Lukas "Sakul" Zanotti
Appunti di viaggio attorno ad un tavolo verde/Uhura 1

Uhura Message 1

1997

1#

Poi, d'improvviso, dimentico quella frase che mi stava ossessionando, una frase che mi stava ossessionando, una frase che mi ripetevo e ripetevo e tutt'a un tratto ho smarrito, il suo discorso: sfuggito.
Mi guardo i piedi, allora, e penso che sono brutti, troppo grandi, bizzarri. Chissà se la frase parlava dei miei piedi. Non credo! (sorrido). Allora penso a qualcos'altro. Oggi è venerdì. A proposito, speriamo che mamma si ricordo del mio Shampoo. Il martedì, il giovedì e certe volte anche venerdì, appena è mezzanotte e lei sta già dormendo da un'ora, mi sfilo finalmente le mutandine (le mie preferite sono quelle di cotone bianche a puntini rossi) e osservo eccitata l'informe striscia ocra che sparse gocce di pipì e tenui residui trasudati di cacca disegnano sul loro interno. Le rovescio stendendole lentamente sul palmo della mia mano sinistra e così, piena di brividi, me le strofino soddisfatta sulla faccia tutta. Il tanfo dei miei umori penetra intenso nelle mie narici ed io quasi svengo per l'estremo piacere che provo. Devo leccarle. Con furia incomincio e laccarle indugiando là dove più forte è il sapore. Lecco le mutandine fino a renderle fradicie e mi diverto a leccare gli schizzi di saliva che lascio cadere copiosi e densi dalla mia bocca. Poi mi stufo. Metto le mutandine nella cesta della biancheria sporca e torno a letto. Spengo la luce e ritorno a letto. Il mio letto è bianco e a forma di pettine. Quando ci dormo sopra piego le gambe come un occhio. È strano, è strano. Penso le mie gambe fatte palpebre, un occhio tra le mie gambe. È strano, è strano.

2#

Ognuno di noi si crea un luogo dove poter riflettere, dove i dolori e le sofferenze ci stimolano ad immaginare come eterni i brevi attimi incoscienti di felicità, per illuderci con la speranza di poterli prima o poi raggiungere: il mio luogo pove poter riflettere è un letto. Lo so, il letto non è un posto molto originale e forse chi sta sorridendo ironicamente della mia esigua creatività non ha torto, ma è proprio perché il letto è un luogo comune che tutti noi frequentiamo più o meno intensamente, che mi sono deciso a raccontarvi la mia inquietante scoperta circa gli strani esseri che vivono dentro il materasso e il cuscino del mio letto.
Ad essere sincero non sono ancora riuscito a stabilire il loro numero: potrebbero essere molte centinaia come un solo grande corpo che si sposta con improvvisi sobbalzi all'interno del materasso e a volte anche nel cuscino. Io probendo per quest'ultima ipotesti, sia perché questa è la mia speranza (un mostro è meno preoccupante di molti!), sia perché questa è la conclusione più logica a cui sono pervenuto dopo le mie osservazioni circa le sue abitudini ed i suoi movimenti: questi sobbalzi infatti si succedono rari ed improvvisi senza mai sovrapporsi, battiti estremamente violenti ma circoscritti nello spazio e nel tempo.
Non ho sentito mai un brusio, nessuna voce, però quando batte sulle pareti del materasso è possibile percepire repentino il sordo tonfo dell'impatto, come qualcosa di pesante e schiacciato, oppresso: proprio questo rumore mi getta nell'angoscia del pensiero che innumerevoli insetti orrendi abitano il mio materasso e che divorandosi a vicenda hanno partorito deforme un'unica enorme bestia che si muove solo quando io nel buio sono sdraiato sul letto; dev'essere infatti estremamente scaltra poiché interrompe la mia salute solo quando è coperta dal buio e favorita dalla mia deboleza e incoscienza del sonno.
Spesso fingo di dormire quando invece sono ansiosamente in allerta, o mi nascondo ai lati dell'armadio e così appostato come ipnotizzato il mio letto nella speranza di sorprendere qualche cosa di sospetto, ma quell'animale schifoso intuisce sempre le mie mosse, per cui rimane tutto il tempo perfettamente immobile, invisibile, per poi colpirmi nel sonno più profondo svegliandomi di soprassalto: allora io terrorizzato non riesco piú a muovermi, sento allontanarsi a placche le mani, gli occhi disperati immobili e le orecchie, le tendo, le orecchie, per restare in ascolto del silenzio, un silenzio che mi soffoca poiché un respiro potrebbe romperlo da un momento all'altro.
Nei miei sogni, inoltre, m'immagino tranquillo sul letto, mentre lui, dentro al materasso, scava nel silenzio un cunicolo che lo porterà sino a me, afferra le mie caviglie, sale sulle mie spalle aggrappandosi alla schiena e rimane lì appiccicato. Poi mi sveglio e cerco di concepire la sua vita dentro al materasso. La sua testa sarà rivolta verso l'alto o verso i basso? Certo è angusto quell'interstizio aderente, ma proprio per questo egli avrà una cognizione e percezione dello spazio notevolmente diversa dalla nostra. Saprà parlare? No, non credo, tutte le volte che l'ho chiamato non ha mai risposto: e se tacesse per un senso d'angoscia? Per paura di me?! È ridicolo, mi rispondo sorridendo, aver paura di me è semplicemente ridicolo! Ma se lo disturbassi durante il sonno? Se col mio peso opprimessi in maniera insostenibile il suo corpicino anchilosato? Forse passa le notti terrorizzato dalle deformazioni che il suo mondo subisce a causa mia: chissà come spiegherà le mie notti agitate! E le mie polluzioni? Ieri per esempio ho bagnato il letto mentre nel sonno ero convinto di penetrare mia sorella. La contrazione dei genitali m'ha dolorosamente svegliato di soprassalto e nonostante la stanchezza ho tentato comunque d'impedire l'eiaculazione, ho cercato lo stesso di reprimermi, ma sono solo riuscito ad acuire la sofferenza: sono quindi sceso dal letto, ho acceso la luce, e con sollievo ho potuto constatare che avevo bagnato solo le lenzuola. Mi sono cambiato il pigiama, ho tolto le lenzuola, sono tornato a letto dopo aver spento la luce e ho chiuso gli occhi. Ma non dormivo. Anche lui probabilmente non dormiva: mi sentivo spiato. Mi sentivo affaticato. Sentivo marcato un tormento di solitudine: in fondo so sul suo conto altrettanto poco di quanto lui sul mio. Gli occhi mi bruciavano. Tutt'attorno un odore saturo di cortisone: stava sudando?

3 # (un sogno)

Due ragazze sono con me in questa notte estiva che stranamente trascorro piacevolmente fuori casa, tra le colline. Decidiamo e subito c'incamminiamo verso il lago per bagnarci; qui incontriamo un'altra ragazza e insieme nuotiamo e c'immergiamo (è molto bello!). Poi, usciti dall'acqua, torniamo scalzi per il sentiero scoscese e stretto tra l'erba alta e i molti petali.
È giorno, siamo diventati dei bambini e la nostra comitiva è ora molto più numerosa; un bambino sradica dei piccoli cespugli fioriti e tra la nostra curiosità schende la collina conficcandoli sull'altro lato del prato. Alcuni dicono che non cresceranno. No. Non cresceranno. Altri dicono che è possibile. Fioriranno.
Poi un bambino incomincia a cantare: "Ar-ri-va-la-ma-re-a!". Le bambine gli rispondono in coro: "La-ma-re-a-è-nel-bi-do-ne!". Bambino: "Ar-ri-va-la-ma-re-a!". Coro: "La-ma-re-a-è-nel-bi-do-ne!". Mentre questa cantilena continua io respiro il sole tra i rami, dell'ombra i raggi come rumori d'acqua, macchie di boschi sulla pelle e poi quello che mi circonda, divorato senza resitenza dal nebuloso risveglio (mi contemplo isolato adesso) e le bambine come goccioline di sudore sul fornice e penso come sarebbe bello saper inventare un gioco (in me c'é confusione, confusione). Fuori è notte estranea dal mio letto. Lentamente mi sveglio.

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