Recuperata quasi per caso in un granaio, ricettacolo
di ciò che più non serviva, l’antica specchiera intarsiata
sembrava volesse riacquistare la nobiltà di un tempo riflettendo
come poteva le forme di una camera da letto e sfidando i tormenti dell’opacità
e l’oltraggio delle larve di insetti che si davano un gran da fare per
rodere e scavare il suo vegetale. Chiunque si ponesse di fronte a
quel vetro un tempo magico non poteva non percepire lo sforzo profuso per
riverberare i suoi tratti, con l’impegno di un vecchietto che, chino su
una pagina dalla grafia minuta, lancia la sfida ai suoi occhi e alla sua
volontà.
Anche il marito di Alna non mancò di
cogliere un che di strano nei lineamenti della moglie, che parevano come
distorti dall’oggetto antico, e con il suo atteggiamento burbero e impulsivo
la affrontò ruvidamente senza troppo pensare:
- Ti sei fatta un trucco da clown, e per di più disfatto!
La poveretta rispose mortificata:
- Non ho messo nessun cosmetico, mi sono solo osservata distrattamente
allo specchio!
Eppure quell’uomo non aveva tutti i torti, se anche Alna, tornando
a rimirarsi, ebbe l’impressione di contemplare i tratti di un pagliaccio.
Decise comunque di non dare troppa importanza alla cosa, attribuendo il
tutto a quel suo difetto di vista, che le faceva distinguere gli oggetti
lontani meglio di quelli vicini, non senza pensare ai primi sintomi di
una vecchiaia precoce:
- E’ stata un’allucinazione, si sorprese a pensare.
E fu così che Alna si risolse, l’indomani, a rimettere davvero
a nuovo quella inquietante specchiera, lucidandone il vetro e restaurandone
la cornice, per poi riflettervi soddisfatta la sua figura, che effettivamente
risultava ora meno ombrosa.
- Sei bella, sei bella....ripeteva fra sé Alna ormai risollevata,
e resa forse più tranquilla anche dalla partenza di quel marito
brontolone, che un impegno di lavoro avrebbe tenuto lontano da casa per
qualche mese.
Venne comunque il giorno del ritorno, e il marito ebbe
subito la possibilità di mostrare la sua irritazione, osservando
il dipinto - il volto di un pagliaccio - che Alna aveva collocato sopra
la spalliera del letto:
- Non potevi appendere qualcosa di più decente?, disse indicando
con aria sostenuta quella buffa immagine.
Questa volta la risposta della moglie fu tanto pronta quanto pacata:
- Caro, sono stata io a dipingere ad acquarello questo quadro,
che ha per me il valore di un’immagine intoccabile: è Orio, il pagliaccio
che ho conosciuto e poi ritratto più volte in questi mesi. Abita
nello specchio - si, hai capito bene, nello specchio! - che gli fa da casa
ormai da qualche secolo.
Queste dichiarazioni apparentemente insensate sortirono
uno strano effetto su quell’uomo, che si scoprì inopinatamente tranquillo,
e reagì fra il rassegnato e il divertito:
- Ah, bene, è degno di rispetto allora!....Alna, non sarà
un’altra delle tue solite spiritosaggini?
-No, caro......Siediti e ascolta......Giusto il giorno della tua affrettata
partenza ebbi la visione incomparabile di quel pagliaccio, che aveva assunto
miracolosamente i tratti di un essere animato. Ero già in strada
ma, avendo dimenticato la borsa, rientrai in casa e lo trovai me lo trovai
intento a volteggiare leggero come un saltimbanco nel fruscio del suo vestito
vistoso. Non si era accorto della mia presenza , e dovevi vedere la sua
reazione, quando improvvisamente si sentì chiedere: chi sei? Si
voltò di scatto e, pur rimanendo appeso all’attaccapanni in una
posizione davvero comica, mostrò un volto pallido da far paura;
preso dallo sgomento accennò a un vago inchino e riuscì a
balbettare: “Sono...sono...Orio..il pagliaccio,..e ..occupo..lo specchio”.
“Ah, sei tu dunque il buffone!”, dissi meravigliata e visibilmente soddisfatta.
Quello strano essere acquisì immediatamente un piglio più
deciso e riuscì convincente allorché si mise ad implorare:
“ Non buttarmi via, ti prego: è da molto tempo che sono in questo
mondo, e tante storie ho da raccontare”. “E chi ti butta, replicai,
ho pure rimesso in ordine il tuo rifugio!” “E’ vero, riprese, e ho gustato
la piacevolezza irresistibile del pulito: sono uscito da quello scrigno
per gustare un pochino l’aria di quest’epoca, e lo faccio ogni volta che
te ne vai, pronto a riguadagnare, non appena ti sento ritornare, l’angolo
più oscuro dello specchio, e lì me ne sto zitto e rannicchiato....Ma
ora questo specchio è così splendente e vivace che tutti
riusciranno forse a vedermi in ogni momento!..Da qualche centinaio di anni
non disturbo nessuno, ma oggi non ho resistito, ed ho agito di impulso:
chissà quali saranno per me le conseguenze!...Alna, perché
non diventiamo amici?” Non riuscii a nascondere, a quel punto, la mia inquietudine
e farfugliai qualche frase del tipo:” Sì, ne parleremo più
tardi, ..ma ora calmati.....devo andare...ciao, Orio.” Da allora Orio apparve
ogni giorno, sempre più felice e deciso a godersi la giornata con
me: si sollevava e ricadeva agile, riacquistando improvvisamente lo spirito
di un tempo, senza trattenere la sua gioia e sconvolgendo di fatto le mie
giornate, come uno che fa il diavolo a quattro. “Fermati!, gli intimavo:
come posso ritrarti se ti muovi continuamente? Avevo infatti deciso di
rispolverare per l’occasione quella mia passione dimenticata per la pittura,
e mi misi a ritrarre quella strana figura chiedendogli di tanto in tanto
un parere sul mio capolavoro, che, di bozza in bozza, di colore in colore,
ha assunto faticosamente la sua forma definitiva. Orio, ho scoperto mentre
lavoravo, mi dà allegria, e la nostra amicizia si è trasformata
in tenerezza, e ora...poco ci manca che lo ami....ha quegli occhi schietti
che riescono quasi a plasmare il mio risveglio....e ogni giorno di più
mostra con sapienza i suoi tratti di essere dell’eternità”
- Ho capito, commentò lapidario il marito.
Un frastuono inequivocabile sancì nel cuore della notte il destino
di quello specchio magico. Per l’ultima volta Alna accarezzò teneramente
il suo eterno frantumato in mille pezzi.