LA STORIA


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iuseppe Calasanzio, un prete spagnolo nato a Peralta de la Sal (Regno di Aragona, diocesi d’ Urgell) nel 1557, era giunto a Roma nel febbraio del 1592 con l'intento di sollecitare e ottenere dalla Curia romana l'assegnazione del beneficio di un canonicato in Spagna, dove prevedeva di tornare al più presto, appena raggiunto l'obiettivo. Passarono mesi e qualche anno senza risultati soddisfacenti al riguardo. Nel frattempo, la sua sensibilità religiosa e sociale lo spinse a partecipare alle iniziative caritatevoli promosse da alcune Confraternite, che gli diedero la possibilità di conoscere direttamente gli aspetti più svariati della società romana e soprattutto le condizioni di disagio, in cui viveva la “gente comune”, come egli scrisse in una sua lettera qualche mese dopo la sua venuta a Roma. Questa circostanza gli aprì scenari di povertà e di miseria sconcertanti, in netto contrasto con lo splendore della nobiltà, che pure egli frequentava.

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o colpì, in particolare, la moltitudine di fanciulli e ragazzi, che affollavano le strade della vecchia Roma, non potendo accedere, per mancanza di mezzi alla frequenza delle scuole rionali, né parrocchiali, per le quali, salvo alcune rare eccezioni, le famiglie erano tenute a contribuire col pagamento di una congrua retta annua. Senza scuola, quindi, senza istruzione, senza cultura, privi, cioè, della base fondamentale di ogni successivo sviluppo umano personale e sociale.
Il Calasanzio, che certamente si era imbattuto altre volte in situazioni analoghe diffuse purtroppo dappertutto nella società del tempo, allora ne rimase impressionato e sconcertato. Si avviò nell'intimo della sua coscienza un processo spirituale di profonda preoccupazione, che lo spinse prima a ricorrere alle autorità capitoline, ai maestri rionali, ai gesuiti e ai domenicani, che gestivano scuole superiori, perché provvedessero anche all'istruzione primaria dei ragazzi poveri, ma senza alcun successo.

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on rimaneva altra soluzione che provvedervi personalmente.
Ma come?
L'occasione propizia, il kairós della divina provvidenza, gli venne dalle visite caritatevoli che faceva come membro della Confraternita della Dottrina Cristiana. Nell'aprile e maggio del 1597 visitò la parrocchia di S. Dorotea in Trastevere e vi scoprì una piccola scuola parrocchiale, in cui la maggior parte degli alunni pagava una quota mensile e solo pochi, forse come ricompensa del servizio prestato in chiesa come chierichetti, erano gratuiti. S. Dorotea fu per il Calasanzio ciò che il suo nome indica:
un dono di Dio. Convinse il parroco a rendere gratuita la scuola e ad accogliere tutti i ragazzi, ma con preferenza i ragazzi poveri del quartiere. Egli si sarebbe fatto carico, personalmente e con la collaborazione di alcuni confratelli della Dottrina Cristiana, dell'insegnamento e di quanto necessario per il funzionamento della scuola.

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tava per compiersi una radicale rivoluzione culturale, che in nome del Vangelo avrebbe aperto una nuova epoca per l'umanità. Nell'autunno di quello stesso anno si aprirono le porte della prima scuola pubblica popolare gratuita d'Europa.

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icorderà qualche decennio più tardi lo stesso Calasanzio, nel 1623, dopo che quel seme autunnale, attraverso numerose vicissitudini di situazioni e di persone, si era già trasformato in pianta rigogliosa (nel 1622 era stato riconosciuto l'Ordine dei Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie): «L'istituto delle Scuole Pie ebbe inizio nella Chiesa di Santa Dorotea a Trastevere, accanto alla Porta Settimia, da parte di alcuni confratelli secolari della Dottrina Cristiana, di cui vive attualmente il P. Giuseppe della Madre di Dio, chiamato adesso così, e prima Giuseppe Calasanzio, di Peralta, diocesi di Urgel, del Regno di Aragona in Spagna. E quantunque lì si insegnasse in generale a ricchi e poveri, il detto Padre Giuseppe fece che si insegnasse solo ai poveri, che non trovavano chi insegnasse loro i rudimenti. Da Santa Dorotea, al principio dell'Anno Santo passato 1600, furono trasferite le scuole all'interno di Roma...».

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a ricerca del canonicato, che aveva spinto il Calasanzio dalla Spagna
a Roma, fu definitivamente abbandonata; il viaggio del 1592 fu senza ritorno: “Ho trovato in Roma miglior strada per servire a Dio con aggiutare questi poveri figlioli, né li lascerò per cosa alcuna del mondo”.

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ra nata la scuola per tutti, ma soprattutto per i figli del popolo, ispirata da un chiaro concetto organico e pratico dei bisogni a cui deve provvedere una educazione popolare. La cultura non può continuare ad essere privilegio di pochi, ma è necessario che sia estesa a tutti per il reale progresso dell'umanità. Ciò che oggi è da tutti compreso, sia pure nelle concrete difficoltà della sua piena realizzazione in molte parti del mondo, fu la grande intuizione che ispirò l'opera calasanziana per l'elevazione culturale del popolo, ma anche per diffondere i valori cristiani nella società. Quell'opera scrisse il Calasanzio in un famoso memoriale indirizzato al Card. Michelangelo Tonti nel marzo del 1621 di fronte alle numerose difficoltà che si frapponevano al consolidamento
della sua opera, costituiva “un istituto veramente degnissimo, nobilissimo, meritevolissimo, comodissimo, utilissimo, necessarissimo,naturalissimo, ragionevolissimo, graditissimo, graziosissimo e gloriosissimo”. Parole uscite dal cuore di un Santo profondamente convinto dell'efficacia trasformatrice della scuola e innamorato della propria vocazione di educatore.
«Pietà e lettere» divenne presto il motto della scuola calasanziana, anticipando il binomio “fede-cultura”, che costituisce oggi l'obiettivo fondamentale della Scuola Cattolica in ogni parte del mondo.
Ricordarlo oggi a 400 anni di distanza da quella audace realizzazione, è non solo una doverosa commemorazione, ma anche un invito a tutti gli educatori, e in particolare agli educatori della Scuola Cattolica, per rinnovare, nell'oggi della nostra storia, quella singolare esperienza avviata nel lontano 1597, che individuò nella istruzione una via privilegiata per l'evangelizzazione dei giovani.