Uhura Message 4
2000 |
C'era una volta in un reame in fondo al
mare, una giovanissima principessa conosciuta col nome di Neurula.
I suoi regali genitori abitavano un immenso palazzo che cresceva,
cresceva senza sosta. Non si smetteva di costruire, di aggiungere
sale, cellule, corridoi, delle corti e canali sotterranei, scale
a doppia elica, per facilitare la circolazione, e anche grandi
arterie di gala o viuzze che andavano ovunque. Tutto ciò
perché l'attività principale e sempre più
frenetica, consisteva nel preparare il palazzo all'imminente
visita di un principe, "del principe", come diceva
il gran ciambellano, e che egli avrebbe dato "vita e lustro"
a tutto il reame; vale a dire, come dicevano con meno enfasi
i vecchi domestici, "che lui sceglie tra le figlie del re
quella che più gli piace per farne la sua sposa e regina".
E mentre le sorelle, assecondate da una moltitudine di domestici
si sforzavano di accrescere le loro probabilità ed il
proprio fascino (si sentiva Morula, chiedere vestiti sempre più
scollati per mettere in risalto i suoi seni prosperosi o, Blastula
che, dilungandosi, spiegava che i suoi fianchi un po' forti erano
una garanzia di fertilità e Gastrula, che non lasciava
praticamente più i fornelli, vantarsi delle sue doti culinarie)
Neurula, che era di gran lunga la più bella, la più
delicata fanciulla del reame ("e la più sexy"
mormoravano i rari camerieri ammessi nelle sue stanze), non sembrava
assolutamente partecipare a tutti questi febbrili preparativi.
Rimaneva nelle sue stanze, in cima al palazzo, mollemente adagiata
a non fare nulla. O forse, e quest'ipotesi irritava di molto
le sue sorelle, si preparava meglio così; cura con la
pigrizia, la sua diafanità sosteneva Morula; recita la
parte della "signora delle caramellaie" rognava Gastrula.
Camelie, rettificava sorridendo la regina Uterula che osservava
la più rigorosa neutralità, e che di solito, non
faceva che passare. Anche i giorni passavano, pieni e rapidi
come delle minute, o viceversa, ma che fosse per furbizia, indifferenza
o per assoluta sicurezza di se stessa, Neurula lasciava le sue
sorelle litigare e dimenarsi standosene là su, silenziosa
e bella, ad aspettare che giunga il principe e s'innamori di
lei all'istante, come nelle favole, appunto.
Finalmente un bel giorno verso mezzo giorno, il principe arrivò,
preceduto da un solo domestico, un grande negro che rideva sempre,
il quale, senz'altro guidato dal buon odore si diresse senza
esitazione verso la sala da pranzo e presentò il suo padrone
a Gastrula tutta commossa e imbrattata di sugo di pomodoro, "Sua
A'tezza Ca'lo A'mando Ma'ia Azu'o Donatô di Bo'bone Béevi..."
che il principe, ridendo pronuncio correttamente e per intero:
"Carlo Armando Azzurro Maria Donato di Borbone Belleville"
ma principescamente, permise immediatamente a Gastrula di chiamarlo
Principe Bellavita o Principe Azzurro "come meglio vi aggrada"
disse con la grazia e la noncuranza dei gran signori che, come
noto, sono al di sopra di queste piccole miserie, e ciò
detto, si accomodo a tavola mentre Gastrula turbata e incantata
non seppe dire altro che "buon appetito". Il principe
la ringraziò con un bel sorriso e sorvolò sul fatto
che questa formula non era più di moda nell'aristocrazia
e che nel suo caso era del tutto inutile. Praticamente Sua Altezza
Carlo Armando ecc... non lasciò più la tavola di
Gastrula dove di spuntino in stuzzichino si andava tranquillamente
dalla colazione alla cena senza soluzione di continuità.
Gastrula era estasiata di vedere le sue pietanze cosi apprezzate,
i domestici, anche se non vedevano che il busto del principe,
erano tutti concordi nel trovarlo incantevole, bello, grande
e nobile. Il principe era contento di patire questa dolce violenza,
opponendovi solo raramente, una resistenza di pura forma, manifestando
di tanto in tanto, l'intenzione di visitare il resto del palazzo,
il quale a giudicare dallo splendore della sala da pranzo, doveva
senz'altro presentare un enorme interesse artistico. Gastrula,
non rispondeva e si accontentava di riempirli il piatto e se
il principe insisteva troppo sull'argomento dei siti ammirevoli
che avrebbe amato visitare, il suo servitore negro, sempre in
piedi alle sue spalle, cominciava a tossire o a bofonchiare cose
incomprensibili nella sua lingua barbara, che altro non era che
broccolinese o siculo-giudeo-americano da gangster, a giudicare
dai discorsi che il domestico teneva al suo padrone appena rimanevano
soli:
"Listen now, boy, vacci piano capito? Don't fo'get pe'ché
siamo qui, righto?" "Yeah, Dick", rispondeva il
principe, "lo so che è lei che conta in questa baracca
ma insomma, prima di fissare le nozze potrei almeno fare un giro,
no? Pare che c'è n'è un'altra con delle tette così,
e un'altra ancora, tutt'in alto, bella da rincoglionire ... "
"Lo sei già rincoglionito, fulloshit testadiminchia!
P'ima il mat'imonio, capisci razza di schmuck! E poi una volta
sposato e p'op'ietario di tutto, chi ti impedisce, dì!
cazzone! di dive'ti'ti con le tue cognate, chi? Quella dell'ultimo
piano, le alt'e in basso che c'escono nel f'attempo, nice chick
too la piccola Anula, wassamatta una volta che sei sposato? Righto?
Don't gimme anymore questo crap della bella schiksa, Righto?"
Il principe annuiva, e si addormentava beato all'idea di tutta
questa felicità che lo attendeva.
Anche Neurula attendeva, tutt'in alto, ascoltando in silenzio
le descrizioni entusiaste che Tirosina, la sua cameriera più
fedele, le faceva del principe, bello, biondo e gentile, troppo
gentile forse per sottrarsi all'assedio di Gastrula, ma come
immaginare, che un uomo cosi bello potesse scegliere quella neretta
grassoccia ... No, non era possibile, il principe sarebbe salito
fin qui e vedendola non avrebbe esitato. Neurula, accennando
un vago sorriso, faceva capire che voleva rimanere sola, tranquilla,
ad aspettare; indifferente agli odori di cucina che venivano
dal basso, si preoccupava solo della sua bellezza intatta, piena
di una dolce voluttà che gli faceva ogni tanto tendere
le braccia al soffitto e la facevano sentire come scavata dal
desiderio, offerta come una bocca socchiusa. I giorni passavano
come i minuti lenti e grigi che precedono a volte l'alba e anche
l'aria della sua stanza pareva a volte impregnato d'untume e
di rumore di vettovaglie come se tutto il palazzo sotto di lei
si fosse trasformato in una immensa cucina. Passava sempre più
tempo ormai, ad immaginare l'istante in cui questo corpo sconosciuto
e desiderato si sarebbe chinato su di lei, con le braccia aperte,
le labbra tese verso questo bacio tanto atteso; e quando la spossatezza
gli faceva ripiegare le braccia e abbracciare il vuoto finiva
con lo stringere il proprio corpo, e confortandosi con le proprie
carezze non sapeva più se sprofondava nel letto o dentro
se stessa. Quando Tirosina la informò che il fidanzamento
del principe Azzurro Bellevita e di sua sorella Gastrula era
stato ufficializzato così come la data delle nozze, Neurula
rimase nella sua postura preferita, quasi del tutto ripiegata
su se stessa, e non reagì. Ma già dall'indomani
il comportamento della giovane principessa sembrò cambiare
radicalmente, si rinchiuse nella sua stanza, e non ammise più
nessuno da lei. Non rispondeva neanche alla sua fedele Tirosina,
si rifiutava di aprire alle serve che le portavano il cibo che
dovette cosi essere passato attraverso minuscole fessure, ma
soprattutto dette l'impressione a chiunque avvicinava i suoi
appartamenti che la pigrizia e la dolce noncuranza avessero ceduto
il posto ad una attività ben più frenetica di quella
che regnava negli altri piani del palazzo, dove pur non si faceva
altro che preparare incessantemente le nozze della sua rivale.
Ma cosa faceva Neurula? Secondo certe donne di servizio, passava
il suo tempo a rimpinzarsi e dai suoi appartamenti proveniva
un odore di cucina, o perlomeno che sembrava tale. "Troppo
tardi" commentavano i cuochi, gli sguatteri, e tutta la
servitù legata a Gastrula, "bisognava che ci pensasse
prima alle virtù della buona cucina, invece di languire
tutto il tempo ..." "Pensare? La mia sorellina?"
Ironizzava Gastrula "Pensare stanca, fa male al colorito,
fa venire le rughe ... povera piccola ... era cosi carina sapete
Armanduccio?" E il principe, colto a metà tra un
rutto e uno sbadiglio annuiva e le sorrideva.
Qualche tempo dopo, una giovane serva di nome Lisina, che vista
la sua statura molto minuta era riuscita ad infilare la testa
attraverso una delle fessure della stanza di Neurula, dichiarò
a Blastula e Morula che la loro sorellina era sì un po'
appesantita ma che la sua unica e costante occupazione non era
la cucina ma il lavorare a maglia. "Lavorare a maglia? Wattashitfor?"
Esternarono in coro le due principesse, che avevano preso la
detestabile abitudine di ricevere nei loro appartamenti, il domestico
del principe e stavano imparando il suo gergo, e, altre cosette
altrettanto riprovevole ma molto distraenti. "Lavorare a
maglia?" disse Gastrula, informata dallo stesso domestico
che sempre più di frequente pranzava seduto allo stesso
tavolo dei suoi padroni, "Che idea graziosa! La mia sorellina
ci offre il corredino avete capito Armanduccio?". Il principe,
alzò un attimo gli occhi dalla sua zuppa, indirizzò
un vago sorriso ad un labile punto tra la sua fidanzata e Dick,
e riprese i suoi glùglù; era ingrassato parecchio,
è vero, ma quantunque ne dicesse Dick, era ancora decisamente
troppo bello a confronto con quella bruttona panciuta che doveva
sposare.
Ben presto però, altre indiscrezioni, concordanti e inverificabili
fecero capire che semmai Neurula avesse avuto veramente l'intenzione
di fare a maglia il corredino per la futura progenie della sorella
rivale, ebbene lei vedeva grande, molto grande. All'ultimo piano
si sentiva giorno e notte un crepitio costante di ferri da maglia,
un rumore di mobili che venivano spostati, di pareti abbattute
o che crollavano sotto il peso dell'eccessiva produzione maglifera
di Neurula. Se, realmente, si trattava di lavoro a maglia, giacché
le rare anime-buone, che ancora spiavano, non riuscivano in realtà
a scorgere altro che una massa indistinta e imbrogliata di fili,
di gomitoli e di nodi inestricabili. "Chemerdaper?"
si chiedeva Dick, che era appena stato promosso segretario generale
e che dunque curava un po' di più il suo linguaggio, "Se
almeno sapessimo a cosacazzo serve, potremmo cercare di trovarle
uno sbocco, nevvero?" Il principe, che non si era mai sentito
così a suo agio da quando avevano trasformato la sua poltrona
della sala da pranzo in seggetta, sospirò, annuì
e Dick facendo spalluccia lo lasciò alla sua felicità.
"Dopotutto, cosa c'è da stupirsi che la piccola sia
Schmuck? Lo sono tutti in questo posto, altrimenti quando mai
si sarebbero fatti raggirare da questo guitto che non sa neanche
stare a tavola?" pensò Dick che come ogni "figlio
di buona donna" aveva un senso molto acuto della realtà.
Qualche giorno prima delle nozze, la regina Uterula e il re Zizyllo
IV, che per l'occasione aveva interrotto una importante partita
di caccia nonostante l'orrore risaputo di tutti i veri gran signori
(cfr. come sopra ) per i dettagli e le piccole miserie della
vita, salirono fino all'ultimo piano per convincere Neurula a
farla finita con la sua puerile musoneria e affinché partecipasse
come di dovere alle varie cerimonie e festeggiamenti. Ma nonostante
gli sforzi della numerosa scorta che li scortava non riuscirono
ad oltrepassare lo spessore della massa informe di questa "cosa"
che si accumulava, si arrotolava, si attorcigliava e si ammucchiava
in ogni minimo angolo di tutto l'ultimo piano senza lasciare
neppure un passaggio.
Il re, la regina, e la scorta, provarono tutte le strade, tutte
le scale, aprirono tutte le porte e pertugi per trovarsi sempre
davanti la stessa massa amorfa.
Ormai disperata, la regina si rivolse a quel garbuglio di fili:
"Neurula, piccola mia, mi senti? Siamo noi il tuo babbo
e la tua mamma ... cara, volevamo solo vederti ... solo un minuto
..." Non ottenne alcuna risposta. Allora il re con tono
fermo ma indulgente esclamò: "Andiamo! Che modo è
questo ! Rispondete almeno a vostra madre che si preoccupa per
voi!" Ma non si sentiva ancora nulla ... Una giovane dama
di compagnia però, affermò che sentiva, oh appena
appena, una specie di gorgoglìo, no, "è una
specie di rumore metallico" precisò un altro cortigiano.
Con un gesto il re impose il silenzio e tutti ascoltarono. Dopo
un po', si sentì il soffio asmatico del gran ciambellano,
poi, il fruscio di una veste, una risatina soffocata, qualche
sospiro e qualche scricchiolio del pavimento, cioè il
rumore prodotto dal silenzio indifferente di tutta questa gente
che ascoltava, al quale si aggiungeva un fondo sonoro lontano,
appena percettibile, o differentemente percepito, che veniva
da fuori, dai viali dove scalpitavano dei cavalli fantasmi, o
vapore, dalle grondaie dove si riunivano dei piccioni e forse
anche dai campi aldilà delle mura del palazzo dove qualcuno
cantava con una voce sottile e dolce che poteva appartenere,
pensò il re, ad una ragazza o ad un ragazzo, era altrettanto
bella, grave, ed infinita ...
"Eh, basta!" esclamò improvvisamente il re,
e dando il braccio alla regina, senza neanche degnarla di uno
sguardo, uscì seguito dalla corte sollevata e rumorosa
come una classe all'ora della ricreazione.
Ci volle una intera settimana prima che
il rumore e la confusione delle nozze, si placassero e si depositassero,
per tornare alla normale attività, alla vita quotidiana,
e che gli stessi domestici e le donne di servizio, che avevano
a suo tempo riferito rumori, indiscrezioni e supposizioni su
quello che succedeva dalla principessa Neurula, cominciassero
a diffondere le nuove nuove: non si sentiva più niente
lassù, né movimenti, né scricchiolii, né
crepitio di ferri, niente insomma. Una vecchia guardarobiera
costretta a letto il giorno del matrimonio in uno sgabuzzino
appena sotto gli appartamenti di Neurula, affermò anzi
che ogni rumore era cessato nell'istante stesso in cui le ovazioni
della folla avevano salutato l'apparizione della coppia principesca
sulla scalinata del castello. La maggior parte dei domestici
assicurò che la vecchia era sempre stata piuttosto schmuck
(il Dickese aveva fatto passi da gigante nel palazzo). Ma il
parrucchiere della regina, che era anche l'astrocartomante by
appointment di sua graziosa maestà, dichiarò che,
vero o falso, il racconto della guardarobiera era un buon segno,
molto buono anche. Questo significava che l'amarezza di Neurula
si era calmata, che la sua mania di fare a maglia sarebbe cessata
e che presto avrebbe ripreso a condurre la vita normale di corte.
In seguito pero si poté costatare che come spesso succede
con i professionisti della divinazione, il parrucchiere aveva
torto e ragione a metà. Appagata o sfinita, la bella Neurula
aveva sì smesso di fare a maglia molto probabilmente all'epoca
delle nozze della sorella, ma in un modo o nell'altro era scomparsa
nello stesso momento, perché nessuno la rivide mai più
nella sua vita "normale", e neanche sotto qualsiasi
altra forma "anormale" di vita. Qualcuno suggerì,
fra lo scherzoso e il serio, che aveva finito col fare a maglia
se stessa.
Quando, qualche anno più tardi, Dick tornò in qualità
di Mr. Richard Pricky, vicepresidente della Hoky Pokyliday Inc.
per supervisionare l'inventario del castello, parco e dipendenze
annesse che stavano per diventare il "Gran Casinò
& Golf Club Princess of Sky" ebbe la curiosità
o la delicata attenzione di assistere dall'inizio alla fine,
allo sgombero degli appartamenti della principessa Neurula; l'unica
parte del castello scampata finora alle liti tra eredi, vendite
all'incanto, rigatteria o altre forme di saccheggio per cause
naturali di valore nullo e non avvenuto. Si tirò fuori
dagli appartamenti in questione un numero, talmente elevato di
minuscoli e improbabili maglioncini che il giovane e brillante
harwardiano che aveva la carica di portaborse del signor vicepresidente
e che registrava ogni parola e prendeva nota di tutto, lo scrisse,
in mancanza di zeri sufficienti sul suo calcolatore, sotto la
forma di 10, e siccome aveva sentito tutte le frottole e chiacchiere
che costituivano la famigerata leggenda di Neurula, non riuscì
a non pensare che era curioso, strano anche, che lei avesse lavorato
a maglia tanti di quei "cosi" quante sono le stelle
censite nella nostra galassia, come se avesse voluto, chissà?
Spargere il suo amore inutile, la sua bellezza e la sua femminilità
sprecata in questa specie di ruota lattiginosa che ci sembra
polvere e che ci rende ancora più microscopici dell'infinita
perdita verso la quale era fuggita ... Ma, in quell'istante i
suoi occhi incontrarono lo sguardo freddo e leggermente sprezzante
di Dick ed ebbe la sensazione che il signor vicepresidente avesse
"sentito" i suoi pensieri, questo assurdo slancio assolutamente
fuori luogo, e farfugliò: "oh! Mi scusi Mr. Pricky,
scusatemi vi prego, mi ero distratto ... ascoltando questo canto
laggiù in quel campo di mais, si, laggiù Mr. Pricky
... mi chiedevo se è una donna o un uomo che canta, ecco
...". Dick rimase un istante a fissare la direzione indicata,
poi si girò verso il suo assistente, lo guardò
dal di sopra delle sue lenti bifocali e disse, con tono nello
stesso tempo definitivo e stanco: "E' un transistor."
(1998)
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