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Pagine 56, € 6,00
L’idea
di questo quaderno è nata in modo fortuito grazie ad una sessione di ricerca
sulla rete. L’argomento sul quale cercavamo informazioni era, sia pure in
senso lato, legato all’ebraismo ed ecco comparire, fra mille altri dati, una
lunga sequela di lettere al rabbino David Yehuda C. Incuriositi abbiamo
iniziato a leggerle e subito dopo deciso per la pubblicazione. Abbiamo suddiviso
le e-mail per argomenti e scelto quelle maggiormente significative. In omaggio
alle regole della privacy abbiamo
omesso i cognomi e le città di residenza lasciando i soli nomi. Il testo, sia
delle domande che delle risposte, è stato riprodotto fedelmente, senza alcun
intervento da parte nostra, neppure per correggere gli evidenti errori di
battitura. Le risposte del rabbino ci sono sembrate pertinenti e, negli angusti
limiti tracciati dalla rigidità della dottrina, piene di buon senso. Ciò non
toglie che si tratti di un buon senso sui
generis basato e forgiato sugli insegnamenti di una religione che, vero
dinosauro metafisico, data di tremila anni. Non siamo certo in grado di
disquisire sulla bontà teologica di un tale evento, ma siamo certi che noi gentili
leggeremmo con una certa sorpresa, non disgiunta dallo sgomento, le risposte
che, nel 2002, un vero augure laureato potrebbe dare ai quesiti di un romano di
Trastevere o della Magliana sulla direzione dalla quale debbono provenire gli
stormi ben auguranti o ancora in quale modo e secondo quale prassi consolidata
vada sollevato al cielo il figlio da riconoscere o quale sia il parere ufficiale
di un sacerdote sul matrimonio fra una autoctona ed un decurione di stanza in
Pannonia. Lo sgomento sarebbe poi ancora più palpabile se il nostro dotto
augure suggerisse l’assaggio o l’acquisto di un buon garum
in vendita nel sito Caius.com.
Dalla lettura delle lettere ci è sembrato comunque che, malgrado l’apprezzato
buon senso, la tolleranza, tanto invocata ed esibita dall’ebraismo
internazionale e nostrano, non valga erga
omnes, ma assomigli molto ad una banconota frusciante e colorata pagabile
solo ad una ben determinata categoria di portatori e non certo a tutti.
Egregio
Rabbino, leggo sempre con interesse le domande e le risposte del suo spazio su
questo sito. Le confesso che sono rimasta un po’ turbata dal dialogo
intitolato ‘matrimonio misto’. Mi ha colpito (mi scuso se l’osservazione
le parrà ingenua) la rigidità ‘matematica’ con cui sia lei che il suo
interlocutore avete valutato i pro e i contro della sua presenza alle due
cerimonie in questione: come se si trattasse di una questione di sottigliezza
legale, dove non sono coinvolti gli affetti e la loro manifestazione, il
rispetto e l’accettazione nei cfr. dell’altro (quel povero sposo, peggio
d’un cane in chiesa, si direbbe!), ecc. Se penso all’esempio che vorrei dare
a dei bambini, credo che sarebbe quello dell’apertura, della tolleranza (nel
senso più alto), della conoscenza dell’altro, della non-condanna di
comportamenti anche fuori dalle regole strette,
ecc. Avrei paura di dar loro la percezione che l’”altro” è
“male”; preferirei una lezione d’amore e di apertura. Tutto questo è
incompatibile con l’osservazione dei precetti ebraici? O la sua è
un’interpretazione particolarmente ‘stretta’, e altre ve ne possono
essere? Grazie in anticipo per la risposta, sperando di non esser stata troppo
confusa.Chiara Cara
Chiara, Ti ringrazio per la tua domanda a nome di tutto lo staff di To.... Come
da me specificato nella domanda “Conversione?” “Da quanto leggiamo nelle
leggi di Noè, possiamo dedurre che
queste leggi pongono il noachismo e l’ebraismo su un piano paritario, il che
garantisce a tutti i popoli di entrare nel novero dei giusti, e di avere il
diritto al Mondo a Venire. ”Intendiamo per Noachismo coloro che rispettano le
7 leggi di Noè. Come puoi notare da quanto sopraindicato non si considera
l’essere ebreo come essere “eletto” o “migliore” ma soltanto con un
ruolo e compiti diversi. Quando parliamo di un Matrimonio, è essenziale per
ebrei di sposarsi con altri ebrei, questo non solo per rispettare i relativi
precetti ma anche per vivere in armonia con qualcuno che condivide il nostro
ideale di vita e di educazione futura per i figli. Tornando al caso in oggetto,
non si vuole senz’altro trasmettere ai figli del caro amico che ha formulato
la domanda che “l’altro è male” ma si può senz’altro dire che si, un
matrimonio misto è quantomeno sbagliato. Se si fosse trattato di un matrimonio
civile di non ebrei , non si sarebbe posto un problema per essere presenti. Il
livello di religiosità degli ebrei è molto vario, ma molte famiglie, anche se
non molto religiose, insistono perché non vi siano matrimoni misti. Dalla mia
breve ma forse intensa esperienza ti posso dire che lo sconforto dei figli di
matrimoni misti è molto alto. La loro vita è sempre marcata da un sentimento
di indecisione sul “da che parte stare” che può provocare problemi di
identità specialmente durante l’adolescenza. Non
solo i matrimoni misti sono visti con dubbio dagli ebrei, ma anche dalla
stragrande maggioranza delle religioni conosciute. In effetti l’ebraismo e la
domanda in questione era basata sulle leggi. Essendo la legge ebraica a volte
piuttosto complicata, è normale rivolgersi ad un Rabbino che per essere tale
deve essere esperto di Halacha (legge ebraica) e quindi in grado di risponde se
tale comportamento o azione può essere ritenuta legale o meno dalla stessa
Halacha. Ti
posso assicurare che non adotto interpretazioni “strette” specialmente in
questi casi molto delicati, ma quando la legge è chiara non c’è molto spazio
per l’interpretazione. Ovviamente un consiglio da un Rabbino non è
vincolante, in quanto rispondiamo personalmente e in prima persona dei nostri
errori. Nell’ebraismo un Rabbino non è altro che un ebreo e un maestro con
una particolare familiarità con le leggi ebraiche. Cordialmente
Rabbi David Y.C.
Ebrei
e assimilazione.
Perchè
gli ebrei che vivono in giro per il mondo non dicono di essere italiani,
francesi o quant’altro e aggiungono sempre la parola ebreo? E’ come se io
dicessi di essere italiana atea o italiana testimone di Geova.
So
che la domanda può prevedere una risposta infinita, tuttavia mi piacerebbe
sentire il suo parere. Grazie
Enza Cara Enza, Un cordiale ringraziamento per la tua domanda dallo staff di To.... La tua domanda è semplice e complicata allo stesso tempo. Vediamo di trovare una spiegazione semplice e nel contempo comprensibile. L’ebraismo non e’ semplicemente una religione, e’ un modo di vivere che implica un'adesione ai principi morali e spirituali che formano la base fondamentale della fede. Tra gli altri l’esistenza di un D-o unico e provvidenziale, la speranza messianica, la sopravvivenza dell’anima, la resurrezione dei morti. I principi fondamentali sono:
-
L’indissociabilita’ delle leggi morali da quelle rituali -
La necessita’ di concretizzare i pensieri tramite le azioni Gli
Ebrei sono un Popolo: Il Popolo di Israele.Il Popolo Ebraico ha la sua religione
e la sua storia. L’Ebraismo
è la sua identità Nazional-Religiosa, la sua Storia, la sua Cultura, la sua
Religione, la sua Vita (il suo Modo di Vivere)... Fondamento
dell’Ebraismo è la Torah Scritta e la Torah Orale.Chi è Ebreo?
La
Torah stabilisce chi è Ebreo e chi non è Ebreo. E’
Ebreo chi fa parte del Popolo di Israele. Fa
parte del Popolo Ebraico chi è figlio di madre Ebrea.
Se
uno nasce all’interno del Popolo di Israele (nasce figlio di madre Ebrea) è
Ebreo. Se uno nasce all’esterno del Popolo Ebraico (nasce figlio di madre non
Ebrea) non è Ebreo. E’
possibile diventare Ebrei. E’ possibile entrare a far parte del Popolo di
Israele attraverso il Ghiur (Conversione all’Ebraismo) che è un processo
molto lungo e severo perché richiede molto studio e deve essere giuridicamente
valido per la Torah. Per essere valido deve essere eseguito scrupolosamente
secondo la Alachah (Legge Ebraica) e sotto la supervisione del Tribunale
Rabbinico... La
differenza è quindi chiara, essere ebreo non significa soltanto essere di
“religione ebraica” ma far parte a pieno titolo del popolo di Israele. Tutti
gli Ebrei del mondo sono quindi fieri
di essere prima di tutto Ebrei e poi cittadini del paese in cui vivono. Alcuni
anni fa un Rabbino, riconoscendo il mio accento, mi chiese di Shabbat : “tu
sei straniero?” e io dissi si, sono Italiano. E lui mi disse no, tu non sei
Italiano. Allora, rimasi stupito insistendo di essere Italiano , e di avere
passaporto Italiano. Allora lui mi disse “Tu sei un Ebreo che viene
dall’Italia” e questo e quindi il modo giusto di definirsi, un Ebreo
dall’Italia, dall’America o quant’altro ma prima di tutto un membro del
popolo di Israele, e si secondariamente un cittadino del paese in cui vive. In
Italia, gli Ebrei sono presenti da oltre duemila anni. La loro storia è quella
più antica del mondo occidentale. Le vicende dei piccoli nuclei ebraici si
intrecciano con una varietà di situazioni particolari, molte delle quali sono
le stesse che abbiamo trovato in Italia, prima dell’unità.
La
storia degli Ebrei nel nostro Paese presenta snodi significativi; essi rimandano
a una geografia molto estesa che vede collegata Livorno a Madrid, la Padana alla
Valle del Reno, Venezia ad Amsterdam e all’oriente Ottomano. La vicenda degli
Ebrei Italiani non è priva di risvolti dolorosi, è carica talvolta di
tragedie, ma, complessivamente, ricca di fascino. Cordialmente,
Rabbi David Y. C.
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