Paolo "Crazy" Carnevale
Madoja!/Uhura 4

Uhura Message 4

2000

Era quanto di più inaudito mi fossi mai potuto immaginare. Quando Bronchi mi aveva chiamato agli Studios mai avrei pensato che ci fosse in ballo una storia simile.
Aveva la voce a metà tra l'affanno e la risata trattenuta, segno che non poteva ridersela di gusto perché in ufficio con lui ci doveva essere qualcuno di troppo.
Tale era l'affanno e tanto potente la risata soffocata che non riuscii a capire chi fosse il soggetto della frase. L'oggetto invece era più che chiaro: i Klakson citati in giudizio per una specie di plagio.
E chi poteva prendersela con un gruppo così underground come i Klakson?
Erano del tutto innocui e al di fuori dai grossi circuiti che nessuno si sarebbe mai sognato di scomodare un tribunale e degli avvocati per intentare loro una causa. E poi le loro vendite, tutt'altro che da capogiro, non avrebbero consentito a nessuno di cavar soldi dalle loro tasche.
Avevamo da poco terminato di registrare le ultime tracce di "I Klakson da Picchio!", uno dei dischi epocali del gruppo, e ci trovavamo tutti negli studi della Pussy Galore Records, per riascoltare le magnificenze scaturite dalle sessions, durate appena due giorni, ma come sempre ricche di idee e materiale.
Bronchi aggiunse che tutto era sotto controllo, ma che per sicurezza avrebbe convocato il nostro amico Giò, che faceva il discografico sul serio a Milano e ci avrebbe consigliati sul da farsi.
Quella sera, senza personaggi importuni nei dintorni, agli Studios, fummo messi al corrente di ciò che era successo.

Marieluise Zincone era senza dubbio l'astro nascente della musica sudtirolese. Sia ben chiaro: questo non vuol dire assolutamente che fosse una brava musicista, o che producesse cose di qualità.
Il fatto di essere famosi non consegue necessariamente dall'essere bravi, di questo i Klakson erano degli esperti, ma d'altra parte a loro di essere famosi non era ma importato un beatissimo cazzo.
Marieluise al contrario aveva deciso che sarebbe stata famosa, convinta che se fosse stato il caso la bravura sarebbe venuta da sé, altrimenti tanto peggio, ne avrebbe fatto a meno, i precedenti non mancavano di certo.
Oddio, la voce c'era per la verità, ma non si trattava sicuro di talento naturale, era una voce ben educata, frutto di anni di lezioni, punto.
Dopo qualche anno di tirocinio come "cubista" in discoteca, si era fatta notare a qualche karaoke e con l'aiuto di un gruppo di musicisti bravini si era lanciata nell'avventura musicale.
Sicura di sé quanto bastava, per un certo periodo aveva diviso il materasso con un esperto di public relations che aveva mollato dopo breve tempo, quello necessario per impratichirsi della materia e diventare il manager di sé stessa.
Se Marieluise Zincone non era un capolavoro dal punto di vista artistico, lo era senza dubbio come imprenditrice e venditrice del proprio prodotto e dopo qualche uscita in pubblico, senza strafare, aveva inciso una prima raccolta di canzoni e si era procurata una scrittura come deuteragonista in un film.
Sull'onda del successo del film aveva pubblicato la raccolta di canzoni (puntualmente inserite nella colonna sonora) e aveva cominciato a mietere un successo in culo all'altro, con apparizioni in tv, interviste sui rotocalchi, comparsate alle feste "in" di Bozen Town. In breve tempo le sue quotazioni erano cresciute tanto da superare quelle dei paladini del tyrol-powerpop, quegli Spatzenjaeger che spopolavano da anni su ambedue i versanti delle Alpi.
Marieluise Zincone, in arte Madoja, era la star assoluta, tra una canzone alla radio, un'apparizione al Open Air Festival di Bozen Town (per farsi vedere vicina alle grandi masse), una particina in una pièce teatrale (per accontentare il pubblico elitario dell'alta borghesia) ed un paio di foto senza veli sulle pagine di "Playknabe" aveva battuto quanto a presenze sulla stampa locale tutti i politici, il vescovo e i serial killer.
Nessun personaggio dello spettacolo a Bozen Town e provincia era mai riuscito a tanto, e onestamente questo merito andava riconosciuto all'avvenente ed intraprendente Madoja.
Quando poi era stata invitata ad un importante (sempre per quel che riguardava i soldi e le apparenze) kermesse canora che si teneva sulla riviera ligure, era divenuta un caso nazionale.
Nonostante le vive proteste da parte di due famosi alpinisti della zona, Madoja aveva superato in fama anche la povera mummia dell'Oetztal, e dal punto di vista estetico questo fatto era più che legittimo.
Quell'estate poi, il caso Madoja era definitivamente esploso grazie al successo internazionale "Wie 'ne Jungfrau", numero uno nelle classifiche in Osttirol, Nordtirol, Grigioni, Belgio, Minnesota e ovviamente Sudtirolo Imperfetto.
Si era scomodato persino Pippobaldo, che dalla sua villeggiatura a Cortina d'Ampezzo era sceso a Bozen Town per proporle uno show sulla sua rete televisiva privata.
Per Marieluise Zincone, in arte Madoja, era il trionfo, la consacrazione totale.
Persino un asceta del calibro di Capesius Pezzani si era fatto sorprendere a canticchiare il refrain della canzone di Madoja mentre si docciava al lido di Bozen Town.
Quale fosse il nesso che collegava tutto questo ad una modesta (quanto ad ambizioni) band quale erano i Klakson ce lo spiegò Bronchi quella sera nel silenzio degli studi della Pussy Galore Records. Bisognava fare un passo indietro, a quando il gruppo aveva tenuto uno degli ultimi concerti, prima del ritiro dai palchi del cantante del gruppo che aveva deciso di lavorare solo in studio. Si parla di quando Marieluise Zincone ballava ancora con pochi stracci addosso sui cubi delle discoteche. A quell'epoca i Klakson avevano già una nutrita lista di realizzazioni all'attivo, ed in attesa di terminare il nuovo disco di studio, avevano deciso di mettere sul mercato un live, il loro terzo.
Si era trattato di un'operazione fortunata, ai fan era piaciuto e soprattutto era piaciuto agli stessi Klakson, che amavano crogiolarsi riascoltando le proprie cose. Con la formazione a cinque (due chitarre, basso, batteria e violino) avevano stupito tutti, ovviamente anche sé stessi, ed avevano deciso di mettere quel concerto in commercio, per dare l'opportunità di sentirlo anche a chi non aveva avuto la fortuna di assistervi.
Aveva sicuramente rialzato le quotazioni della Pussy Galore Records che doveva riprendersi dal flop di un disco solista del tristo Eusebio, ed aveva creato grandi aspettative nei confronti dei Klakson che dopo un greatest hits ed un live erano attesi alla prova del nove con qualche nuova proposta.
E da lì scaturiva il problema che ora portava alla causa giudiziaria intentata dalla conturbante Marieluise Zincone.
Quel disco dal vivo dei Klakson, sottotitolato "I Klakson dal Live", su una copertina scarna con foto del gruppo tra palmizi e percussioni, recava a caratteri cubitali il titolo:
"Madoja!"

Lo studio di registrazione fu invaso da una risata plurima e spontanea quando Bronchi ci disse che Marieluise Zincone aveva querelato la band per aver usato il suo nome come titolo di un disco, accusandoci di aver voluto trarre profitto dal suo successo.
Ora, era vero che il disco era stato recentemente ristampato e faceva timidamente capolino nelle vetrine di qualche negozio, ma da qui a dire che il titolo "Madoja!" fosse una trovata per sfruttare il nome d'arte di Marieluise ne passava, tanto più che lei, all'epoca della prima pubblicazione era ben lungi dall'averlo adottato.
Il problema grosso era che i Klakson non avevano la disponibilità finanziaria per rivalersi sulla cantante ed intentare un controprocesso.
Bronchi ci spiegò che tutto era più che sotto controllo, e Giò ce lo confermò.
Si trattava solo di lasciare che Marieluise continuasse a parlare ai giornali del "plagio" effettuato dai Klakson, e nel frattempo terminare il missaggio del nuovo disco.
Nelle settimane che seguirono, Marieluise apparve ad un paio di talk-show e fece parlare in proprio favore il grande Pippobaldo, rubò la prima pagina persino al processo contro gli ex-democristiani inquisiti per concussione.
Addirittura fece un'azione dimostrativa in Piazza Walter, bruciando davanti alle telecamere della rete privata di Pippobaldo una copia del disco dei Klakson.
Si fece fotografare a seno scoperto, a mo' di amazzone nell'atto di condurre la battaglia contro il plagio, e con commozione e clamore annunciò ai media che tra qualche mese avrebbe dato alla luce una figlia cui avrebbe dato il nome di Medjugore Zincone, tenendo nascosta l'identità del futuro padre, che secondo indiscrezioni avrebbe potuto essere nientemeno che lo stesso Pippobaldo, rinvigorito da un recente trapianto di prostata.

Un mese dopo ci ritrovammo tutti in tribunale, per quello che doveva annunciarsi come il processo dell'anno. Ma con sorpresa di tutti Bronchi estrasse un incartamento ricevuto dall'editore di un vocabolarietto tascabile di termini sudtirolesi. Era una denuncia nei confronti della superstar del tyrol-powerpop.
L'editore rivendicava tutti i diritti sul termine madoja, che compariva nel suddetto vocabolario e ne rivendicava il copyright nei confronti di Marieluise Zincone.
Il giudice prendendo atto dei nuovi elementi emersi da quanto esposto da Bronchi dichiarò tolta la seduta adducendo che il processo avrebbe subito un cambio d'indirizzo.
L'aula fu travolta da un'ovazione.
Bronchi, Giò, i Klakson ed io scendemmo in strada a festeggiare, giacché quella mattina era stato distribuito il nuovo disco del gruppo, "i Klakson da Picchio!", a cui involontariamente Marieluise Zincone aveva fornito una campagna pubblicitaria che portò in giornata all'esaurimento della prima tiratura.

Una settimana dopo, nelle hit radiofoniche "Don't blame me" dei Klakson superò "Wie 'ne Jungfrau" e, come se non fosse bastato, il figlio che nacque a Marieluise alcuni mesi dopo era un maschio e non poté essere battezzato col nome previsto dalla madre, che comunque continuò ad avere un notevole successo nella sua nuova attività di editrice, avendo sedotto e sposato l'editore del vocabolarietto per non dovergli pagare i diritti sul termine da lei adottato come nome d'arte.

Paolo Crazy Carnevale scripsit,
Bolzano 2 aprile 1998

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