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Giuro
di eseguire senza discutere gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie
forze e se necessario col mio sangue la causa della Rivoluzione Fascista. …
siamo ancora lontani dal Führerprinzip della Germania nazionalsocialista
e si potrebbe obiettare che non veniva espressamente indicato un rapporto di
univoca identità fra la figura del Duce e la “Rivoluzione Fascista”, anche
se, per oltre vent’anni, questa identità non era stata mai messa in dubbio. Il
vero fallimento del regime erano loro, un pugno di gerarchi miracolati dal
ventennio che, in un momento tragico, invece di radunare le forze e mostrare
quella fermezza e determinazione morale e quella fedeltà che ci si poteva e ci
si doveva aspettare da loro non sono stati in grado di intraprendere alcunché
se non il tradimento di quell’idea che da vent’anni asserivano di amare e
avevano giurato di servire. Ne
abbiamo tratto l’avvilente sensazione che più di un manipolo di arditi
rivoluzionari fossero una congrega protodemocristiana pronta a qualsiasi
sacrificio (altrui) pur di salvare la propria carica, il proprio potere, la
propria sicurezza. A fronte di tutto questo la loro pur triste fine era
moralmente e politicamente giusta e ineluttabile.
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