Uhura-Files 1.0: Paolo "Crazy" Carnevale
La stampa: recensioni ed articoli su Paolo "Crazy" Carnevale e le sue opere/Uhura 4


Uhura Message 4

2000

 

Uhura-Files 1.0
Paolo "Crazy" Carnevale

Carlo Martinelli: Il collezionista di "burrini"
Daniele Barina: Bolzano - USA e ritorno



Carlo Martinelli: Il collezionista di "burrini"

Di sè Paolo "Crazy" Carnevale, bolzanino, classe 1962, dice che "scrive da quando ne è capace". Ha pubblicato numerosi racconti sulla rivista culturale Sturzflüge, per le cui edizioni ha anche curato nel 1994, partecipandovi anche in veste di auto re, un'antologia. Altri racconti sono stati nubblicati sui periodici Bibliomagazine, Giovani, Horizonte e sulla fanzine Uhura. Del 1996 è la pubblicazione dell'antologia autoprodotta "Paolo Crazy Carnevale scripsit", per la Blindness Inc., inoltre ha partecipato con successo ad alcuni concorsi letterari. Impiegato presso la biblioteca Civica del capoluogo sudtirolese, collabora a diverse testate e scrive testi creativi per la locale sede RAI. Viaggia volentieri, ascolta musica in gran quantità e ama i film di John Ford, Billy Wilder, Alfred Hitchcock e Frank Capra. Ama vivere a Bolzano e odia visceralmente il jazz. Ha tenuto letture pubbliche in Trentino, a Milano ed Vienna.
Sè lecito pensare ad un cowboy dolomitico, allora è giusto pensare a Paolo Carnevale. Che, di sua iniziativa, tra nome e cognome ha voluto aggiungere un Crazy che è tutto un (rispettabile) programma. E che qualche mese fa ha mandato nelle librerie della regione uno smilzo libretto rigorosamente autoprodotto che merita più della svelta segnalazione cui l'avevamo confinato.
A proposito: di Panamericana - questo il titolo del libro delle Edizioni Pussy Galore: nomignolo col quale la cultura westcoastiana indica una parte del corpo femminile assai citata nell'intercalare, assai poco educato, di molte persone - potete magari chiedere conto all'indirizzo e-mail dello scanzonato autore: CrazyMardigras@hotmail.com.
Di che parla Carnevale in questo suo libro? Di se stesso e dei suoi viaggi, autentica ragione di vita, fonte di emozioni vere perché capaci di regalare quegli incontri che ti danno qualcosa, che ti lasciano quelle good vibrations che Carnevale ben conosce. Verrebbe voglia di dire che i racconti di Panamericana ­ scritti in periodi diversi, riferiti a diverse destinazioni (ora il Cile, ora gli States, ora l'Argentina) ­ si portano appresso, una colonna sonora che non li lascia mai. Crazy non nasconde i suoi amori: nè quelli letterari, né quelli di viaggio: men che meno quelli musicali.
Soffia in lui il vento di quel rock blues che qualche volta deve fargli male, lo sappiamo bene. Ci sono uomini che nascono per le praterie, per le serate attorni ad un fuoco, per le canzoni di Bob Dylan che sono carta vetrata, per il cibo messicano e per un piatto di fagioli, per qualche birra e per lunghi viaggi ­ tra polvere e sudore ­ a bordo di autobus devastati dall'aria condizionata. Di questo (anche) Carnevale racconta. Con sincerità e sapendo restituirci l'unicità di certi incontri. Quando scrive del suo'incontro con l'avvocato Ally Loia al ristorante La Barbuja di Puerto Natales, in Cile: non sta solo per raccontarci l'incredibile vicenda di una contesa per l'energia elettrica ad Ultima Esperanza (ve lo figurate un posto che porta codesto nome?) ma ci mette davanti alla storia, ci trasporta lì, in quell'angolo di mondo. Carnevale ama viaggiare ed ama che il lettore partecipi alle sue passioni.
Lo fa usando anche un pò di ironia, mettendoci qualche paradosso, qua e là divertendosi pure.
Racconta ad esempio di un tipo che va in giro per il mondo a fotografare i luoghi usati per le copertine dei dischi e riesce ad infilarci persino la band Klakson, della quale è produttore.
Galleria di personaggi destinati a rimanere impressi nella memoria, Panamericana ha qualche momento di stanchezza che non inficia la bontà complessiva del prodotto (e dell'autore, che ci piace pensare come pervaso da quella bontà che solo i bluesman ruvidi e sempre in movimento possono raggiungere). Libro di musica e di polvere, Panamericana deve qualcosa a Paco Ignacio Taibo II piuttosto che a Sepulveda ma è anche la pacata conferma che il piacere di raccontare va di pari passo con il piacere di viaggiare. Nei mille incontri di Paolo Carnevale c'è l'ostinata voglia di meravigliarsi ancora e sempre, di non piegarsi alla quotidianità banale. Nei suoi luoghi e nei suoi nomi c'è l'eco di mille band americane, di fumetti e film che non si smetterebbe mai di vedere.
Tenace cowboy dolomitico capace di farsi un libro per i fatti propri Carnevale ci lascia ­ nel racconto che chiude questo lungo viaggio lungo la Panamericana ­ l'immagine di un personaggio indimenticabile. Trattasi di Herb Stankowiz, incontrato all'hotel Sam Wong di San Francisco, mentre era intento alla caccia dei suoi souvenir preferiti: i burrini quelle piccole confezioni di burro usate negli alberghi. Ci lascia con questa immagine assolutamente beat il cowboy dolomitico. Compagno di viaggio sincero.

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Daniele Barina: Bolzano-USA e ritorno

È uscita "Scripsit", opera prima di Paolo Carnevale ­ Uomini in fuga da "Bozen Town" ­ Tra le pagine una geografia della fantasia
Ai tempi dei liceo ha cominciato ad annotare storie e sogni su taccuini dai fogli a minuscoli quadretti e copertina cartonata, senza peraltro immaginare che fossero simili alle "moleskine" di Tours adoperate da Céline ed Hemingway che presto sarebbero stati imitati da Chatwin e Sepulveda. Ed inconsciamente, Paolo Crazy Carnevale, bolzanino classe '62, faceva già leggere i suoi scritti agli amici più fidati, quelli ammalati come lui d'una America che non c'era già più, quella che affiorava dai romanzi di Steinbeck o dalle canzoni di Woody Guthrie. A vent'anni da quelle magnifiche esperienze, in un certo modo evocandole. esce il suo primo libro "Scripsit", una manciata di racconti più recenti, nemmeno gli stessi che gli valgono nel'96 il terzo posto al premio internazionale milanese "Il Paese che non c'è" e la vittoria in quello livornese del' "Onda della vita".
Una verve che è maturata all'ombra del suo rifiuto per il mondo accademico, responsabile tra l'altro dell'allontanamento da "Bozen Town" d'innumerevoli conoscenti-soggetti potenziali, ma che s'è accresciuta col lavoro che Carnevale ha scelto, forse l'unico possibile, quello di bibliotecario, che ha saputo anche portare alla ribalta radiofonica regionale coi racconti delle sue giornate in questa veste. La geografia fantastica, dove da sempre ambienta le sue storie e dove l'idealizza provincia statunitense si sovrappone per incanto ai vissuti topoi trentini e sudtirolesi, ha allargato i suoi confini e s'è perfezionata grazie ai numerosi viaggi dell'autore, dal Nepal alla Patagonia e, ovvio, dalla Russia agli Stati Uniti. E se anche a voi la Volksmusik locale ricorda maledettamente quella messicana, sarà allora naturale leggere di Roswita Perez, nipote di una dama di corte partita per Ciudad Juarez al seguito di Massimiliano I d'Austria, che mette in piedi un import-export d'artigianato artistico tra la terra di Zapata e Castelrotto.
Cosi come non fareste una piega assecondando l'autore nella tesi che .sia stato Mathias Perger, il diabolico Lauterfresser di Bressanone, ad insegnare i primi accordi blues a Robert Johnson. Sulle mille storie che s'incrociano, aleggia un odore di Frankfurter, o potremmo dire ugualmente di hot dogs o perros calientes, frammisto ai profumi delle settane che l'autore insegue con scarso successo in pieno stile "beautyful looser" La scrittura di Carnevale mantiene quel giovanile istinto delle cose dette "a caldo", tipico dei diari aggiornati subito dopo i fatti e di solito in posti scomodi, su un treno in corsa o alla fermata della corriera, senza fronzoli nonostante lo scenario epico in cui si trova coinvolta.

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