Uhura Message 2
1998 |
l'amore
l'amicizia
gli animali
la parola
il suono della tromba
l'amore
Elles guardava la situazione senza proferire parola. Lui si limitava
a guardare. Non diceva niente né riguardo alla conduzione
della cosa, né riguardo all'atto in se stesso.
"Uff", disse Luke tornando dalla sua parte del letto,
asciugandosi la fronte per la fatica tremenda appena terminata.
Trascorrere una buona mezz'ora facendo l'amore con Dorothy era
diventato uno stress paragonato al lavoro. Molto spesso lo sentivi
dire: "No, domani non posso: dopo il lavoro vado in palestra,
poi sesso e quindi bowling. Sarà per la prossima".
Ogni volta alla fine del rapporto lui si chiedeva sempre il perché
di tutto questo: perché stava ancora con lei e in ogni
caso perché continuare una tortura qual, era quella di
fare sesso con lei.
Nella sua parte del letto, invece, Dorothy si stava mettendo
a posto le mutande e constatava con amarezza che nemmeno questa
volta aveva provato il benché minimo piacere.
Senza saperlo anche lei come Luke aveva preso il loro rapporto
come l'andare al lavoro. E come lui ogni volta si chiedeva il
perché di tutto.
"Ti è piaciuto, piccola?", chiedeva lui sicuro
di se stesso con aria da duro.
"Come sempre Luke".
Questa era la risposta più sincera che poteva dare, ma
lo stesso lo fece lui: "Già"
Quello che non sapremo mai è se si conoscevano talmente
bene da pensarla allo stesso modo, oppure sono fatti l'uno per
l'altra?
Luke si alzò da letto e andò in bagno a lavarsi.
Trovava il tutto non divertente né eccitante, quanto solo
sporco.
E peggio ancora per riuscire ad arrivare al massimo esponente
di elevazione aveva il suo segreto speciale: chiudere gli occhi
e pensare alla biondissima Tania quindi lavorare di mano, possibilmente
mano destra. Il giorno in cui si ruppe il braccio destro, i due
rimasero senza far niente per più di un mese. E questo
era il trauma. Il momento in cui facevano sesso era l'unico momento
in cui parlavano. O meglio c'era la solita domanda di rito se
a lei era piaciuto e quindi la solita risposta di rito.
No, decisamente non parlavano.
In ogni caso, arrivato al massimo delle possibilità, lì
si avventava su Dorothy. Falsi gemiti e falsi gesti si susseguirono,
quindi un nuovo lavoretto di mano per raggiungere l'orgasmo.
Non appena Luke tornò a letto, Dorothy si alzò,
si vestì e si diresse verso la porta, con calma.
"Dove vai, piccola?", chiese Luke.
"Torno a casa, domani vado a scuola, ho compito in classe"
"Eh già la scuola me li ricordo anch'io i miei tredici
anni", disse lui muovendo la mano come da far intendere
che si trattava di molti anni addietro.
Elles, disgustato da quello che aveva visto, sparì per
andare da un'altra parte, chissà dove, chissà quando.
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l'amicizia
F orse è meglio che mi lasciate perdere. Sono un tipo
strano, forse non sono normale, forse sto male", disse Mark
uscendo dalla casa di CP.
CP si diresse verso la porta e la fissò incredulo, dispiaciuto,
distrutto. Qualche lacrima gli rigò il viso.
Elles gli era accanto che lo guardava con faccia interrogativa:
non riusciva a capire il perché del suo stato d'animo.
Ma come sempre, Elles non proferì parola.
CP aveva proprio tutta un'altra idea di Mark. Lo aveva sempre
visto allegro senza problemi. Ora aveva capito che non era vero.
Non sapeva da dove derivassero i suoi problemi, ma voleva saperlo.
Voleva fare qualcosa. Non poteva lasciare che un suo amico se
ne andasse così, senza che fosse successo niente.
Mark infatti se ne andò così, all'improvviso. Poco
prima rideva e scherzava e un attimo dopo la tragedia.
Mark aveva lasciato la casa di CP da pochi minuti e non sapeva
che fare. Cominciò a percorrere la strada senza meta.
Quindi si fermò all'improvviso. Probabilmente qualcuno
imprecò perché si era fermato senza preavviso ma
non se ne curò. Aveva capito cosa doveva fare: doveva
innanzi tutto capire perché si era comportato in quel
modo e parlarne con CP perché forse lo avrebbe capito.
Tornare indietro, quindi. Ma se non avesse capito? E se dicesse:
"non avevi detto che dovevamo lasciarti perdere? Beh, cosa
ci fai qui?"
Lentamente continuò la sua camminata non sapendo che Elles
era lì di fianco a lui che lo osservava incuriosito.
Inconsapevolmente Mark si fermò in un punto non del tutto
casuale. Attraversò la strada, suonò il campanello,
salì le scale.
Alla porta CP lo attendeva a braccia aperte trattenendo il più
possibile le lacrime che furono rilasciate dai due non appena
si abbracciarono.
"Scusa", fu la prima parola di un lungo chiarimento
tra i due.
Elles, da un lato, sorrideva contento.
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gli animali
Elles aveva un sorriso stampato
sulla bocca. Era quasi sicuro della reazione che sarebbe successa,
ma si dovette ricredere.
"Ancora? Quante volte ti abbiamo detto che quando sarebbe
morto Billy non avresti più portato un animale in casa?",
rimproverò severa la madre al figlio.
Subito dopo volò una sberla e il piccolo Tommy si mise
a piangere.
"Billy l'ho curato completamente io. Avevi detto che te
ne saresti occupato e invece non hai fatto proprio niente. Ora
ti arrangi", disse la madre sempre più severa, quindi
se ne andò.
Tommy si asciugò le lacrime, prese il suo cucciolo e lo
portò in camera sua. D'altronde Tommy aveva solamente
10 anni. Che ne può capire un ragazzino?
"Ah vediamo che nome posso darti", diceva Tommy guardando
il piccolo cucciolo rannicchiato nella scatola, "ehm con
la S Sally no Suy.. naaa Slay sì, Slay mi piace. E sia."
Tommy eccitatissimo prese Slay in braccio e ridendo girò
per la stanza pronunciando il nome del suo nuovo cucciolo.
Tutto sembrava perfetto finché non bussò la porta
ed entrò il padre di Tommy. Il ragazzino smise di giocare
e il suo sorriso si spense completamente.
"La mamma si è arrabbiata ma aveva ragione, te ne
rendi conto?"
"Sì, lo so, ma io"
"La vedi la televisione, no? Anche noi come tutte gli altri
andiamo in vacanza. Dove lo lasceremo secondo te il tuo cucciolo?"
"Lo portiamo con noi".
"Andiamo Tommy, lo sai benissimo anche tu che non è
possibile. Io e tua madre lavoriamo tutto l'anno per permetterci
una vacanza. Un anno di lavoro significa tanta fatica e tanto
stress. Significa dover sopportare di tutto. Non posso permettermi
di perdere questi giorni di relax solo perché tu hai un
cucciolo. Eppoi abbiamo avuto anche la fortuna di trovare un
posto al mare come due anni fa dove avevi fatto tanti amici.
Andiamo, non rovinarci tutto."
Il giorno della partenza, a pochi chilometri da casa, stando
attenti che nessuno li notasse, tutta la famiglia si mise all'opera.
La madre attaccò il guinzaglio al collo del cucciolo,
Tommy lo salutò per l'ultima volta dandogli ripetuti bacini
e facendogli le coccole, il padre di Tommy invece fece la parte
più pesante: prendere il cucciolo, attaccare il guinzaglio
al guardrail, rimontare in macchina e partire come se nulla fosse.
Nelle sue orecchie Tommy riusciva ancora a sentire i lamenti
del cucciolo abbandonato per strada. Tommy pianse per un paio
di ore.
Attaccato al guardrail, il cucciolo piangeva come mai aveva pianto.
Forse aveva fame. Forse doveva essere cambiato.
Certo è che i cuccioli d'uomo sono difficili da tenere:
hanno troppe esigenze.
Elles poggiò la mano sulla piccola testa del bambino quindi
scomparve.
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lo specchio
Il telefono. Uno strumento comodo
per mettere in comunicazione veloce due persone che vivono lontane.
Al telefono si ride, si piange, ci si arrabbia e si parla delle
solite cose: chi sta male, chi lo è stato. Chi ha superato
un esame e chi sicuramente lo supererà. Incoraggiamenti
vari per il futuro.
Insomma se riuscissimo a sentire tutte le telefonate, scopriremo
che anche attraverso queste linee esiste molta falsità.
Nell'appartamento di Blair non c'era molto da guardare. Tutto
era perfettamente in ordine. Elles si stava divertendo a guardare
in ogni cassetto ma la noia del posto era proprio questa: l'ordine.
D'un tratto un pianto soffocato attrasse la sua attenzione.
Blair era nella sua camera da letto al telefono con chissà
chi. Di fronte a lei uno specchio ovale di quelli con rifinitura
antica. Alto poco meno di una persona e largo altrettanto.
Le lacrime scendevano senza sosta dai suoi occhi azzurro chiaro
che facevano netto contrasto con la cornetta nera.
Tra le mani aveva un fazzoletto. Ogni tanto tamponava gli occhi
anche se oramai il trucco era completamente andato.
Inconsciamente prese un lembo del fazzoletto e lo tenne stretto
tra i denti mentre l'altra estremità la tirava con la
mano sinistra.
Senza una parola, Blair riappese la cornetta e continuò
a piangere per sfogarsi totalmente. Terminate le lacrime anche
i singhiozzi ebbero vita breve.
Blair rimase ancora per qualche minuto seduta sul suo letto di
fronte al grande specchio ovale a guardare la sua immagine riflessa:
un'immagine di una donna distrutta, pallida in viso con il trucco
che le colava sulla faccia, una donna che ha ormai superato i
trent'anni.
Si alzò e si diresse il più vicino possibile allo
specchio per osservarsi meglio. Dal comodino lì a fianco
prese un fazzoletto di carta. Tolse completamente ogni traccia
di trucco dal viso, si soffiò il naso e quindi, dirigendosi
verso il bagno dove avrebbe fatto una lunga doccia, disse: "Mai
sentita una barzelletta così divertente".
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la parola
Elles cominciava a divertirsi. Le diverse esperienze e le diverse
reazioni di ogni persona cominciavano quasi ad essere sue. Sentiva
ogni persona che aveva guardato più vicina.
Ma mai aveva regalato un sorriso anche se nessuno l'avrebbe mai
visto. Mai una parola.
Kristen stava passeggiando assieme a Lucy per il parco della
loro città. Tutte e due erano in silenzio. Nessuna delle
due aprì bocca. Nessuna di loro pensava a qualcosa di
speciale da poter dire per iniziare un discorso.
Forse nessuna di loro voleva iniziare un discorso.
Avevano parlato forse già di tutto da quando si erano
conosciute?
Tutt'un tratto Lucy ripensò al loro rapporto. Si rese
conto senza molte difficoltà che aveva parlato quasi sempre
lei. Era sempre lei a fare domande a Kristen, era sempre lei
a parlare di qualsiasi cosa a partire dal tempo fino ad arrivare
al senso della vita.
Ma qual era la vera voce di Kristen? L'avrebbe riconosciuta tra
tante altre? Avrebbe riconosciuto i suoi pensieri? Insomma, la
conosceva questa sua amica?
Era proprio per quei motivi che Lucy non cominciava a parlare.
Aveva paura di coprire Kristen. Aveva paura che continuare a
chiedere e a parlare potesse dare fastidio all'amica.
Allora, cosa fare?
Dal canto suo Kristen guardava per terra pensando a diverse cose:
che non aveva niente di importante da dire o comunque niente
da dire. Questo era un problema: il non aver niente da dire significa
necessariamente il non comunicare e quindi l'inizio dello sfascio
di un rapporto. Niente passò per la sua mente tranne una
canzone sentita poco prima e cominciò a canticchiarla.
Arrivate al solito posto, le due amiche si sedettero. Questa
volta la tensione si poteva sentire e vedere. Una si era seduta
sulla panchina di fronte all'altra.
Entrambe alzarono lo sguardo da terra e si fissarono negli occhi.
Gli attimi sembravano interminabili. Elles era giusto in mezzo
alle due, nel punto in cui li sguardi si incrociavano. E come
una partita di tennis guardava alternativamente l'una e poi l'altra
senza risultato. Nessuna delle due aveva né cambiato espressione
né tantomeno aperto bocca.
Un soffio di vento fece accapponare la pelle a Kristen che non
riuscì a trattenere lo starnuto.
La musica di quello starnuto sembrava idilliaca. Lucy chiuse
gli occhi per ricordare ogni singolo istante di quel rumore prodotto
da Kristen.
Quindi li riaprì e le disse: "Ti spiacerebbe ridirlo?"
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il suono della
tromba
Jack e Jenny. Due ragazzi come
tanti altri. Entrambi di diciassette anni. Entrambi innamorati
l'uno dell'altra.
Mano nella mano, stavano percorrendo il
piazzale della scuola dirigendosi verso la fermata degli autobus.
Anche un'altra giornata era finita, una lunga giornata in cui
hanno dovuto sopportare di tutto tra interrogazioni, controllo
dei compiti e spiegazioni varie.
"Il profe di fisica oggi lo avrei ammazzato. Giuro. Peccato
non ci sia stata l'occasione", disse Jenny visibilmente
irritata.
"Perché? Che ti ha fatto?", chiese gentilmente
Jack stringendo a se la sua ragazza.
"Come al solito: mi ha interrogata, io ho risposto e lui
mi ha detto Non sono rimasto soddisfatto, andrà
meglio la prossima. Due meno sai con quell'aria altezzosa
che si dà sempre lui. Non lo sopporto!"
"Su, dai. Tanto questo è l'ultimo anno che insegna"
"Seee è da due anni che circola questa voce. Quello
ci sotterra tutti!"
Il tempo di pronunciare questo piccolo discorso tra abbracci,
carezze e baci vari anche in autobus pressati da molti altri
ragazzi usciti da scuola, che subito venne la fermata di Jenny.
A porte chiuse, autobus nuovamente in partenza, Jenny riuscì
ancora a comunicare che avrebbe telefonato a Jack, tramite gesti.
Non tardò molto la telefonata di Jenny che arrivò
tempestivamente dopo il pranzo. I due ragazzi terminarono il
loro racconto della giornata di scuola.
Sebbene poi Jack le raccontò che una ragazza dell'altra
sezione gli aveva chiesto se era libero, lei non si arrabbiò.
Entrambi sapevano il perché.
Terminando la telefonata, si fissarono appuntamento al solito
posto ossia il parco sotto casa di Jenny per le nove di sera.
La madre di Jack non era molto contenta del fatto che suo figlio
uscisse così spesso di casa la sera invece di dedicarsi
allo studio, ma essendo il marito morto prematuramente, aveva
sempre cercato di concedere tutto al proprio unico figlio. Era
l'unica cosa che le rimaneva e non voleva perderlo in stupidi
litigi.
Jack si presentò al parco nell'orario giusto. I due si
salutarono con un semplice bacio. I baci però si sa, sono
come le ciliegie e uno tira l'altro.
Uno sempre più intenso dell'altro. Sempre di più,
sempre di più.
Elles arrivò giusto in quel momento. Giusto quando Jack
stava delicatamente accarezzando una coscia di Jenny entrando
da sotto la gonna e mentre lei stava stringendo con entrambe
le mani il sedere del suo ragazzo tenendolo eccessivamente stretto
a lei, tanto da ridurre al minimo anche il respiro.
Bocche e lingue continuavano freneticamente. Entrambi avevano
gli occhi chiusi.
Poi, d'un tratto, Jenny lo fece smettere e lui cambiò
espressione come un bambino cui hanno tolto la caramella dalla
mano. Jenny lo afferrò per un braccio e lo portò
nella macchina.
Fu lì, nel sedile posteriore della macchina di Jack che
i due ebbero il loro primo rapporto sessuale.
"Com'è stato?", chiese lui.
"Non sono rimasta soddisfatta, andrà meglio la prossima.
Due meno", fu la risposta di Jenny.
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