Uhura-Files 1.0: Paolo "Crazy" Carnevale
Reinhold Giovanett: Intervista 16/04/1998/Uhura 4


Uhura Message 4

2000

 

Uhura-Files 1.0
Paolo "Crazy" Carnevale

Reinhold Giovanett: Paolo da quando ti conosco so, che scrivi. Ultimamente mi sembra che hai aumentato proprio di brutto la tua attivitá come scrittore.

Paolo "Crazy" Carnevale: Si, diciamo di si. Non ho mai smesso di scrivere, pero negli ultimi due anni ho incrementato moltissimo questa mia attivitá. Avevo cominciato scrivere ai tempi delle scuole elementari e poi ho continuato a fasi alterne. Pero ultimamente mi sono lanciato un po anche fuori. Diciamo dopo le prime esperienze con pubblicazioni sulla rivista Sturzflüge che é cominciato diciamo una decina di anni fa. Poi ho incrementato notevolmente questa attivitá, forse anche perche ultimamente ho smesso di scrivere di musica sui giornali e siccome ho sentito il bisogno di scrivere comunque qualcosa ho aumentato l'attivitá letteraria.

Ti senti scrittore o no?

Ma, direi di si ... abbastanza.

Ma questo sentirsi scrittore ­ questo é la domanda che volevo fare ­ é collegato al pubblicare o allo scrivere stesso? A cosa é collegato il sentirsi autore?

Penso a tutte e due le cose. Pero nel momento in cui cominci a pubblicare si mette in moto qualcosa che ti incentiva che ti fa aumentare la voglia di scrivere per aver sempre materiale nuovo da proporre. Probabilmente prima, pubblicando pochissimo o non pubblicando non ero sempre dell'umore giusto per scrivere. Ultimamente ho avuto modo di pubblicare delle cose o comunque di presentarle anche sotto forma di letture diciamo fuori casa, questo sicuramente ti da una marcia in piú per continuare a scrivere.

Qualche giorna fa al bar mi hai detto che hai scritto due ... no ... quattro racconti in un tiro e in un giorno.

Non in un giorno, ma nel giro di cinque giorni ne ho scritto quattro, insomma.

Come funziona? Ti viene l'idea e prima o poi la butti giú o scrivi e ti rendi conto dopo di quello che hai scritto?

Dunque, diciamo che solitamente scrivo e vengono fuori delle storie. Peró c'é anche come in questo caso di quattro storie in cinque giorni, non capita spesso, c'erano delle idee che mi giravano un po in testa e quindi quando hai traccia, se é il momento buono ti metti e la storia viene fuori. Perche magari sono anche traccie che rimangono li messi diciamo in frigorifero perche non vadano a male e quando é il momento buono le prendi e decidi di dargli una forma e un senso.

Io ho letto un paio dei tuoi racconti e ti ho anche sentito leggere i tuoi racconti e nella tua scrittura mi sembrano quattro i punti essenziali. Ti pregerei di commentarli tutti e quattro: il primo punto sono gli Stati Uniti, il secondo l'Alto Adige, terzo la musica e il quarto ... cos'era? ... il surrealismo, ecco.

Dunque, per quanto riguarda gli Stati Uniti é una passione che probabilmente mi dormiva dentro quando ancora ero piccolo e che poi si é svegliata col tempo e adesso ho cominciato anche a visitarli e ci torno spesso quando posso e quindi diciamo quello é un punto fermo. Ho sempre avuto la passione per il cinema americano, per la letteratura americana e per il viaggiare in America anche.

E che cos'é che ha di speciale l'America?

Non lo so ... perche, diciamo, volendo, se volessimo stare in Europa sicuramente di cose ce ne sono forse di piú a livello storico, a livello artisticho sicuramente l'America non é competitiva per niente. Quello che mi cattura penso che siano i grandi spazi e di variare le cose da vedere muovendosi anche di poco. Va bé, i chilometri si fanno, pero nel momento che sei li riesci a entrare in contatto con delle cose che magari ci sono anche qui. Per esempio le montagne mi piacono moltissimo, qui in Alto Adige non mancano e sono splendide. Pero quello che trovo nell'America sono proprio questi spazi e queste cose enormi in tutto. Qualunque cosa non é mai diciamo piccola, ma si esprime in dimensioni pazzesche. Le pianure per esempio sono estesissime, le montagne sono catene enormi, le foreste anche, i laghi, i piú grandi del mondo sono li ­ é proprio l'idea di questa espansione totale sempre in forma allargatissima e al massimo.

Allora per te gli Stati Uniti sono un luogo geografico piú collegato alla natura, alla geografia, che non le cittá come New York o gente come Burroughs per esempio.

Si, diciamo di si. Poi chiaramente girando per alcune cittá si respira, o si é respirato in passato, perché qualcosa rimarrá, qualcosa di molto forte. Una cittá per esempio che mi ha colpito tantissimo é stata San Francisco, che non a caso é una delle città piú europee degli stati uniti, cosí come lo é Boston. Sono cittá che, per quanto pocha sia, hanno una storia rispetto ad altre cittá grosse degli stati uniti. New York non é sicuramente un posto che mi da delle emozioni su cui scrivere, non ho mai avuto niente da scrivere su questa cittá. Peraltro queste cittá degli stati uniti hanno questa immensitá incredibile. La cittá non é mai la cittadina come puó essere Bolzano li la cittá é sempre una cosa smisurata. Peró direi proprio di si, la natura e comunque il fascino di una vita probabilmente standoci, abitandoci potrebbe anche non piacere, peró vista da fuori mi incuriosisce molto.

Se fai il confronto con le tue aspettative, le tue immaginazioni che avevi degli Stati Uniti con quello che hai visto poi andandoci e tornandoci, ti se sentito deluso o il contrario?

Direi sempre aspettative del tutto appagate. Mi sono sempre trovato bene nei posti nei cui sono andato. Diciamo che sicuramente lo stile di vita americano e il modo di pensare degli americani non é che sia tutto rose e fiori insomma, peró hanno un fascino particolare. Poi per quanto riguarda le piccole realtá, diciamo che in un certo senso possono richiamare la nostra, perche la nostra tutto sommato é una realtá molto provinciale, Bolzano é una cittá piccola, quindi ambiento delle storie negli Stati uniti comunque il termine di paragone é sempre Bolzano che protrebbe essere benissimo per certe situazioni una di queste cittadine delle pianure o della Sierra o della Costa anche se qui il mare non c'é. E forse qui si entra in contatto con la componente surreale di cui parlavi prima. Comunque, quando ambiento una storia in una cittadina negli Stati Uniti, per me quella cittadina comunque é sempre un pó Bolzano. Cosí come Bolzano nelle mie storia non si chiama mai Bolzano ma Bozen Town, che la fa diventare una specie di cittadina americana.

Nel Sudtirolo la cosidetta americanizzazione é vista piutosto male. Cosa ne pensi? È un male o é in sintonia con il tuo modo di pensare?

Diciamo che il problema é grosso. Noi come comunque gran parte del mondo, subiamo una sorte di colonizzazione culturale da parte dei stati uniti. Non sempre quello che ci arriva, é la parte migliore. Sicuramente ci sono delle ottime cose da prendere e di cui far tesoro della cultura americana e della vita americana. Non é detto invece che quelle cose che arrivano da noi siano quelli importanti. Per cui essere schierati totalmente a favore o contro questa colonizzazione che ci fanno subire gli americani non é possibile. Diciamo che, se il cinema, la musica, la televisione e la letteratura ci venissero trasmesse in tutte le loro forme ­ sia quelle di massa, che quelle piú sconosciute ­ la panoramica potrebbe essere piú completa.

Quale scrittore americano ti piace di piú?

Gli scrittori americani che mi piacono sono parecchi, e sono anche di generi differenti. Peró penso che tutti quanti abbiano qualcosa che gli accomuni, quantomeno il fatto che mi piacono. Il mio primo amore letterario americano é stato John Steinbeck, che ho conosciuto attraverso la musica, anche se sembra strano. Ascoltando dei dischi di cantautori americani mi sono andato a sentire delle cosa a cui loro si rifacevano, tipo Woody Guthrie, e Woody Guthrie nelli anni trenta e quarantascriveva delle canzoni che venivano associate spesso alla letteratura di John Steinbeck. Di consequenza, ascoltando questi dischi, e leggendo sulle riviste e sui libri di questo fatto, sono andato a cercarmi John Steinbeck, che peraltro avevo giá identificato, perché tra le mie passioni ci sono anche i fumetti e uno dei miei fumetti preferiti era una serie di Comic-strip americano aveva come protagonista un montanaro un pó ignorante che si chiamava Lil Abner. E l'autore di Lil Abner veniva considerato da John Steinbeck come un personaggio degno di un Nobel della letteratura. E questo leggevo nelle copertine o nei libri dedicate a questo autore. Di consequenza piacendomi Lil Abner e Woody Guthrie, mi dicevo, che mi doveva piacere anche John Steinbeck. E infatti, cosí é stato. Poi ironicamente con tanto che John Steinbeck aveva fatto per proporre Al Cap, che era il autore di questo fumetto, al premio Nobel, il Nobel l'ha preso poi John Steinbeck. E poi altri autori che mi piacono moltissimo sono i maestri della scuola nera americana, Dashiell Hammet e Raymond Chandler, che in qualche modo comunque si rifanno sempre a questa scuola letteraria, anche se é molto differente, perche magari Steinbeck para dalla gente dei paesi, delle campagne e delle montagne, loro invece parlano della cittá. Comunque, lo spirito é abbastanza vicino. Restando sempre nel genere nero americano un autore che mi piace pazzescamente e James Ellroy che si rifá abbastanza, almeno al punto di partenza, a Hammett e Chandler. Anche se poi ha sviluppato uno stile completamente suo e molto piú violento. Nei libri di Hammett e Chandler i personaggi erano molto cinici, ma alla fine avevano un fondo di bontá. Poi nel caso di Hammett, essendo lui stesso il protagonista delle proprie storie, sicuramente non si vedeva cosí cattivo come sono invece i personaggi di Ellroy di buono non hanno niente. Peró le storie sono strepitose. [continua]

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