Lukas "Sakul" Zanotti
Esistono episodi decisi nella vita?, Un sogno, Una malattia (la tosse)/Uhura 5

Uhura Message 5

2000

Esistono episodi decisi nella vita?

Anche se lo sfondo è un po' sfocato ho un ricordo preciso di quel momento. Ero in bagno. Forse avevo quattro anni, forse sei, sette o forse anche di più, non so. So che ero in bagno. Nel bagno di casa mia. Di quando ero piccolo. E mi scappava la pipì. Poi è probabile che non fossi nel mio bagno. Non sono in fondo così sicuro di dove fossi. Certo era un bagno. E mi scappava la pipì. Ci penso spesso. Ultimamente ci penso sempre più spesso. Ci penso, adesso me ne rendo conto. Allora vuol dire che ci penso spesso, spesso. Potrebbe essere diventata un'ossessione? Ogni volta c'è un trambusto di particolari che si sgretolano e le briciole come lucciole, le lucciole perché si vedono solo la notte? quando sei sfinito dal sonno e non capisci mai se sono solo un sogno? Ci penso sempre più spesso. E non mi ricordo assolutamente nulla. Verosimilmente mi sto inventando tutto. Ecco perché ogni volta è differente! È tutto immaginato! Anche se a rifletterci bene è strano. Voglio dire è strano che sia tutto inventato. Perché avrei dovuto farlo? Io credo invece che mi sia realmente accaduto. Forse ero molto piccolo. Forse non ero ancora nato! E se non fossi mai nato? Quello sfondo sfocato potrebbe celare l'angusto perimetro del ventre materno. Ma io ho la certezza dello stimolo. Mi scappava. Mi scappava. Allora la faccio. Faccio la pipì. E quando passano alcuni secondi all'improvviso m'afferra tenace l'assurda idea che qualcuno potrebbe avvicinarsi. Se mi vede sono perduto! Per non correre questo pericolo m'interrompo, mi contraggo come una fitta e smetto la pipì. Non avevo finito, ma riesco a bloccarla. È una sensazione strana, bloccarla. È anche un po' doloroso, bloccarla. Ma quando si avvicina un pericolo è meglio irrigidirsi e bloccarla, penso. E ultimamente ci penso sempre più spesso. Anzi, forse è andata proprio così: mentre faccio la pipì entra mio padre e io arresto spaventato la minzione.

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Un sogno

Venne verso di me per dirmi: tu sei bello ma certe volte pallido con le narici troppo larghe e quella fronte anzi bifronte perché ieri la tua magrezza era divina vitalità e oggi invece t'uccide come un malefico morbo che ti paralizza tra le rughe del viso, il tuo viso, è strano il tuo viso, a volte è anche bello il tuo viso, triste, è triste, triste e anche irreale il tuo mutismo, ma anche saggio, colui che non risponde a nessuna domanda è saggio, è saggio perché comprende che la sua risposta è sempre sbagliata ed inadeguata per gli altri. Io dissi: non me ne importa un pizzicofico. E mi sedetti. A fianco una voce: il ricco è talmente una visione ossessiva dell'immaginario collettivo che i veri ricchi non sono che le proiezioni di questa visione e passano la loro vita imprigionati in questa personificazione. La guardai negli occhi. Pensai alle persone che modificano il loro corpo con degli strumenti. Si fanno del male. Io preferisco modificarmi con la sola volontà. E mi faccio del male. Pensai ancora: voglio uscire ma la porta scricchiola qualcosa che in principio m'è incomprensibile, poi lentamente diventa chiaro: sono le sensazioni confuse di un mio sogno: ora mi trovo nella mia stanza al buio. La luce del corridoio filtra da sotto la porta. Delle ombre si muovono ed intravedo le luci rosse dei loro occhi che sbirciano oltre la serratura. I miei genitori mi stanno spiando e mormorano qualcosa tra di loro. Apro la porta di scatto per sorprenderli e loro accovacciati s'agitano e scappano come topolini impauriti. Seguo mio padre che corre a quattro zampe e raggiuntolo lo massacro con una mazza. Quindi rientro nella mia stanza. E forse mi addormento. Forse esco nuovamente in corridoio per bastonare anche mia madre. Sono già sveglio, il sogno è finito.

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Una malattia (la tosse)

Una favola: a quel tempo non esistevano le montagne. Viaggiare era facile e piacevole, camminare procurava gioia ed ognuno gironzolava l'intera giornata senza nemmeno rendersene conto, senza sentir alcuna stanchezza. Quando però lui nacque si alzarono anche le montagne. Tutte le montagne. Era un bambino circondato da montagne. Un bambino nascosto dalle montagne. Tutte le montagne, e ogni spensierato vagare si tramutò tosto in un travaglio, ogni strada, ogni sentiero in un gravoso e assurdo itinerario: scalare, salire impietose pareti e poi subito precipitarsi a perdifiato, gettarsi dai dirupi. In poche ore tutti erano già sfiniti, stremati, e ormai anche i più testardi avevano rinunciato a spostarsi. Tutti se ne stavano seduti a maledire il giorno in cui erano nate le montagne. Tutti odiavano quel giorno e molto presto anche lui cominciò ad odiarlo. Sempre più spesso imprecava e si dannava e quando era solo e nessuno lo poteva vedere, piangeva commosso del suo destino e prometteva confuso sfide impossibili e dolorosi pentimenti per tutti, per tutti gli altri. Ma intanto le montagne alte lo coprivano e lui per farsi sentire oltre quei cumuli infiniti di pietre iniziò a tossire. A tossire, tossire e tossire e ancora tossire. Suo padre allora cominciò a picchiarlo perché quella tosse lo infastidiva. Furibondo gli ordinava di smetterla, smetterla una buona volta di tossire. Ma quella tosse ormai lui non riusciva più a controllarla e così doveva soffocarsi per non disturbare il padre. Lo portarono anche dal medico. Un dottore certo saprà risolvere questo problema, pensarono. Ma il dottore dopo averlo visitato accuratamente sentenziò ch'era sanissimo e che quella tosse proprio non si spiegava. Così invece di dipanarsi i dubbi s'infittirono. Sua madre gli chiedeva il perché, perché tossiva, e lui non rispondeva. Non voleva assolutamente far preoccupare la mamma e perciò si soffocava per non tossire, per non farla impensierire. Si sentiva in colpa dell'ansia di sua madre e come per punirsi si rintanò in un recesso, dove finì col tossire di nascosto. Dietro le montagne. Tutte le montagne. E ancora oggi vive solo, le sue giornate scandite e regolate da accessi di tosse che si perdono tra le vette.

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