasi sovrapposti. Dana si tirò istintivamente indietro di colpo, scontrandosi col muro. "Andiamo." Jake la prese per un polso ed uscirono dall'albergo velocemente, mentre lui le teneva la pistola puntata nel fianco. Imboccarono una stradina buia. Quando furono a metà, un furgoncino accese le luci, illuminandoli. Jake la spinse in avanti, facendola entrare sul sedile posteriore, sul quale si mise a sua volta. Dal davanti, una donna si girò puntandole addosso una pistola completa di silenziatore. "L'ho portata qui, Sylvia." La donna la osservò per qualche istante: "Sì, mi sembrava che non fossi venuto da solo, imbecille." "Ma Sylvia io..." "Devi piantarla di fare osservazioni stupide, ok?" "Ok." fece timidamente il ragazzo. "Ma che volete da me?" chiese Scully, il suo tono era irritato. Sylvia non rispose, ma si rivolse a Jake: "Falla dormire per un po'." "Perché devo sempre fare io i lavori più odiosi?!" esclamò Jake, mentre Sylvia gli passava una siringa ed una fiala. "Perché è così buio?" "Perché le luci sono spente." (M.Scully & F.Mulder, "One Breath" di G.Morgan & J.Wong) Mother Teresa Memorial Hospital Washington 28 luglio, 10:13 am Svegliandosi, quella mattina, Mulder aveva cercato la collega con lo sguardo, trovando solo la propria madre seduta accanto a letto. Che diavolo ci faceva lì, lei, e come mai Scully non c'era? "Mamma..." "Fox, come ti senti?" gli chiese. "Dov'è Scully?" "Chi?" "Niente, lascia perdere." fece lui, ancora troppo debole mettersi a discutere con lei. "Come mai sei qui?" "Mi ha chiamato l'FBI, ha detto che ti hanno sparato e così sono venuta." Mulder annuì. Dopo alcune ore di silenzio, Walter Skinner entrò, salutando Fox e la madre. "Dov'è Scully?" fu la prima cosa che disse Mulder. "E' scomparsa ieri sera dall'Hotel Garcia, i due agenti di scorta sono stati uccisi, con due proiettili calibro 9, la scientifica ha scoperto che si tratta di due Smith and Wesson." L'arma di Dana, pensò Fox. "E Scully?" "Abbiamo già istituito una squadra per le ricerche e..." "Come ha fatto a svanire così, senza lasciare tracce? E perché avrebbe ucciso due agenti?" "Crede che Scully potrebbe essere soggetta alla sindrome di cui mi parlava ieri sera?" "No." rispose Fox. "A mio parere, qui c'è qualcosa di molto più grosso di una follia estiva." Il dittatore è sempre lì a fomentare guerre, affinché il popolo non s'accorga che non ha bisogno di lui. (Aristotele) Luogo sconosciuto 28 luglio, 11:29 am Risvegliandosi, Scully aveva sentito un enorme mal di testa. Probabilmente era il narcotico che le avevano dato la sera prima. Cercò di guardare l'orologio, ma i suoi polsi erano incatenati, così come le caviglie. La luce era debole, ma sufficiente perché riuscisse a vedere dov'era: sembrava una specie di soffitta, lei era stata stesa sopra un materasso adagiato su un pavimento di ruvide assi di legno, due sbarre orizzontali, che facevano da spalliere al materasso, come messe lì solo per incatenarci ostaggi. A parte cumuli di polvere sparsi, tutto lo spazio era vuoto. Dana chiuse gli occhi, pensando a quale droga le avessero dato. In fondo alla stanza, la porta si aprì di colpo, sbattendo contro il muro. "Ben risvegliata, agente Scully." Era Sylvia. Aveva addosso un taior grigio, dal bavero del quale scendeva un tesserino che Scully non riuscì a leggere. La sua vista era affaticata e, anche quando la donna le fu vicino, non si prese la briga di abbassarsi. "Che... che cosa... volete?" "Soldi." fece Sylvia, ridendo. "Potere." "Il regolamento dell'FBI vieta di pagare riscatti." "In questo caso, ti converrà goderti i tuoi ultimi giorni di vita." La donna le rivolse un altro sorriso malvagio. "Sempre che tu non voglia associarti a noi." "Ma chi siete?!" Sylvia girò sui tacchi: "Sii paziente, fanciulla, sii paziente." Quindi uscì dalla stanza. Non passò molto tempo, che nella stessa entrò Jake Hudson. "Mi dispiace, Dana." disse inginocchiandosi accanto a lei. "Hai ancora tempo di rifarti, Jake." fece lei, tirando i polsi verso il basso. "Oh... No, Dana, io non posso." "Che ore sono, Jake?" "E' quasi mezzogiorno." Scully chiuse gli occhi. "Ho dormito quasi dodici ore." "Avrai fame." "Slegami, Jake." "Se ti slego, Sylvia mi ammazza." "Jake, tu sei un agente dell'FBI!" Il ragazzo si sedette accanto a lei. "Sì, ma Sylvia... Sylvia E' la mia ragazza... E poi lei, E' il mio capo." Dana chiuse gli occhi per qualche istante, le forze le stavano mancando. "Ti ho portato da magiare." ripeté Jake. "Cosa significa che Sylvia è il tuo capo?" "Che lei è il mio superiore. Lei ha un grado in più di me." "E' dell'FBI?" "No, del Club Labirint." "Che cosa fate, Jake?" "Stiamo... no, non posso dirtelo. Non finché non sarai dei nostri." Le porse un sandwich. "Senti, Dana, io sto rischiando." "Creperò di fame, piuttosto che diventare una di voi!" esclamò lei. "Ti prego, Dana! Quelli dei gradi alti sono capaci di fare cose che noi non potremmo neppure immaginare." "Cosa diavolo vogliono, Jake?!" "Il dominio del mondo. E anch'io lo voglio." Si alzò in piedi. "Sono stufo di lavorare nei sotterranei." Aprì il lucernario ed una ventata calda inondò la stanza. "Eri un ragazzo promettente, Jake, saresti potuto arrivare in alto, all'FBI." A queste parole, Hudson sbatté la finestra, chiudendola. "Non dire stronzate! Non valevo niente, e tu lo sapevi. Lo sapevi già dalla prima volta che mi hai visto entrare in aula! Non mentirmi, professoressa Scully, non mentirmi!" Io non le ho mai detto amore tu mi manchi, io l'ho solamente urlato. (C.Baglioni, "Dov'è Dov'è") FBI, Quartier Generale Washington 31 luglio, 8:07 pm L'FBI, Skinner, i medici ed il persistente dolore di una ferita d'arma da fuoco, non avevano potuto impedire a Fox Mulder di farsi dimettere tre giorni dopo l'operazione, per scrollarsi di dosso dottori, infermieri e la madre, e potersi rimettere al lavoro. Ora, più di ogni altra cosa, voleva ritrovare Scully. Delle due pallottole estratte dai cadaveri degli agenti di scorta, la rigatura di una coincideva con quella solcata dalla pistola di Scully, mentre quella dell'altra era nettamente distinta. C'era un altro uomo. E forse Scully era stata costretta ad uccidere un suo collega. Anche Skinner era convinto che Scully non era sparita da sola, infatti, poco tempo dopo, una lettera priva di impronte digitali, giunse loro: si chiedeva un alto riscatto per la vita di Dana. Mulder stava riguardando tutti i dati accumulati: chi aveva potuto mandare quegli avvertimenti? E chi aveva una mente tanto distorta da intricarne uno in enigmi così oscuri? E perché tutte quelle persone uccise? Fox si recò a casa di Dana, sperando di trovare qualcosa. L'appartamento era in ordine, come al solito, anche se nella camera da letto, Mulder poté trovare gli evidenti segni di preparativi per una uscita serale. C'era una borsa rovesciata sul letto, diverse scarpe lasciate fuori dall'armadio e una decina di trucchi sparsi sulla toilette. Mulder sorrise. Quella sera Scully gli aveva fatto venire una crisi. C'era un plico di libri sul comodino. Fox fu attratto da quelli, visto che non c'entravano per niente con il ricevimento. Si sedette sul bordo di quel letto che l'aveva ospitato, una notte, da solo. Osservò i titoli: proprio libri da Scully, pensò: "Colazione da Tiffany", "Il Canto di Acchiappacoda", "Demian" e, in cima alla pila "Robin". Solo da quest'ultimo usciva un foglio. Mulder lo prese. Era una busta. All'interno, una lettera, scritta a mano. Fox ebbe l'istinto di accantonarla, ma poi il suo fiuto di agente dell'FBI lo fece ritornare sulle parole. "Dolce Dana, spero che un giorno ti potrai accorgere di me. Sai chi sono? Uno dei tuoi alunni. Se vorrai realizzare i miei sogni, sai dove trovarmi." Mulder scattò in piedi. --Hudson.-- capì. E piegherai sotto il fascio mortal non retinente il tuo capo innocente: ma non piegato insino allora indarno codardamente supplicando innanzi al futuro oppressor. (G.Leopardi, "La Ginestra") Luogo sconosciuto 31 luglio, 11:14 pm Era buio. Scully si risvegliò, a causa di un rumore che proveniva da sotto il pavimento. Stette in ascolto, ma il suono non si ripeté. Sentiva fame, sete, dolori in tutto il corpo. Jake le portava qualcosa da bere e mangiare ogni giorno, ma lei credeva che dietro tutto quell'interessamento da parte del ragazzo ci fosse qualcosa di più che una cotta di anni prima. Jake era una mente distorta come gli altri del Club Labirint. Poco dopo sentì il rumore di passi sulle scale che portavano alla stanza. Se fosse stata in condizioni normali, avrebbe saputo distinguere i passi di Hudson da quelli di Sylvia, che le aveva fatto visita solo un altro paio di volte, restando in piedi mentre si accarezzava i lunghi capelli biondastri, con strane pieghe che probabilmente aveva pure il coraggio di chiamare un'acconciatura. Era salita tanto per chiederle, dall'alto della sua imponente statura, di affiliarsi al Club, per riferirle che l'FBI non aveva intenzione di pagarle il riscatto e per assestarle qualche calcio di rabbia e di gelosia, visto che aveva intuito la passione di Jake per lei. Non essendo la grande intelligenza per cui si spacciava, non le passava per la mente come mai Scully fosse ancora piuttosto in forze dopo quelli che lei aveva creduto giorni di digiuno. Quella sera entrò Jake. Si abbassò accanto a lei. "Come ti senti, Dana?" Scully gli lanciò uno sguardo assatanato. "Come credi che possa stare?" "L'FBI non ha ancora pagato." "E non lo farà mai. E' contro il regolamento interno." "Allora non ti resta che affiliarti." La luce era debole e Scully vedeva appena. "No." Jake si sporse in avanti. "Dana... Quella lettera che ti ho mandato... avevi capito che ero io?" "Sì, l'avevo intuito." "E perché non mi hai chiamato?!" "Jake... Non ho avuto tempo per nient'altro che non fosse il mio lavoro." Hudson scosse la testa. "L'ho conservata. L'ho messa in un libro." Jake le prese il viso tra le mani. "Dana... Io..." Non sapeva che cosa dirle, quindi passò ai fatti. La baciò violentemente. "Jake, no..." implorò lei, cercando inutilmente di sottrarsi. Immobile aspettai che il tempo rallentasse, si fermasse e scomparisse. (E.A.Poe) Appartamento di Fox Mulder 31 luglio, 11:21 pm Tutto quello che era riuscito a scoprire era la residenza di Jake Hudson. L'appartamento era appena a due chilometri dal Bureau. Ovviamente lui non c'era e secondo gli schedari dell'FBI era in vacanza all'estero, in Italia... --A Potenza.-- pensò Mulder. Sospirò. Era convinto che Hudson centrasse, in qualche modo, forse era proprio lui ad aver messo quegli avvertimenti. Ma perché? Skinner, ovviamente, non gli aveva creduto: dai controlli era emerso che Jake aveva preso un volo per l'Europa e quindi, per l'FBI, ora si trovava là. Je suis l'empire à la fin de la décadence. (P.Verlaine, "Languore") Luogo sconosciuto 31 luglio, 11:35 pm Di colpo Jake urlò togliendosi da sopra Dana. Si portò una mano alla spalla. Dietro di lui era apparsa Sylvia. "Che cavolo mi hai fatto?!" esclamò lui. "Quello che ti meriti, bastardo." rispose lei, la voce tra il pianto e l'ira. Jake si estrasse dalla schiena uno spillone. "Che cavolo, non sono mica una bamboletta voodoo!" "Mi hai tradito!" "No!" "Ma ci hai tentato!" Ora in lacrime, Sylvia uscì di corsa, chiamando a grande voce un nome: "Robert! Robert!" "Oh mio Dio!" esclamò Jake. Si abbassò di colpo accanto a Scully. "Io non ti ho fatto niente, intesi?" Lei annuì leggermente, spaventata ma illesa. L'uomo uscì di corsa dalla stanza per non entrarvi più per molto tempo. Is there anybody out there? (Pink Floyd) Appartamento di Jake Hudson Washington 3 agosto, 8:09 pm Mulder aveva dovuto infrangere le transenne della polizia, sperando che nessuno lo vedesse entrare nell'appartamento. Tutte le stanze erano spoglie, come le case di campagna nelle quali si passa solo pochi giorni all'anno. Ed era questo che Mulder pensava: Jake non abitava lì dentro in realtà. Dopo aver frugato per qualche minuto, Fox ritrovò una borsa contenente un souvenir proveniente senza dubbio da Roswell, un diploma di laurea in psicologia e un grosso quaderno rigonfio, pieno di annotazioni. L'attestato mostrava che Jake si era laureato con il minimo dei voti dopo anni di tentativi falliti. Mulder sfogliò il quaderno: appunti su reazioni psichiche, fisiche e somatiche, test di Warteg, di Rorschach, di Simon e Binet compilati da decine di mani diverse. E, in conclusione, un intero studio sulla psicologia dell'enigmistica. Era la tesi di laurea di Hudson. Qua e là erano stati presi appunti, tracciate linee in una grafia nettamente distinta, piccola e tondeggiante. Certamente la persona che aveva realizzato le note non sapeva molto di psicologia, Mulder se ne accorse per le bestialità che erano state annotate. Accantonò il quaderno e frugò nei cassetti della scrivania, quasi vuoti. Una foto di una donna bionda e grassoccia assieme a Jake Hudson. Biglietti di auguri in cui una certa Sylvia chiamava Jake "amore mio". Ed infine un contratto di compravendita di una casa, firmato da Sylvia O'Tiar. Fox cercò velocemente l'indirizzo: 40 Johnson Street, Gestaps Town. Era appena fuori Washington. Mentre usciva di lì, chiamò Skinner, per riferirgli quello che aveva trovato. Aveva bisogno di rinforzi. Se vai a letto lasciando in giro del kipple, la mattina dopo, quando ti svegli, ce né il doppio. L'intero universo si sta muovendo verso uno stadio finale di totale, assoluta kipplizzazione. (Ph.K.Dick, "Gli Androidi Sognano Pecore Elettriche? (Blade Runner)") Johnson Street 40 Gestaps Town 3 agosto, 10:13 pm Sylvia appoggiò la tazza di colpo sul tavolo. "Che cos'hai, O'Tiar?" chiese un uomo corpulento, seduto a capotavola. La donna si alzò in piedi e guardò fuori dalla finestra cercando di restare nascosta. "Temo che stia arrivando qualcuno. E' meglio svignarsela, Robert." L'uomo si alzò e indicò Jake. "Vai di sopra e prendere la donna." "E perché proprio io?" "Sbrigati, Jake!" urlò Sylvia, lanciandogli le chiavi. Hudson salì le scale con la coda tra le gambe ed entrò. Si inginocchiò di fianco a Scully, che sembrava addormentata. Cercò tra le numerose chiavi quelle che corrispondevano ai due lucchetti. Ma, ora che li ebbe aperti, Sylvia e Robert erano saliti e lo stavano avvertendo: "Lascia perdere, ormai non darà più fastidio, andiamocene subito, non possiamo portacela a dietro!" Jake raccolse le chiavi e li seguì, spegnendo la fioca luce. Pochi secondi dopo, l'FBI stava facendo irruzione nella casa. La porta d'ingresso dava direttamente su una sala da pranzo rustica con angolo cottura. Mulder non si curò delle tre tazze appoggiate sul piano, che un altro agente si premurò di constatare ancora calde. Metà della squadra setacciò il piano terreno, trovando diverse carte stradali degli Stati Uniti e del Messico, plichi di riviste di enigmistica. Le stesse cose furono ritrovate dalla parte rimanente della squadra al primo piano, insieme a un enorme letto a tre piazze. Mulder corse subito verso la parte alta della casetta rurale, seguito dal vicedirettore a qualche metro di distanza. C'erano tre porte e Fox entrò in mezzo, mentre Skinner andò a destra. Fox cercò l'interruttore della luce, era completamente buio. Non trovandolo si guardò in giro con la torcia. Era completamente vuoto. Solo povere, sporco, "kipple", come avrebbe detto Philip K. Dick. Uscì, temendo che la sparizione dei tre abitanti della casa implicasse anche quella di Scully. Ma quando entrò nella porta a sinistra, accendendo la luce, una debole lampadina penzolante appena sopra la sua testa, la trovò: era stesa per terra, su un materasso deteriorato, rivolta verso il muro. "Scully!" Corse verso di lei, inginocchiandosi. "Scully, rispondimi." La scosse leggermente, sperando di svegliarla. Ma da lei non vennero risposte. "Dana?" Fox le scostò dal volto i capelli. Pur essendo un agente dell'FBI, pur avendo lavorato in casi tanto strani, pur avendo visto di tutto, le condizioni di Scully lo spaventarono. "Dana, rispondimi. Dana!" Freneticamente, con movimenti privi di precisione, cercò di sentirle il battito cardiaco sulla giugulare. Quando finalmente lo percepì, Scully si mosse. "Basta..." sussurrò. Mulder ritrasse di colpo la mano. "Vi prego, basta..." bisbigliò di nuovo lei. "Dana... Dana, sono io, sono Mulder." Le accarezzò dolcemente il volto. Era gelata. Si tolse il paltò per coprirla. Fece per abbassarle le braccia, ma Scully si lamentò. Solo in quel momento, Mulder notò i lividi sui polsi e sulle caviglie. "Scully... Dio mio..." Passò delicatamente le dita sui polsi. Skinner entrò e si fermò di colpo sulla porta. Mulder si girò appena, abbastanza perché l'altro si affrettasse a chiamare l'ospedale. Fox sentì i muscoli delle braccia di lei opporsi, mentre le reclinava. La girò sulla schiena e Dana gemette ancora. "Stai tranquilla, Scully. E' tutto finito." Le accarezzò il volto, per rassicurarla. "Dana... Dana mi senti?" Lentamente e gentilmente, Fox fece scivolare un braccio dietro la schiena, tenendola appoggiata contro il suo corpo. "Ok, Dana... Dana, mi senti?" Scully socchiuse gli occhi. Mulder le sorrise. "Sono io, Dana. Sono Mulder." Fece passare le dita tra i suoi capelli, cercando di tenerla stretta e allo stesso tempo non farle male. "Scully, mi senti?" Lei strinse nella mano un lembo della camicia di lui. "Dana, va tutto bene, è tutto finito." Da lontano si sentì la sirena dell'ambulanza. "E' arrivato il soccorso." riferì Skinner, girandosi per scendere le scale. Mulder, delicatamente, fece scivolare le braccia sotto le gambe di lei. Si alzò, prendendola in braccio, e seguì il vicedirettore. Brad, perché? (COS, "Ghost in the Machine" di H.Gordon) Mother Teresa Memorial Hospital Washington 4 agosto, 8:07 am Fox Mulder stava riguardando gli ultimi dati accumulati. Skinner aveva trovato un vero e proprio arsenale di narcotici, droghe e farmaci. Le riviste di enigmistica erano le stesse che erano state trovate sui luoghi dei delitti. Non erano riusciti a trovare nessuno, ma Mulder sapeva che l'indagine doveva continuare. Anche per trovare quei bastardi che avevano segregato e drogato Scully per tutto quel tempo. Chiuse il fascicolo quando sentì un leggero lamento. Si girò e sorrise a Scully. "Ehilà, come ti senti?" Dana guardò verso di lui. "Mul..." "Shh... Non parlare, se fai fatica." Fox si avvicinò a lei, prendendole una mano. "Mulder..." Dana cercò di stringere la sua mano, ma non ci riuscì. Chiuse gli occhi. "Scully, sei rimasta immobile per un sacco di tempo, è normale che tu faccia fatica a muoverti ora. I medici hanno detto che ritornerai in piena forma nel giro di due settimane. Ma io ti conosco. Sono convinto che in pochi giorni sarai fuori di qui." Dana socchiuse le labbra per dir qualcosa, che Mulder intuì e la prevenne: "Era la casa che Jake e una certa Sylvia O'Tiar avevano comprato per andarci a vivere dopo il matrimonio. Sembrerebbe che per ora la usassero come smistamento degli affari." "Li... avete...?" "No, non ancora." le rispose. "Skinner ha organizzato una squadra investigativa sul caso e mezzo Bureau è qua fuori a guardarti la porta." Mulder le sorrise. "Credo che dovrai firmare autografi a più non posso e accettare inviti a cena a destra e a manca." Le immagini di Jake tornarono alla mente di Scully, provocando uno spiacevole conato di vomito a vuoto. Mulder fu pronto di riflessi nel prenderla tra le braccia, sostenendola in modo che i violenti impulsi non le facessero male più del necessario. A Scully parve di rimanere senza fiato. "Non... riesco... a respirare..." "Lo so, Scully." disse lui, facendola sdraiare e accarezzandole dolcemente il viso con il dorso delle dita. "Ora stai calma, qui sei al sicuro." Fox scostò i ciuffi di capelli che le erano ricaduti sul volto. "Ho la... nausea..." "Non pensarci, Dana. Stai calma. Ci sono qua io, adesso." "Mia... madre..." "L'FBI sta cercando di rintracciarla. Non ti preoccupare, vedrai che tra poco arriverà." Scully annuì. Chiuse gli occhi, stringendo leggermente la mano di Mulder nella sua. Sentì che lui continuava ad accarezzarla dolcemente, poi, si addormentò. Fox aspettò alcuni istanti. Quindi si alzò e uscì dalla stanza in silenzio. Passò attraverso gli agenti di scorta alla porta ed andò verso l'uscita. A metà strada incontrò Skinner, che gli chiese come stava Dana. Lanciandogli un'occhiata si sussiego, Mulder gli rispose: "Non l'ho mai vista peggio." "I medici hanno detto che si riprenderà presto." ribatté l'altro. Mulder rivolse lo sguardo altrove. "Avete rintracciato la madre di Scully?" "Non ancora." Mulder annuì, invertì direzione e rientrò nella camera della collega. All'ombra frivola di rose che asciugano nel sole ogni profumo. (S.Mallarmé, "Il Pomeriggio di un Fauno") Mother Teresa Memorial Hospital Washington 5 agosto, 11:29 am Mulder entrò silenziosamente nella stanza. Scully aprì gli occhi quando lui le arrivò accanto. Davanti ai suoi occhi apparve un bouquet di rose bianche. "Ciao Mulder." disse, prendendo in mano i fiori. "Grazie. Sono splendide." Fox si sedette. "Come ti senti?" "Decisamente meglio di ieri. Ho dormito fino a pochi minuti fa. Devono avermi dato dei tranquillanti." "Non solo qui in ospedale." Mulder prese la sua mano e ricominciò ad accarezzarla come aveva fatto il giorno precedente. Dana sorrise, un po' imbarazzata, girando il viso dall'altra parte, ad osservare le rose. "Lo so." disse. Fox allungò la mano, sfiorandole il collo, su cui Dana aveva diversi lividi violacei. "Mulder..." Dana deglutì a fatica. "Chi è stato?" Scully si girò verso di lui, il dorso della mano di Fox sfiorò la sua guancia. "Sylvia." Mulder annuì, ritraendo la mano. "Erano in tre, Mulder." riprese lei. "Jake, Sylvia e un certo Robert. Ma credo che dietro ci sia qualcosa di più. Dev'esserci un'organizzazione intera, un certo Club Labirint." I suoi occhi si stavano inumidendo e fu una cosa che il collega notò subito. "Scully..." "Loro... non lo so cosa vogliono, ma Sylvia ha detto... soldi e potere." "Dana, basta." Fece passare una mano tra i suoi capelli. "Non pensarci ora, ok?" Scully annuì, grata che lui avesse detto quella frase. "I medici non mi hanno detto niente." "In che senso?" "Delle mie condizioni." "Ti rimetterai presto Scully." Dana sorrise lievemente. "Questo l'ho capito." "Come ti senti?" "Faccio ancora fatica a respirare. Ho un po' di fitte ovunque." "Questo forse perché hai una costola incrinata." Scully alzò lo sguardo verso di lui. "Hai dovuto..." "No." lo prevenne lei, senza neppure sapere che cosa le stesse chiedendo. "Era Sylvia... aveva la mania di prendermi a calci." Chiuse gli occhi ed aspettò qualche istante, godendosi le sue carezze, così rare e dolci. "Mulder..." "Quando ne vorrai parlare, io ci sarò." Dana sorrise lievemente. Mulder prese la sua mano e vi posò un bacio proprio nel momento in cui la porta si apriva per fare entrare Margaret Scully. Ed è subito sera. (S.Quasimodo) Hotel Orion Washington 7 agosto, 10:13 pm Due tocchi leggeri ma decisi sulla porta la fecero trasalire. "Scully, sono io." "Vieni pure." rispose, quasi sottovoce. Fox entrò nella sua stanza, chiudendo la porta dietro di sé. "Che ci fai ancora sveglia?" "Ti aspettavo." scherzò lei. "Ti sei fatto assegnare al turno di notte?" "No. Sono qui senza il consenso di Skinner." Dana gli lanciò uno sguardo interrogativo. "Cioè, io non gliel'ho chiesto, ma lui non me l'ha vietato." Lei sorrise. Era seduta sul letto, avvolta in una vestaglia azzurra, che copriva un lungo pigiama rosa. "Hai freddo, Scully?" "Un po'. Sono le conseguenze." Lui annuì. "Ci sono fuori altri agenti." "Lo so, Mulder." rise lei. "Siediti." Fox si accomodò sulla piazza del letto opposta a quella che la collega occupava. "Ho fatto un po' di ricerche, ma sembrerebbe che questo Club Labirint non esista." "E' possibile che ricordi male." "Forse." rispose lui. "Ma è anche ammissibile che sia ben nascosto." Mulder sospirò. "Ovunque siano voglio prenderli." Scully abbassò lo sguardo sul copriletto uniforme e anonimo dell'hotel. "Mulder... Volevo dirti grazie. Per quella sera." "Che sera?" fece lui, candidamente. "La sera della festa. Se non ti fossi preso quel proiettile al mio posto, adesso non sarei qui." Era visibilmente imbarazzata, ma nello stesso tempo, Fox sapeva che era sincera. "Scully, non sono un eroe. Avrei preferito riuscire a scansarti senza farmi sparare. Te lo assicuro." --Vera modestia.-- pensò Scully. "Già, ma quello che hai fatto è questo." "Scully, ti prego..." rise lui. "Non ho fatto niente di speciale, l'avresti fatto anche tu." Dana alzò lo sguardo su di lui. "Sì. Forse è vero. Forse non lo sarai per gli altri, ma per me tu sei un eroe. Il mio eroe." Mulder si alzò in piedi, messo a disagio dalla piega che aveva preso la loro conversazione. "E' meglio che vada, tu hai bisogno di dormire e io..." Fu interrotto da Dana, che, alzatasi in piedi, l'aveva raggiunto e abbracciato, lasciando il volto sul petto di lui. "Dormi con me 'sta notte." Fox la strinse. "Scully... noi..." Dana si ritrasse, salendo sul letto e andando verso il lato opposto. "Sì, lo so, ma..." Scully sospirò. "Be', insomma, Mulder... lasciamo perdere, ti prego." Fox annuì. Dana si girò e gli indicò con lo sguardo il posto accanto a lei. Mulder si sedette, facendo scorrere il braccio sulle spalle di lei. Scully si rannicchiò accanto a lui, che spense la luce, lasciando che una complice penombra lunare scivolasse nella stanza attraverso le sottili fessure delle persiane. Passarono lunghi minuti di silenzio. Poi Mulder riprese, sottovoce: "Sei ancora sveglia?" "Sì." rispose lei. Fox iniziò a fare scorrere la propria mano sul braccio di lei, un leggero massaggio che lei reputò veramente piacevole. "Ti sei ripreso velocemente?" gli chiese. "Mi sono fatto dimettere tre giorni dopo." "Così pochi?" Mulder rise. "Non so perché, ma l'FBI ha chiamato mia madre. E io sono scappato urlando." Dana alzò lo sguardo. "Be', vedi, Scully... A volte è... una noia." Sospirò. "Lascia stare." Dana si appoggiò alla spalla di lui. "Mulder... tu hai detto che se io... ecco forse era meglio, cioè è meglio che... e poi noi abbiamo sì, un caso da risolvere..." "Dunque?" fece lui, divertito. "Posso parlarti di..." "Dimmi." Scully preso un profondo respiro: "Jake è venuto da me, al Garcia. Io l'ho lasciato entrare..." Mentre lei gli riferiva tutto quello che era successo, Mulder continuava a farle lievi massaggi sulle spalle. "In un certo senso... è stata Sylvia a salvarmi. E poi... non lo so. Dopo ricordo solo di essermi risvegliata in ospedale." "Per quanti giorni non hai mangiato?" "Non lo so, avevo perso la cognizione del tempo." Scully fece per girarsi ma una forte fitta al fianco la lasciò senza fiato. "Tutto bene, Dana?" Lei annuì, portandosi una mano al torace. "Ogni tanto è più doloroso del solito." Fox la fece sdraiare, dolcemente, in modo che il dolore diminuisse. "Mulder, credi che mi stiano dando la caccia?" "Non lo so. Non credo. Penso che ti abbiano creduta morta. La squadra ha trovato impronte su una sorta di scivolo sul tetto. Probabilmente sono scappati da lì." Scully chiuse gli occhi. "Non pensarci ora." Lei annuì. "Fa ancora male?" "Un po'." Fox infilò lentamente la mano sotto la sua vestaglia. "Mulder!" sussurrò lei. "No, Mulder, aspetta, fermati. Smettila!" "Stai calma, Scully." sorrise lui. "Non voglio farti del male." Quando le sue dita raggiunsero la sua pelle nuda, Dana rabbrividì. Cercò di rilassarsi. Le sembrò impossibile. "Stai tranquilla. Non ti farò male." Difatti, dopo alcuni minuti, Scully cadde in una sorta di trance, nella quale sembrò ricordare tutti i momenti più intimi che aveva passato con il collega. Durante il loro primo caso era piombata in camera sua solo con un accappatoio sopra la biancheria intima, convinta di avere segni alieni alla base della schiena. Mentre Mulder sorvegliava senza permesso Tooms, erano stati soli nella vettura di lui a parlare, l'aveva chiamato per nome, Mulder aveva detto che l'avrebbe sposata. Una volta erano rimasti abbracciati, forse per più di un quarto d'ora. Lentamente tutti i pensieri svanirono, assieme al dolore ed al tocco delicato di lui, Scully si addormentò. Let the Sunshine In. (5th Dimension, "Aquarius") Hotel Orion Washington 8 agosto, 7:07 am Svegliandosi, Scully alzò lo sguardo versa la porta. --Sono ancora viva.-- pensò. Mulder era seduto su una sedia, era già sveglio (o forse lo era stato per tutta la notte). "Buongiorno." le disse. "Buongiorno." rispose lei, risprofondando nei cuscini. Fox si alzò e si inginocchiò accanto al letto. "Come va?" "Un po' frastornata." gli sorrise. "Ma viva." Si mise a sedere, chiudendosi la vestaglia, rimasta aperta dalla sera prima, quando era stato lui a slacciargliela. Dopo che si fu cambiata ed entrambi ebbero fatta colazione, all'hotel arrivò Skinner per informarsi sulla salute di lei e su eventuali progressi. Effettivamente, Scully aveva un'idea: "Da chi sono stati firmati i cruciverba che hanno fatto impazzire le persone?" Mulder raccolse il fascicolo e lo sfogliò rapidamente per trovare le copie degli schemi. "Da sei persone diverse. O almeno da pseudonimi diversi. Dunque..." Scully prese in mano un foglio e cominciò a scrivere gli pseudonimi che lui leggeva. "Fanfic, Jackson Braun, Pilot, Qwilleran, Umbriel, White." "Cosa c'è dietro?" "Non so, ma... ho avuto come un'idea..." Trascrisse una fila di lettere, poi mostrò al collega il risultato. "D H N O S U, Hudson." "E' stato lui a cercare di avvertirci." fece Mulder. "Hudson: è là il Club Labirint." disse Scully. "Hudson deve essere uno psedonimo." "Jake Hudson, come l'eterno innamorato di Robin Mirrow." "Già." Scully sorrise, si alzò e andò nella camera per prendere la propria pistola. Skinner osservò per qualche istante il foglio, poi chiese a Fox: "Chi è questa Mirrow?" Mulder, seriamente, gli rispose: "La protagonista di un libro." Ho corso una vita per rubare al sole un po' della sua luce e quando vi ero vicino, scendeva la sera. Fiume Hudson, New York 8 agosto, 10:13 pm "Ho preso un granchio." Scully si appoggiò alla ringhiera, osservando il fiume Hudson scorrere sotto di lei. "No." le rispose Mulder, spegnendo il cellulare. "Jake ha dato documenti falsi, all'FBI, imitazioni perfette. Anche la sua laurea." "Ho fatto volare una squadra a New York per niente." "Non è ancora detta l'ultima parola, l'Hudson è lungo." si mise accanto a lei. "Ti accompagno in hotel?" "No, non mi va. Voglio vedere ancora un po' in giro." "Sarai stanca, Scully..." La sua frase fu interrotta da un gesto di Scully. Si girò, vedendo finalmente un cartello: "David Bowie Fan Club". "Bowie ha fatto un film, "Labirint"." gli spiegò Scully. "Chiamo i rinforzi." L'entrata era sotto un archetto con mattoni a vista. Entrarono in avanscoperta, tenendo in mano la pistola. Un lungo corridoio angusto sfociò su una piazzetta circolare, sotto una cupola biancastra. In questa si apriva una porticina, che Scully e Mulder oltrepassarono velocemente. Subito dopo si ritrovarono davanti ad una scrivania, sulla quale erano appoggiati diversi libri e una sorta di schedario. Tre fessure: Jake Louisette, Sylvia O'Tiar e Robert John. "Sono solo in tre?" sussurrò Mulder. "Non lo so, è strano." "Tre tazze, tre cartellini, un letto a tre piazze..." Scully fece una smorfia. "Un letto a tre..." Un rumore proveniente da dietro una delle altre due porte che si aprivano nell'ufficio, li fece voltare. "Di là." bisbigliò Fox. Si rifugiarono nella stanza accanto, attendendo che il rumore cessasse. Ma si sentì qualcuno canticchiare: "Il potere è mio, ed i soldi pureee..." "E' Robert." sussurrò Dana. Mulder guardò attraverso la fessura nel legno della porta: "Sta venendo di qua, perfetto." Fox si mise appena dietro la porta, mentre Scully si posizionava più in fondo. Non appena Robert entrò, con un colpo ben assestato, Mulder lo fece addormentare per almeno un quarto d'ora. Dana si avvicinò a lui, ridendo sottovoce: "Sei un mito, Mulder." Lo aiutò a legare e ad imbavagliare quello che presumibilmente era il capo del Club. "Cosa facciamo, lo lasciamo qui?" Scully indicò verso il fondo del corridoio. "Ho visto una rientranza, portiamolo là." Si diressero verso il fondo, portando Robert in quella che scoprirono essere un altro viottolo. "Dove porterà?" "Non lo so. Ma forse è meglio seguire l'altra." Mulder le fece segno di seguirla. Iniziarono a percorrere un lungo corridoio scuro, da quale si dipartivano, ogni decina di metri sul lato destro, altre stradine. "Ho capito perché si chiama Club Labirint. Mulder, qui rischiamo di perderci." "No." fece lui, imboccando una strada a sinistra. "Perché di qua?" "Non ci perdiamo perché tengo la mano appoggiata al muro. E' un trucco per non perdersi nei labirinti. Se non ti stacchi mai dal muro, ritorni sempre al punto di partenza, alla fine del giro." Scully lo seguì, convinta. "Dove hai imparato questo trucco?" "Da piccolo andavo nei labirinti e mi perdevo sempre." le confessò lui. "E' stata Samantha ad insegnarmi questa tattica. Lei non si perdeva mai." "Io credo che tu ti perdessi perché non hai senso dell'orientamento." Fox sorrise. "Anche questo è vero." Dopo un quarto d'ora di cammino, sbucarono su una stanza vuota, una finestra che dava sull'Hudson. "E ora?" chiese Scully. "Vuoto." sussurrò il collega. "E' talmente una sfiga che è snobbato anche dai ragni." fece lei, scansandosi dal volto una ragnatela impolverata. "Pieno di kipple." "Kipple?" "Non hai letto Dick?" "Sì, ma..." Fox si girò di colpo. Puntò la torcia nel buio, ma niente emerse dagli spogli muri freddi e sporchi. "Credevo di..." "Fermi." Una voce che Scully conosceva bene. Il rumore di una sicura che veniva tolta risuonò vicino alla sua tempia. "Chi si rivede." continuò. "Buttate le pistole." I due agenti abbandonarono le armi. Mulder poté scorgere la figura di una corpulenta donna biondastra, che stava minacciando la sua collega. "Credevamo fossi morta." riprese Sylvia, mentre lanciava a Mulder un paio di manette. "Ma dovevo aspettarmelo. Quelle ti servono per agganciarti alla finestra se non vuoi che la tua amica faccia la fine di John Lennon." "Sei di una finezza, Sylvia." commentò Scully. "Perché, ti piacciono i Beatles?" "A chi non piacciono?" "A me." fece Sylvia, irritata. Visto che Mulder aveva fatto come aveva detto, spinse avanti Scully, uscendo ben presto dal campo visivo di Mulder. Camminarono a lungo per il labirinto e Dana si chiese quante volte Sylvia avesse percorso quelle stradine buie per sapersi orientare così bene. Arrivate ad uno spiazzo, Sylvia perquisì da capo a piedi l'agente, quindi, la spinse verso il fondo della stanza. "Sei una testimone scomoda, Dana Scully, oltre che una ruba-ragazzi." I have become comfortably numb. (Pink Floyd, "Comfortably Numb") Club Labirint, New York 8 agosto, 11:21 pm Le chiavi che aveva, ovviamente non erano uguali, ma era riuscito lo stesso ad aprire le manette e, contando sulla pistola di scorta, Fox aveva ripreso a percorrere da solo il labirinto, tenendosi sempre a sinistra. L'aria era silenziosa e stagnante, i muri arrivavano fino al soffitto ed era quindi impossibile scavalcarli. --Sono pazzi.-- pensò. --Questo sono proprio psicopatici. Devo ritrovare Scully.-- Ma vedendo qualcosa illuminarsi vicino ai suoi piedi, si accorse che tutti i vicoli erano segnati da piccole frecce fluorescenti. Iniziò a seguirle, lentamente, per non perderle. Ma quando sentì uno sparo, rimbombare per i vicoli, si mise a correre. --Scully.-- Ad un tratto vide, davanti a sé, un'alta figura, il fisico ben piazzato di Sylvia O'Tiar. "FBI! Ferma o sparo!" Ma la donna non smise di correre, imboccò un ampio corridoio, nel quale Mulder la seguì subito: "Fermati o sparo!" urlò di nuovo. Ma O'Tiar continuò nella corsa. Mulder alzò la pistola. Sparò. Sylvia cadde a terra, senza urlare. Fox si avvicinò speditamente a lei, tenendole contro l'arma. Sentì i passi della squadra di Skinner invadere il labirinto. --Meglio tardi che mai.--pensò. "Dov'è Scully?" chiese alla donna. Ma questa non rispose. "Dov'è Scully?!" Ancora nulla. Spaventosamente nulla. Mulder scorse la grossa ferita tra le scapole di Sylvia. Si abbassò mettendole due dita sulla giugulare. Si rialzò, allontanandosi di qualche passo dal corpo esanime. --Una criminale. Ha fatto del male a Scully. Alla mia Scully. Ha ucciso un sacco di persone.-- si ripeté. Si appoggiò al muro e si lasciò scivolare a terra, respirando a fondo. --E' un'omicida.-- Ma non bastava comunque a confortarlo dall'avere sparato nella schiena a una donna. "Agente Mulder." Fox alzò lo sguardo, incontrando l'imponente figura di Walter Skinner. "E' Sylvia O'Tiar?" Mulder annuì. "Era." "Abbiamo ritrovato il terzo." "Robert John?" "Sì, gli hanno sparato un colpo alla tempia." "Chi?" Skinner non rispose. Mulder, rimanendo seduto contro il muro, si girò verso il corpo della donna. "Abbiamo trovato noi Robert. Probabilmente Sylvia gli ha sparato." Il vicedirettore annuì. Indicò il corpo con un gesto della mano. "Non si è fermata." spiegò Mulder. "Non si faccia venire scrupoli, agente Mulder. Abbiamo trovato prove che è stata lei a decretare l'uccisione delle persone morte nel casi che stava seguendo." "E come?" "Droghe ad alto livello nelle riviste di enigmistica. I lettori le assimilavano sfogliando le pagine." "Jake?" "Pensavamo fosse con l'agente Scully." Mulder scattò in piedi. "E forse lo è." Si mise di nuovo a correre per le stradine e i vicoli del labirinto, seguendo le frecce. Arrivò in una piazza circolare. Sentiva la voce di Scully, provenire da dietro i muri. Sì, era lei. Stava cercando di convincere Jake a costituirsi. Tenendo pronta la pistola, Fox girò per diverse viuzze, finché non si trovò davanti all'entrata. Vide Scully, in piedi, Jake davanti a lei, con la pistola spianata. "Piantala, Dana! E' un ordine di Sylvia, questo." "Jake, cerca di capire! Non puoi continuare a scappare!" Lo scalpiccìo della squadra fece voltare Jake di colpo verso l'entrata, scorgendo Mulder. "Mani in alto, Luisette." urlò l'agente. "No! Butta la pistola!" ribatté Jake, tenendo Dana sotto tiro. "Jake, non fare follie." lo implorò Scully. Fox abbandonò la propria arma. "Jake, il Labirinto è invaso dall'FBI. Ti troveranno. Non hai scampo e questo non fa altro che aggravare la situazione." "Stai zitto!" Jake si girò di scatto, con l'intento di sparare a Fox per poi andarsene dal Labirinto con Scully come ostaggio. Stava per premere il grilletto - un bersaglio così facile, a una dozzina di metri di distanza, non gli sarebbe certamente sfuggito. "No!" gridò Dana, buttandoglisi addosso. Jake strinse la pistola in mano, per evitare di perderla. Mulder scattò per recuperare la propria, mentre Dana lottava disperatamente per togliere l'arma al ragazzo. Ad un tratto un colpo di pistola risuonò nell'aria umida e fradicia di ragnatele. Scully cadde, trafitta da un proiettile partito per sbaglio dalla pistola dell'ex-alunno. "Oh no!" urlò Jake, tirandosi in piedi di scatto. "Dana! Dana!!!" Lasciò cadere l'arma, indietreggiando di qualche passo. "Io... io non volevo!" Mulder, recuperata la pistola, l'alzò su di lui: "Non dovevi farlo." disse. Mirò. Questa volta non avrebbe sbagliato. Un colpo solo. Jake urlò, portandosi una mano sulla gamba destra. Piombò a terra, svenendo. Fox corse verso la collega, mentre si affrettava a chiamare un'ambulanza. "Scully? Scully, mi senti?" Si inginocchiò accanto lei. "Scully, dimmi che hai il giubbotto antiproiettile." disse Mulder. Ma lei non rispose. "Scully? Scully, dimmi qualcosa... Scully!" Le sue mani operarono freneticamente e senza precisione per aprirle la giacca. No - non aveva il giubbotto antiproiettile. --Il contrappasso.-- si disse. --Io ho ucciso Sylvia, Jake ha ucciso Scully.-- Una grossa macchia rosa di sangue, che spiccava irregolare sulla camicia color panna di lei, denunciava una profonda ferita allo stomaco. Mulder si tolse la giacca, stendendola sopra il corpo immobile della collega. Passò una mano tra i capelli ramati della collega. Dana aprì gli occhi lentamente. "Scully..." sorrise lui. "Dana, sei viva." "Fa male, Mulder..." sussurrò. "Lo so. Ma andrà tutto bene, vedrai." Un paio di agenti li avevano raggiunti e Mulder disse loro di chiamare un'ambulanza per Jake. Rimanendole costantemente vicino prese nella sua la mano di Scully. Lei lo guardò. "Andrà tutto bene." le sussurrò. I suoi occhi si inumidirono, cercò di scacciare le lacrime battendo più volte le palpebre. "Stai... piangendo..." "No." sorrise lui. "Perché dovrei? Tu sei viva." Hoireann is oro, Go deor, na ndeor. [Siamo sopravvissuti. Per sempre e mai.] (Enya, "The Long Ship") Cosia Hospital New York 15 agosto, 11:29 am Mulder percorse speditamente il vasto corridoio, arrivando velocemente alla camera 211. Entrò bussando e Scully gli sorrise dall'alto letto candido. "Mi fa piacere vederti qui." disse lei. "Non è la stessa cosa per me." fece lui, salutando con un cenno la madre della collega. "E' un continuo entrare e uscire dagli ospedali." "A proposito di entrare e uscire, Jake Hudson o... Louisette?" "E' stato dimesso l'altro ieri. Deve scontare quarant'anni di galera. Robert John era chimico, è stato lui a creare le pagine all'allucinogeno. Sylvia, invece, sembrerebbe che avesse in mano la completa produzione delle riviste di enigmistica. Era lei che aveva l'ambizione di conquistare il mondo intero. Per questo ha ucciso Robert: Jake ha detto che lui stava cercando di rubarle il posto da "leader". Tu saresti stata un buon appoggio per entrare nell'apparato dell'FBI, visto che Jake... Be', Jake non lo era." "Quindi hanno iniziato ad uccidere gente per intimidazione verso l'intera popolazione." "Avrebbe mantenuto un buon potere, facendo temere a chiunque di poter essere ucciso." "E quegli avvertimenti, gli enigmi?" "Erano di Jake. Ha detto che a lui non andava di tirarti in quella storia. Ha uno spiccato talento per i rompicapo." Il Sole splendeva, non avendo altra alternativa, sul niente di nuovo. (S.Beckett, "Murphy") Penitenziario di New York 15 agosto, 11:40 pm Jake "Hudson" Louisette stava leggendo un libro, quando, accantonando la noiosa favoletta della sera, si girò verso il compagno di cella: "Vuoi che ti faccia un indovinello?" L'altro, pluriomicida che stava scontando un ergastolo, emise un verso rauco, prima di un sì. "Ok. Senti qui: sei vicino ad un orso. Vai a sud di un chilometro, ad est di due e torni a nord di un altro chilometro. Ritrovi l'orso, che però non si è mosso." "Che stronzata è questa, Hudson?" "Non ti ho ancora fatto la domanda." "Dài, allora. Dilla." "Di che colore è l'orso?" FINE (?) Piccola nota: Il cognome O'Tiar potrebbe sembrare messo in insulto agli Irlandesi. Voglio invece specificare che non ho niente contro di loro (Anzi, uno dei miei più grandi miti, Enya, è appunto irlandese). Il cognome è stato scelto, solo perché... è un anagramma. Grazie per aver letto. Naturalmente il feedback è super apprezzato. Feedback means everything to an author. 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