Mi sono recato in un Cimitero di Roma per rendere omaggio alla memoria di un amico.

Dopo aver dato un rapido sguardo d'attorno, mi sono alfine soffermato davanti a una tomba.

E lui! E' l'amico al quale ho voluto rendere personale testimonianza di stima e di affetto venendo a fargli visita.

Intorno a questa tomba ho trovato diverse signore, dai capelli d'argento e dal portamento elegante, che a turno hanno depositato dei fiori.

Una giovane ragazza bionda, dai bellissimi occhi azzurri e dalla figura avvenente, si chiede: «Chi riposa in quella tomba?»

Io allora l'ho presa per mano, l'ho portata leggermente in disparte e le ho chiesto: «Come ti chiami ragazza?» Ed essa: «Il mio nome è Margherita ed ho vent'anni». Le ho replicato: «Margherita, qui riposa in pace Rossano BRAZZI, il "Signore del Bel Cinema", amato ed idolatrato in vita, per il suo fascino, da tutte le donne del mondo e messaggero ovunque del buon gusto e del sano stile italiano».

Da questo episodio scaturisce la monografia che ho inteso dedicare all'artista il quale, sia in Patria che all'Estero, ha sempre espresso al meglio la tradizione del sano Cinema Italiano e degnamente onorato il nostro Paese.

Primi passi, tra Sport, Teatro e Goliardìa

Rossano Brazzi nacque a Bologna il 18 settembre 1916 da Adelmo, un impiegato dell'Istituto ortopedico «Rizzoli» e da Maria Ghedini, donna intelligente e bellissima. Il nome di battesimo gli scatuei dal fatto che il padre, quand'eglí venne concepito, era in servizio militare a Rossano V-eneto (è il periodo della Prima Guerra Mondiale).

«Sono stato un sognatore sin dall'età'di cinque anni», egli ha detto. A quell'età, infatti, era già solito recitare poesie agli amici di suo padre quando si era tutti insieme a cena. Queste esibizioni poetiche si svolgevano a Firenze, dove la famiglia Brazzi- si era trasferita quando Rossano era ancora un bambino.

Suo padre possedeva una fabbrica di pellami e Rossano, come i fratelli minori Oscar e Franca, andava spesso a dare collaborazione nellavoro.

Non aveva ancora dieci anni quando gustò l'ebbrezza dei primi applausi in una recita scolastica. Racconta Rossano al riguardo: « ... Ovviamente, io ero l'interprete principale ... Cantavo e recitavo, e ricordo come avessi preso la cosa molto seriamente ... ». Quella piccola recita che sarebbe dovuta durare due soli giorni in un modesto teatro locale si protrasse, invece, per quasi tre mesi con rappresentazioni effettuate in tutta la Toscana.

Da allora e durante tutto il periodo scolastico e degli anni universitari egli dedicò gran parte dei suoi interessi al Teatro interpretando, tra l'altro, il ruolo di Giannetto nella «Cena delle beffe» di Sem Benelli.

Divenuto giovane, Rossano trascorse gran parte del tempo dedicandosi a diversi sports: calcio, nuoto, tennis, golf, scherma e pugilato. Si dimostrò particolarmente efficace nel calcio, dove arrivò ad essere assunto, nel ruolo di portiere, dalla Fiorentina, dove restò per due anni.

Nel periodo universitario si impose anche come pugile dilettante, arrivando a disputare anche alcuni incontri tra i professionisti. Era un peso medio: a quell'epoca (metà degli anni "trenta") pesava 70 Kg. Al riguardo egli affermava: «Facevo il pugile non perché ero bravo ma perché mi sentivo molto forte e vedevo gli avversari pigri e deboli. Feci una scommessa con i miei amici che sarei divenuto Campione Italiano. Vinto il titolo avrei detto loro 'grazie e arrivederci' perché non volevo mai fare il boxeur».

La vera causa del suo distacco dal pugilato è una storia drammatica, la riferisce David 0. Selznick: «Il suo primo incontro fu vinto ai punti in sei rounds. Anche il secondo fu una vittoria, ma rasentò la tragedia e lo costrinse ad abbandonare il ring. Combatteva contro un ex compagno di scuola, Mario Tinelli. Al primo round Brazzi mise al tappeto l'avversario con un gancio sinistro. Tinelli si rialzò ma commise un errore: si scopri il viso. Brazzi lo colpi ancora con un potente diretto destro. Tinelli perse conoscenza, cadde sulle corde e batté la testa sullo sgabello del lato ring. Ebbe una emorragia cerebrale e restò in pericolo di vita per diversi giomi. Quando gli venne assicurato che Tinelli sarebbe guarito, Brazzi appese i guantoni al classico "chiodo" e diede per sempre l'addio alla Boxe».

Negli anni successivi, durante la sua attività di attore, egli continuò a praticare costantemente sports atletici. Durante un pranzo d'onore in occasione della "Prima" di un film della Scalera, Brazzi si trovava in compagnia di altri attori. C'era anche Primo Camera, ospite del pranzo ma protagonista di un altro film, il quale invitò Brazzi a cimentarsi in una sfida a "braccio di ferro". Brazzi accettò e sconfisse il gigante di Sequals.

Le radici della sua carriera artistica affondano all'autunno del 1934, quando Brazzi era studente del I' anno di Legge presso l'Università 'San Marco" di Firenze.

Già a 17 anni egli aveva come unico obiettivo la laureq in Legge ma proprio a quest'età strinse amicizia con alcuni studenti che formavano il "Gruppo Teatrale dell'Università". Cominciò a frequentarli fino a quando non venne convinto ad interpretare una parte nel dramma "La Casa" di Síro Angeli, nel ruolo del 'Tigliuol prodigo". Considerò questa esperienza come un vero e proprio "hobby", senza serie pretese e la protrasse per un altro anno.

Nel 1937, ventunenne, conseguito il diploma di laurea in Legge, fu mandato dal padre a fare pratica in Roma, presso lo studio legale dì un vecchio avvocato amico di famiglia. Roma, a quel tempo più che mai centro della vita teatrale italiana, non tardò a riproporgli nello spirito un intenso fervore verso il Teatro. Aderì, così, alla compagnia teatrale diretta dalle due famose attrici In-na ed Emma Gramatica.

I primi successi con questa compagnia li ottenne interpretando "La nemica" di Dario Nicodemi, "La fiamma sacra" di W.S. Maugham e "Processo e morte di Socrate" a fianco di Ermete Zacconi.

«Tutto è incominciato nel 1934 - ricorda Rossano - Allora avevo diciassette anni, frequentavo il liceo a Firenze ed abitavo nella zona di San Jacopino, nell'antico palazzo "Margherita". Fu proprio in quel periodo che conobbi Maria De Bernardis che aveva sedici anni. Nonostante la sua giovane età, lei dimostrava di avere una maturità superiore a quella delle sue coetanee.

Fu lei a farmi capire di gradire la mia presenza. Mi chiedeva, inoltre, di uscire con lei. Questa amicizia durò per qualche anno.

Successivamente, io mi laureai in giurisprudenza e, come già detto, mi trasferii nella capitale.

A Roma studiavo e trascorrevo ore e ore nell'ufficio di un noto legale, amico di mio padre, per iniziare a fare "pratica".

Avevo perso i contatti con Maria. Una notte, però, stranamente successe un avvenimento che cambiò la mia vita.

Feci uno strano sogno. Vidi Maria che correva con slancio verso di me e gridava con gioia: «Ci sono belle novità per te».

Il giorno seguente quando giunsi nello sOdio legale, mi fu comunicata una visita._A Roma non conoscevo alcuno, così cominciai a chiedermi chi potesse essere. Di lì a poco mi trovai di fronte un signore molto distinto il quale si presentò come Renato Simoni, che in un secondo tempo seppi essere il direttore del "Corriere della Sera", non ché critico e autore teatrale: «Voglio che tornate a Firenze» ' prosegui: «Vi ho visto recitare in una rappresentazione teatrale studentesca e sono rimasto colpito dalla vostra sicurezza in scena. Voglio offrirvi una buona opportunità». Seguitò: «Mi piacerebbe farvi recitare in uno spettacolo che parteciperà al Maggio Musicale Fiorentino, accanto ad attori come Gino Cervi, Andreina Pagnani, Rina Morelli e Paolo Stoppd». Si trattava dell'«Aminta» di Torquato Tasso.

Pochissimi mesi dopo mi trovai sui palcoscenico a fianco dei più famosi attori del teatro italiano.

Questa felice occasione mi spalancò le porte dello spettacolo.

Memore del sogno, cercai di mettermi in contatto con Maria. Riuscii a parlare con la sorella. Quando ci incontrammo, per prima le chiesi di Maria e lei mi rispose: «Maria non c'è più, si è ammalata di leucemia e ci ha lasciato in pochi mesi». Io sentii un brivido e un grandissimo dolore. Soggiunsi: «Quand'è accaduto?». Seppi che Maria era scomparsa pochi giorni prima che mi apparisse in sogno. Poi la donna aggiunse: «Vi debbo consegnare questo da parte di Maria. Un piccolo involucro di carta in cui era conservato un anello d'argento».

Rossano Brazzi lo infilò al dito mignolo della mano sinistra e lo porterà, senza mai privarsene, fino al giorno 23 dicembre 1994, quando i medici di una clinica romana, dove era degente per una grave malattia virale, glielo tolsero. Il giorno seguente (24 dicembre) si addormentò per sempre.

Nel 1940 Rossano Brazzí contrasse matrimonio con una giovane ragazza fiorentina, Lydia Bertolini. Molto simpatica, magra, aveva molti pretendenti. Ella, però, scelse Rossano.

La signora Lydia, pochi anni dopo ebbe una grave disfunzione endocrinale, ingrassando eccessivamente. Detta alterazione le impedi di avere figli. Questo, forse, sarà l'unico cruccio di Rossano, il quale desiderava ardentemente di avere un erede.

La moglie Lydia fu una presenza fondamentale della vita di Rossano, soprattutto nel periodo in cui varcò l'oceano. L'attore fu lanciato in Ameríca come l'erede di Rodolfo Valentino. Lydia si conquistò un posto di primadonna nella società hollywoodiana. Non era bella, piaceva soprattutto per il suo senso dell'umorismo, una dote con cui riuscì anche a disannare le focose ammiratrici del marito. Tra le tante, l'attrice messicana Maria Felix (partner di Rossano nel film 'Ta Corona Nera"), ritenuta all'epoca una delle donne più belle del mondo. La diva, innamorata pazza di Rossano, arrivò al punto di offrire alla moglie tutti i suoi gioielli pur di averlo per sé. La signora Lydia non si scompose e raggelò la Felix con una frase: «Se vuoi comprare mio marito, devi chiederlo a lui se ci sta!».

L'episodio fece presto il giro del mondo, alimentando la fama di seduttore di Rossano, ma conferinando anche la dura solidità del vincolo del matrimonio, sebbene Lydia abbia chiuso un occhio su qualche scappatella del marito.

Ricostruire la carriera artistica di Rossano Brazzi richiederebbe moltissimo tempo e sarebbe necessario esperire numerose ricerche in Italia e all'estero. Egli, infatti ha avuto una cospicua attività. E protagonista in ben 263 pellicole. senza contare le opere teatrali e televisive.

Tentiamo di fare un accurato esame.

Coine precedentemente scritto. Brazzi fu richiamato sulle sponde dell'Arno col cuore colmo di speranze e di attesa per essere presente al Maggio Musicale Fiorentino.

Terminata la stagione tornò a Roma presso lo studio legale per fare eli nuovo---pratica---.

Quaìche mese dopo, però. Michele Scalera si affrettò a siipulare un contratto col nostro per una serie di films che incontreranno grande successo di pubblico e di critica.

Roma era il centro della vita teatrale e Brazzi non tardò ad inserirsi. Aderi anche ad una compagnia drarrirriatica guidata dalle due famose sorelle Irma ed Emma Gramatica, come già esposto.

I primi successi con la predetta compaernia li ottenne interpretando ---LaNernica---, di Dario Nicodemì e "La Sacra Fiamma---. di Somerset Maugham.

Dopo l'8 settembre 1943, con la conseguente occupazione tedesca, Rossano tornò a calcare le tavole del teatro con compagnie prestigiose, interpretando "Otello", "Malanime" e "Francesca da Rimini".

Il suo nobile cuore, poi, lo portò a trasformare la sua casa in un rifugio per militari americani evasi, dai campi di concentramento, nel tormentato periodo della guerra che dilaniava le contrade d'Italia.

Il dopoguerra segnò un più vigoroso rilancio della sua attività cinematografica.

A questo punto Rossano diviene a tutti gli effetti un attore Hollywoodiano. Infatti nel 1954 interpreta, per la Twentieth Century Fox, il film "Three coins in the fountain" (Tre soldi nella fontana) con attori famosi: Clifton Webb, Louis Jourdan, Dorothy MacGuire, Maggie MacNamara, Kathleen Nesbitt, Jean Peters e Howard St. John.

Il film è diretto da Jean Negulesco e viene premiato con due Oscar: uno per la colonna sonora e l'altro per la fotografia; è distribuito negli Usa, in Giappone, in quasi tutti i Paesi europei, tanto è vero che in Germania, a Dússeldorf, assiste alla proiezione una bellissima fanciulla bionda dagli occhi di mare: Ilse Fischer, la quale rimane affascinata da Rossano.

Ricorda, infatti, ella: «Mi sembrò subito il mio uomo ideale, il principe azzurro sognato dalle adolescenti e decisi che sarei venuta in Italia per conoscerlo. Però fui ostacolata da mio padre, un ingegnere molto rigoroso dal punto di vista etico, che cercò in tutte le maniere di scoraggíare il mio progetto e farmi ragionare. Io però non lo ascoltai e, appena racimolai il denaro necessario, partii alla volta di Milano. Uì iniziai a lavorare in qualità di indossatrice.

Successivamente mi trasferii a Roma. Un giorno, però, ebbi in un film di Federíco Fellini una particina e a Cinecittà, finalmente, coronai il mio sogno. Riuscii ad incontrare Rossano Brazzi. Mi apparve più affascinante di come lo avevo visto sullo schermo, ma alla bellezza univa altre doti che mi convinsero ulteriormente: la signorilità e l'onestà. Infatti Rossano si rese conto di avere di fronte una giovanissima ragazza innamorata di lui, ma non approfittò mai della mia situazíone. Mi disse: io sono un uomo sposato, tu sei una bella e brava ragazza e devi aspirare ad avere quella famiglia che io non posso darti".

«Io avevo, però, già deciso di dedicargli la mia vita. Senza di lui sarei stata infelice. Non avevo intenzione di rinunciare ad un sogno che per incanto si era realizzato. Così accettai di vivere nella sua ombra, accontentandomi dei suoi ritagli di tempo: sebbene la sítuazione fosse molto difficoltosa.

Il nostro legame fu vissuto con grande dignità, caratterizzato da un clima di romanticismo, molto caro a Rossano. Egli, però, si preoccupava sempre, ribadendo che non avrebbe mai lasciato sua moglie Lydia. lo tuttavia gli rimasi sempre vicina perché lo amavo disperatamente».

Rossano Brazzi, sempre nel 1954, per la regia di Joseph L. Mankiewicz, interpreta il film 'THE BAREFOOT CONTESSA" (La contessa scalza). Un cast di attori eccezionali: Humphrey Bogart, Ava Gardner, Edmund O'Brien, Mary Aldon, Diana Decker, Geltrude Flynn, Valentina Cortese, Bianca Fusari, Alberto Rabagliati, Franco Interlenghi e Enzo Staiola.

Ricorda Brazzi che Ava Gardner, una delle più belle donne del mondo, durante la lavorazione del film si mostrò molto bizzosa e irascibile (per motivi personali) tanto che lui ed anche Bogart dovettero spesso intervenire per placarla.

1955 - SUMMERTIME (Tempo d'estate), diretto da David Lean, colonna sonora di Alessandro Cicognini, con Katharine Hepburn, tra le dive più grandi ed importanti di Hollywood (7 Oscar). Gli altri interpreti: Isa Miranda, Mary Aldon, Darren MacGavin, Andre Morell, Jane Rose, Virginia Simeon e Jeremy Spencer.

Quando Rossano Brazzi vide per la prima volta la Hepburn, non gli fece una bella impressione, tanto è vero che disse al regista: "Come farò a recitare una scena d'amore con questa attrice!".

Invece, iniziato il primo "Ciak", diventò tutto diverso. Fu un periodo meraviglioso. "Mi dovetti ricredere - afferma Brazzi - era una donna sorprendente ed eccezionale".

Durante la lavorazione del film, Rossano fu colto da influenza e Katharine che aveva perso la testa per lui, piombò nella sua stanza d'albergo, incurante della presenza della moglie Lydia.

Brazzi mi confessò, una volta per telefono, che la Hepburn era sentimentalmente legata al suo amico Spencer Tracy e lui non aveva voluto approfittare della circostanza.

Mi disse in secondo tempo: 'Terminato il film, Katharine si apprestava a lgsciare Venezia. Era una giornata uggiosa e piovigginosa. Indossava un impermeabile nero quando passò con il motoscafo sotto l'albergo dove io alloggiavo. Fece spegnere il motore. Mi guardò fisso, fece un gesto con la mano, per lanciarmi un bacio, poi fece ripartire il motoscafo. Non l'ho più incontrata".

"Summertime" ebbe grande successo: Rossano Brazzi fu incomparabíle ed ebbe anche la "nomination" per l'Oscar. Però non l'ottenne: prevalse Marlon Brando, in quel periodo molto apprezzato in USA, con il film "Fronte del Porto". A Brazzi, comunque, per il suo film andò il premio della critica, molto importante per gli attori.

Conversando amichevolmente per telefono con l'attore, gli chiesi altre notizie su quella ragazza: Maria.

Rossano mi rispose: «Sì, è accaduto altre volte di averla sognata e dandole ascolto mi sono trovato molto bene, specie nelle scelte». Continuò: «Nel 1981 mi trovavo in America per terminare le riprese di un film. Mia moglie Lydia era a Roma. Una notte sognai Maria: era triste ed inquieta. Quel sogno mi turbò. Chiamai subito mia moglie al telefono la quale mi rassicurò che tutto procedeva bene.

Qualche giomo dopo rientrai in Italia e trovai Lydia un po' sofferente. Accusava dei disturbi epatici. La portai subito da uno specialista e fatte alcune analisi, diagnosticò una pancreatite in stato avanzato.

Mia moglie allora fu ricoverata in una clinica. Le cure, pero, non risultarono efficaci. Tre mesi dopo, infatti, mi lasciò per sempre». Prosegue: «Io a quel punto non avevo più voglia di vivere e non riuscivo a sopportare quei momenti difficili».

Continua: «Una notte mi venne in sogno di nuovo Maria. Lei mi ha aiutato. Era bellissima vestita con un abito da sposa, illuminandomi. Quando mi ridestai l'angoscia che aveva caratterizzato le mie tristi e uggiose giornate era improvvisamente svanita. Fu allora che nacque la mia storia d'amore con la bella e simpatica Ilse, la mia attuale moglie, che ho sposato nel 1984. Lei mi era stata vicina essendo mia collaboratrice che stimavo moltissimo per le sue doti umane e professionali. Mi ero accorto sin da quando la conobbi per la prima volta (aveva solo ventiquattro anni) che era affascinata di me, ma non pensavo che lei mi amasse in silenzio da molti anni». Prosegue: «E' stata forse Maria, con quel sogno in cui mi apparve con l'abito da sposa, ad indicarmi Ilse».

La cortese e simpatica signora Ilse mi ha confessato: «Quando Rossano rimase vedovo, all'inizio non sperai di prendere il posto lasciato da Lydia, ma cercai di consolarlo del suo grande dolore senza avanzare alcuna pretesa. Per me era sufficiente stargli vicino, anche in silenzio, facendogli, però, capire che non si trovava solo, che poteva contare sul mio affetto. E piano piano riuscii a fargli riprendere e riassaporare la gioia e il senso della vita. Di farlo tornare a sorridere.

Fu allora che Rossano cominciò a ricambiare i miei sentimenti e quindi mi fece comprendere che non mi avrebbe lasciata mai. Infatti ci sposammo e, per dieci anni, siamo stati felici nella quiete della nostra casa di campagna».

Intervistato dalla rivista «Gente», Brazzi afferma: «Ero bravo, ma anche bello». Spiega con un po' d'ironia: «A causa della mia faccia che avrei voluta meno perfetta, diventai il simbolo dell'amante ideale, del '1atin Lover", relegandomi in ruoli che non hanno permesso a me di esprimermi completamente. Tuttavia, non devo e non posso lamentanni, altrimenti sarei un ingrato, perché la celebrità mi ha permesso di girare films stupendi e conoscere divi affascinanti di tutto il mondo. Soprattutto donne brave e belle come: Zarah Leander, Alida Valli, Viviane Romance, Michele Morgan, Anna Magnani, Danielle Darrieux, Maria Felix, Isa Miranda, Grace Kelly, Ava Gardner, Deborah Kerr, Marilyn Monroe, Katharine Hepbum, Liz Taylor, June Allyson, Valentina Cortese, Joan Crawford, Sofia Loren, Lana Turner, Joan Fontaine, ecc>>.

Al di là della sua immagine artistica, si deve ricordare Rossano per la sua grande bontà, afferma il fratello Oscar Brazzi: «Basti ricordare che durante la guerra, nella Capitale, rischiò la vita per salvare molte persone di religione ebraica, sottraendole dalla persecuzione nazista». Ricorda inoltre: «Quando mio fratello fu celebrato in America in una trasmissione televisiva, che raccontava la sua vita, vollero ringraziarlo pubblicamente». Prosegue il fratello Oscar: «Rossano contribuì attivamente per costruire una casa di riposo per anziani a Toronto. Lui era fatto cosi, sempre pronto ad aiutare gli altri, disinteressato oltre ogni limite».

Ciò è noto, perché dichiarato da alcuni suoi colleghi degli anni 40, i quali, intervistati durante programmi televisivi o radiofonici, su richiesta dei vari conduttori, quali fossero i films che facevano, gli stessi rispondevano: «Tutti quelli che scartava Rossano Brazzi».

Sono venuto, però, a conoscenza che Brazzi rifiutava alcuni films di proposito per aiutare i suoi colleghi meno fortunati di lui.

Anche durante il lungo periodo trascorso negli USA dov'è stato protagonista in ben 130 pellicole, nel limite delle sue possibilità, ha consentito a molti attori italiani di inserirsi.

Brazzi affermava: «In America ed anche in Francia i divi diventano patrimonio nazionale. Vengono amati e riveriti. Vedi Spencer Tracy e Yves Montand che hanno recitato fino alla vecchiaia. Gregory Peck e Frank Sinatra, ancora sulla breccia. Invece da noi, anche le stars vengono messe in pensione. Mi dispiace perché pur avendo dato tanto, forse avrei potuto dare ancora di più, però vivo bene, non mi lamento».

La dolce simpatica signora Ilse Brazzi afferma invece: «Nella maturità Rossano aveva avuto la soddisfazione di entrare in quella dimensione che gli era mancata in gioventù e cioè la normalità. Un bene che non aveva avuto quando era un divo, avvolto in un ingranaggio composto di mondanità che non gli era congeniale. Con me ha vissuto nella tranquillità della pace interiore. Lontano dal clamore della città». Prosegue: «Mio marito stava benissimo perché non sopportava più quell'atmosfera rumorosa e spesso volgare della nostra società. Rimpiangeva i tempi in cui si ascoltava la buona musica e si frequentava gente colta ed elegante; non solo formalmente con cui si poteva conversare con pacatezza.. Egli trovava insopportabili le risse televisive e i personaggi che si mostravano troppo invadenti. Insomma era un gentiluomo nel senso più schietto e nobile della parola».

Così lo ricorda l'attrice Valentina Cortese che ha lavorato con Brazzi in ben 9 films, senza parlare delle rappresentazioni teatrali. «Un eterno ragazzo che sapeva ridere nei momenti difficili».

«Con lui se n'è andata via la mia giovinezza. L'incosciente spensieratezza con cui esorcizzavamo l'aspro grigiore della guerra e degli anni immediatamente successivi».

Valentina Cortese, sofisticata diva, rimpiange l'amíco Rossano e i tempi in cui si baciavano sul set per poi «scoppiare a ridere come due ragazzini». «Fu con lui che esordii nel cinema con '11 Bravo di Venezia". Era il 1941 e fin da allora, sotto lo sguardo severo del regista, Carlo Campogalliani, stringemmo un'amicizia che non s'è mai spenta».

Ricorda: «Quando facevamo teatro insieme, girando per paesini di un'Italia sconquassata e povera, recitavamo su palcoscenici minuscoli, in sale fredde e con scenografie fatte con un tavolo e due sedie. Tuttavia riuscivamo a divertirci. Rossano bellissimo e sempre pronto alle battute. Sua moglie Lydia, preoccupatissima che qualcuno le rubasse quei tre o quattro gioiellini che teneva religiosamente avvolti in un fazzoletto. E, io, che scoprivo ammiratori in erba, come Giovannino, un bambino di dieci anni che scappava di casa per seguirci ovunque andassimo e di notte dormiva, a turno, davanti alle nostre porte».

Le ammiratrici adulte di Rossano, erano più discrete: «Ne aveva sempre un gran numero intorno». Continua Valentina: «Una sera, a commedia finita, una di loro gli si avvicinò e gli chiese un autografo. Ma Rossano non aveva con sé una penna. E lei: «La prego, qui, sulle labbra».

Adorava le donne. Gli piaceva essere galante. Mi confidava le sue conquiste, i flirts. Ma non avrebbe mai lasciato la moglie, Lydia era piena di voglia di vivere. Ella lo coccolava e lo viziava. Lui amava vestirsi bene, come un dandy e lei ne era orgogliosa.

A Rossano piaceva molto la cucina toscana e Lydia trascorreva ore intere dietro i fornelli».

Valentina Cortese descrive Brazzi come una persona buona e semplice. «Quando ci scritturò Mankiewicz per il film "La Contessa scalza", andammo a Hollywood. Frequentavarno Frank Sinatra, Ava Gardner, Gary Cooper, Humphrey Bogart, Charles Boyer. Ma Rossano era sempre lo stesso ragazzo che non sapeva trattenere il riso. Infatti mentre io morivo sotto i suoi occhi in una scena del film "Il Passatore" egli non riuscì a trattenere un sorriso. Tuttavia diventava serio e triste in un solo caso: quando rammentava di non avere un figlio».

Chi scrive ha avuto l'onore e il piacere di conoscere Rossano Brazzi alla fine degli anni 40. Dopo un lungo silenzio durato per tutto il periodo che l'attore ha trascorso negli USA, infatti fu negli anni '90 che ci risentimmo per telefono, in attesa, come lui soleva esprimersi, di una bella "rimpatriata". L'ultima volta che conversammo per telefono fu verso la fine di novembre 1994.

Mi disse: «... E ci sentiremo per gli auguri di Natale».

Questo il suo cortese saluto di congedo dopo una delle tante piacevoli conversazioni al telefono avute con lui negli ultimi mesi. A poco più di due settimane dalla vigilia di Natale, s'era mostrato ottimista e pieno di fiducia sul suo stato di salute e s'era lasciato andare al punto di aprirsi con me, come ad un fratello: «... Mi sono sottoposto alla Tac, alle risonanze magnetiche e a ben settantacinque analisi; tutto negativo, al punto che il professore, amico mio, mi considerava un uomo di trent'anni. Ho beccato il male più cretino che ci fosse».

Lungi dal pensare che la morte in agguato avrebbe spento le sue pupille azzurre, il suggestivo colore del Circeo, quel mitico mare che negli ultimi anni aveva sempre più acceso la sua geniale fantasia. Un virus crudele: "Passinger-Tumer", dal nome degli scopritori, un francese ed un americano, che colpisce inesorabilmente i centri nervosi e muscolari degli arti inferiori, ha provocato un attacco all'apparato respiratorio che ha finito per stroncare, d'improvviso, la resistenza del suo cuore generoso.

Nella villa di campagna, lo piange e lo rimpiange la sua diletta moglie Ilse, che, con lui, ha trascorso una fervida vicinanza affettiva e spirituale. Blacki, un simpatico e delizioso "barboncino" che apparteneva a Rossano, attende invano il ritorno del suo padrone.

Questo seppur sintetico ritratto vuol essere un giusto riconoscimento ed un atto d'omaggio ad un uomo che con singolare classe e genia le stile, ha onorato il nostro Paese lasciando larga eco di rimpianti e testimonianze di retto sentire.

Nei molti ruoli interpretati (263 films) ha sempre dato una limpida immagine di gentleman, educato e degno delle più nobili tradizioni italiane che veramente gli valgono la definizione di "Signore del Bel Cinerna".

Un ringraziamento al Maestro Gillo Pontecorvo, al dottor Lello Bersani e al dottor Giancarlo Santalmassì.

Un fraterno abbraccio a Nello Proia, diplomato presso l'Università di Santa Clara - California - che ha curato le traduzioni.

Fulco Scarpellini è nato a Manziana a pochi passi dalle suggestive spondei lago di Bracciano, ma vive ed opera ad Anagni. Ha svolto un'intera carriera (40 anni) nella Polizia di Stato e dal 1981-1993 ha ricoperto il grado di Ispettore Capo. Si diletta in studi e ricerche letterarie, storiche, umanistiche e cinematografich. Pubblicazioni: 1996: «All'ombra dei castani» - liriche. 1997: Italia 1943-44 - «Via Rasella: prima, durante e dopo».