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Prefazione

 

 

Nel suo secondo libro su Auschwitz, apparso nel 1993, Jean-Claude Pressac aveva affermato che all’istituto “Yad Vashem” di Gerusalemme è conservato «uno schedario proveniente dal campo di Stutthof (presso Danzica) con i nomi di 40-50.000 Ebree ungheresi che vi erano state spedite da Auschwitz nel giugno 1944»[1]. Nell’edizione italiana, Pressac ridimensionò ta- le affermazione, menzionando il «trasferimento da giugno sino a ottobre 1944 di 20-30.000 Ebree ungheresi, o più – non immatricolate e passate “durch Auschwitz” [per Auschwitz] –, al-lo [sic!] Stutthof (vicino a Danzica)»[2]. Poiché all’epoca la storiografia ufficiale considerava “gasati” immediatamente all’ar- rivo la stragrande maggioranza degli Ebrei ungheresi deportati ad Auschwitz, la rivelazione di Pressac apriva nuove impor- tanti prospettive storiografiche. Per questo motivo, la visita all’ex campo di concentramento di Stutthof è stato uno degli obiettivi principali del lungo viaggio di studio in vari archivi dell’Europa orientale che Jürgen Graf ed io abbiamo intrapreso nell’estate del 1997.

La ricerca si è rivelata molto fruttuosa: i documenti conservati all’Archivio del Museo di Stutthof dimostrano che, tra il giugno e l’ottobre del 1944, in tale campo furono trasferiti oltre 48.000 Ebrei – in massima parte donne –, ma il numero di quelli provenienti da Auschwitz superò di poco i 23.500, di cui poco più di 12.000 erano Ebree ungheresi. Tuttavia, con nostra grande sorpresa, abbiamo scoperto che questo fatto, comple-tamente ignorato dalla storiografia ufficiale occidentale fino alla inesatta rivelazione di Pressac, era già noto in Polonia fin dal 1967, ma nessuno storico ufficiale, a cominciare dalla redattrice polacca del cosiddetto Kalendarium di Auschwitz, Danuta Czech, aveva ritenuto doveroso farne menzione! Con questo complice silenzio, l’inganno veniva perpetuato…

La funzione svolta da Stutthof dall’estate del 1944 e la sua relazione con Auschwitz aprivano inoltre nuove prospettive storiografiche anche riguardo al significato effettivo della “soluzione finale della questione ebraica” in tali campi.

Infine l’enorme materiale documentario che si è conservato a Stutthof permette una migliore comprensione della struttura e del funzionamento anche degli altri campi.

Tutto ciò ci ha condotto alla decisione di redigere uno studio storico sul campo di concentramento di Stutthof – una decisione rafforzata dalla desolante povertà della produzione letteraria che esiste su tale argomento.

Il libro che qui viene presentato in versione italiana è apparso per la prima volta in tedesco nel 1999 col titolo Das Konzentrationslager Stutthof und seine Funktion in der nationalsozialistichen Judenpolitik (Caste Hill Publishers, Hastings, Inghilterra).

Non si tratta tuttavia di una semplice traduzione, sia perché – nel- l’edizione tedesca – era il mio contributo, redatto in italiano, a costituire una traduzione[3], sia perché ho disposto diversamente il testo – ovviamente riveduto e corretto – che ho anche in parte ampliato grazie a nuove acquisizioni documentarie.

Considerato il vuoto storiografico pressoché totale che esiste in Italia[4], il libro potrà costituire una proficua fonte documentaria di prima mano anche per coloro che non ne condividono l’impostazione.

 

Carlo Mattogno.



[1] J.C. Pressac, Les crématoires d’Auschwitz. La machinerie du meurtre de masse. CNRS Editions, Paris 1993, p. 147.

[2] Idem, Le macchine dello sterminio. Auschwitz 1941-1945. Feltrinelli, Milano 1994, p. 171.

[3] Il mio contributo è stato tradotto in tedesco da J. Graf.

[4] Le rare eccezioni sono decisamente deprimenti. Cito, per tutti, Domenico Tarizzo, che ha dedicato a Stutthof due paginette piene di incomprensioni e di errori grossolani: basti dire che egli lo rende “dipendenza” (cioè campo ausiliario) di Auschwitz e lo colloca nel Governatorato generale! (Ideologia della morte. Il Saggiatore, Milano 1965, p. 390).

 

 

 

 

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