Stefano Savido
La pena di morte/Uhura 3

Uhura Message 3

1998
Sono seduto, appoggio stancamente il braccio sul tavolo. Sono proprio contento, tranquillo. Un giusto riposo dopo nove ore di lavoro. Ma no, ecco qualcosa che mi turba: schifosissima, odiosissima mosca. Mi ronza strafottente intorno al naso, non ne posso proprio più. Sì, tu, piccolo insetto insignificante non puoi, anzi, dir' di più, non devi infastidirmi. Eppure dovresti sapere cosa potrebbe accaderti.
Sì, tu mi vuoi beffare, sul mio piatto ti vai a posare?
Quasi quasi mi viene un'idea. Io decreto la fine, la tua morte: mi serve un mezzo, non posso mica sporcarmi le mani, anche una giustificazione etica. Sapete, sono cattolico. Scrivo un cartello, l'appendo all'uscio: "La mosca che qui entra è punita con la pena capitale." Ora sono pronto, a me lo sciughino. La sete di giustizia è enorme, io sono la legge, sono lo sceriffo.
Ti ho vista, sei anche un po' stupida, immobile su quella immensa parete bianca, mi avvicino silenzioso e deciso. Il colpo dev'essere esemplare, una lezione per tutti. Ecco, è partito. Poff.
Lo straccio rifugge veloce dalla parete, ora ho chiara l'immagine. Un punto rosso mi s'impressiona sulla retina, non mi sembra reale ... sangue.
Il mio cane mi osserva e lì nascosto sotto il tavolo mi sembra timoroso, impaurito. Lo guardo e gli dico: "Non preoccuparti, non è successo nulla." Non mi crede, lo intuisco.
Mi volto. Quel punto è enorme, mi rovina la parete e non sarà certo una mano di calce a cambiare la situazione.
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