Alcuni motti dannunziani Ardendo m'innalzo. Canto Novo Il Canto Novo dannunziano (Canta la gioia!, ad E. Z.) è costituito da una raccolta di liriche pubblicata in prima edizione nel 1882 ed in seconda edizione nel 1898 con l'eliminazione di 43 componimenti sui 63 iniziali. Se sul piano delle forme poetiche la lezione carducciana (metrica barbara) è evidente, la tematica ed i toni sono nuovi e il vitalismo dannunziano si manifesta con particolare vigore. La natura è rappresentata nel suo tripudio di luci, colori, suoni, e con essa il giovane poeta stabilisce un rapporto di tipo panico. L'edizione definitiva è divisa in due parti, scandite da tre "Offerte Votive": all'inzio, a Venere; nel mezzo a Pan; nella conclusione ad Apollo. Forse che si forse che no (1910) Celebra le nuove macchine che stanno ormai cambiando la vita dell'uomo: l'automobile e l'aeroplano. Il fuoco (1900) In questa opera il mito del superuomo trova la più completa espressione. La trama è pressochè inesistente, la prosa è lirica e musicale. Il tema prevalente è appunto quello del superuomo, che si intrecccia con quelli della voluttà e della malinconia. Il Piacere Diviso in quattro parti (o libri), il Piacere non segue rigorosamente l'ordine cronologico degli avvenimenti. All'inizio ci viene presentato il protagonista, il giovane conte Andrea Sperelli, che in un pomeriggio di dicembre (1886) attende nel suo raffinato appartamento, in cima a piazza di Spagna, a Roma, la sua antica amante, la divina Elena che dopo il gran commiato della primavera dell'anno precedente ha casualmente incontrato, ricevendone la promessa di abboccamento. Ma Andrea non ottiene da questo incontro quel che sperava. Segue, giustificata dai dialoghi e dalle rievocazioni dei due protagonisti, la narrazione retrospettiva del loro precedente rapporto, che occupa i primi due libri. Andrea quindi, ossessionato dai ricordi, si stordisce nella dissipazione erotica, e viene gravemente ferito in duello da un rivale. Durante la convalescenza, in casa di una cugina, conosce un'amica di questa, Maria Ferres, la cui spirituale bellezza lo affascina e della quale poi si innamora. Anche Maria è conquistata dalle raffinate qualità di Andrea. Ma con l'autunno entrambi lasciano la villa. Ritornato a Roma (libro terzo), Andrea riprende la sua vita di disincantato piacere. Incontra intanto Elena, ma anche Maria ora è a Roma. Andrea con ambiguità e freddezza incalza e circuisce l'una e l'altra. Quando nella prima notte d'amore con Maria, Andrea, nell'impeto della passione, si lascia sfuggire l'invocazione ad Elena, tutto crolla e Maria, inorridita, fugge. Andrea Sperelli è stato il personaggio più noto e divulgato fra i tanti creati da D'Annuzio, ed è il risultato di un'abile contaminazione fra l'esperienza biografica dell'autore e sollecitazioni culturali straniere. Egli rappresenta la versione italiana dell'eroe decadente e D'Annunzio non trascura occasione per mettere in luce la sua aristocratica ascendenza, la sua bellezza e gagliardia fisica, la sua raffinatezza, il suo costante impegno per dare alla vita una dimensione estetica. La singolarità dei gusti di Andrea Sperelli, il suo distacco dalla norma, sono tutte caratteristiche dell'eroe decadente europeo, ma D'Annunzio si sofferma a precisare, delineando così una figura non priva di implicazioni autobiografiche, che Sperelli è anche un artista: eleggeva nell'esercizio dell'arte gli strumenti più difficili, esatti, perfetti, incorruttibili come la metrica e l'incisione. Il suo spirito era essenzialmente formale. Piu' che il pensiero amava l'espressione. Nel suo primo romanzo, quindi, D'Annunzio riversò tutto il decadentismo europeo, dimostrando già a venticinque anni una incredibile capacità di apprendimento e di elaborazione. La figlia di Jorio La tragedia pastorale La figlia di Jorio fu rappresentata per la prima volta nel marzo 1904. Il giovane pastore Aligi, sta per andare a nozze con Vienda di Giave: nella casa le sorelle e la madre dello sposo assolvono i doveri prescritti da un antico rituale. Questa atmosfera di arcaica solennita' è turbata dall'irrompere di Mila, la figlia del mago Jorio, che, inseguita da una torma di mietitori, per sfuggirli si rifugia presso il focolare, tra lo sgomento delle donne. Ma Aligi la difende e pone sulla soglia una croce di cera di fronte alla quale i mietitori indietreggiano. Ma ormai il rito nuziale è profanato e quindi viene interrotto. Aligi è tornato col suo gregge in montagna e Mila, compagna casta e fedele, lo segue. Arriva intanto Lazzaro di Roio, padre di Aligi, che, bramoso di Mila si scontra con il figlio e ne rimane vittima. Quando il parricida è condannato a morte dalla comunita', sopraggiunge Mila che per salvarlo si assume la colpa di tutto, dichiarando di aver spinto al delitto il compagno. Mila, condannata come "magalda", salva Aligi e muore sul rogo. Laudi Le Laudi costituiscono
l'opera poetica più notevole e più famosa di D'Annunzio. Doveva essere costituita
da 7 libri, quante sono le Pleiadi, ma consta invece di soli 4 libri (o di
5, se si include il libro di Asterope). Il quarto libro, Merope, raccoglie i canti celebrativi della conquista della Libia composti ad Arcachon, pubblicati dapprima sul "Corriere della Sera" e poi in volume nel 1912. Vengono considerati una continuazione di questi quattro libri i Canti della guerra latina, composti e pubblicati tra il 1914 ed il 1918 (costituiranno, in seguito, il volume intitolato Asterope, La canzone del Quarnaro). Le faville del maglio (1900) Sono prose caratterizzate da una non comune immediatezza e da una naturale semplicità stilistica. Accanto ai ricordi compaiono il pensiero della morte e la malinconia indotta dalla consapevolezza dello svanire delle cose. Le vergini delle rocce (1895) Il romanzo è una specie di manifesto politico del superuomo, in quanto il protagonista, Claudio Cantelmo, supera la sua componente d'esteta in quella più ampia di uomo d'azione, disposto a gettarsi nella lotta attiva. L'innocente (1892) E' la storia di una convalescenza spirituale, di un ritorno alla natura e alla campagna degli avi, con la volontà di approdare ad un mondo sentimentale basato sulla rigenerazione e sui buoni sentimenti. Notturno Il Notturno è costituito da una raccolta di meditazioni e ricordi, in forma di prosa lirica, redatta nel 1916 durante il periodo di immobilita' e di cecità al quale D'Annunzio fu costretto in seguito ad un incidente aereo. D'Annunzio le compose scrivendo su circa 10000 strisce di carta, ognuna contenente una sola riga, che in seguito vennero messe in ordine dalla figlia. La prima edizione è del 1916, senza il diretto controllo dell'autore, mentre quella definitiva è del 1921.Il Notturno ha sicuramente una particolare fisionomia nel panorama della produzione dannunziana: è il testo in cui in modo particolare risultano evidenti una componente riflessiva e meditativa, il superamento della tensione superomistica, l'esperienza del dolore vissuta come occasione di bilancio della propria vita. Un bell'esempio di questa prosa è il racconto Ferito tra feriti. Poema Paradisiaco Il Poema paradisiaco raccoglie liriche composte a partire dal 1891 e fu pubblicato nel 1893. Il titolo, dal latino Paradisius = giardino, letteralmente equivale a "poema dei giardini". Il poema è costituito da una lirica dedicatoria Alla Nutrice e da 5 sezioni: Prologo (5 liriche), Hortus conclusus (9), Hortus larvarum (17), Hortulus Animae (17), Epilogo (5). Si puo' dire che il Poema paradisiaco, nella maggioranza dei suoi versi, esprime un momento psicologico, una disposizione umana, una tematica che sono alternativi a quegli atteggiamenti e a quei temi (il piacere, il pagano godimento) che fino ad allora il poeta aveva espressi. Il poema diventa per D'Annunzio come un lavacro di innocenza dopo l'esaltazione dei miti di barbarie e di lussurie. Per i poeti crepuscolari il Poema paradisiaco sara' fondamentale punto di riferimento. Rime disperse e stravaganti D'Annunzio curò molto la sua presenza sui giornali, e non soltanto su quelli celebri della capitale (Cronaca Bizantina, Fanfulla della Domenica, Capitan Fracassa), ma anche nei fogli della fertile provincia, a cui mandò fin dagli esordi un gran numero di poesie che a volte ha recuperato in volume, altre volte, invece, ha lasciato sugli stessi periodici, ad infoltire via via quel corpus delle "disperse" o delle "extravagantes" verso il quale si sono poi orientate le attenzioni di alcuni studiosi. Sono componimenti per lo più occasionali ed estemporanei, che lasciano arguire un D'Annunzio sempre intento a vergare appunti preparatori, abbozzi di altri lavori, stati d'animo e sunti della propria capacità immaginativa, ma che trascrivono anche una fitta rete di rimandi e di luoghi letterari, intorno a cui hanno avuto modi di definirsi le coeve raccolte e i libri affidati alla stampa. Merita un cenno la Pasquinata contro Hitler, scritta nel 1938 e riscoperta da poco tra le carte di Luisa Baccara, al Vittoriale. Il poeta vi svolge la parodia del dittatore germanico e ne sottolinea i modi rozzi con perentori dettagli (Su l'acciaio dell'elmo ti gocciola il pennello d'imbianchino), La canzone di Fiume liberata, Su Campidanu. Trionfo della morte Il Trionfo della morte fu pubblicato prima, parzialmente e a puntate, sulla "Tribuna Illustrata" e sul "Mattino" di Napoli, e poi in volume nel 1894. Il romanzo ha una debole struttura narrativa ed è articolato in sei parti ("libri"). E' incentrato sul rapporto contradditorio ed ambiguo di Giorgio Aurispa con l'amante Ippolita Sanzio, ma su questo tema di fondo si innestano e si sovrappongono altri motivi e argomenti: il ritorno del protagonista alla sua casa natale in Abruzzo è il pretesto per ampie descrizioni (nella seconda, terza e quarta parte) del paesaggio e del lavoro delle genti d'Abruzzo. Giorgio cerca di trovare l'equlibrio tra superomismo e misticismo, e as pira a realizzare una vita nuova (è il titolo del quarto libro). Per questo vive il rapporto con l'amante come limitazione, come ostacolo: per il suo fascino irresistibile, Ippolita Sanzio è sentita come la "nemica", primigenia forza della natura che rende schiavo il maschio. Solo con la morte Giorgio si liberera' da tale condizione: per questo si uccide assieme ad Ippolita, che stringe a sè, precipitandosi da uno scoglio. |
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