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Prefazione

 

 

É con un misto di rabbia e di imbarazzo che gli storici di corte affrontano questo libro e chi osa citarlo.
La spocchia, anche in questo caso, non fa loro difetto, ma le risposte, sempre rabbiose, tradiscono l’imbarazzo di fondo.
Gli ambienti ebraici ufficiali, e quanti a loro fanno capo (sull’atteggiamento di molti privati vi rimandiamo alla lettera recensione pubblicata più avanti), tralasciando per l’occasione il culto della memoria, che da decenni hanno elevato a vera religione (sempre più spesso di Stato), preferiscono pudicamente tacere e far discendere l’oblio sull’intera vicenda.
Certo, ogni tanto, qualcosa devono pur ribattere a chi tenta di squarciare il loro velo omertoso o a chi ricorda l’appartenenza di Kaufman alla nobile compagine del popolo eletto.
In questo caso non vi sono dubbi, le contromisure verbali sono immediate: i primi sono degli spregevoli, a scelta, vetero-neo-nazisti (in funzione, immaginiamo, della loro età anagrafica), il secondo un povero demente, un cane sciolto, un indegno figlio di Sion.
Ora, non vogliamo certo attribuire all’opera di Kaufman un valore che non le compete, né è nostra intenzione sfruttarla in chiave propagandistica. Non siamo, come demenzialmente qualcuno ha asserito riferendosi a Paul Rassinier, degli epigoni di Goebbels (vedere a riguardo l’articolo Germany must perish nel sito curato da Martin Blumentritt, versione del 7 aprile 1998) e i volumi, stampati in milioni di copie, li lasciamo agli storici di regime e a quei bravi ricercatori che sanno sempre cosa e dove convenga ricercare, la devozione dei quali all’incarico è pari solo al loro servilismo.

Non abbiamo grossi problemi (neppure piccoli in verità) ad accettare, in linea di principio, le tesi ed i suggerimenti di chi, abbaiando, si è occupato, dall’alto della sua scienza storica, di questo libro. Prendiamo dunque atto che Theodor N. Kaufman - attribuirgli un secondo nome diverso da Newman pare sia grave indice di neonazismo (*) - è un cane sciolto, una scheggia impazzita, un isolato, il signor nessuno, una nullità sul piano istituzionale e che il suo libro non rappresenta, in nessun caso, il punto di vista americano.

Bene! Ne prendiamo atto, ma detto questo avremo pure il diritto di capire cosa sia accaduto.
Una delle poche fonti disponibili, citabile per la sua rispettabilità è la recensione che, del libro di Kaufman, apparve il 24 marzo 1941 su Time Magazine.
Grazie a detta recensione apprendiamo che l’opera del cane sciolto si basa su di una “single sensational idea” [un’unica sensazionale idea], ci facciamo un obbligo di segnalare che il tono è in realtà derisorio, e che Kaufman, non nuovo a questi edificanti propositi, “transfered his basic idea to the enemy” [applicò la sua idea di base al nemico].

Tutto bene dunque, rimane un piccolo, trascurabile problema: “enemy” di chi?
Se il recensore avesse pensato ad un nemico personale di Kaufman, fosse pure una sua ossessione, sarebbe stato più logico e formalmente corretto parlare del suo nemico.
Del resto, gli Stati Uniti non erano in stato di guerra, e non lo sarebbero stati ancora per molti mesi, non esisteva pertanto un nemico, consacrato tale da una dichiarazione ufficiale di apertura delle ostilità, non vi era dunque alcun nemico della nazione, nessun nemico conclamato.

Resta una sola ipotesi, l’”enemy” era il nemico razziale di Kaufman e dell’America ebraica ed ebraicizzata. Se è vero, comunque, che un singolo caso (Kaufman) non rappresenta una tendenza e tanto meno un indirizzo ufficiale, è pur vero che due (Kaufman e Hooton) sono una ben strana coincidenza, tre (Kaufman, Hooton e Nizer) destano sorpresa e quattro (Kaufman, Hooton, Nizer e Morgenthau Jr.), di cui uno autorevole rappresentante del governo, hanno dell’incredibile e non possono che essere considerati o un dileggio statistico o una ben precisa forma mentis.

Se la sterilizzazione proposta da Kaufman viene considerata alla stregua del delirio di uno psicopatico difficile sarebbe attribuire la stessa qualità mentale a Earnst Albert Hooton, professore universitario ad Harvard e figura illustre dell’antropologia fisica americana, che, in un articolo pubblicato il 4 gennaio del 1943 sul quotidiano newyorkese P.M. a titolo Breed War Straim out of Germans si batteva per un’estinzione non violenta della razza tedesca, accontentandosi, nella sua infinita scienza e bontà, di esiliare tutti i maschi tedeschi nei paesi confinanti e imponendo alle femmine tedesche di sposare solo ed unicamente cittadini stranieri.

Vi è poi Nizer, stimato avvocato e politicamente vicino a Roosevelt, che nel suo libro What to do with Germany (Ziff Davis Publishing co., 1944), centomila esemplari del quale furono distribuiti per ordine di Eisenhower (cfr.iol-scriptorium), a pagina 4 e 5 riprende pari pari il progetto di Kaufman sulla sterilizzazione. Stessi propositi, stessi numeri, stesse percentuali, stessi tempi.

Che dire poi di Morgenthau Jr.? Il signor ministro del tesoro, troppo impegnato a mettere il becco nelle decisioni degli altri ministeri per accorgersi di essere poco più di un passacarte di lusso nelle mani del suo assistente, rigorosamente ebreo come il ministro e quasi tutti i membri dello staff ministeriale, Harry Dexter White, poteva vantare poche doti, ad eccezione dell’amicizia che lo legava all’inquilino della Casa Bianca, per rivestire la carica che ricopriva. Ed il suo piano ne è la riprova: soppressione dell’industria pesante ed estrattiva tedesca, chiusura delle scuole superiori e delle università, smembramento della Germania e, dulcis in fundo, lavori forzati per tutti gli uomini validi.
Sterilizzazione a parte, ci troviamo di fronte alle stesse ipotesi, alle stesse proposte, alla stessa delirante sete di vendetta, fattori che accomunano un emerito docente universitario, uno stimato avvocato ed un eminente uomo politico al cane sciolto Kaufman, abbandonato, tradito, rinnegato, per bassi interessi di bottega, ma parte integrante di quel meccanismo che se non ha sterilizzato i tedeschi ha comunque castrato la Germania...

(*) Alcuni fautori della “verità storica” (vedere a riguardo il sito Nizkor ed i news groups collegati) conferiscono una patente di neonazista militante a chi, per aver letto la brossura pubblicata in Germania negli anni ’40, che attribuiva a Kaufman i nomi di Theodor Nathan, o per averne semplicemente sentito parlare, si limita ad una pedissequa citazione, senza aver consultato, quasi fosse un crimine di lesa maestà, l’opera di Wolfgang Benz o la recensione di Time Magazine. Secondo questi puristi l’uso del nome Nathan è non solo intenzionale, ma scientemente utilizzato al fine di vieppiù evidenziare l’ebraicità di Kaufman, come se ve ne fosse bisogno.

 

 

 

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