Per la versione stampata della guida si ringrazia il Leo Club (distretto 108-A)
che ne renderà possibile la pubblicazione.
Ringraziamo della collaborazione Monica Latilla, infermiera professionale
Questa guida è stata scritta con
l’intento di fornire un’introduzione al Lupus (LES: lupus eritematoso
sistemico). Verranno discusse le differenti forme cliniche, le terapie e le
cure infermieristiche necessarie ai pazienti colpiti da questa malattia.
Diversi medici sono stati invitati a dare un contributo sull’argomento e sono
stati inseriti anche commenti da parte dei pazienti sulla propria esperienza.
Sebbene non esista una cura definitiva,
negli ultimi venti anni sono stati fatti grandi passi avanti nella ricerca
medica e nella gestione del lupus. Ci auguriamo che questa guida riesca a
fornire ulteriori elementi nella comprensione della malattia e siamo grati alle
persone citate di seguito che hanno messo a disposizione il loro tempo e le
loro conoscenze.
Angie Barwick Infermiera specializzata nel lupus
Lupus Unit - St. Thomas Hospital
Dr Graham Hughes, reumatologo
Dr Munther Khamashta,
reumatologo
Dr Tim Godfrey, reumatologo
Dr Mark
Lloyd, reumatologo
Dr Owen Box, psichiatra
Dr Tom Millard, medico ricercatore
Miss Dawn Reader, responsabile servizio
lupus
Pazienti:
Christine Taylor, Rosanne Barwick & Rebecca Hollants Van Loocke
INTRODUZIONE
Il 1998 ha segnato il 25° anniversario
della nostra Clinica per il Lupus, la prima di questo tipo in tutta Europa.
Alla base dell’organizzazione di una
clinica specializzata nel LES, sottolineo tre convincimenti essenziali:
Prima di tutto, si tratta di una
patologia troppo complicata perché sia gestita da un unico medico. In questa,
più che in altre malattie, è necessaria la collaborazione di un gruppo di
lavoro comprendente più figure specialistiche tra cui un ematologo, un esperto
di terapia intensiva, un dermatologo, un nefrologo, un ostetrico e così via.
Secondo, il lupus non è, come credono
ancora alcuni medici, una patologia rara. Infatti, solo al St. Thomas seguiamo
2500 pazienti. Questa esperienza è stata già ampiamente trasmessa
nell’istruzione di specialisti, infermieri, medici di famiglia e colleghi che
ci vengono a trovare da tutto il mondo.
Terzo, dal punto di vista dei pazienti
spesso questa rappresenta una malattia solitaria ed angosciante. Come accennato
in questa guida, le persone affette da LES hanno spesso un aspetto del tutto
sano.
Uno degli obiettivi fondamentali per un
infermiere specializzato è quello di realizzare, attraverso la conoscenza della
malattia, una comunicazione positiva ed acquisire la comprensione necessaria
nei confronti dei pazienti, dei loro parenti e del medico di base.
Angie Barwich, che è un’infermiera
specializzata della Lupus Unit al St. Thomas, segue l’aspetto infermieristico
fin dalla nascita della struttura perseguendo tale obiettivo. Sono lieto che
abbia persuaso i miei colleghi ed i pazienti a lavorare insieme per produrre
questa guida.
Dr G R V Hughes MD FRCP
Head of Lupus Unit
St. Thomas Hospital, London
Introduzione
1- Cosa è il lupus?
2- Terapie
3- Manifestazioni sistemiche del lupus
4- Valutazione clinica
5- Malattia renale nel lupus
6- Problemi cutanei nel lupus
7- Lupus e cervello
8- Lupus e gravidanza
9- Problemi psichiatrici nel lupus
10- Sindrome da Antifosfolipidi (Sindrome
di Hughes)
11- Sindrome di Sjogren
12- Fenomeno di Raynaud e Sclerodermia
1. Cosa è il Lupus?
_____________________________________________________
Il lupus è una malattia cronica che
colpisce il sistema immunitario. Quest’ultimo nel LES produce troppi anticorpi
(proteine del sangue) i quali, anziché difendere l’organismo dalle infezioni,
attaccano qualsiasi parte del corpo provocando infiammazione e, a volte, danni
ai tessuti. Gli anticorpi sono spesso diretti contro componenti del nucleo
cellulare come il DNA. Possono colpire la cute causando eritemi, attaccare la
parete dei vasi sanguigni o depositarsi nei reni, nel cervello, nei polmoni,
nel cuore, nelle articolazioni; in pratica in qualsiasi tessuto connettivo.
Nella maggior
parte dei casi la flogosi, dopo aver coinvolto questi organi o tessuti,
regredisce senza lasciare danni permanenti.
Il termine lupus
deriva dal latino ed in passato fu scelto per l’analogia tra l’eritema a
farfalla presente in alcuni pazienti e la "maschera" caratteristica
del muso del lupo o la forma del suo morso.
Interessa più comunemente
le donne in età fertile ma può svilupparsi anche negli uomini e nei bambini
(perfino nei neonati). Oggi si pensa che sia, in tutto il mondo, più comune
della leucemia, della sclerosi multipla e di molte altre malattie più note.
La causa del lupus è ancora sconosciuta,
anche se la ricerca scientifica ha indicato un certo numero di fattori
coinvolti quali l’ereditarietà, gli ormoni e alcune infezioni (incluse quelle
virali). Può innescarsi in seguito ad un’intensa esposizione solare, ad un
forte stress, all’assunzione di alcuni farmaci o ad alterazioni ormonali (per
esempio dopo il parto).
Un LES attivo è confermato dalla presenza
di una varietà di autoanticorpi che reagiscono con elementi del nucleo
cellulare e può essere diagnosticato mediante esami del sangue, misurando gli
anticorpi antinucleari (ANA) e quelli anti-DNA.
Ulteriori analisi
possono evidenziare un eventuale stato di anemia, una piastrinopenia (che può
potenzialmente provocare emorragie interne e porpora) e aumenti della VES
(velocità di eritrosedimentazione, che indica l’entità dell’infiammazione nel
tessuto connettivo). Durante la fase acuta della malattia la VES, che
normalmente è sotto 15, può superare il valore di 100.
Le analisi delle
urine (soprattutto i test per la proteinuria) sono importanti perché possono
fornire indicazioni sull’interessamento dei reni, confermato anche dai test
ematochimici, dal GFR (indice di filtrazione glomerulare) o da una biopsia
renale.
Altri esami che
servono per evidenziare l’infiammazione in fase acuta, come la proteina C
reattiva, possono restare nella norma, fornendo al clinico un utile supporto
diagnostico. Vengono controllati anche l’ENA e le frazioni del complemento C3 e
C4. Il livello di colesterolo dovrebbe essere valutato regolarmente poiché la
sua produzione può risultare aumentata. Anche la funzione tiroidea può essere
alterata.
-
Lupus Discoide e
Subcutaneo (che interessa la cute)
-
Lupus indotto da
farmaci (raro)
-
Lupus
Eritematoso Sistemico.
Queste sono le differenti forme cliniche
del lupus. Ricordiamo anche che il LES ha la capacità di mimare sintomi di
altre malattie e di manifestarsi in modo diverso da persona a persona. È una
condizione cronica di cui non si conosce la cura e che può essere mortale.
Nella maggior parte dei casi viene trattato con terapie specifiche e i pazienti
possono, passata la fase acuta della malattia, continuare a vivere normalmente.
I sintomi più comuni sono:
Stanchezza |
Dolori muscolari e articolari |
Febbre |
Astenia |
Dolore toracico |
Emicrania |
Eritemi cutanei |
Debolezza generale |
Secchezza degli occhi |
Perdita di capelli |
Flebiti |
Depressione |
2. Terapie
_____________________________________________________
Il lupus viene curato con farmaci che
possono essere raggruppati in quattro categorie, utilizzate in relazione
all’entità della malattia:
ASPIRINA E ANTINFIAMMATORI NON STEROIDEI
(FANS)
Vengono prescritti alle persone che
soffrono principalmente di dolori articolari e muscolari. Per alcuni pazienti
può essere indicato un basso dosaggio di aspirina, tra i 75 e 150 mg al giorno,
per rendere il sangue più fluido.
ANTIMALARICI:
Sono di aiuto quando sia presente un
interessamento cutaneo o articolare. Il loro utilizzo può essere sufficiente in
caso di lupus moderatamente attivo, per
evitare l’uso di steroidi. In genere sono impiegate idrossiclorochina
(Plaquenil) e mepacrina.
CORTICOSTEROIDI
Farmaci quali il prednisolone sono stati
fondamentali nel miglioramento della cura del lupus ed in alcune circostanze
restano dei salvavita. Agiscono potentemente sull’infiammazione e sopprimono le
riacutizzazioni di malattia. Il dosaggio è proporzionale alla gravità della
malattia stessa. Una volta che questa sia sotto controllo, la somministrazione
può essere gradualmente ridotta.
IMMUNOSOPPRESSORI:
Vengono ampiamente usati nelle situazioni
più serie. Quelli prescritti più comunemente sono azatioprina, methotrexate e
ciclofosfamide. Poiché questi farmaci hanno anche un’azione inibente la produzione
di cellule da parte del midollo osseo e possono, in alcuni casi, colpire il
fegato, sono necessari controlli ematici regolari, inizialmente ogni 2-3
settimane e successivamente ogni 4-6 settimane.
Nelle forme più aggressive viene
somministrata ciclofosfamide endovena, di solito nell’arco di alcuni mesi.
Per curare la trombocitopenia si
utilizzano talvolta perfusioni di immunoglobuline.
Quando il lupus
colpisce in maniera significativa la cute è prescritta talidomide per via
orale.
Per le manifestazioni più severe della Sindrome di Raynaud, quando la circolazione delle mani e dei piedi sia notevolmente ridotta, possono essere necessarie infusioni di Iloprost.
Il metil-prednisolone per via endovenosa
risulta efficace anche in caso di importante coinvolgimento articolare.
3. Manifestazioni
_____________________________________________________
4. Valutazione clinica
_____________________________________________________
E’ importante sottoporre tutti i pazienti
ad esami delle urine, tra cui ematuria e proteinuria per valutare
l’interessamento renale, glucosio per evidenziare un eventuale diabete
farmaco-indotto o primitivo.
Si dovrebbe inoltre controllare il loro peso corporeo, che può variare enormemente a causa della terapia a base di cortisone, della ritenzione idrica e della riduzione della mobilità.
Dovrebbero essere eseguiti controlli ematici regolari. Durante le
visite ed i ricoveri deve essere raccolta la documentazione clinica precedente
(esami ematochimici, radiografie, TC, RM ecc)
Prima di iniziare una terapia con
antimalarici è opportuna una visita oculistica.
Sebbene il lupus
sia raramente una malattia che crea disabilità motoria, qualcuno può aver
bisogno di aiuto per vestirsi e spogliarsi durante una visita medica o
nell'igiene personale.
Dovrebbero essere
disponibili opuscoli informativi e notizie sui gruppi di supporto per pazienti.
Devono essere
forniti al paziente chiarimenti ogni qualvolta debba iniziare un nuovo
trattamento, esame o terapia farmacologia, cercando di andargli incontro nei
suoi eventuali dubbi o preoccupazioni.
Più di ogni cosa,
le persone colpite da lupus hanno bisogno di notevole sostegno e comprensione
nell’approccio alla malattia. Spesso hanno atteso per anni una diagnosi, con
conseguente disagio ed avvilimento. Inoltre nella maggioranza dei casi il loro
aspetto apparentemente sano rende difficile a chi li circonda capire quanto
possano sentirsi male.
Questo è un punto sul quale la
collaborazione dell’équipe infermieristica può essere fondamentale, considerata
l’importanza del tempo da dedicare ad ogni paziente ed all’ascolto.
L’infermiere può provare a lavorare su queste problematiche insieme con il
paziente, che si sentirà sollevato nel poter parlare con qualcuno che possa
capire cosa sta vivendo.
In un contesto
specializzato nella cura del LES, un infermiere esperto può controllare la
terapia e rilevarne eventuale tossicità o effetti collaterali con regolari
esami del sangue. Dovrà allo stesso modo controllare la pressione arteriosa, le
urine e, se necessario, provvedere alla raccolta delle 24 ore.
Gli infermieri
sono dunque in grado di seguire con maggiore regolarità ed attenzione i
pazienti in fase acuta e di riportare ai medici ogni cambiamento della
situazione.
Un compito utile è quello di insegnare ai
pazienti l’autoesame della proteinuria.
L’aiuto offerto
telefonicamente rappresenta un ulteriore elemento essenziale nel fornire
consigli ed informazioni.
-
Imparare il più possibile sulla malattia,
in modo da poter riconoscere la comparsa di nuovi sintomi ed
informarne il medico.
-
Riposare a
sufficienza e fare esercizio fisico
-
Seguire una dieta
sana ed equilibrata
-
Evitare un’eccessiva esposizione al sole
-
Se possibile,
gestire i propri livelli di stress
-
Seguire le
indicazioni dei medici ed assumere regolarmente la terapia prescritta
5. Malattia renale nel Lupus
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L’interessamento del rene, che può
variare da una modesta proteinuria ad una glomerulonefrite acuta e
insufficienza renale, è presente in oltre il 50% dei casi. Sono necessari per
tutti i pazienti controlli regolari della creatinina nel sangue e di proteine e
globuli rossi nelle urine.
I soggetti con questa complicanza hanno
oggi una prognosi migliore grazie ai miglioramenti nelle terapie.
Ci sono state controversie sul valore
della biopsia renale nelle persone con nefrite in corso di LES. Attualmente si
considerano indicazioni per questa procedura un peggioramento della funzione
renale, proteinuria superiore ad un grammo al giorno o la presenza di sedimento
attivo nelle urine. In base alle informazioni ottenute dalla biopsia, la
nefrite lupica viene classificata secondo lo schema dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità.
Il trattamento più idoneo per la nefrite
nel lupus dipende dalla gravità delle lesioni renali. In ogni caso è
fondamentale il controllo dell’ipertensione. Per le lesioni più attive la
terapia immunosoppressiva prevede la somministrazione combinata di prednisolone
con azatioprina o ciclofosfamide.
Vengono spesso
utilizzate anche altre sostanze come la ciclosporina A ed il micofenolato
mofetile.
Attualmente particolare interesse
riscuotono gli anticorpi monoclonali, che hanno dato buoni risultati nelle
ricerche condotte sugli animali. Per le persone che non rispondono alla terapia
immunosoppressiva e che sviluppano insufficienza renale terminale, il trapianto
rappresenta un’opzione sperimentata con successo.
6. Problemi della pelle nel Lupus
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Il lupus eritematoso cutaneo mostra un’ampia varietà di manifestazioni, alle quali corrisponde un’altrettanto vasta gamma di terapie. Una forma cutanea può comparire isolatamente o essere espressione di un problema sistemico, in qualunque stadio della malattia, e si riscontra nel 98% delle persone colpite da lupus.
Il lupus
eritematoso cutaneo subacuto (LECS o SCLE) compare sotto forma di lesioni
tondeggianti rossastre e squamose sul viso, sul collo e sul torace. E’ indotto
dalla luce solare e, come l’eritema a farfalla, guarisce senza lasciare
cicatrici. Viene associato a specifici autoanticorpi presenti nel sangue, detti
anti-Ro, che potrebbero avere un ruolo nel causare queste eruzioni.
La forma cutanea
cronica comprende il lupus discoide (LED o DLE), così definito per le placche
di forma discoidale che si formano sulla pelle e sul cuoio capelluto, durature
e possibile causa di segni permanenti.
I pazienti possono sviluppare altri
problemi della pelle che non sono specifici del lupus, come rash vasculitici,
indebolimento dei capelli, bolle, ulcere delle gambe, eruzioni pruriginose. A
causa di tale eterogeneità, a volte può essere necessaria la biopsia della
pelle per una diagnosi corretta.
Per quanto riguarda il trattamento delle
manifestazioni cutanee correlate con il lupus in modo specifico (eritema a
farfalla, SCLE, DLE), l’elemento più importante è l’educazione sui danni
dell’esposizione al sole e sull’utilizzo di schermi solari. I trattamenti
topici con preparati a base di cortisone sono molto efficaci, anche se sarebbe
auspicabile che fossero impiegati soltanto per brevi periodi. Il passo
successivo consiste in terapie sistemiche con antimalarici (ad esempio
idrossiclorochina) e farmaci più potenti quali prednisolone, azatioprina e
talidomide.
Nonostante l’ampiezza delle possibilità
terapeutiche, alcuni pazienti sviluppano problemi estetici permanenti che
richiedono pertanto il parere di esperti in cosmesi.
7. Lupus e cervello
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Al pari di ogni altro organo, anche il
cervello può essere coinvolto dal lupus. Recentemente si è notato che le
manifestazioni più subdole (depressione, ecc) sono più comuni tra le persone
affette da LES rispetto a quanto si riteneva in passato.
Se, infatti, si pensa razionalmente alla
maniera in cui un encefalo "infiammato" o colpito in qualche modo può
reagire, si capisce quanto sia limitato lo spettro di manifestazioni possibili:
emicranie, depressione, turbe del linguaggio e così via, tutti sintomi che
possono comparire in vari momenti della vita di un paziente.
In parole semplici, esistono due
principali tipi di implicazione cerebrale nel lupus: quello dovuto
genericamente alla malattia ed i problemi di coagulazione associati alla
sindrome da antifosfolipidi. Per i medici è essenziale distinguere queste due
forme, poiché nel primo caso sono necessari farmaci che agiscono sul sistema
immunitario e sull’infiammazione mentre nel secondo si deve rapidamente
iniziare una terapia con anticoagulanti per facilitare il flusso sanguigno.
Studi estesi hanno evidenziato
un’incidenza di circa il 50%, che dipende ovviamente anche da quale sia
l’attenzione posta dai medici su questo aspetto. Le percentuali sono più alte
se si includono forme patologiche meno evidenti, quali alterazioni del tono
dell’umore, agorafobia ecc. Alcune tra le manifestazioni principali sono
elencate di seguito.
Sono frequenti e spesso la loro
insorgenza anticipa di molti anni la diagnosi della malattia. Possono essere
generalizzati e a volte con caratteristiche di emicrania, accompagnati da
vomito o flash luminosi. Nonostante spesso migliorino quando il LES è sotto
controllo, ci sono persone che continuano a soffrirne, mostrando resistenza
alle terapie convenzionali.
Occasionalmente il lupus esordisce in
modo eclatante e brusco con svenimenti o convulsioni, in particolare negli
adolescenti, soprattutto in presenza di febbre alta. In alcuni casi si tratta
di eventi prolungati, in altri di durata molto breve. Comunque regrediscono
quasi sempre quando la malattia è in remissione.
I pazienti possono presentare talvolta
alterazioni del movimento o tremori. Tra queste forme, una delle più conosciute
è la Corea (più nota come "Ballo di S.Vito"), che frequentemente
indirizza verso la diagnosi scorretta di febbre reumatica.
Si tratta di una manifestazione rara nel
lupus e di solito è associata alla sindrome da antifosfolipidi.
E’ una caratteristica tra le più
importanti, ma di rado individuata precocemente dal medico o dal paziente. Per
la maggioranza delle persone è difficile riconoscere quando la perdita della
memoria sia parte del normale processo di invecchiamento e quando sia
patologica. Test psicometrici possono essere utili nell’individuare un problema
serio, fatto particolarmente importante nei soggetti con sindrome da
antifosfolipidi, per i quali un deficit di memoria può a volte rappresentare la
caratteristica principale, conseguenza di piccoli trombi cerebrali. In tali
pazienti si nota spesso un miglioramento repentino appena intrapresa la terapia
anticoagulante.
Sono descritti in dettaglio nel capitolo
9.
Oltre agli usuali esami del sangue, che
valutano l’attività del lupus, possono essere necessarie indagini che
stabiliscano un eventuale coinvolgimento del cervello. La più importante tra
queste è la risonanza magnetica, che permette di esplorare le strutture
cerebrali distinguendo l’effetto di trombi da altre condizioni patologiche.
Di frequente è richiesto anche un
elettroencefalogramma (esame che valuta l’attività elettrica del cervello).
In caso di gravi problemi o reali
difficoltà diagnostiche può essere effettuata una puntura lombare per escludere
che un’infezione secondaria abbia colpito
cervello e midollo spinale.
Se si sospetta un interessamento
cerebrale su base trombotica viene intrapresa una terapia adeguata con
aspirina, warfarin o eparina. Se invece si pensa che il problema rientri nelle
manifestazioni sistemiche del lupus stesso, in genere si aumentano le dosi di
cortisone per brevi periodi. Recentemente è stato suggerito che per il lupus
cerebrale grave l’aggiunta di un immunosoppressore come la ciclofosfamide
risulti estremamente utile nell’accorciare la durata della complicazione.
Escludendo le persone che hanno subito
più ictus, per le quali il danno può essere irreversibile, in genere la
prognosi del coinvolgimento cerebrale nel lupus è molto buona. Anche per coloro
che presentano forme estreme quali schizofrenia o convulsioni, terapie
appropriate permettono un recupero totale con ottime possibilità di tornare ad
uno stile di vita normale.
8. Lupus e gravidanza
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Quando il lupus è in fase di remissione
la gravidanza non comporta un rischio particolare per la madre né per il feto e
ormai non viene più sconsigliata in modo sistematico.
La fertilità è solitamente normale nelle
donne che hanno il LES, tuttavia le riacutizzazioni della malattia,
un’insufficienza renale avanzata e alcuni farmaci (ad es. ciclofosfamide),
possono causare disordini mestruali.
Il rischio di trombosi venosa profonda
nelle donne affette da lupus che usano anticoncezionali orali è un po’ più alto
rispetto a quello della popolazione generale ed aumenta ulteriormente se sono
presenti anche gli anticorpi antifosfolipidi (anticorpi anticardiolipina e/o
lupus anticoagulante)
Pratica comune è sconsigliare l’utilizzo
di contraccettivi contenenti estrogeni in caso di positività di
antifosfolipidi, mentre i preparati a base di solo progesterone sembrano
sicuri.
La frequenza delle recidive di malattia
nelle donne incinte è leggermente superiore rispetto a quella delle altre
pazienti. Queste riattivazioni compaiono durante il secondo o terzo trimestre
della gravidanza e, più frequentemente, subito dopo la nascita del bambino. In
generale sono moderate e riguardano soprattutto articolazioni e pelle.
Tuttavia, nel 10-20% dei casi, possono insorgere gravi complicanze che
interessano organi vitali.
Nelle donne con nefrite lupica stabile la
gravidanza non compromette la funzione renale a lungo termine, sebbene
la nefropatia possa manifestarsi per la
prima volta durante la gravidanza stessa. Molti sintomi del LES sono però
difficili da valutare (perdita dei capelli, formazione di edemi, eritemi
facciali, affaticamento, anemia, aumento della VES, dolori muscolo-scheletrici
ecc) poiché possono essere presenti anche in una normale gestazione.
La distinzione fra riacutizzazione renale
e preeclampsia è fondamentale. Entrambe presentano caratteristiche cliniche
simili quali edemi, ipertensione, proteinuria. La presenza di altri sintomi del
lupus, la riduzione delle frazioni del complemento C3 e C4, la comparsa di
sedimento urinario e così via permettono di riconoscere una fase attiva.
Quest’ultima è associata ad un aumento di parti pretermine ed a ritardi nella
crescita del feto. La patologia renale può predisporre alla comparsa di
preeclampsia, a difficoltà nello sviluppo intrauterino ed a perdite fetali.
Per queste ragioni un trattamento
appropriato è indispensabile.
Quindici anni fa il dottor Hughes
descrisse per la prima volta una sindrome clinica caratterizzata dalla presenza
di anticorpi circolanti contro i fosfolipidi (vedi "Sindrome di
Hughes", capitolo 10). Una delle manifestazioni principali della sindrome
nelle donne è l’aborto, tipicamente nel secondo trimestre. Il meccanismo che
conduce
alla perdita del feto è ancora poco
chiaro. La causa più probabile è la trombosi dei vasi placentari e la terapia
anticoagulante ha infatti migliorato in modo significativo l’esito delle
gravidanze. Attualmente è noto che il fattore di rischio più importante per
l’aborto nelle donne affette da lupus è la presenza di questi autoanticorpi.
Le pazienti ed i medici non specializzati
rimangono spesso sorpresi nel constatare che molti dei farmaci usati
normalmente contro il lupus sono considerati sicuri anche durante la
gestazione. Si tratta di prednisolone, azatioprina (Imuran), idrossiclorochina
(Plaquenil), FANS (antinfiammatori non steroidei) e aspirina a basse dosi. Per
le donne con anticorpi anticardiolipina o lupus anticoagulant è possibile usare
eparina sottocute, che non attraversa la placenta.
La gravidanza in corso di LES può essere
seguita con maggiore competenza in strutture specializzate, dove ci sia
contatto tra diversi specialisti e dove sia possibile monitorare l’attività di
malattia, lo sviluppo fetale, il flusso arterioso uterino ed ombelicale. Tutti
questi esami, in mani esperte, guidano nell’eventuale decisione del momento
migliore per il parto.
La malattia nel feto e nel neonato è
considerata un modello di acquisizione passiva di autoimmunità, in cui si
ritiene che alcuni autoanticorpi (anti-Ro) prodotti dalla madre,
nell’attraversare la placenta, siano in grado di provocare a volte eritemi o,
raramente, danni al tessuto cardiaco di conduzione nel feto.
Il lupus neonatale viene così definito
perché le lesioni cutanee del bambino assomigliano a quelle caratteristiche del
LES. Compaiono in genere due-tre settimane dopo la nascita e si risolvono senza
trattamento dopo circa sei mesi. In casi molto rari questi bambini possono
avere problemi al sistema di conduzione che regola il battito cardiaco. Questa
circostanza è conosciuta come blocco cardiaco congenito ed è solitamente
irreversibile. La maggior parte dei bambini che manifestano questa condizione
richiede un pacemaker cardiaco. Dovrebbe essere sottolineato il fatto che,
nonostante gli anticorpi anti-Ro siano presenti nel 25% dei pazienti con lupus,
il rischio di blocco cardiaco congenito è molto basso (meno del 2%)
E’ infrequente che l’allattamento sia
controindicato nelle donne con lupus, tuttavia le pazienti sottoposte a terapia
con 30 mg o più di prednisolone e con il neonato in buona salute potrebbero
considerare la possibilità di un latte artificiale, per il rischio teorico di
soppressione del sistema neuroendocrino del bambino. Nessuno tra i farmaci
citotossici (ciclofosfamide, azatioprina o methotrexate) impiegati nelle forme
severe di LES è utilizzabile durante l’allattamento. Al contrario, gli
anticoagulanti (usati frequentemente nella terapia delle persone con trombosi
associate agli anticorpi antifosfolipidi) rimangono farmaci sicuri.
9. Problemi psichiatrici nel LES
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Lo spettro di potenziali problemi psicologici e psichiatrici che interessano le persone affette da LES è molto ampio. Questi possono essere il risultato dell’attività di malattia, che frequentemente colpisce anche il cervello, oppure parte degli effetti generici di una patologia cronica e debilitante. Infatti, sintomi quali stanchezza o dolori muscolo-scheletrici possono contribuire alla comparsa di alterazioni del tono dell’umore e di frequente sono alla base dell’insorgenza di depressione sia nei soggetti ospedalizzati che non.
L’idea di un disturbo psichiatrico può risultare stigmatizzante, specialmente se il soggetto, il medico coinvolto o gli infermieri sono convinti che i sintomi siano solo parte della malattia o in qualche misura “immaginari”.
L’incidenza di
problemi psichici, in particolare depressione o ansia, è maggiore nelle persone
con LES rispetto ai controlli (tipicamente giovani donne). Può essere
complicato per i pazienti nella routine ambulatoriale spiegare problemi così
delicati e complessi, ma vale la pena porre attenzione al benessere complessivo
della persona oltre all’aspetto della salute fisica.
E’ spesso difficile stabilire se
manifestazioni come affaticamento o mancanza di energia siano di origine fisica
o "mentale" e d’altra parte l’utilità di questa distinzione è molto
limitata, poiché questi aspetti spesso coesistono, esacerbandosi l’un l’altro.
Una soluzione, comunque, è quella di studiare le cause potenzialmente
trattabili e in seguito occuparsi degli altri sintomi con un approccio focale
del problema.
Il lupus neuropsichiatrico, cioè la forma
che aggredisce in modo diretto il sistema nervoso centrale, è presente in
percentuali che vanno da un terzo a due terzi dei pazienti, a seconda dei test
diagnostici usati per la verifica. Gli effetti possono essere difficili da
quantificare, poiché variano in poco tempo (in una settimana o anche in un
giorno). Il processo patologico alla base può dipendere dal deposito di
immunocomplessi nel sistema nervoso e dal verificarsi di vasculiti o ictus.
Il lupus può
inoltre causare crisi di tipo epilettico, perdita di memoria, psicosi. Le
ragioni di questi sintomi neurologici e psichiatrici sono tante e necessitano
di indagini adeguate, soprattutto perché l’efficacia dei farmaci tipicamente
usati in psichiatria, quali neurolettici (chiamati anche farmaci antipsicotici
o tranquillanti maggiori) e stabilizzatori dell’umore (litio o sostanze utili
anche nell’epilessia come la carbamazepina) può essere limitata, mentre una
risposta migliore è possibile trattando le cause alla base del problema.
Gli stessi
corticosteroidi possono indurre stati depressivi, confusionali o di euforia ed
altri effetti secondari minori, tra cui difficoltà di concentrazione, mal di
testa e alterazioni dell’umore.
Per complicare
ulteriormente la situazione, sintomi neuropsichiatrici si riscontrano spesso
anche quando gli indicatori biochimici di malattia (VES ecc) non sono
alterati.
Sono abbastanza
frequenti storie di brevi stati confusionali (deliri) o psicosi, con
offuscamento della coscienza, agitazione, paure, allucinazioni visive e
uditive, idee paranoiche (di persecuzione). Come già accennato, queste
condizioni hanno una durata breve e di solito durano solo ore o giorni prima di
scomparire.
Occasionalmente
il lupus può dare origine a malattie simili alla schizofrenia o a disturbi
bipolari (episodi depressivi alternati a episodi maniacali).
Una piccola parte
dei pazienti, col passare del tempo, può sviluppare demenza, accompagnata da
perdita di memoria recente, cambiamenti di personalità, problemi di linguaggio
o di coordinazione.
Il trattamento
degli aspetti psichiatrici del LES dipende ovviamente dalla gravità dei sintomi
e dalla possibilità di distinguerne una causa direttamente o indirettamente
attribuibile al lupus oppure a problemi coesistenti. Alcune forme patologiche
sono di durata breve, limitate e richiedono solo rassicurazione ed un breve
supporto. Qualora compaiano sintomi duraturi, ricorrenti o comunque causa di
disagio emotivo, è opportuno il riferimento ad uno psichiatra.
Entrando in
contatto con pazienti particolarmente provati è importante indagare, con un
certo tatto, se abbiano la sensazione che non valga la pena vivere o
addirittura idee suicide.
Supporto o psicoterapia,
come terapie cognitivo-comportamentali o più strettamente analitiche, possono
essere molto utili. La terapia cognitivo-comportamentale presenta il vantaggio
di essere breve e focalizzata ad un problema specifico, ha di solito una durata
compresa fra otto e venti settimane e si è rivelata molto efficace per quei
pazienti la cui sensazione di fatica non derivava chiaramente da motivi fisici.
Nel caso di altre
complicanze neuropsichiatriche, l’intervento dello psichiatra o dello psicologo
può essere di aiuto per valutare eventuali deficit cognitivi o di memoria.
Questi possono richiedere test psicometrici accurati, in grado di identificare
problemi funzionali, tra cui disturbi visivo-spaziali o del linguaggio.
I mezzi di
diagnosi per immagini, quali risonanza magnetica e tomografia computerizzata,
oltre alla registrazione dell’attività elettrica cerebrale (EEG), forniscono
informazioni estremamente importanti.
In futuro saranno
sempre più utilizzate tecniche diagnostiche come la PET (tomografia ad emissione
di positroni), che permette uno studio della funzionalità cerebrale e della
struttura anatomica.
10. Sindrome da Antifosfolipidi
(Sindrome di Hughes)
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Nel 1983 fu descritta dettagliatamente,
da un gruppo di ricerca dell’Ospedale St. Thomas di Londra, una sindrome
caratterizzata dalla tendenza all’eccessiva coagulazione del sangue. Le
manifestazioni principali erano trombosi ricorrenti sia venose sia arteriose
(comprese quelle in sedi delicate come il cervello, con conseguenze
potenzialmente molto serie) ed una varietà di altri sintomi - vedi tabella.
Per le donne in gravidanza affette dalla
sindrome esiste un elevato rischio di aborto ricorrente, probabilmente causato
dalla trombosi dei piccoli vasi placentari.
1. TROMBOSI VENOSA (Es. trombosi di una vena della gamba) |
Trombosi venosa ad un braccio Trombosi venosa renale Trombosi venosa oculare o cerebrale |
2. TROMBOSI ARTERIOSA |
Coaguli nell’arteria di una
gamba/infarto ecc. |
3. ABORTI |
Aborti ricorrenti dovuti a trombosi
placentare |
4. ALTRE CARATTERISTICHE |
Piastrinopenia (occasionalmente) Livedo (eritema cutaneo dall’aspetto di
un reticolo) Emicrania |
5. TEST EMATICI |
Anticorpi antifosfolipidi |
L’elemento diagnostico è fornito dalla presenza di anticorpi nel sangue noti come anticorpi antifosfolipidi, evidenziabili con esami ormai divenuti standard nei controlli dei pazienti con LES.
Gli antifosfolipidi sono strettamente coinvolti nel rischio trombotico, ma i meccanismi con cui agiscono non sono ancora ben chiari. Questi anticorpi sono diretti contro i fosfolipidi delle membrane cellulari (e delle piastrine) ed è stato dimostrato che sono in grado di alterare sia la coagulazione sia altre proprietà del flusso sanguigno.
Nella maggioranza dei laboratori sono
possibili almeno due test: quello per rilevare la presenza di anticorpi
anticardiolipina ed il cosiddetto lupus anticoagulante. Quest’ultimo termine
deriva dall’iniziale erronea associazione con una tendenza al sanguinamento
eccessivo. E’ ormai chiaro che si trattava di un’osservazione sbagliata, che
oggi è solo fonte di interpretazioni scorrette. C’è notevole similitudine tra i
due test ma, poiché un piccolo numero di pazienti risulta positivo solo ad uno
dei due, è opportuno che siano eseguiti entrambi.
Il cervello è spesso colpito da questa
sindrome. L’esordio più drammatico è rappresentato dall’ictus.
Si riconosce ormai che la sindrome di
Hughes è un’importante causa dell’insorgenza di ictus e si pensa che sia
responsabile della sua comparsa in più del 20% dei soggetti con età inferiore a
quaranta anni. La scoperta della sindrome ha portato nuove informazioni e nuovi
incentivi agli studi scientifici riguardanti l’ictus in genere. Questo può
manifestarsi in modo improvviso e traumatico oppure gradualmente, con mal di
testa, difficoltà di linguaggio, debolezza ad un braccio (nel caso dei
cosiddetti attacchi ischemici transitori o TIA). Fonte di preoccupazione per la
persona che viene colpita e chiaramente di vitale importanza, il problema è da
indagare subito con esami diagnostici e da trattare appena possibile (di solito
con anticoagulanti).
Oggi si ritiene che in molti pazienti il
coinvolgimento cerebrale sia presente in maniera più subdola e per alcuni una
storia di graduale perdita della memoria, l’uso di parole errate o di un
linguaggio contorto precede la diagnosi di mesi e a volte persino di anni. Una
delle caratteristiche più evidenti in questa forma di malattia è il
miglioramento che si nota con l’uso degli anticoagulanti e, al contrario, la
ricomparsa dei sintomi in caso di scoagulazione insufficiente.
Una caratteristica frequente è
l’emicrania, che spesso anticipa la diagnosi di molti anni. Infatti, non è raro
per i pazienti ricordare forti emicranie durante il periodo adolescenziale.
Molto raramente la malattia si manifesta con disordini del movimento come la
Corea ("Ballo di San Vito").
In caso siano
colpiti i centri della vista o tratti del nervo ottico sono possibili anche
disturbi visivi e, più difficilmente, la perdita della vista. Se viene
coinvolto il midollo spinale, può esserci debolezza delle gambe.
La trombosi delle arterie coronarie causa
un tipico dolore toracico e può scatenare, in ultima analisi, un "attacco
di cuore". E’ ormai accertato che la Sindrome da Antifosfolipidi
rappresenta una causa importante e potenzialmente prevenibile di cardiopatia
ischemica. Questa sindrome può, occasionalmente, coinvolgere le valvole
cardiache, a volte in modo lieve (soffi cardiaci) ma anche molto seriamente,
con problemi di respirazione e anomalie evidenziabili mediante ecocardiografia.
La trombosi può colpire teoricamente
qualsiasi organo, compresi fegato, milza, reni, ghiandole surrenali,
determinando ogni volta problemi clinici differenti. Una manifestazione rara è
quella causata dall’interessamento delle arterie che alimentano le
articolazioni, in particolare quelle dell’anca, ed infatti la frattura dell’anca
(per necrosi avascolare) è un evento che si riscontra in un certo numero di
pazienti con APS.
Il valore normale delle piastrine è di
150000 o più. Molte persone con la Sindrome di Hughes hanno un numero di
piastrine che oscilla intorno a 100000 tuttavia, se questi livelli scendono al
di sotto di 40000-30000, è possibile la formazione di ematomi e aumenta in
proporzione anche il rischio di emorragie.
I problemi connessi alla gravidanza, come
la tendenza agli aborti ricorrenti, sono stati descritti dettagliatamente nel
capitolo 8.
Gli anticorpi sono diretti contro
molecole composite costituite da fosfolipidi e proteine. I meccanismi
attraverso i quali questi anticorpi provocano la trombosi restano ancora dubbi,
ma sono attualmente in corso molti studi in questo particolare settore.
È ovvio che
eventuali altri fattori di rischio già noti in precedenza, come la pillola
anticoncezionale ed il fumo, aumentano le probabilità che si sviluppi una trombosi.
Esiste una componente genetica come nel
lupus e si tratta, allo stesso modo, di una malattia autoimmune che causa una
produzione anomala di anticorpi. Sebbene possa talvolta essere considerata una
variante del LES, nella maggior parte dei casi la sindrome rimane nella sua
forma primitiva senza progredire nel tempo.
La terapia prevede l’utilizzo di
anticoagulanti. Per i pazienti che presentano manifestazioni meno gravi, ad
esempio emicranie, di solito viene suggerito un basso dosaggio giornaliero di
aspirina (75mg). C’è invece disaccordo sulla forma di terapia più indicata per
coloro che, pur con livelli anomali di antifosfolipidi, non hanno mai avuto
trombosi. Si potrebbe supporre che queste persone non abbiano bisogno di alcun
trattamento, ma un numero crescente di medici ritiene che valga la pena
utilizzare l’aspirinetta, considerati gli effetti collaterali minimi rispetto
ai potenziali benefici.
Infine, per
quanto riguarda le persone con importanti manifestazioni trombotiche,
specialmente in caso di ictus, la terapia anticoagulante dovrebbe mantenere un
valore di INR intorno a 3 (in parole semplici, il sangue dovrebbe essere tre
volte meno denso del normale). In questi pazienti la terapia anticoagulante
deve essere praticata probabilmente per tutta la vita. I vantaggi che si
ottengono diagnosticando la malattia e trattandola sono infatti enormi, così
come i rischi che derivano dal non riconoscerla e non curarla.
Una condizione fondamentale è che la
diagnosi e la terapia siano condotte con estrema precisione, in modo da evitare
il rischio di ulteriori trombosi.
Come già accennato, l’impatto maggiore di
questa scoperta si è prodotto nel campo della neurologia e dell’ostetricia.
Donne che in precedenza avevano aborti multipli per ragioni "ignote"
possono ora portare a termine gravidanze con successo.
11. Sindrome di Sjogren
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Henrik Sjogren era un oculista svedese
che descrisse la secchezza degli occhi e della bocca che a volte si manifestava
in persone colpite da lupus o da altre forme di artrite. Per molti pazienti con
il lupus si tratta di uno
dei sintomi più fastidiosi, per di più
non sempre ovvio da considerare. Questa condizione è dovuta alla presenza
di un’infiammazione delle ghiandole
salivari e lacrimali, che con il tempo riducono la produzione di secrezioni.
Ne esistono due forme: primaria e
secondaria. Nel primo caso le caratteristiche della sindrome sono l’elemento
dominante, nonostante possano manifestarsi infiammazioni in altre aree (ad es.
alle articolazioni).
La sindrome si dice invece secondaria
quando è associata ad altre malattie autoimmuni, come lupus o artrite
reumatoide.
Sì - uno studio recente ha suggerito che
possa esserne colpita una persona su trenta.
In generale no. La maggior parte delle
volte rappresenta più un fastidio che altro. Tuttavia, possono essere necessari
trattamenti abbastanza intensi quando i sintomi sono complicati o invalidanti.
Ci può essere anche appannamento della
vista, che può far preoccupare ma che si risolve appena gli occhi vengono
inumiditi battendo le palpebre o con gocce di collirio.
Esistono diversi
modi per stabilire l’entità della secchezza della bocca e degli occhi. Per
quanto riguarda la xeroftalmia, il più semplice consiste nel porre una striscia
di carta assorbente a contatto con gli occhi verificandone il grado di
imbibizione (test di Shirmer). L’oculista può anche controllare se gli occhi
sono asciutti osservandoli con una lampada speciale, utilizzando particolari
gocce.
Per la bocca è di
solito sufficiente un’osservazione attenta, sebbene più raramente possa essere
suggerita una biopsia delle ghiandole salivari minori all’interno delle labbra
(spesso eseguita in anestesia locale). Anche gli esami del sangue possono
essere utili perché rendono possibile evidenziare l’ipotetica presenza di
autoanticorpi (proteine che reagiscono contro i tessuti del proprio corpo)
detti Ro ed La.
Purtroppo non esiste una cura rapida per
la Sindrome di Sjogren, ma il problema tende a ridursi quando il lupus o
un’eventuale altra malattia associata sono sotto controllo. Comunque, per alleviare
i sintomi possono essere adottati semplici accorgimenti, ad esempio una buona
igiene orale e l’uso di collutori risultano efficaci nella prevenzione, mentre
masticare gomme senza zucchero può stimolare la salivazione. Recentemente
alcuni ricercatori hanno evidenziato, in via sperimentale, l’efficacia di
sciacqui con soluzioni a base di cortisone. Per la secchezza degli occhi,
lacrime artificiali e gel rappresentano un aiuto. A volte possono essere
opportune procedure sui dotti lacrimali.
12. Fenomeno di Raynaud e
Sclerodermia
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E’ causata dalla riduzione di afflusso di
sangue alle estremità, generalmente alle dita delle mani e dei piedi, che a
volte può estendersi anche alle orecchie ed al naso. Lo stimolo scatenante è di
solito un cambiamento di temperatura o uno stress.
Le estremità diventano prima bianche, poi
possono apparire bluastre ed infine di colore rosso acceso, a volte con
notevole dolore o con una sensazione di intorpidimento o formicolio.
Nella sua forma PRIMARIA compare spontaneamente in persone di ogni età. Può essere ereditaria, abbastanza moderata e colpisce più spesso le donne.
La sindrome SECONDARIA è meno comune ma più seria e precoce. In questo caso una diagnosi accurata è fondamentale, poiché si accompagna a patologie quali sclerodermia, lupus, sindrome di Sjogren o artrite reumatoide.
Il TRATTAMENTO è difficile. In caso di
dolore intenso o di ulcere alle dita viene consigliata una terapia farmacologica,
i cui effetti però sono molto variabili. Per molti pazienti, quindi, la
soluzione più pratica può consistere semplicemente nell’indossare un paio di
guanti caldi.
È una malattia del sistema immunitario
che colpisce i vasi sanguigni ed il tessuto connettivo. La pelle, in genere
delle mani e dei piedi, diventa rigida, bianca e lucida a causa del gonfiore e
dell’ispessimento del connettivo che diventa fibrotico e cicatriziale. Gli
organi interni possono essere colpiti con lo stesso meccanismo. I pazienti con
sclerodermia possono avvertire secchezza delle mucose sia orali che oculari,
gonfiore o dolore addominale, difficoltà nella deglutizione, stanchezza e
mancanza di energia, debolezza, perdita di peso, dolori muscolari ed articolari.
La dermatosclerosi localizzata (Morphea)
si presenta in zone isolate della pelle, non interessa gli organi interni ed è
una forma clinica relativamente lieve. Spesso si sviluppa nell’infanzia e può
condizionare lo sviluppo di un arto.
TERAPIE
Non esiste un farmaco "magico".
E’ molto utile l’esercizio fisico per conservare l’elasticità della pelle,
delle articolazioni coinvolte ed una buona irrorazione sanguigna. La cura della
cute ha come obiettivo il mantenimento
di un corretto apporto di sangue e
questo, a sua volta, serve a trattenere calore alle estremità. Può anche
aiutare l’utilizzo di saponi, creme e oli specifici.
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