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ITALIAN SOCIETY FOR PARANORMAL RESEARCH 

Rocca di Maiolo

 

Caso                        Località          Realizzazione  Pubblicazione

Rocca di Maiolo           Novafeltria, PU   Aprile 2002          5/4/2002

    

    Introduzione

Il 29 Maggio del 1700 una terribile frana distrusse completamente il villaggio costruito ai piedi della rocca di Maiolo, uccidendo più di cento persone. Dopo trecento anni dalla sciagura non è rimasto molto: i ruderi di due torri (dichiarate addirittura inagibili da un'ordinanza del sindaco) e qualche casa isolata nella valle intorno a questo impervio picco. Nel silenzio e nella solitudine di questi luoghi da sempre girano voci sulla sorte delle persone coinvolte in quel disastro, che, forse, non si è esaurito tre secoli fa. Sono in molti, infatti, a giurare di avere avvertito la loro presenza, di avere sentito le loro urla, confuse nei suggestivi rumori che il vento crea nella vegetazione di questa zona. Una leggenda come tante, che merita di essere indagata.

Manuel

    

    Ricerca storica

La rupe di Maiolo, faccia a faccia con la guglia ventosa di San Leo, è oggi un luogo abbandonato e desolato, anche se suggestivo. Il castello, intrappolato dai rovi e invaso dalla vegetazione, è in rovina e sotto le pietre si annidano le vipere. Eppure fino all'anno 1700 fu un paese popolato e fiorente, sormontato da una poderosa rocca circondata da mura e da torrioni. "Rocca fortissima", la definiva nel 1373 il cardinale Anglico; vi abitavano, a quel tempo, il vicario del vescovo del Montefeltro e un castellano preposto alla difesa. Il borgo sottostante era popolato, allora, da quarantotto famiglie.
Nel 1700 la comunità di Maiolo contava poco meno di seicento anime. L'abitato, di una quarantina di case, alcune delle quali veri e propri palazzi, era difeso da una doppia cinta di mura. Zampillavano due sorgenti, una nel folto di un ameno boschetto. Quelle fonti, per quanto utili e pittoresche, erano purtroppo un sintomo pericoloso: quello di una falda sotterranea.
Alla fine del Quattrocento, com'è noto, cominciò a verificarsi, in Europa, un generale irrigidimento del clima, conosciuto come "piccola era glaciale"; l'apice fu toccato nei terribili anni Novanta del Seicento, i più freddi degli ultimi sette secoli. Ad inverni lunghi e rigidissimi, con frequenti e abbondanti nevicate e micidiali gelate, seguivano mezze stagioni piovosissime ed estati brevi e costellate di acquazzoni.
Il 28 maggio del 1700 si abbattè su Maiolo un diluvio d'acqua che durò quaranta ore ininterrotte. Nella notte del 29, mentre ancora pioveva dirotto, "staccossi dal monte il terreno ove era posta questa nostra terra, e rovinò tutto sottosopra, restando solo quattro piccole case verso tramontana, restando sotto le rovine della medesima morti gran parte degli abitanti": così descrive la catastrofe una cronaca manoscritta del 1737, conservata nella Biblioteca Gambalunghiana. Una rovinosa frana, insomma, spazzò via l'intero paese: crollarono le mura, le case "parte camminarono come navi, parte inghiottivansi in quel brulicame" (sono parole di Zucchi Travagli). La cronaca citata conteggia oltre cento morti. Gli abitanti del villaggio erano, infatti, 101. Francesco Vittorio Lombardi, studioso delle vicende storiche del Montefeltro, autore di un recentissimo saggio su "La tragica frana di Maiolo dell'anno 1700", al quale in parte attingiamo, ridimensiona le cifre: i morti sarebbero stati tra i 26 e i 32, tra cui 12 bambini.
L'impressione della sciagura fu comunque grandissima in tutto il Montefeltro. Come succede (o succedeva) in questi casi, si pensò a una punizione divina. Ma quale terribile misfatto avevano commesso gli abitanti di Maiolo per meritarsi i fulmini celesti?
Nacque così la leggenda che a Maiolo si sarebbe praticato il "ballo angelico", rituale a mezzo tra il sabba stregonesco e l'orgia contadina, durante il quale i partecipanti danzavano nudi sotto le stelle, ubriachi fradici, per concludere la performance con esibizioni a luci rosse. E di ciò avrebbe pagato il conto, salatissimo, la piccola Sodoma feretrana.
Dopo la catastrofe il castello e il borgo furono abbandonati. I superstiti si trasferirono a valle e, come scrive l'anonimo cronista, "il dilettevole e fruttifero contorno si convertì in spaventose rupi e rupine impraticabili".

Marc   

  

La rocca e il borgo di Maiolo, dipinti nel 1626 dal pittore Mingucci Cronaca della catastrofe, scritta nel 1737

      

    Prima Spedizione

Questa prima spedizione alla rocca di Maiolo è stata effettuata il 3 Aprile 2002. Raggiungere i ruderi del castello non è un'impresa facile; infatti gli ultimi chilometri possono essere percorsi soltanto a piedi, lungo un sentiero quasi impraticabile, in particolare nella parte finale, dove si è costretti ad arrampicarsi sugli alberi e sulle prime mura della rocca. Pertanto ho potuto portare con me soltanto un'attrezzatura leggera. Purtroppo della fortezza non rimane altro che due torri, il muro che le unisce e qualche galleria scavata nel terreno. Oltretutto gli strumenti che ero riuscito a portare, il Multidetektor e l'Ion Counter, non hanno rilevato niente: nessun campo elettrico o magnetico, ionizzazione ordinaria, temperatura costante; nessun rumore anomalo. Durante la prossima spedizione, quando, con una squadra più numerosa, ispezioneremo anche la vallata dove si trovava il villaggio, forse troveremo qualcosa di più. Da quello che ho potuto vedere dall'alto non sembravano rimanere tracce di insediamenti umani.

Manuel

        

      

      

              

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