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Olocausto: dilettanti a convegno

 

Il 10 dicembre 1993 la Fondazione Micheletti di Brescia ha organizzato un convegno sul tema Il nazismo oggi. Sterminio e negazionismo, al quale hanno partecipato i massimi esperti italiani del settore e i cui atti sono stati pubblicati nel numero 9 di Studi bresciani. Quaderni della Fondazione Micheletti nel novembre 1996. Gli organizzatori del convegno hanno reso un grande servigio alla causa della verità e hanno compiuto un’opera meritoria consentendo a cotanti luminari di esibire pubblicamente tutto il loro mediocre dilettantismo, tutta la loro ignoranza storica e tutta la loro arrogante malafede, in una parola, tutta la loro nullità intellettuale e morale; costoro hanno offerto al lettore un eloquente panorama della deprimente desolazione in cui versano, soprattutto in Italia, gli studi olocaustici, valorizzando proporzionalmente - a contrario - gli studi revisionistici.

Il convegno in questione, sebbene abbia cercato di imbellettarsi con qualche pizzico di cipria storiografica, covava una finalità fin troppo chiaramente propagandistica: si trattava di tentare in qualche modo di dare una veste scientifica alla fittizia equivalenza propagandistica tra revisionismo e nazismo, e la sua pretestuosità scientifica appare già nel programma: Il nazismo oggi. Sterminio e negazionismo. Partendo dunque dal falso presupposto aprioristico che il “negazionismo” (come i lacchè della cultura ufficiale chiamano il revisionismo storico) sia solo una forma di nazismo, i relatori dovevano “dimostrare” questo stesso presupposto e farlo apparire come “conclusione” di un argomentare “scientifico”. Niente di nuovo. La solita tattica propagandistica calunniatrice dove l’accusa di nazismo lanciata al revisionismo serve soltanto ad eludere le problematiche storico-tecniche da esso sollevate e a posare un pudico velo sull’impotenza storiografica degli olocaustisti.

Il risultato è stato inevitabilmente penoso. La pubblicazione non merita una critica approfondita, sia per la pochezza degli argomenti esposti, sia perché di alcuni dilettanti-relatori mi sono già occupato a fondo altrove[1]. Mi limiterò dunque a segnalare le nuove scempiaggini dei nostri luminari per quanto riguarda specificamente il revisionismo, tralasciando i contri-buti di contorno che servono unicamente a corroborare l’ossessione monomaniacale che ha costituito l’anima del convegno, come quello di Rinaldo Bontempi (Il neonazismo in Europa, pp.20-32,) e quello di Pier Paolo Poggio (Il negazionismo alla francese, pp.151-168), autore anche del lungo saggio che appare nella “Parte Seconda” del quaderno in questione (Nazismo e revisionismo, pp.171-286), il cui unico pregio è la lunghezza (un ottimo riempitivo per rendere più voluminosa la pubblicazione).

 

Enzo Collotti

Tralascio anche lo scialbo contributo di Enzo Collotti (I neonazisti rileggono la storia del nazismo, pp.5-19), la cui patetica risposta a Robert Faurisson è rimasta esemplare e da cui il pover’uomo è rimasto, non dico scottato, ma letteralmente ustionato[2]. A tale proposito mi limito a segnalare un paio di spropositi in cui egli, a causa della sue conoscenze olocausti- che raccogliticce, ha avuto la disavventura di incappare. Come prove a sostegno dei suoi argomenti antifaurissoniani, Collotti presenta alcune fotografie. Una reca la seguente didascalia:

«Un soldato americano osserva un forno crematorio di Auschwitz, nel quale sono ancora visibili le ossa e le ceneri delle vittime dei nazisti»[3].

Come ho già rilevato altrove[4], l’impianto ritratto nella fotografia è un forno Kori mobile riscaldato con olio combustibile, ma ad Auschwitz furono installati soltanto forni Topf fissi riscaldati con coke. Lo svarione è aggravato dal fatto che Collotti avrebbe dovuto almeno sapere che il campo di Auschwitz fu liberato dai Sovietici, non già dagli Americani!

La didascalia di un’altra fotografia recita:

«Primo piano di una stufa che veniva usata per riempire di vapori mortali la camera a gas del campo di concentramento di Strutthof»[5].

Il pover’uomo ha fornito in tal modo un brillante saggio della sua abissale ignoranza dell’argomento. Premesso che nel cam-po di Natzweiler-Struthof, secondo la tesi ufficiale, furono eseguite (pochissime) gasazioni impiegando esclusivamente il Cyanogas (calciocianammide)[6] e il fosgene[7], lo sproposito di Col- lotti si può spiegare soltanto con la confusione con il campo di Stutthof, la cui camera di disinfestazione a Zyklon B (e presunta camera a gas omicida) era sì equipaggiata con un impianto che un profano chiamerebbe appunto “stufa”, ma esso serviva soltanto a riscaldare l’aria del locale, i fumi essendo scaricati al di sopra del soffitto tramite un apposito camino.


[1] Olocausto: dilettanti allo sbaraglio. Pierre Vidal-Naquet, Georges Wellers, Deborah Lipstadt, Till Bastian, Florent Brayard et alii contro il revisionismo storico. Edizioni di Ar, 1996. Dei dilettanti italiani mi sono occupato alle pp. 217-265.

[2] Enzo Collotti risponde a Robert Faurisson, in: “Storia illustrata”, n. 262, settembre 1979, pp. 19-29.

[3] Idem, p. 27.

[4] Intervista sull’Olocausto, Edizioni di Ar, 1995, p. 53.

[5] Enzo Collotti risponde a Robert Faurisson, art. cit., p. 23.

[6] Vedi ciò che ho rilevato al riguardo in: Olocausto: dilettanti allo sbaraglio, op. cit., p. 34.

[7] Nationalsozialistische Massentötungen durch Giftgas. Eine Dokumentation. Herausgegeben von Eugen Kogon, Hermann Langbein, Adalbert Rückerl u.a. S. Fischer Verlag, Frankfurt/Main, 1983, pp. 276-277; Enzyklopädie des Holocaust. Herausgegeben von Eberhard Jäckel, Peter Longrich, Julius H. Schoeps, Argon Verlag, Berlin, 1993, II, p. 993.

 

 

 

 

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